Historic, Archive Document Do not assume content reflects current scientific knowledge, policies, or practices. UNITED STATES DEPARTMENT OF AGRICULTURE LIBRARY BOOK NUMBER V .43 1931 0' li' BOLLETTINO demìa SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME X L III. — 1931. 4 I o * C1 in/ I ( p 1 h Cor» 27 tavolo ( Pubblicato il 15 aprile 1932) NAPOLI PREMIATO STAB. TIPOGRAFICO N. JOVENE VIA DONNALB1NA, 14 1932 INDICE ATTI (memorie, note e comunicazioni) Police G. — La pescosità nei mari a stretta platea continentale . D’Erasmo G. — Studio geologico dei pozzi profondi della Campania Majo E. — La conducibilità elettrica e l’indice di rifrazione del¬ l’acqua marina nel golfo di Napoli e mari adiacenti Fiore M.— Miceti fossili rinvenuti su di una palma (Latanites sp.) del Bolca . . Salfi M. — Ortotteri di Vulcano (Isole Eolie) .... Andreotti A. — La eliofania a Napoli . Andreotti A. — Le mareggiate a Napoli . Andreotti A. — Il temporale del 22 giugno 1929. Fiore M. — Manifestazioni teratologiche e parassitismo. Polime¬ ria , fasciazione , petalodia , dialisi in Campanula medium . . De Fiore O. — Il clima di Pantelleria . Fedele M. — Hanno i Crostacei loricati uno “ stadio natante „ . Police G. — La lampara e le reti “ a fonte ,, (reti a conca) Candura G. S. — Ricerche sulla vita degli insetti e sui danni da essi causati ai prodotti dell'economia rurale o delle industrie agrarie. 2° Contributo- Gl'insetti della ca¬ momilla secca e di altre erbe medicinali e industriali disseccate . Candura G. S. — Osservazioni biologiche sulla Tephroclystia pumilata Hb., lepidottero geometride che fa seccare i boccioli di rose . Majo E. — I fenomeni geofisici flegrei susseguenti al terremoto irpino del 23 luglio 1930 - Vili . Zirpolo G. — Studi sui rapporti fra anomalie e rigenerazione. I. - Ricerche su alcuni esemplari di Olindias Miilleri . Majo E. — Il terremoto irpino del 23 luglio 1930- Vili Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. - X. Azione dei batteri luminosi sulla germinazione dei semi D’Erasmo G. — Commemorazione dell'Ing. Michele Guadagno De Fiore O. — Meteorologia ed idrografia dell' Etn^. - III. Le precipitazioni atmosferiche . pag. n 3 15 i; 145 U V V n 153 157 161 171 177 V a » u 183 185 243 255 343 353 361 O ìì 367 377 V I) 393 425 435 Segue a pag. 3 della cppertina BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI i BOLLETTINO DELLA ITV NAPOLI VOLUME X LUI. — 1931. Cori 27 tavole (Pubblicato il 15 aprile 1932) NAPOLI PREMIATO STAB. TIPOGRAFICO N. JOVENE VIA DON N ALBINA, 14 1932 2 "0444 Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli ATTI (MEMORIE E NOTE) La pescosità nei mari a stretta platea continentale del socio Prof. Gesualdo' Po lice (Tornata del 9 febbraio 1931) Di solito noi siamo abituati a formarci un concetto della pescosità di un mare dallo sviluppo della platea continentale. Appunto perchè in questo tratto di mare, di profondità non supe¬ riore ai 200 m., si riscontrano le condizioni più adatte alla vita sia animale che vegetale: la penetrazione della luce solare, i moti delle maree e delle correnti, la natura del fondo, lo sbocco dei fiumi con i loro apporti, sia di detriti organici ed inorganici, sia di organismi, la ricchezza del plancton, le condizioni di tempe¬ ratura, ecc. Di talché una platea continentale può variare d’im¬ portanza, rispetto alla pescosità, a secondo della predominanza o dell’assenza di taluno di questi coefficienti, che possono rendere diversamente produttivi mari della medesima profondità. L’azione di questi coefficienti acquista maggiore importanza allorché si tratta di mari nei quali la platea continentale è molto ristretta. E tale è appunto il caso dei mari d’Italia, nei quali la platea continentale è sviluppata solo nell’Adriatico nord e per il resto della penisola si limita ad una stretta cornice tutto in¬ torno ad essa. Ho potuto studiare queste condizioni nei mari di Calabria, i quali hanno la platea continentale forse più ristretta che in tutto il resto d’Italia, e le cui coste estendendosi per circa 700 Klm. presentano un campo di studii abbastanza vasto per poterne ca¬ vare delle deduzioni. Ho visitato oltre quaranta marine da pesca, sistematicamente in giro a tutta la costa calabrese, studiandone, oltre le condizioni — 4 — statistiche e demografiche pescherecce , alcuni dei caratteri del mare: profondità, natura del fondo, irrigazione fluviatile, plan¬ cton, prodotti eduli, ecc. Tali notizie sono raccolte in apposita relazione pubblicata già in parte nel bollettino di Idrobiologia e di Pesca del Ministero di Agricoltura. Dall'insieme di esse ho potuto dedurre le mie conclusioni. Ho già dato accenno di tale argomento in una breve nota su : “ Le condizioni dei mari di Calabria rispetto alla pesca „ l) comunicata all’ XI Congresso geografico tenutosi recentemente a Napoli. Qui cercherò di avvalorare, e sopratutto di precisare le conclusioni alle quali accennai nella mia nota, mettendo in rapporto il prodotto globale raccolto nelle singole marine con il versamento delle acque dolci, il plancton, lo sviluppo delle varie zone della platea continentale e le caratteristiche dei fondi. Dalle notizie risultanti dal riassunto statistico dei prodotti delle varie marine della Calabria (dettagliatamente esposto nella mia relazione) si rileva che attualmente in esse si produce per circa 45.000 Q.li di prodotto di pesca, pari ad un reddito di circa 10.000.000 di lire. Di questo prodotto, circa 19.000 Q.li vengono raccolti nel versante tirrenico e oltre 25.500 Q.li nel versante ionico. Il numero delle marine calcolate è su per giù lo stesso in entrambi i versanti; e se a ciò si aggiunge l'osser¬ vazione che la costa del versante ionico è molto più sviluppata di quella del versante tirrenico, noi potremmo dedurne delle conclusioni favorevoli al versante ionico della Calabria, il quale nonostante abbia un numero maggiore di coste non sfruttate, dà una quantità di prodotto superiore. Ma non è questo il fatto che principalmente m’interessa di mettere in rilievo. Ciò che qui voglio far notare è che non si tratta soltanto dalla maggiore o minore pescosità di un ver¬ sante rispetto all'altro, ma di singoli tratti di maggiore pesco¬ sità in ognuno dei due versanti. Quali le cause di questi tratti di maggiore pescosità ? Ecco quanto mi propongo di cercare di interpretare in questa comunicazione. S'intende bene che deduco della pescosità di un tratto di *) Police, G. — Le condizioni dei mari di Calabria rispetto alla pesca. Atti XI Congresso geogr. italiano, voi. 3, Napoli, 1930. 5 — mare del rendimendo della marina che è posta al suo centro ; intendendo che una marina è degna di essere presa in conside¬ razione in rapporto alla sua pescosità allorché dà un rendimento minimo di circa 2.000 Q.li all'anno. In tali condizioni si trovano, nel Tirreno : Pizzo (2.000 Q.li), Gioia Tauro (2.000 Q.li), Bagnara (3.500 Q.li), Scilla (2.500 Q.li) ; nell’ Ionio : Melito di Portosalvo (2.600 Q.li), Roccella (2.800 Q.li), Ciro (3.000 Q.li), S. Angelo di Rossano (3.500 Q.li), Schiavonia (2.000 Q.li). Cosicché riscontriamo quattro centri di maggiore pescosità nel Tirreno calabrese e cinque nell'ionico. Di quelli del Tirreno, due non superano i 2.000 Q.li di prodotto, e uno solo supera i 3.000; dei cinque ionici invece, uno solo non supera i 2.000 Q.li, due vanno a 3.000 Q.li e oltre, mentre quelli di oltre 2.000 si avvicinano molto ai 3.000. Nell’Ionio, quindi, i centri di mag¬ giore pescosità, sono più numerosi. Noto inoltre che i centri pescherecci di Bagnara e Scilla, nel Tirreno, e S. Angelo di Rossano e Schiavonia nell' Ionio, sono così vicini tra loro , che dal punto di vista sotto il quale li stiamo studiando, possiamo considerare ognuna di queste due coppie come un unico tratto di mare, trovandosi nelle medesime condizioni. Cominciamo dal considerare questi tratti di maggiore pesco¬ sità rispetto allo sviluppo della platea continentale. La prima marina del Tirreno che si trova nelle condizioni da noi richieste, è Pizzo. Essa è posta nel golfo di S. Eufemia, con uno sviluppo complessivo della platea continentale di 6 Klm.; cioè a dire che, fra le marine della Calabria è una di quelle nelle quali la platea continentale ha maggiore sviluppo. Su questa platea , la zona litorale (di profondità non superiore ai 50 m.) ha l'ampiezza di circa 1000 m., mentre la zona netta¬ mente costiera ;di profondità non superiore ai 15 m.) ha lo sviluppo di 300 m. — 6 — La pesca viene esercitata su tutte le zone, poiché in questa marina vi sono tutti i mestieri, dagli sciabichelli alle lampare, ai motopescherecci; inoltre in essa vi è il passaggio del Tonno. La numerosa popolazione peschereccia e le notizie appresemi, mostrano inoltre che in questa marina in tempo non lontano il prodotto era ancora maggiore , sia per quanto riguarda il prodotto delle tonnare, sia per quanto riguarda quello degli altri mestieri. A nord di questa marina sbocca il fiume Angiotola. Le marine precedenti danno tutte un rendimento minore. A che cosa si deve la maggiore abbondanza di prodotto rispetto alle precedenti ? Non possiamo attribuirla allo sviluppo della platea continentale, perchè la marina di S. Eufemia, immediata¬ mente precedente, con uno sviluppo maggiore di platea conti¬ nentale, dà un prodotto inferiore in quantità. Debbono quindi esservi altre ragioni indipendenti dallo sviluppo della platea. Le mie osservazioni mi hanno permesso di notare (come sarà più dettagliatamente esposto nella seconda parte della mia relazione sulla pesca nei mari di Calabria) che il plancton della marina di Pizzo è più ricco di quello della marina di S. Eufemia , ciò che io metto in relazione con la vicinanza della foce dell'Angio- tola. Ed appunto alla maggiore abbondanza di plancton ed alla vicinanza immediata delle acqne dolci, si deve attribuire la mag¬ giore abbondanza di pesca in questo mare di Pizzo. Appoggiano queste deduzioni le considerazioni da farsi sulla marina di Gioia Tauro, la quale, anch’essa è ricca di prodotto (2.000 Q.li), nonostante abbia uno sviluppo di platea continentale molto minore di Pizzo (complessivamente 3 Klm., con 1 Klm. di zona litorale). Più ricca di plancton del mare di Pizzo, essa è posta fra i due sbocchi dei due più importanti fiumi del ver¬ sante tirrenico calabrese, il Mesima ed il Petrace. Anche il mare della marina di Nicotera è ricco di prodotto, e se le mie statistiche portano per questa marina un prodotto inferiore a quello di Gioia , ciò è da attribuirsi solo al numero dei pescatori, inquantocchè io stesso ho potuto vedere nella ma¬ rina di Nicotera pescare anche i pescatori di Gioia. E la marina di Nicotera, per quanto riguarda lo sviluppo della platea conti¬ nentale , è di poco superiore a quella di Gioia ; e , per quanto — 7 — riguarda il plancton, benché sia meno ricco di quello di Gioia, purtuttavia è più ricco di quello di Pizzo. Cosicché, la pescosità del tratto meridionale del golfo di S. Eufemia è maggiore di quella del tratto nord; la pescosità del golfo di Gioia è maggiore di quella del golfo di S. Eufemia. Io metto queste differenze in relazione con la irrigazione fluvia¬ tile perenne e con la corrispondente maggiore abbondanza di plancton. Seguono due marine le quali, come produzione, sono di molto superiori alle precedenti: Bagnara e Scilla. La platea con¬ tinentale innanzi a queste marine é quasi completamente assente. A che cosa può essere dovuta la maggiore pescosità di questo tratto di mare? Mi riservo di tornare suH’argomento nel pro¬ sieguo di questa nota, allorché avrò parlato anche delle altre marine calabresi d’importante produzione. E ciò essenzialmente perchè il prodotto ittico del mare di Scilla e di Bagnara è fon¬ damentalmente diverso da quello delle altre marine calabresi, es¬ sendo rappresentato quasi soltanto da grossi Scomberoidi, mentre nelle altre marine il prodotto principale è rappresentato dai Clupeidi, essenzialmente Alici e Sarde. Quello che qui debbo mettere in rilievo è che l’abbondanza di prodotto in queste due marine (Bagnara e Scilla) è assoluta- mente indipendente dallo sviluppo della platea continentale, che in esse manca quasi del tutto. Passando nell'Ionio, la prima marina importante che ci si presenta è Melito di Portosalvo, con un prodotto di 2.500 Q.li annui. La platea continentale in questo mare ha uno sviluppo, modesto nel suo insieme: 1 Klm. in larghezza. Qui, però, abbiamo uno sviluppo relativamente notevole della zona litorale (di profon¬ dità non superiore ai 50 m.) la quale estendendosi per oltre 600 m., occupa più della metà di tutta la platea. L'irrigazione delle acque dolci qui ha poca importanza, sboc¬ cando a Melito solo una fiumara, la fiumara di Melito; notiamo, però una maggiore abbondanza di plancton, con ricchezza e varietà di forme vegetali. Ciò è dovuto essenzialmente alla esten¬ sione dei fondali bassi ed alla varietà di essi , che facilitano l’attacco dei vegetali, le cui spore contribuiscono all’arricchimento del plancton. Del resto, il plancton di Melito porta i caratteri — 8 — del plancton di tutto il versante ionico calabrese, il quale , co¬ me mostrerò nella relazione alla quale sopra ho accennato, nel suo insieme, è più abbondante di quella del Tirreno. D’altra parte, la varietà di questa zona litorale, costituisce una varietà di ambienti, ciò che contribuisce all’arricchimento della fauna ittica, che trova le condizioni adatte a farla trattenere in essa. Un altro tratto di mare che deve richiamare la nostra at¬ tenzione, è quello posto innanzi alla marina di Roccella. La produzione di questo mare è su per giù simigliante a quella della marina di Melito (Q.li 2.800). La platea continentale, però, nel mare di Roccella è abbastanza sviluppata (circa 6 Klm.), con una zona litorale (profondità non superiore ai 50 m.) di circa 3 Klm. ed una zona costiera (profondità non superiore ai 15 m.) dell’esten¬ sione di circa 600 m. Anche in questo mare, come in quello di Melito, vi è grande varietà di fondali, che crea diversità di ambienti favorevoli alle diverse pesche. Presso Roccella sbocca anche un corso d'acqua, la fiumara di Allaro, ma questa, d'importanza non superiore a quella dei nume¬ rosi piccoli corsi d' acqua posti lungo la costa ionica, non può avere particolare influenza sulle condizioni di pescosità di questa marina. Nè influenza particolare può avervi lo sviluppo della pla¬ tea continentale, poiché in tutto il lungo tratto di mare seguente, che va dallo sbocco della fiumara Allaro alla foce del fiume Ancinale, pur essendovi quasi il medesimo sviluppo della platea continentale, non vi sono centri di pesca di grande importanza, anzi ve ne è solo qualcuno molto modesto come S. Caterina ionica. Anche per Roccella quindi, come per Melito, l’importanza del prodotto può solo attribuirsi alla varietà dei fondali. Voglio ancora richiamare l’attenzione sulla marina di Sove- rato, posta allo sbocco del fiume Ancinale , non perchè essa at¬ tualmente sia un centro di pesca di grande rendimento, ma per¬ chè le condizioni del mare sono tali che con un più razionale sfruttamento , potrà rendere molto di più : cosa della quale mi sono abbastanza dettagliatamente occupato nella mia relazione sulle marine della Calabria. Il mare di Soverato, ricco di plancton, ricco di Clupeidi , ricco di Scomberoidi , povero di pescatori e di mezzi di pesca, va considerato, per il suo avvenire, come uno dei buoni centri di pesca dell’Ionio, particolarmente per la pesca — 9 — del Tonno ed altri Scomberoidi. Sulle caratteristiche di questo mare, in rapporto all'argomento di cui qui mi occupo, ritornerò allorché mi intratterrò intorno alle caratteristiche del mare di Bagnara e di Scilla, con il quale presenta spiccate affinità. Un'altra marina di produzione degna di nota, è Ciro. Essa dà circa 3.000 Q.li di prodotto. Posta alla foce del torrente Lipuda, questa marina ha uno sviluppo di platea continentale di 5 Khn. : un Klm. in meno di Roccella. La zona litorale ha lo sviluppo di poco più di un Klm., mentre quella costiera misura circa 200 m. Queste misure, però debbono guardarsi in linea molto generale, perchè questo mare presenta spiccate disugua¬ glianze : cosi, talora, a 3 Klm. dalla costa si riscontrano 30 o 35 m. di profondità mentre in alcuni punti, in vicinanza della costa si misurano 170 o 200 tu. di profondità. Con le variazioni di profondità, vi è varietà di fondali. Inoltre la marina di Ciro è ben riparata dai venti, ciò che permette la pesca invernale. Per questo insieme di cose, i pescatori di Ciro possono fare una pesca abbondante; senza dire che essi, valorosi lavoratori, si estendono a pescare in tutto il tratto di mare che va dalla foce del Neto a Punta Alice. E passo all’ultima marina che desidero mettere in rilievo ai fini delle mie deduzioni. Dirò meglio, alle due ultime marine, poiché entrambe vicine, sfruttano il medesimo mare. Tali cono S. Angelo di Rossano e Schiavonia. Mentre, dopo Ciro e dopo Punta Alice, la platea continen¬ tale si è andata slargando, raggiungendo perfino 8 Klm. di larghezza (innanzi a Crucoli), verso Capo Trionfo comincia a restringersi e a S. Angelo di Rossano ed a Schiavonia non supera la larghezza di un Klm. Di questo chilometro, meno di 200 m. misurano la profondità di 50 m. e. talora, fin dalla costa si scende rapidamente a 80 o 100 m. Di talché in questo mare la platea continentale è ridottissima, quasi mancante. Purtuttavia la pesca vi è abbondante, forse più abbondante che in tutte le altre marine calabresi nelle quali la platea continentale raggiunge l’am¬ piezza di 7 o 8 Klm. Le caratteristiche di queste marine sono due entrambe connes¬ se : la ricchezza del plancton e Pimmediata vicinanza dello sbocco del Crati, il quale è il fiume più importante della Calabria. — 10 — Dall'esame, nelle grandi linee, delle caratteristiche fondamen¬ tali di queste principali marine calabresi in rapporto allo svilup¬ po della platea continentale, si rileva come alcune di esse pur avendo uno sviluppo della platea non molto dissimile da quello di marine vicine, presentano una maggiore abbondanza di pro¬ dotto; altre invece con platea continentale ristrettissima o man¬ cante addirittura, hanno ancora una maggiore abbondanza di prodotto. Al primo gruppo appartengono le marine di Pizzo, Nicotera e Gioia Tauro, nel Tirreno, e quelle di Roccella e Ciro nell’ Ionio. Al secondo gruppo appartengono quelle di Bagnara e Scilla, nel Tirreno, e Melito, S. Angelo di Rossano e Schiavonia nell’Ionio. Fra queste ultime marine sono quelle che presentano caratteristiche degne di richiamare la nostra attenzione ; ma mi intratterrò alquanto anche sulle altre citate. La marina di Pizzo , con una platea continentale meno svi¬ luppata di quella di S. Eufemia, dà un prodotto maggiore ed il suo mare è più ricco di plancton. Le marine di Nicotera e di Gioia Tauro, con platea conti¬ nentale molto più ristretta della precedente, danno prodotto an¬ cora più abbondante ; il plancton di questo mare (Golfo di Gioia) è ancora più ricco. A nord di Pizzo sbocca il fiume Angiotola ; Nicotera e Gioia sono rispettivamente in vicinanza dello sbocco dei fiumi Mesima e Petrace. Si vede quindi che la maggiore ricchezza in prodotto di queste marine è indipendente dallo sviluppo della platea conti¬ nentale e che invece è in rapporto diretto con la maggiore ab¬ bondanza di plancton e con la vicinanza dello sbocco di impor¬ tanti corsi d’acqua perenni (il Mesima ed il Petrace sono i due fiumi più importanti del versante tirrenico di Calabria). Le due marine ioniche di Roccella e di Ciro hanno un discreto sviluppo della platea continentale, ma non superiore a quello di alcune altre marine circostanti; il plancton del loro mare è abbondante, ma l'irrigazione d’acqua dolce, fatta da pic¬ coli corsi d'acqua non perenni, non può avere alcuna influenza sulle loro particolari condizioni. L'unico carattere che potrebbe spiegare le loro migliori condizioni è la varietà dei fondali, i quali, albergando un maggior numero di vegetali fissi ed uri 11 maggior numero di animali di fondo danno luogo alla formazione di un plancton più ricco, sia vegetale (arricchito dalle spore di alghe in maggiore abbondanza) sia animale (arricchito dalle uova dei pesci di fondo e dalle larve di invertebrati bentonici). Queste condizioni dei fondali debbono essere ancora più energicamente invocate per spiegare la maggiore pescosità, della marina di Melito di Portosalvo , la quale con una platea conti¬ nentale dello sviluppo di appena 1 Klnr. e irrigata solo da una fiumara, dà un prodotto quasi equivalente a quello di Roccella e di Ciro, con le quali marine ha, appunto in comune la varietà di fondali. Anche per queste marine dell' Ionio, quindi non possiamo invocare in favore della maggiore pescosità lo sviluppo maggiore della platea continentale. Nè per esse possiamo invocare (come ho fatto per le marine del Tirreno più sopra nominate) la più abbondante irrigazione di acque dolci perenni , essendo esse irrigate da corsi d'acqua morti d'estate e di poca importanza; in loro favore possiamo soltanto invocare la maggiore varietà di fondali. Ma veniamo alle marine che più spiccatamente hanno richia¬ mata la mia attenzione , perchè pur presentando assenza quasi assoluta della platea continentale, sono le più ricche in prodotto di tutta la Calabria. Voglio dire delle marine di S. Angelo di Rossano e di Schiavonia , nell’ Ionio , e di Bagnara e di Scilla, nei Tirreno. Le due prime vanno considerate un poco differentemente dalle seconde. In esse , come del resto , nella maggior parte delle marine calabresi finora nominate , il prodotto principale è dato dalle Alici e dalle Sarde e la maggiore abbondanza di pesca si può spiegare con 1' ambiente creatovi dallo sbocco del Crati, il massimo fiume della Calabria , il quale assieme alla modificazione della salsedine vi apporta il suo contributo di or¬ ganismi eurialini e di detriti organici. Le due marine di Bagnara e Scilla (e ad esse si può anche annettere Palmi) non hanno in vicinanza sbocco di corsi d'acqua importanti, e il loro prodotto principale non è dato dalle Alici e dalle Sarde, ma dai grossi Scomberoidi ; Pesce Spada, Tonno,, — 12 — Alalunga. Qui a me pare che l’affluire di questi grossi animali provenienti dalle profondità marine , più che dall' ambiente sia provocato dalla maggiore facilità per essi di ascendere dal fondo. Cioè a dire che l' inclinazione del declivio che dal limite della platea continentale va ai fondi abissali , connessa con correnti ascensionali deve favorire la venuta di questi animali negli strati superiori per cercarvi 1’ alimento o per l'esplicazione della fun¬ zione sessuale. Esposi questa mia ipotesi all' ingegnere Calapai , valoroso industriale e cultore della biologia del Tonno , allorché nello scorso agosto mi recai a Milazzo per incarico del Ministero di Agricoltura. Questi divise il mio parere ; avvalorandolo con un dato di fatto : Nel lato interno della curva determinata dall' e- stroflettersi di Capo Milazzo, nel tratto di mare immediatamente consecutivo a quello dove è impiantata la tonnara del Tonno, la platea continentale d'un tratto si restringe determinando una in¬ cavatura a sella, cioè a dire limitata ai due lati da due rientra- menti più accentuati che chiamano le fosse. Appunto in questo tratto di mare vi è il maggiore affioramento di Tonni. L ing. Calapai ha disegnato con grande accuratezza una batimetria di quella regione marina, notando che il declivio che dal margine della platea continentale va ai fondi abissali in questo tratto è più dolce. Potrebbe darsi, quindi che questa inclinazione graduata del fondo favorisca l'ascensione dei grossi Scomberoidi. lo credo che se l’ ingegnere Calapai, che con tanto amore s' interessa di quistioni di pesca e di biologia del Tonno, pub¬ blicasse le sue osservazioni, farebbe cosa utile nell’interesse della pesca di questo animale che è uno dei più importanti cespiti della nostra industria peschereccia. Un altro tratto dei mari di Calabria, che si trova nelle me¬ desime condizioni nei riguardi della pesca del Tonno, è quello posto fra Soverato a Catanzaro Marina, innanzi a Montauro. Ivi la platea continentale si restringe per un ampio tratto di mare nel quale (come ho avuto occasione di dire nella mia relazione sulla pesca nei mari di Calabria , a proposito della marina di Soverato) è abbondante il passaggio del Tonno, il quale sventu¬ ratamente oggi non viene pescato, nonostante se ne noti la pre¬ senza, ma del quale un tempo si faceva pesca abbondante. 13 — Dalle notizie qui sopra esposie risulta essenzialmente che, in questi mari a platea continentale ristretta, i tratti di maggiore pescosità sono appunto quelli nei quali la platea è maggiormente ristretta, e nei tratti dove essa è più o meno sviluppata la pescosità non è mai in ragione di questo sviluppo. Così, nel Tirreno, la marina di Pizzo è più ricca in prodotto di S. Eufemia, nonostante questa abbia un maggiore sviluppo della platea; e Nicotera e Gioia, con una platea molto meno sviluppata, danno un prodotto an¬ cora più abbondante. Questa maggiore produzione io metto in rapporto con la vicinanza dello sbocco di corsi d’ acqua importanti e della cor¬ relativa abbondanza di plancton. E in queste medesime condi- dizioni si trovano le marine di S. Angelo di Rossano e di Schia- vonia, le quali, pur essendo quasi del tutto mancanti di platea continentale, danno pesca abbondantissima : esse sono poste in vicinanza dello sbocco del Crati, il maggior fiume della Calabria. Per altre marine, come Melito di Portosalvo, Roccella e Ciro Marina, la maggiore abbondanza di prodotto deve attribuirsi alla maggiore abbondanza di plancton in rapporto con la spiccata varietà dei fondali. Nelle marine di Bagnara e di Scilla, atich’esse quasi completamente sforniti di platea continentale , la grande abbondanza di grossi Scomberoidi deve con tutta probabilità at¬ tribuirsi a particolari correnti dirette dal basso in alto, connesse con la dolcezza del pendio del tratto di fondo che dalla platea continentale va ai fondi abissali. Queste osservazioni che hanno avuto per laboratorio di spe¬ rimentazione il mare costiero su di una estensione di 700 Klm.r mi permettono di ricavare delle conclusioni d’ indole generale, e, cioè a dire, che : Nei mari a platea continentale poco svi¬ luppata, la pescosità non ha nulla che ve¬ dere con lo sviluppo della platea medesima; ma in alcuni casi è in rapporto con la mag¬ giore irrigazione fluviatile, in altri con la varietà dei fondali (collegata con il maggiore — 14 — sviluppo delle zone di piccola profondità) e in altri ancora (cioè a dire nelle zone nelle quali vi è abbondanza di grossi Scomberoidi) con particolari cor¬ renti ascendenti connesse con la dolcezza del declivio che daifondi abissali va alla platea continentale. Riassunto L'Autore, da uno studio fatto nelle marine della Calabria, lungo' 700 Klm. di costa, calcola la quantità del raccolto e nota che esso è pili abbondante là dove la platea continentale è più ristretta. Metten¬ do queste notizie in rapporto con l’irrigazione d’acqua dolce, il plan¬ cton, le correnti, ecc., desume che nei mari a platea continentale poco sviluppata la pescosità non è in rapporto con lo sviluppo della platea medesima, ma con la maggiore irrigazione fluviatile, o con la varietà dei fondali , o con particolari correnti ascendenti connesse col dolce pendio del declivio che dalle profondità abissali risale alla platea con¬ tinentale. Finito di stampare il 20 febbraio 1931. Studio geologico dei pozzi profondi della Campania. Memoria del socio Geremia D' Erasmo (Tornata del 9 febbraio 1931) Quando l’opportunità si presenta è do¬ vere del geologo di illustrare ogni sezione del terreno che può avere un valore scien¬ tifico per la storia vulcanologica di una re¬ gione tanto importante come quella di Napoli e dei suoi dintorni. „ F. J. JoKNsroN - La vis, 18S°. “ . manifesto il vivo desiderio ohe sia intrapreso uno studio geologico compa¬ rativo dei materiali estratti dai vari pozzi artesiani, senza trascurare i residui organici, il quale apporterebbe, senza dubbio, gran luce all’intricata storia del Vesuvio e riu¬ scirebbe utile per 1’ idrologia di tutto il bacino. „ O. Dk AnGELIS D'OSSAT, iS94. I. — Introduzione. La disposizione ad anfiteatro dei monti calcarei che, comin¬ ciando dal massiccio del M. Massico a nord, girando per le al¬ ture di Capua, Caserta e Nola e giungendo fino alla penisola di Sorrento e all’isola di Capri a sud, chiudono a guisa di ampio semicerchio il golfo di Napoli, e la costituzione geologica della vasta conca da essi delimitata, la quale offre un' alternanza di rocce permeabili ed impermeabili, con generale pendenza verso il mare, rendono questa zona assai propizia alla perforazione di pozzi artesiani. Non è pertanto a meravigliare se dopo 1' antico e fruttuoso tentativo del Palazzo Reale, rimontante al 1843 , ne furon cavati altri numerosi , dovuti all’ iniziativa comunale e a — 16 — quella privata, per l' accresciuto sviluppo industriale e per gli aumentati bisogni idrici cittadini ; sicché, secondo la recente sta¬ tistica del Ruggiero, oggi essi superano il centinaio. È noto l' interesse che, non soltanto per il geologo ma an¬ che per l’idrologo, per l'igienista, per l'industriale, per l'agricol¬ tore ecc., offrono i dati relativi a tali trivellazioni , le quali fu¬ rono giustamente paragonate a grandi " cannocchiali geologici spinti in basso verticalmente per scrutare le incognite della cro¬ sta terrestre „ ; ed è noto altresì che quest' interesse diventa e- norme, allorché lo studio è diretto a mettere in luce la complessa compagine di un territorio, qual’è quello napoletano, plasmato dai fuochi ipogei e dalle più serene forze esogene dell’atmosfera e dell’acqua. Onde ascrissi a vera fortuna la possibilità di esa¬ minare i campionari dei 20 pozzi conservati nel Museo geolo¬ gico di Napoli e quelli, ancora più cospicui , dei 60 pozzi ap¬ partenenti al Gabinetto di geologia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli ') : tanto più che di queste perforazioni, eseguite per la massima parte negli ultimi decenni del secolo scorso, solo tre o quattro avevan dato luogo ad osservazioni, non sempre precise e concordanti fra i vari autori , mentre le altre eran rimaste finora completamente ignorate. Delle trivella¬ zioni più recentemente eseguite nel territorio napoletano e che io non ebbi modo di poter studiare direttamente sul materiale estratto, esistono alcune notizie sommarie fornite dal compianto ing. Guadagno, che in uno degli ultimi lavori di sua vita cercò di determinare la presenza e la ubicazione del tufo giallo nel sottosuolo cittadino ~), e pochi altri dati compresi nella recentis- J) Questo lavoro, la cui pubblicazione per varie ragioni indipendenti dalla volontà dell’ autore è stata abbastanza ritardata , fu in gran parte preparato nella primavera del 1928. Desidero esplicitamente ricordarlo , per sciogliere un debito di gratitudine verso il prof. Luigi Dell’ Erba , direttore in quel tempo del Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli, al quale non dispiacque affidarmi in istudio il ricco materiale di quel¬ l'istituto. Ringrazio pure il prof. Carlo Patroni, che volle cortesemente favo¬ rirmi alcuni dati, specialmente topografici , sui pozzi del Museo geologico di Napoli, ch'egli si era già proposto, oltre trent’anni fa, di illustrare. 2) Guadagno, M. — Il tufo giallo trachitico nel sottosuolo della città di Napoli. Atti R. Istituto d’incoraggiamento. Napoli, 1928. 17 — sima nota preliminare dell’ing. Ruggiero, diretta a stabilire l'an? damento delle falde artesiane di Napoli e dei dintorni 1). Il presente lavoro, che rappresenta il primo tentativo di ca¬ talogare geologicamente i materiali incontrati in un cospicuo numero di pozzi artesiani della regione, comprende, oltre ai ne¬ cessari riferimenti storici e bibliografici, l'elenco dettagliato delle rocce rinvenute alle diverse profondità, brevi cenni riassuntivi diretti a stabilire, per ciascun pozzo, l’origine e la successione dei prodotti principali e a renderne quindi più facile e spedita l’interpretazione geologica, ed infine gli opportuni confronti tra le perforazioni viciniori o petrograficamente più affini e tra que¬ ste e quelle, invero molto scarse , note per precedenti lavori. Vengono infine prese in particolare esame le numerose e talvolta complesse questioni riguardanti le fasi della varia attività vulca¬ nica locale in base all’ordine di sovrapposizione dei materiali eruttivi e sedimentari, allo scopo di lumeggiare, con l'aiuto dei dati forniti dai pozzi artesiani, gli antichi confini e la speciale configurazione del golfo di Napoli, allorché a non molta distanza dalle cime ghiacciate dell’Appennino cominciavano ad accendersi,, durante il Pleistocene, i primi focolai vulcanici. Si è creduto di non dover escludere i dati relativi ad al¬ cune altre perforazioni, che, pur esulando dalla conca napoletana propriamente detta, rientrano sempre nei confini geografici della Campania, perchè rappresentano un utile materiale di confronto- per la storia geologica dell’interessante regione ; ma si sono in¬ vece di proposito tenute da parte le osservazioni relative ad al¬ cuni altri pozzi trivellati del Lazio, del Molise e delle Puglie,, contando di pubblicarle in altra occasione. Così vennero delibe¬ ratamente tralasciate le indagini relative all’andamento delle va¬ rie falde acquifere, essendo questo l’ oggetto speciale di una prossima ed estesa pubblicazione dell’ ing. Placido Ruggiero, direttore del compartimento campano del servizio idrografico italiano. Disgraziatamente alcune riserve bisogna pur fare per qualche *) Ruggiero, P. — Falde artesiane di Napoli e dintorni. Atti XI Con¬ gresso geografico italiano, voi. II. Napoli, 1930. - 2 - 18 — pozzo, i cui campioni o non sono completi nella serie o non furono raccolti con le necessarie cautele e con la voluta preci¬ sione. Inoltre, come a questo proposito è stato già rilevato da altri ‘), spesso avviene, per queste opere eseguite a scopo utili¬ tario, che, compiuta la trivellazione , i materiali ottenuti vanno dispersi, i dati vengono dimenticati o tenuti segreti per un male inteso spirito di gelosia professionale, ed opere spesso costose non possono più giovare nè ad eventuali ricerche analoghe nel territorio, nè a studi geologici ed idrologici speciali. Cade per¬ tanto qui acconcio ripetere, ancora una volta, la necessità di una disposizione di ordine generale, la quale imponga ai costruttori ed ai proprietari di denunziare i pozzi e faccia obbligo agli Uf¬ fici tecnici regionali di conservarne i materiali e di notarne le caratteristiche. 11. — Cenni storici e bibliografici. Come ho innanzi detto, i pozzi artesiani di Napoli e din¬ torni illustrati nella loro successione geologica sono abbastanza scarsi. Quello più noto, che oltre ad essere uno dei più antichi è forse il più interessante per la profondità a cui venne spinto (m. 465 dal piano di campagna, cioè m. 445 sotto il livello del mare), è il pozzo del Palazzo Reale di Napoli. Avendo, fin dal 1843, Luigi Cangiano, architetto municipale di Napoli , richia¬ mato la pubblica attenzione sulla opportunità di sopperire con i pozzi artesiani alla deficienza di acque potabili nella città, Fer¬ dinando II ordinò, che fosse intrapreso il perforamento di un pozzo artesiano nel giardino della sua Reggia, e successivamente di un altro in piazza della Vittoria. Il lavoro venne eseguito dal l’ing. Aristide Mauget, in sèguito a contratto stipulato con gli ing. Degousée e Laurent, e condotto a termine nel 1859. Dei terreni attraversati nella perforazione di questi due pozzi furono già dati cenni sommari, e non sempre concordanti, dal *) Sacco, F. — Geoidrologia dei pozzi profondi della Valle Padana, pag. 4. Annali R. Acc. Agricoltura, voi. LIV. Torino, 1912. — Ruggiero, P. Loc. cit., pag. 76. 19 — Cangiano1 *), dal Degousée *), dal Tenore3), e successivamente anche da altri autori, i quali si limitarono di solito a riportare le indicazioni fornite dai primi illustratori. Di un'altra perforazione, eseguita parecchi anni dopo a San Sebastiano, nella proprietà del conte Del Balzo, indicò la serie dei terreni il Baldacci, nel 1886, non in base all’esame diretto dei materiali, ma semplicemente trascrivendo l’elenco comunica¬ togli dalla ditta Chartier, che eseguì il lavoro 4 *). Del pozzo, cominciato a scavare nell’anno 1880 in via Stella Polare all’Arenaccia, nelle officine del Gas di Napoli , descrisse diligentemente i campioni, nel 1887, il Palmeri, che istituì pure un confronto fra questa trivellazione e quella del Palazzo Reale di Napoli °). Due anni dopo venne pubblicata una nota del dott. Johnston- Lavis relativa al pozzo artesiano di Ponticelli, scavato nel 1886 nel pastificio Russo. Nella serie dei materiali, accuratamente stu¬ diati, esiste peraltro una grave lacuna, che si riferisce ai primi 60 in. circa di perforazione 6). *) Cangiano, L. — Su le acque pubbliche poiabili della città di Napoli. Napoli, 1843. — Id. in Atti Vi Riun. Scienz. ital. tenuta in Milano nel sett. del 1844, pag. 553. Milano, 1845. — Sul pozzo che si sta forando nel giardino della Reggia di Napoli e di talune induzioni geologiche di cui è stato oc¬ casione. Napoli, 1845. — Notizie sopra i pozzi forati conosciuti col nome di pozzi artesiani. Napoli, 1846. — Sul pozzo forato nel giardino della Reg¬ gia di Napoli. Atti VII Adun. Scienz. ital. Napoli, 1847. - Riflessioni sulle acque potabili della città di Napoli. Napoli, 1848. — Description géologique des points du royaunie de Naples propices à l' obtention des sources arti- siennes. Bull. Soc. géol. de France, 2a s., voi. IX. Paris, 1851-52. — Sulla attuale condizione delle acque pubbliche in Napoli, e dei modi di miglio¬ rarla. Napoli, 1859. — Breve ragguaglio del perforamento dei due pozzi ar¬ tesiani recentemente compiuti nella città di Napoli. Napoli, 1859. — Rela¬ zione intorno alle acque potabili della città di Napoli. Napoli, 1865. 0 Degousée et Laurent, C. — Guide du sondeur, 2 ed., voi. II, pag. 496, tav. L. Parigi, 1861. 3) Tenore, G. — Lezioni di Mineralogia , p. 2a, pag. 32. Napoli, 1851. 4) Baldacci, L. — Su alcuni recenti studi e tentativi di pozzi trivellati in Italia. Annali di Agricoltura, n. 108, pag. 26. Roma, 1886. ■') Palmeri, P. — Il pozzo artesiano dell’ Arenacela del 1880 confrontato con quello del Palazzo Reale di Napoli del 1847 . " Lo spettatore del Vesu¬ vio e dei Campi Flegrei „, n. s., voi. I, pag. 53. Napoli, 1887. 6) Johnston-Lavis, H.J.— Il pozzo artesiano di Ponticelli (1886). Rend. R. Acc. Se. fis. e mat., 2a s., voi. Ili, pag. 142. Napoli, 1889. — 20 — Lavoro ben più completo, non solo per le osservazioni mi¬ neralogiche ma anche per il minuto esame di tutti gli avanzi organici, è quello che sul pozzo di Marigliano, ad ovest di Nola,, scavato nel 1882 nello stabilimento industriale Montagna, pub¬ blicò il prof. De Anqelis d’Ossat nell'anno 1894 *). Allo stesso autore si deve una seconda pubblicazione, com¬ parsa nel 1902, sopra un pozzo di località sconosciuta dei din¬ torni di Napoli. 11 breve esame dei pochi campioni avuti a di¬ sposizione non fu però inutile, perchè, come vedremo nel capi¬ tolo che segue , molte ragioni tendono a dimostrare che la trivellazione in questione debba identificarsi con quella della proprietà Paladini in Maddaloni, illustrata per la prima volta in questo lavoro 2). In una breve nota, comparsa nel 1907 , l’ ing. Cesari fornì scarse notizie su alcuni pozzi trivellati dalle ditte Goffi e Fas- sotto nei dintorni di S. Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli,, riconoscendovi 1'esistenza di due falde acquifere risalienti, l'una posta a circa 40 metri e l’altra a 85; ma nessun conto può farsi dei pochi dati geologici in essa riportati , perchè imprecisi od errati 3). Dell'interessante pozzo artesiano di Valle di Pompei, forato dal 1900 al 1902 nel giardino della villa de Fusco, che fu og¬ getto di molteplici studi geologici e chimici e che offre il feno¬ meno di una singolare alternanza di fasi di grande efficienza con fasi di completa siccità, andò disgraziatamente disperso il materiale scavato ; sicché la serie dei terreni attraversati , pub¬ blicata da Bassani e Galdieri, è il sommario elenco delle indi¬ cazioni fornite dagli operai, che praticarono lo scavo i). ‘) De Angelis d' Ossat, G. — II pozzo artesiano di Marigliano. Atti Acc. Gioenia Se. nat., s. 4a, voi. VII, n. 7. Catania, 1894. — Dell’acqua mi¬ nerale fornita da questo pozzo esiste un' analisi chimica completa, pubblicata dai proff. Oglialoro , Forte e Cabella (Rend. R. Acc. Se. fis. e mat. Na¬ poli, 1896). 2) De Angelis d’ Ossat, G. — Un pozzo trivellato presso Napoli. Boll. Soc. geol. it. , voi. XXI, pag. 33. Roma, 1902. 3) Cesari, C. — Saggio di idrografia sotterranea alle falde del Vesuvio. Giorn. di Geologia pratica, anno V, pag. 104. Perugia, 1907. J) Bassani, F. e Galdieri, A. — La sorgente minerale di Valle di Pom¬ pei. Relazione geologica. Atti R. Acc. Se. fis. e mat., s. 2a, voi. XIV, n. 2r 21 - Si giunge così ai recenti lavori del Guadagno, innanzi tem¬ po scomparso, che in due distinte note , pubblicate nel 1924 e nel 1 926, esaminò e descrisse diligentemente i terreni attraver¬ sati da due trivellazioni eseguite in questi ultimi anni : la prima nella piazza Santa Maria la Fede in Napoli , e la seconda nella Centrale elettrica del Volturno, tra Napoli e S. Giovanni a Te- duccio ‘). Degli altri numerosi pozzi artesiani, forati con sempre mag¬ giore frequenza in questi ultimi anni un po’ dapertutto nei din¬ torni della metropoli del mezzogiorno d’Italia , ma specialmente nella zona industriale che si estende ad est della città , si può dire che manchino totalmente buoni spaccati geologici , posse¬ dendosi soltanto poche notizie incidentalmente fornite, per il pozzo delle Birrerie meridionali di Napoli dal Dainelli '), e per alcuni altri dal Guadagno nel già citato lavoro diretto alla co¬ noscenza dello sviluppo e della profondità del tufo trachitico giallo nel sottosuolo napoletano. Da quanto fin qui si è detto risulta evidente, che ben poche sono le sezioni geologiche che abbiano un certo grado di atten¬ dibilità, ed appare di conseguenza l’interesse che può offrire uno studio comparativo dei materiali incontrati in un numero suffi¬ cientemente esteso di trivellazioni, in una regione, come la na¬ poletana, che sopra i sedimenti marini del Quaternario inferiore vide accumularsi i prodotti eruttivi, e più particolarmente esplo¬ sivi, di due zone vulcaniche, la flegrea e la vesuviana , minera¬ logicamente e morfologicamente tanto diverse. E l'interesse ap¬ parirà ancora più vasto, quando si consideri che sulla conoscenza pag. 2. Napoli, 1908. — Vedi pure Oglialoro, Bakunin e Arena. Relazione dell’ analisi chimica e batteriologica. Ibidem, voi. XIV, n. 3. — Casoria, E. Le terre vecchie della regione del Monte Somma. Ann. R. Se. Sup. di Agr., voi. VI. Portici, 1904. J) Guadagno, M. — Notizie sul pozzo artesiano recentemente trivellato nella piazza S. Maria la Fede in Napoli. Boll. Soc. Natur., voi. XXXVI, pag. 120. Napoli, 1924. — Id. Il pozzo artesiano della Centrale elettrica del Volturno. Ibidem, voi. XXXVIII, pag. 250. Napoli, 1926. -) Dainelli, G. — Guida della escursione ai Campi Flegrel. Atti XI Congr. Geogr. It., voi. IV, pag. 53. Napoli, 1930. — 22 — geologica sono fondate non solo le ulteriori indagini sull'anda¬ mento del livello e del carico delle falde artesiane , necessarie allo sviluppo agricolo ed industriale della regione, ma anche le svariate caratteristiche chimiche e farmacologiche delle numerose sorgenti minerali del luogo, che almeno in gran parte devono ad acque profonde di origine magmatica, più che a quelle su¬ perficiali meteoriche o marine, la loro varia composizione e l'e¬ levata temperatura. III. — Esame dei materiali. Pozzo di Posillipo. La piccola serie di saggi appresso descritti , conservata nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1159), non reca più precise indicazioni di provenienza e non va, in ogni caso, confusa con l’altra serie, proveniente da un diverso sondaggio eseguito a Posillipo, Villa Brasiliana. Essa è per giunta incompleta, mancando i campioni estratti dal piano di campagna fino a m. 42,90. ni. m. 42,90- 58,40 58,40 - 63,40 63,40 - 66,00 66,00-69,00 69,00 - 76,24 76,24-77,24 77,24 - 80,60 Tufo trachitico giallo-chiaro , con scarsissime pomici e qualche incluso di trachite sanidinica. Tufo trachitico giallo-scuro, ricchissimo di piccole po¬ mici e di frammenti ossidianici, tanto da sembrare un vero impasto delle une e degli altri. Tufo trachitico giallo-chiaro, con poche pomici. Tufo semicoerente grigio-chiarissimo, cenerognolo, a elementi piccolissimi, e quindi di aspetto compatto. Pozzolana sciolta, a elementi grossolani, di colore bi- gio-chiarissimo, con numerosissime pomici arroton¬ date e quasi bianche, da qualche millimetro fino a 2 cm. circa. Pozzolana sciolta, grigia, fina, con scarsi ciottoli, ge¬ neralmente di dimensioni piccolissime , di trachite grigio-scura, quasi tutti a spigoli arrotondati. Sabbia grigia, costituita da elementi arrotondati , fino a 3-4 mm. di diametro, di trachite sanidinica e di pomici. 23 — m. m. 80,60-84,10 84,10-87,90 87,90 - 89, 60 89,60 - 89,90 89.90- 91,90 91.90- 92,50 92,50 - 93,35 93,35 - 95,28 Tufo semicoerente, di colore grigio con sfumature di verde chiarissimo, a grana molto fina , con piccole quantità di argilla e con uno straterello di piccole pomici a spigoli arrotondati, di solito di 1 a 2 cm., grigio-chiare o bianche. Sabbia alluvionale mista con sabbia marina , grigio¬ oscura, con molti frammenti di vetro ialino, piccole pomici e trachiti arrotondate. Pozzolana sciolta grigio-scura, a grana fina, con pochi ciottolini di trachite e numerose pomici bianche, rotolate. Pozzolana sciolta grigio-chiarissima, con molte pomici assai minute e qualche piccolo ciottolino di trachite sanidinica. Sabbia grigia con numerosi granuli arrotondati di ve¬ tro ialino , pomici minutissime e frammenti , pure piccoli, di trachite. Sabbia alluvionale e marina , in cui predominano le pomici grigio-chiare e bianche, a spigoli arroton¬ dati, di 1 a 2 cm. di diametro, pur essendo frequenti pagliuzze di mica, frammenti di trachite ecc. Sabbia marina grigio-scura, grossolana, con numerosi granuli di vetro ialino e verde , ciottolini di roccia trachitica nera o grigia, ossidiana, pomici trachitiehe arrotondate ecc. Sabbia marina più sottile, con i medesimi costituenti. 1 saggi cominciano a m. 42,90 della perforazione. È da ri¬ tenere che degli strati sovrastanti, che mancano, la massima parte dovesse essere costituita di tufo giallo , il quale , come è noto, forma tutta l’ossatura della collina, essendo appena rive¬ stito superficialmente dai prodotti grigi ed incoerenti , più o meno dilavati, del terzo periodo eruttivo dei Campi Flegrei. Dopo più di 23 m. di tufo giallo e 14 m. di prodotti trachitici incoerenti di color grigio, fu incontrato, da m. 80,60 a m. 84,10, il tufo verdognolo, argilloso, a pomici bianche, che in altri pozzi appare più intimamente collegato al tufo giallo ; ad esso seguono in basso materiali fluitati diversi, formati in gran parte con la demolizione, effettuata dalle acque continentali e marine, dei più antichi apparati vulcanici vicini. — 24 — Pozzo di Posillipo (signor de Lahante, villa Brasiliana). Mancano per questa serie di saggi, donati alla Scuola d’in¬ gegneria di Napoli dal prof. comm. Gaetano Bruno nel luglio 1900 (Serie N, n. 1160), i campioni estratti dal piano di campa¬ gna fino alla profondità di m. 51, pur essendo verosimile — dato il grande sviluppo che nella collina di Posillipo assumono , an¬ che superficialmente, i tufi trachitici gialli — che nella maggior parte dei primi cinquanta metri trivellati si siano incontrati i medesimi tufi vulcanici, più o meno coerenti e ricchi di pomici e di inclusi di trachite sanidinica , che si attraversarono a mag¬ giore profondità e che, come è noto, sono in quella zona qua e là ricoperti da una coltre, in generale non molto spessa , di pozzolane grigie di solito incoerenti e di pomici e lapilli del- l’ultimo periodo di attività dei Campi Flegrei. m . m . 51,00- 58,70 58,70- 59,40 59,40- 70,00 70,00- 100,00 100,00- 110,00 110,00- 120,00 120,00- 140,00 140,00- 150,00 150,00- 157,50 157.50- 158,50 158.50- 160,00 - Tufo trachitico giallo, tipico, con pomici giallo-scure e con inclusi di trachite e di arenaria di vario colore, dal grigio al rossastro. - Sabbia trachitica gialla, a elementi grossolani e ar¬ rotondati, con piccoli frammenti di trachite. - Tufo trachitico giallo, tipico, contenente frammenti di trachite, di tufo verdognolo e di arenaria. - Tufo trachitico giallo, ricco di pomici con inclusi di trachite sanidinica. - Tufo trachitico giallo a chiazze di color verde, ricco di piccole pomici giallo-scure tanto nella massa gialla che nelle parti verdi, e con inclusi di lava trachitica. - Tufo trachitico giallo con piccoli nuclei verdi meno abbondanti e ad inclusi di trachite sanidinica. - Tufo trachitico giallo, con pomici più grosse e con inclusi trachitici. - Tufo trachitico compatto, ricco di piccoli frammenti di trachite. - Tufo trachitico giallo, più riccamente pumiceo. - Tufo semicoerente, a elementi grossolani, di colore bi- gio-giallastro, con piccoli frammenti di ossidiana. - Tufo compatto verde-chiaro, con piccole pomici di colore verde-scuro e con inclusi trachitici. - 25 — m. m. 160,00- 166,00 166,00 - 177,50 177.50- 182,50 182.50- 202,50 202.50- 222,50 222,50 - 225,00 Tufo duro di colore giallo-chiarissimo se bagnato, quasi bianco se asciutto , con frammenti di tra¬ chee scura, pomici rotolate e pezzetti di tufo verde. Pozzolana quasi sciolta, a elementi grossolani di co¬ lore bigio-chiarissimo, con inclusi di trachite. Pozzolana sciolta, come la precedente. Pozzolana sciolta, di colore cenere-chiarissimo , a elementi piuttosto fini. Pozzolana sciolta, a elementi piuttosto fini , con frammenti di trachite compatta, grigio-chiara. Sabbia grigio-cenere chiarissima, fina, con cristallini e piccole pomici arrotondate. Come per il precedente, mancano i campioni dei primi 51 tri. di perforazione. La serie comincia col tufo giallo tipico, che con piccole variazioni nei suoi caratteri si estende fino a m. 157,50, seguito a brevissimo intervallo dal tufo verdognolo con pomici di colore verde-scuro (probabilmente così colorate dalla tinta del cemento), che a sua volta si adagia sopra pozzolane e sabbie trachitiche per la maggior parte grigio-chiare. Pozzo di Piazza Vittoria in Napoli. Di questo perforamento, iniziato poco dopo quello del giar¬ dino del Palazzo Reale e completato nel 1859 sotto la direzione deH’ing. Mauget , il Cangiano diede alcune notizie , riportate non sempre esattamente da altri autori. Dalle serie esistenti presso il Museo geologico di Napoli (Inv. 1870, serie II, n. 3329 a 4181, dono dell'ing. A. Mauget) e presso il Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli (serie N, n. 1161, dono ing. G. Bruno, e n. 1162, cessione prof. G. Guiscardi) risulta la costituzione appresso indicata. Il piano di campagna è a m. 4,20 sul livello del mare. m. m. 0- 2,00 - Terreno di riporto e di colmata con prevalenza di fram¬ menti di tufo e di pomici trachitiche. 2,00- 8,40 - Sabbia fine di lavaggio, con abbondanti cristalli di sanidino e di augite, pagliuzze di biotite e scarsi granuli di olivina e frammenti di conchiglie. — 26 — m. m. 8,40- 12,60 12,60- 13,50 13.50- 15,80 15,80- 16,50 16.50- 18,50 18.50- 19,90 19,90- 21,20 21,20- 26,60 26,60- 31,50 31,50- 33,10 33,10- 33,80 33,80- 40,00 40,00- 50,00 50,00- 60,00 60,00- 70,00 70,00- 80,00 80,00- 91,30 91,30- 103,40 103,40 - 1 15,00 Sabbia grossolana di lavaggio, con gli stessi compo¬ nenti mineralogici dello strato sovrastante e corr frequenti elementi arrotondati di pomici, traehiti ed ossidiana. Sabbia vulcanica fine, con più scarsi ciottoletti arro¬ tondati, c. s. Sabbia grigia, sottile, di natura trachitica, con molte pomici arrotondate. Pozzolana cenerognola terrosa , con frammenti di trachite. Pozzolana terrosa , trachitica, grigio-giallastra, con molte pomici arrotondate e avanzi vegetali indeter¬ minabili (piante marine?). Pozzolana trachitica bruna con granuli arrotondati di vetro ialino, frammenti di ossidiana ed altri mate¬ riali e con molte pomici rotolate. Pozzolana parzialmente terrosa, con ciottoletti di leu- citite e pomici di natura basaltica (Monte Somma?). Pozzolana trachitica polverulenta, di color grigio¬ chiaro. Pozzolana trachitica grigia, con minutissime pomici. Pozzolana polverulenta grigio-cenere, con frammenti di tufo trachitico grigio. Tufo g allo-verdastro in frammenti, con inclusi an¬ golosi di trachite. Pozzolana trachitica grigio-cenere con frammenti di tufo giallo. Tufo trachitico giallo in frammenti. Tufo giallo con inclusi di trachite sanidinica. Tufo trachitico giallo con pomici di color giallo¬ carico e frammenti di trachite. Tufo giallo, tipico, con frequenti inclusi trachitici. Tufo trachitico giallo con grossi inclusi di traehiti. Pozzolana trachitica semicoerente, grigio-cenere, ar- gilloide, con frammenti di pomici del medesimo colore. Pozzolana grigio-chiara, polverulenta, con numerose piccole pomici. Da metri 110,50 a m. Ili uno strato,, di circa 50 cm. di spessore verticale , di pomici trachitiche arrotondate. A m. 109,20 dal piano di campagna s'incontrò una sona acqnipeva livellan¬ te si a ni. 1 ,20 sul livello marino. — 27 m. m. 115,00- 119,00 - Pozzolana trachitica grigio-chiara, polverulenta. 119,00- 125,00 - Pozzolana trachitica grigio-chiara, con scarsi fram¬ menti di pomici. 125,00- 130,00 - Pozzolana polverulenta, grigia, di natura trachitica, con piccoli frammenti di trachite. 130,00- 135,00 - Pozzolana terrosa trachitica, grigio-giallastra. 135,00- 139,00 - Pozzolana trachitica grigia con piccole pomici ar¬ rotondate. 139,00- 141,00 - Pozzolana trachitica grigia con molti elementi arro¬ tondati, sia cristallini che pomicei. 141,00- 151,00 - Pozzolana semicoerente, trachitica, bigio-chiara. 151,00-155,00 - Pozzolana bigio-chiara, trachitica, con piccole po¬ mici rotolate. 155,00- 160,00 - Pozzolana trachitica polverulenta, bigio-chiara. lbO, 00 - 164,50 - Pozzolana trachitica polverulenta, di colore grigio¬ giallastro. 164.50- 171,50 - Pozzolana trachitica grigio-giallastra, polverulenta, con piccole pomici rotolate. 171.50- 173,00 - Pozzolana trachitica grigio-chiara, terrosa. 173,00- 176,00 - Pozzolana terrosa cinerea, e sabbia grossolana di lavaggio, con numerosi granuli vetrosi , cristalli di feldispato e di pirosseno , ed elementi arrotondati di trachite, pomice ed ossidiana. 176,00- 178,50 - Tufo trachitico bigio, semicoerente. 178.50- 180,50 - Pozzolana terrosa, bigia, e sabbia di lavaggio con ì soliti copiosi granuli di vetro ialino, pirosseno, fel¬ dispato ecc. 180.50- 187,00 - Tufo trachitico bigio, friabile, e sabbia di lavaggio con i soliti costituenti precedentemente indicati. 187,00- 194,00 - Tufo trachitico grigio-giallastro, friabile, e sabbia con grossi elementi vetrosi e pomicei di natura trachitica, ecc. 194,00-196,50 - Tufo trachitico bigio, compatto, con pomici dello stesso colore. 196.50- 205,00 - Tufo trachitico grigiastro, friabile, con inclusi di tufo grigio-verdiccio chiaro, più compatto, e di trachite sanidinica. 205,00-207,25 - Pozzolana trachitica a grossi elementi, con abbon¬ danti granuli di quarzo , cristalli di sanidino e df pirosseno, laminette di biotite e con frammenti dr. trachite e di tufo gialliccio. — 28 m. m. 207.25- 210,25 - Tufo trachitico grigio. 210.25- 212,10 - Tufo trachitico bigio-rossastro, friabile. 212,10-220,60 - Tufo trachitico giallo e sabbia trachitica grossolana, con frequenti piccole pomici. 220.60- 225,00 - Tufo trachitico grigio-giallastro in frammenti con inclusi di trachite sanidinica. 225,00-231,60 - Frammenti di tufo e di trachite sanidinica c. s. 231.60- 233,80 - Argilla marnosa, micacea, con frammenti indetermi¬ nabili di molluschi e pochi foraminiferi ( Lagena laevis MONT. sp. , Nodosaria communis D’ ORB. sp., Bulimina pupoides D’Orb., ecc.). 233,80-241,50 - Tufo trachitico bigio-rossastro, friabile. 241.50- 242,90 - Argilla marnosa, micacea, finemente sabbiosa. 242.90- 244,90 - Sabbia trachitica bigio-rossastra con granuli di quar¬ zo, feldispato, augite ecc. 244.90- 247,00 - Sabbia grossolana a foraminiferi {Lagena, Globige- rina, Orbulina ecc.), con frequenti granuli di quar¬ zo, cristalli di feldispato e di augite e rare sca¬ gliette di biotite. 247,00-247,50 - Argilla marnosa bigio-nerastra , sabbioso-micacea, inquinata di materiali trachitici. 247.50- 257,75 - Argilla marnosa grigio-chiara, più sabbiosa della precedente e con numerosi elementi di natura tra¬ chitica. Da m. 252,25 a m. 252,50 uno strato di ar¬ gilla marnoso-micacea, più compatta della precedente. 257,75 -259,25 - Argilla marnoso-micacea, di colore bigio-rossastro. 259.25- 259,50 - Sabbia grossolana a foraminiferi, con granuli di quarzo {Rotalia communis D' ORB. , Truncatulina lobatula WALKER sp. , Nodosaria solida REUSS sp., ecc.). 259.50- 260,90 - Sabbia grossolana, in parte agglutinata, con granuli di quarzo, laminette di mica ecc. 260.90- 263,90 - Sabbia fine, grigia, con granuli di quarzo, mica e scarsi frammenti di molluschi (Nucula tennis MONT., Pectunculus sp., ecc.). 263.90- 281,30 - Arenaria friabile, di color grigio, quarzoso-micacea, con inclusioni di ciottoli rotolati di un’arenaria bi¬ gio-rossastra, calcarea , con pagliuzze di mica. A m. 264,20 dal piano dì campagna una seconda sona acquifera, abbondante e saliente a m. 6,40 sul livello del mare. - 29 Dopo i soliti strati di sabbie superficiali, alluvionali e ma¬ rine, e di pozzolane trachitiche incoerenti grigie , s' incontrò , a m. 33,10, uno strato, di soli 70 cm. di spessore, di tufo giallo¬ verdastro, con inclusi angolosi di trachite, corrispondente a quello, più sviluppato , segnalato dal Guadagno a Piazza Sannazzaro (m. 22) e alla Villa Nazionale (Posta pneumatica) (m. 18,70). Se¬ gue il tufo giallo fino a m. 01,30 : verosimilmente è compreso in questo banco anche il cosidetto tufo verdognolo, appartenente allo stesso periodo eruttivo, e che non appare distinto da esso per il sopravvenuto cambiamento di colore in sèguito a succes¬ siva ossidazione più completa. Dopo alcuni straterelli di pozzo¬ lane argilloidi e di pomici, inglobanti una falda acquifera , si ebbe una lunga successione di prodotti incoerenti e semicoerenti trachitici, grigi, alternati a marne ed argille marnose mescolate a prodotti vulcanici o risultanti dall'alterazione di questi ultimi, e sovrapposti a sabbie marine con foraminiferi e ad arenarie con un’altra falda acquifera abbondante e saliente. Sondaggio di Pmofalcone, Napoli. Piccola serie di saggi, esistenti nel gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1163), al quale furono donati dal prof. G. Bruno nel luglio 1900. Rap¬ presentano evidentemente un tentativo di sondaggio, per ignota ragione non proseguito *). m. in. 0-0,55 - Terreno di riporto o di colmata. 0,55-1,10 - Pozzolana grigia, trachitica, con frammenti angolosi di trachite sanidinica e di pomici. 1,10-3,10 - Tufo semicoerente grigio-chiaro, a grana finissima, di natura trachitica. 4) Di alcuni altri sondaggi, recentemente eseguiti nella medesima collina e che attraversarono la stessa serie di prodotti trachitici flegrei , ha dato nel 1928 brevi cenni il Guadagno [Monte Echio. Geologia ed antiche escavazioni. Atti R. Ist. d’Incoragg. di Napoli, 1928). È perfettamente paragonabile col nostro il sondaggio eseguito in via Monte di Dio, all’incrocio con via Nun- ziatella, il quale dopo le pozzolane, pomici e sabbie grigie del terzo periodo di attività flegrea, incontrò il tufo giallo a m. 37,80 sul livello del mare, cioè a m. 11,10 sotto il piano di campagna. - 30 — m. m. 3,10-3,40 3,40 - 4,20 4,20 - 4,35 4,35-6,10 6,10-6,80 6,80- Ghiaia di colore grigio, a elementi arrotondati di trachite e di piccole pomici, con frammentini di vetro ialino. Letto di grosse pomici angolose trachitiche grigie , me¬ scolate ad altre più piccole, bianche , a spigoli più arrotondati. Ceneri trachitiche con frammenti di trachite e molte po¬ mici angolose grigio-chiare. Tufo semicoerente, grigio-chiaro, a grana finissima, con scarsi e minutissimi frammenti di trachite e ancora più rari di pomici. Letto di pomici trachitiche grigio-chiare a spigoli al¬ quanto arrotondati, raggiungenti 3 a 4 cm. di dia¬ metro ed immerse in una sabbia grigia con piccoli frammenti di vetro ialino e di trachite grigio-scura. Pozzolana sciolta, grigia, con molte piccole pomici tra¬ chitiche a spigoli arrotondati e scarsi frammenti di trachite. Breve perforazione, intaccante gli strati superficiali di poz¬ zolane trachitiche incoerenti e di pomici del terzo periodo erut¬ tivo dei Campi Flegrei. Alla profondità di m. 4,35 -6,10 la poz¬ zolana, divenuta più consistente per successiva cementazione, corrisponde a quella varietà di tufi semicoerenti grigi che local¬ mente si distingue col nome di tasso. Pozzo del Palazzo Reale di Napoli. Di questa trivellazione, compiuta, come si è innanzi detto, nell'anno 1859, sono generalmente riportati dagli autori i dati relativi ai primi 238 m. di sondaggio ; ma questo venne, come è noto, proseguito più tardi fino a m. 465 dal piano di campa¬ gna, situato a 20 m. sul livello marino. Serie complete di saggi, ordinatamente disposti, esistono tanto nel Museo di Geologia dell'Università (Inv. 1870, serie 2a, n. 3329-4181, dono dell'ing. A. Mauget), quanto nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1164, dono del prof. comm. G. Bruno, ex direttore della Scuola ; e serie N, n. 1165, cessione prof. G. Guiscardi). La successione dei prodotti, che si è creduto utile di ri- — 31 portare per le incomplete e spesso inesatte conoscenze che fi¬ nora si possedevano, è '.a seguente : m. m. 0- 1,00 - Terriccio vegetale. 1,00- 16,50 - Materiale di trasporto, pozzolane e lapilli grigi. 16,50- 69,00 - Tufo trachitico giallo, in masse compatte. 69,00-102,40 - Tufo verdognolo, consistente, passante al colore bi- gio— gialliccio in alcuni punti, con frammenti di tra- chite bruna. 102.40- 108,00 - Tufo trachitico bigio, friabile. 108,00- 112,00 - Sabbie vulcaniche mescolate con minuti frammenti di trachite. 112,00- 112,40 - Ceneri vulcaniche, di colore bigio. 112.40- 114,70 - Tufo trachitico bigio, friabile. 114.70- 115,70 - Tufo trachitico bigio— gialliccio , friabile, a grana finissima. 115.70- 116,00 - Tufo trachitico bigio, incoerente, mescolato a pomici. 116,00-119,50 - Sabbia vulcanica grigia, con ciottoli. 119.50- 120,00 - Tufo trachitico bigio-scuro, friabile. 120,00- 121,80 - Tufo vulcanico sciolto, a grana fina, di colore bigio. 121,80-122,50 - Tufo trachitico sciolto, con piccole pomici rotolate. 122.50- 124,00 - Sabbia vulcanica, di colore grigio-scuro. A 123 m. si attraversò una sona di acqua risaliente fino a 4 ni. sul livello del mare (sec. PALMERl). 124,00- 125,00 - Sabbia vulcanica fine, di colore grigio-chiaro, con piccoli ciottolini trachitici, generalmente scuri. 125,00- 131,30 - Tufo vulcanico sciolto, con frammenti di trachite. 131.30- 132,30 - Tufo trachitico sciolto, di color grigio. 132.30- 133,50 - Tufo vulcanico sciolto, di color grigio-chiaro, al¬ quanto argilloso, con piccoli frammenti di trachite. 133.50- 136,50 - Tufo vulcanico bigio, argilloso e friabile. 136.50- 137,30 - Tufo trachitico sciolto, bigio. 137.30- 141,50 - Tufo trachitico sciolto, bigio-chiaro. 141.50- 143,70 - Tufo vulcanico sciolto, grigio-nerastro, a grana fina, con pomici rotolate e frammenti di rocce vulcani¬ che diverse (trachiti, tufo verde eco.). 143.70- 145,00 - Tufo vulcanico sciolto, grigio-scuro, a grana finissima. 145,00 - 149,50 - Tufo vulcanico bigio-scuro, friabile, con frammenti di bivalvi (pettinidi). — 32 - ni. m. 149.50- 150,50 - Sabbia vulcanica fina, di colore grigio-scuro. 150.50- 153,50 - Tufo vulcanico bigio, friabile. 153.50- 154,00 - Sabbia vulcanica, con piccole pomici rotolate. 154,00-157,25 - Tufo trachitico bigio, friabile. 157,25- 158,15 - Tufo vulcanico sciolto, con piccole pomici rotolate e frammenti di trachite. 158,15- 159,85 - Tufo trachitico bigio, friabile. 159,85-161,00 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con frammenti di pettinidi. 161,00-166,70 - Tufo trachitico bigio, friabile. 166,70-169,50 - Tufo vulcanico bigio, sciolto. 169.50- 171,00 - Tufo vulcanico sabbioso, grigio-scuro, con ciottoli arrotondati, più frequentemente trachitici. 171,00- 171,50 - Tufo vulcanico, sciolto, grigio-chiaro, con ciottoletti arrotondati e frequenza di piccole pomici. 171.50- 172,00 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con frammenti ango¬ losi di ciottoli trachitici. 172,00- 174,50 - Tufo vulcanico sciolto, di color bigio. 174.50- 177,00 - Tufo trachitico bigio, friabile. 177,00- 181,50 - Tufo vulcanico sciolto, bigio-chiaro , con lapilli biancastri. 181.50- 182,00 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con ciottoli trachitici non arrotondati. 182,00- 184,00 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con pomici e trachite. 184,00- 185,00 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con lapilli e piccoli frammenti di trachite. 185,00-189,50 - Tufo vulcanico bigio, friabile, a grana fina, con piccoli lapilli trachitici. (Un frammento di questi ultimi, della collezione del Museo geologico, pre¬ senta struttura eutassitica ed ha aspetto pipernoide). 189.50- 195,50 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con molte pomici e frammenti di trachite. (Una piccola vena di tufo bruno argilloide, avente da 10 a 20 cm. di spessore, fu incontrata a in. 194,50 dal piano di campagna).. 195.50- 201,50 - Grossa sabbia trachitica grigio-chiara, un po’ argil¬ losa, con pomici e ciottoli di trachite. 201.50- 205,40 - Sabbia di antica spiaggia, con piccole pomici, fram¬ menti di cristalli di sanidino , ciottoli di trachite, pagliuzze di biotite ecc. 205,40-212,40 - Tufo vulcanico gialliccio in massa. — 33 — m. m. 212,40-216,50 - Tufo vulcanico grigio-chiaro, sabbioso, a grana piut¬ tosto fina. 216.50- 220,50 - Tufo vulcanico argilloide, di colore bigio. 220.50- 224,50 - Tufo vulcanico bigio, friabile, con frammenti di tra- chite e di tufo bigio-rossastro ricco di pomici bianche. 224.50- 227,00 - Tufo vulcanico argilloide, di colore bigio, e sabbia di lavaggio grigio-scura, con abbondantissimi fram¬ menti di conchiglie (Mactra triangula Br., Thracia corbuloides Bl., Pecten varius L., P. sanguineus L., Nautilius crispus L., Car duini Lamarki REEVE, Cerithium sp. ecc.), che conservano ancora in gran parte la primitiva colorazione. A 227 m. si in¬ contrò una sona acquifera che risalì a m. 5 ,10, secondo TENORE, sul livello del mare. 227,00-228,00 - Tufo vulcanico bigio, friabile. 228,00-234,00 - Tufo vulcanico bigio-scuro, argilloide, e sabbia di lavaggio frammista a molti piccoli ciottoli, a fram¬ menti di tufo e granuli di materiali vulcanici diversi, fra cui vetri, pomici, augite, feldispati, mica ecc. 234,00-247,00 - Tufo vulcanico bigio, argilloide, e sabbia di lavaggio con piccole pomici bianche, frammenti di tufo ed altri soliti materiali (c. s.). 247,00-249,50 - Tufo vulcanico bigio-scuro, friabile, e sabbia di la¬ vaggio di colore grigio-verdastro , nella quale la massa principale è sottile e più rari sono i fram¬ menti di pomici, mentre abbondano pezzetti di so¬ stanza vetrosa di diversa colorazione , cristallini di augite, pagliuzze di mica, granuli di olivina, di fel¬ dispati, ecc. 249.50- 250,35 - Tufo vulcanico, argilloide, di colore bigio-ehiaro, alquanto sabbioso- 250,35-252,32 - Tufo vulcanico, argilloide, di colore bigio, più com¬ patto del precedente, e sabbia di lavaggio, simile per colore e costituzione a quella immediatamente so¬ vrastante, ma più fina. 252,32-252,80 - Arenaria calcarea, di colore grigio, friabile. 250,80-276,50 - Arenaria grigia, prevalentemente calcarea, con grossi ciottoli calcarei, altri più piccoli di rocce vulcaniche, frammenti di pomici ecc. A m. 263,4 una sona acquifera, il cui livello piesornetrico salì a circa ni. 7,60 sul livello del mare, cioè a m. 12,40 sotto il piano di campagna : poi crebbe ed arrivò a sor- - 3 - — 34 — m. m. passive la bocca del pozzo (in. 21 s. I. d. m.). A m. 265,63 un’arenaria micacea grigio-rossastra, for¬ temente argillosa. A m. 272,00 ciottoli di un’arenaria silicea, a cemento calcareo e a grana finissima. 276.50- 276,60 - Arenaria calcarea, a grana molto fina, tenace. 276,60-278,30 - Sabbia marnosa, con granuli silicei e squamette di mica, di colore grigio, con foraminiferi. 278,30-278,38 - Calcare sabbioso, di colore grigio-rossastro. 278,38-300,00 - Marna sabbiosa, compatta, micacea, conchiglifera. Sabbia silicea a foraminiferi ( Bulini-ina pupoides D’Orb., Truncatulina lobatula WALKER sp., Rotalia communis D’ORB., Nonionina depressala WALKER et JACOB sp.) e frammenti di conchiglie di gastero¬ podi ( Natica rnillepnnctata LAM.) con ciottoli di arenaria calcarea (a 289 m). 300,00-320,00 - Argilla marnosa, conchiglifera. A m. 315,70 arenaria giallastra, friabile, calcareo-micacea. 320,00-323,20 - Argilla marnosa, grigio-azzurrognola, con frammenti di conchiglie di molluschi (Tapes rhomboides PENN., Triphora perversa L. sp., Bittium retìculatuin Da Costa sp., Rissoìa (Alvania) cimex L-, ecc.). 323.20- 326,50 - Argilla sabbiosa, con ciottoli silicei e calcarei e avanzi di molluschi come nel banco sovrastante. 326.50- 327,15 - Argilla marnosa, grigio-azzurrognola. 327,15 - 329,50 - Arenaria friabile, grigia, con sostanza argillosa. Sab¬ bia quarzosa a foraminiferi. 329.50- 331,00 - Argilla sabbiosa, grigio-rossastra. 331,00-337,70 - Arenaria calcarea, friabile. 337,70-341,00 - Sabbia quarzosa fina (che al momento dello scavo tramandava forte odore di nafta) e frammenti di marna grigia. Questa sabbia ingloba una palda acquifera , il cui livello si elevò fino a in. 21,4 sul livello marino. 341,00-353,20 - Arenaria calcarea friabile, con selci arrotondate. 353.20- 361,30 - Argilla sabbiosa, grigio-bruna, e sabbia marnoso- micacea con foraminiferi. 3bl, 30 - 361,52 - Arenaria calcarea molto tenace, con squamette di mica. 361,52-36o,65 - Marna sabbiosa, micacea, di colore grigio. 366,65 - 3o9,00 - Arenaria calcarea, grigio-rossastra. 369,00-371,90 - Marna sabbiosa, micacea, grigia. 35 — m. m. 371,90-372,00 - Calcare argillifero. 372,00-375,50 - Marna sabbiosa, micacea, grigia. 375,50-376,76 - Argilla sabbiosa, micacea. 376,76-376,88 - Frammenti di ciottoli calcarei, più o meno argilliferi. 376,88-379,64 - Argilla sabbiosa, grigio-rossastra. 379,64-379,71 - Frammenti di ciottoli calcarei. 379,71 -456,60 - Argilla marnosa, micacea, grigio-rossastra, inglo¬ bante ciottoli e frammenti calcarei diversi. L’argilla negli strati inferiori si fa più compatta, e la sua tinta si oscura gradatamente. 456,60-458,02 - Frammenti di ciottoli calcarei, più o meno sabbiosi. 458,62- 460,48 - Frammenti di calcare argilloso grigio-azzurrognolo. 460,48-465,00 - Piccoli frammenti di calcare dolomitico e di arenaria consistente. Quanto ai livelli acquiferi, occorre notare che non vi è ac¬ cordo tra le indicazioni fornite dai singoli autori. Così le misure, in palmi, del Cangiano non concordano esattamente con quelle, in metri, del Tenore, e neppure con i dati esistenti nel cam¬ pionario della R. Scuola d'ingegneria di Napoli, i quali, essendo stati forniti dalPing. Mauget, direttore dei lavori, all'epoca della raccolta dei campioni, ci sono sembrati degni di fede , e sono stati pertanto riportati (quando non è diversamente indicato) nel precedente elenco dei terreni attraversati. La serie dei prodotti, che è la più ricca per la profondità a cui fu spinta la perforazione, rappresenta, si può dire , uno specimen quasi completo di tutte le formazioni vulcaniche fle- gree e della sottostante piattaforma sedimentaria. Agli strati su¬ perficiali, costituiti da terreni di riporto e di colmata, da poz zolane e da lapilli grigi del terzo periodo di attività flegrea, se¬ gue, per uno spessore di m. 52,50, il tufo trachitico giallo so¬ vrastante ad un altro banco di tufo verdognolo , non meno consistente, che ha già assunto in gran parte colorito bigio- giallastro e che arriva a m. 102,40 di profondità. Vengon poi sabbie, tufi sabbiosi, pozzolane, pomici, di colore bigio e di na¬ tura trachitica, inglobanti straterelli marnosi o conglomeratici e rappresentanti il primo periodo eruttivo dei Campi Flegrei ; e — 36 — finalmente marne, arenarie, argille sabbiose e calcari argillosi facenti parte della conca sedimentaria terziaria e pleistocenica,, sulla quale si accesero i primi focolai vulcanici della regione. Avanzi di organismi marini si rinvennero non soltanto nelle ar¬ gille e nelle marne inferiori, ma anche nelle sabbie vulcaniche a queste sovrastanti, ove si presentano peraltro associate a forme di acqua salmastra, le quali denotano un progressivo solleva¬ mento del fondo marino. Sondaggi di Montesanto, Napoli. Contraddistinta da questo nome , esiste , nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1166, dono prof. G. Bruno, luglio 1900), una serie di campioni provenienti da nove sondaggi diversi eseguiti nella collina di Montesanto in Napoli , tutti a breve distanza 1' uno dall’altro e non spinti ad una profondità superiore ai 20 m. dal piano di campagna. Benché la scarsa profondità tolga molto in¬ teresse a questi saggi, stimo non inutile farli conoscere , anche per completare la descrizione del materiale dei pozzi forati con¬ servato nella Scuola d’ingegneria di Napoli. A) m. m. 0- 1,25 1,25- 1,45 1,45 - 2,10 2,10- 3,50 3,50- 5,60 5,b0 - 7,00 Sondaggio n. 1, eseguito nel fondo del signor Scalese. - Pozzolana trachitica, con frammenti di tufo trachitico, prevalentemente giallo. - Sabbia grossolana trachitica, a elementi di solito arro¬ tondati, con cristallini di augite, frammenti rotolati di trachite e piccole pomici. - Tufo semicoerente, grigio-chiaro, a elementi grossolani arrotondati. - Tufo semicoerente, trachitico, a elementi assai più fini. - Tufo semicoerente, grigio-giallastro, ad elementi tra- chitici grossolani ed arrotondati. - Tufo semicoerente, di colore giallo, con numerosi frammenti di tufo giallo più compatto e più scarsi di trachite. — 37 — B) Sondaggio n. 2, eseguito nel torrente del signor Scalese. tn. m. 0- 2,65 2,65- 3,15 3,15- 3,75 3,75- 6,50 6,50- 7,00 7,00- 8,50 Pozzolana e tufo semicoerente grigio-chiaro, con grossi frammenti di trachite. Tufo semicoerente giallo-chiaro, trachitico , a elementi finissimi, con inclusi di trachite e di tufo giallo, piccole scoriette ed anche un pezzo di marmo cri¬ stallino. Tufo semicoerente giallo più vivo, trachitico, a elementi più grossolani. Tufo semicoerente simile al precedente , ma di colore grigio-giallastro. Tufo quasi coerente, grigio-giallastro, trachitico, ad elementi finissimi. Tufo giallo ad elementi grossolani , con frammenti di trachite, di ossidiana e più scarsi di tufo verde. C) Sondaggio n. 3, eseguito nel fondo del barone Pindo. m. m. 0- 1,20 1,20- 4,50 4,50 - 5,35 5,35 - 6,40 6,40- 10,75 10,75-11,22 11,22- 13,45 13,45 - 15,00 15,00- 17,00 17,00- 18,40 18,40-20,00 Pozzolana grigio-scura con frammenti di pomici e di tufo. Pozzolana grigia con frammenti di tufo, per la mag¬ gior parte arrotondati. Frammenti di tufo grigio, mescolati a pozzolana e a frammenti di tufo giallo. Come sopra, ma gli elementi trachitici gialli in mag¬ giore quantità. Pozzolana grigia, con frammenti di tufo dello stesso colore. Tufo semicoerente grigio-giallastro, a elementi fini. Lo stesso tufo, ad elementi un po’ meno fini. Tufo semicoerente, più gialliccio e ad elementi più fini. Tufo semicoerente grigio-giallastro, a elementi più grossolani. Tufo semicoerente giallo, a elementi grossolani. Tufo giallo in piccoli frammenti arrotondati. D) Sondaggio n. 4, eseguito “sotto il pino, nel fondo del sig. barone Pindo „. m. m. 0 - 2,20 - Tufo semicoerente, di colore grigio-scuro, a elementi piuttosto grossolani. 38 — m. m. 2,20- 5,80 - Tufo semicoerente, simile al precedente, ma di colore grigio-giallastro. 5,80- 7,00 - Tufo semicoerente, giallastro, ad elementi molto fini. 7,00- 10,30 - Tufo semicoerente, bigio-chiaro, a elementi grossolani.. 10,30- 13,00 - Tufo semicoerente ad elementi piuttosto grossolani, di colore giallo, con frammenti, inclusi, di tufo giallo compatto che contengono le solite piccole pomici di colore giallo più carico. E) Sondaggio n. 5, eseguito " al disotto del pino, nel fondo del sig. barone Pindo „. m. 0- 1,50 - Humus e pozzolana incoerente grigio-scura, con fram¬ menti di conchiglie di molluschi terrestri. 1,50- 2,10 - Tufo quasi coerente, a elementi piuttosto fini, di co¬ lore grigio-chiaro tendente al giallastro. 2,10- 10,15 - Tufo quasi coerente, a grana un po’ più fina e di co¬ lore grigio-chiaro, meno gialliccio. 10,15- 12,00 - Tufo giallo compatto, in frammenti più o meno minuti,. con piccole pomici e frammentini di tufo verde. F) Sondaggio n. 6, eseguito “ sotto l’ospedale della Trinità ni. m. 0- 0,30 - Humus e terreno di riporto. 0,30- 1,70 - Tufo semicoerente, trachitico, a grana fina, grigio-chiaro. 1,70 - 4,80 - Lo stesso tufo grigio-chiaro, ma a grana più grossolana. 4,80 - 7,50 - Sabbia trachitica grossolana di colore giallo, con fram¬ menti di tufo dello stesso colore. G) Sondaggio n. 7, eseguito " al di sopra del n. 6, nel fondo del sig. barone Pindo „. 0- 0,45 - Humus e pozzolana incoerente, grigio-scura, con pic¬ cole pomici trachitiche e frammenti di ossidiana. 0,45- 3,80 - Tufo trachitico semicoerente a grana piuttosto fine, di colore grigio-giallastro. 3,80- 8,00 - Lo stesso tufo, di tinta bigia un po’ più chiara e ad elementi grossolani. 8,00-10,20 - Tufo trachitico semicoerente, a elementi grossolani, di colore giallastro, con numerosi frammenti di tufo giallo compatto ricco di piccole pomici e con qual¬ che minutissima scoria. — 39 — fi) Sondaggio n. 8, eseguito " nel fondo del sig. Angelo Alessandro m. m. 0- 0,30 - Humus e pozzolana incoerente, grigio-scura. 0,30- 1,13 - Pozzolana quasi incoerente, a elementi grossolani, di colore grigio-giallastro, con poche pomici e fram¬ menti di trachite. 1,13- 5,85 - Tufo semicoerente, grigio-giallastro, a elementi gros¬ solani. 5,85- 16,50 - Tufo semicoerente, di colore bigio-chiaro, a elementi grossolani. in. I) Sondaggio n. 9, eseguito " al di sopra dell’8°, ni. del sig. Angelo Alessandro nel fondo 0- 0,50 - Humus e pozzolana incoerente, grigio-scura, con fram¬ menti di pomici e di trachite. 0,50- 1,80 - Pozzolana trachitica incoerente, a elementi grossolani, di colore grigio-giallastro. 1,80- 3,20 - La stessa pozzolana, leggermente più chiara della pre¬ cedente. 3,20 - 6,00 - Pozzolana trachitica, a elementi grossolani , di colore bigio-chiaro, senza tendenza al giallo. Nove sondaggi arrestati a breve profondità ed in generale a principio dei banchi di tufo giallo , che sono sormontati da sabbie e pozzolane trachitiche grigie con poche pomici. Sondaggi del monastero di S. Anna, al Corso Garibaldi, in Napoli. Quattro sondaggi, arrestati tutti a breve profondità, furono tentati nel cortile del Chiostro di S. Anna e nell' annesso giar¬ dino , senza che si fosse raggiunta alcuna falda idrica. Le pic¬ cole serie di saggi, donate dal prof. G. Bruno al Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1168) nel luglio 1900, sono costituite come segue: A) Primo sondaggio, eseguito al centro del cortile del Chiostro. m. m. 0 - 6,50 - Pozzolana sciolta, a elementi grossolani e arrotondati, di colore grigio -rossastro. 6,50 - 7,20 - Pozzolana sciolta, simile alla precedente. — 40 — m. m. 7,20- 8,40 8,40- 8,70 8,70 - 10,40 10,40 - 12,50 12,50- . Pozzolana grigia, a elementi finissimi , parzialmente consolidata in tufo semicoerente. Sabbia grigio-scura a elementi arrotondati di qualche millimetro. Pozzolana trachitica grigia, tendente al gialletto , con piccoli frammenti di ossidiana. Pozzolana trachitica grigio-chiara, con piccoli fram¬ menti di ossidiana e di pomici. Cenere finissima grigio-chiara, con piccole pomici. B) Secondo sondaggio, eseguito all’angolo sinistro del cortile del Chiostro. m . m . 0-12,10 - Pozzolana sciolta, simile a quella del primo pozzo, ma meno rossastra. 12,10-12,90 - Pozzolana grigio-chiara con piccoli frammenti di os¬ sidiana e di pomici. 12,90- 15,00 - Pozzolana grigia, più scura, fina, con piccole pomici. 15,00 - 15,60 - Pozzolana piuttosto fina di tinta grigio-giallastra scura, tendente al color tabacco. 15,60- 17,00 - Pozzolana grigia, a elementi piuttosto fini. C) Terzo sondaggio, eseguito all’angolo destro del cortile del Chiostro. m. m. 0 - 9,90 - Pozzolana sciolta, grigio-rossastra, a elementi grosso¬ lani, con frammenti di trachite. 9,90- 10,10 - Pozzolana grigia, un po’ più rossastra della precedente. 10.10- 13,10 - Pozzolana, grigio-rossastra, a elementi meno grossolani. 13.10- 14,60 - Tufo semicoerente grigio-chiaro, a grana finissima. 14,60-15,00 - Tufo semicoerente, di color tabacco (marrone chiaro), a grana finissima. D) Quarto sondaggio, eseguito nel giardino annesso al Chiostro. m. m. 0-0,80 - Pozzolana grigio-scura a elementi grossolani. 0,80-2,40 - Pozzolana simile alla precedente, di colore grigio-scuro più rossastro. 2,40 - 8,00 - Pozzolana grigio-chiara, con piccole pomici e frammenti di trachite. 8,00- 8,65 - Pozzolana grigio-chiara, appena un po’ più rossastra delle precedenti e ad elementi grossolani. — 41 m. m. 8,65-11,00 - Tufo semicoerente grigio-scuro un po’ rossastro, a elementi piuttosto fini. I quattro sondaggi di questo monastero , che non raggiun¬ sero neppure i venti metri, intaccarono soltanto la coltre super¬ ficiale di depositi trachitici incoerenti (ceneri , sabbie e pomici) dell'ultimo periodo eruttivo dei Campi Flegrei. Pozzi della Stazione ferroviaria centrale di Napoli. Due diversi campionari, conservati nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli alla Serie N, n. 1169, e donati dal prof. G. Bruno nel Luglio 1900. A) Primo pozzo. ni . ni . 0- 1,07 1,07- 1,70 1,70- 3,46 3,46- 7,30 7.30- 8,30 8.30- 9,10 9,10- 12,90 Pozzolana e tufo semicoerente, grigio-scuro, con pic¬ cole pomici e frammenti di conchiglie di gastero¬ podi terrestri ( Helix , Clausilia , ecc.). Tufo semicoerente grigio-chiaro a grana fina , con frammenti di gasteropodi. Pozzolana sciolta, con elementi grossolani , di colore grigio-scuro. Sabbia marina a elementi di varia grandezza, ma pre¬ valentemente fini, di colore grigio, con pagliuzze di mica, cristalli bianchi di aspetto vitreo ecc. Ghiaia costituita in prevalenza da ciottolini arrotondati (da qualche mm. a 1 cm. circa), per la maggior parte trachitici, ma alcuni pure calcarei. Altri ciot¬ toli più grandi (3 a 4 cm.), anche di ossidiana e di pomice. Numerose pomici trachitiche rotolate , di color cenere, di 1 a 2 cm. di diametro. Cenere di color grigio-ferro, in cui spiccano pagliuzze minutissime e lucenti di mica. Sabbia fina di colore grigio più scuro della precedente, con pochi ciottolini arrotondati e con numerosi avanzi di molluschi marini ( Venus [Chamelaea] gallina L., Pectunculus [Axinaea] pilosus L. sp., Cardium [ Parvicardium ] papillosum Poli, Astra¬ ttimi rugosum L. sp., Turritella communis Risso sp., T. breviata BKUGN.). — 42 — m. ni. 12.90- 21,90 - Sabbia marina, grigia come la precedente, con dotto- lini arrotondati per la massima parte di trachite ed alcuni di ossidiana. 21.90- 23,10 - Pozzolana sciolta, giallo-chiara, con elementi trachitici arrotondati e più numerosi frammentini di ossidia¬ na , e con frammenti più grossi di tufo giallo e verdiccio e di trachite. 23,10-28,70 - Sabbia grigio-chiara con elementi arrotondati di varia grandezza. 28,70-29,30 - Sabbia marina grigio-chiara, con elementi arrotondati molto minuti. 29,30- 30,90 - Frammenti di tufo giallo-chiarissimo, ricco di piccole pomici. 30.90- 42,90 - Tufo giallo-chiaro in frammenti. 42.90- 58,40 - Tufo giallo-chiaro in piccoli frammenti, ed un fram¬ mento di tufo verde con pomici gialle. B) m. m. 10.50- 11,10 - 11,10- 13,00 - 13,00- 13,50 - 13.50- 15,75 - 15,75- 19,85 - 19,85 -20,00 - 20,00-21,65 - 21,65-24,00 - 24,00-25,50 - Secondo pozzo, “ eseguito dal sig. Oomens Pozzolana e tufo semicoerente grigio-scuro con po¬ mici e frammenti ossidianici. Tufo grigio semicoerente, a elementi grossolani. Torba in piccoli frammenti. Tufo grigio semicoerente, a grana più fina di quello sovrastante. Sabbia marina fina, grigio-scura, micacea. Sabbia marina più grossolana, grigio-scura , micacea, alquanto magnetica. Tufo grigio-chiarissimo, in piccoli frammenti. Tufo semicoerente a grana piuttosto fina , grigio-scu¬ ro, con interposti frammenti angolosi di trachite grigia. Sabbia marina con piccoli ciottolini di trachite e di ossidiana (l a 2 mm.) e ricca fauna di lamellibran- chi e gasteropodi (Tellina donacina L., Cardium tubercidatum L., Pecten [ Ch/aniys ] injlexus CHEMN., Pecten [ Chlamys ] varius L. sp. , Pecten [Aequi- pecten\ opercularis L. sp. , Venus ovata PENN., Pectunculus bimaculatus POLI sp., Ostrea edulis L., Arca Noae L., Arca lactea L. , Lucina [ Loripes\ Jragilis Phil. ; Patella caerula L., Patella taren- - 43 - m. m. Una LAM., Conus medilerraneus PHIL.. Cerithium vulgatum Brug.) , oltre ad avanzi di scafopodi ( Dentalium dentale L.) , di corallari , vertebre di teleosteo, ecc. 25.50- 35,00 - Tufo giallo-chiaro, ricco di piccole pomici e con fram¬ menti di trachite. 35,00-64,00 - Tufo giallo, con piccole pomici e frammenti di trachite. 64,00-67,00 - Tufo giallo, (rachitico, con qualche frammento di tufo verdognolo. 67,00-76,30 - Tufo semicoerente giallo-scuro ad elementi grossolani,.. e sabbia argillosa con ciottolini tufacei, trachitici ecc. 76.30- 78,20 - Tufo giallo, piuttosto tenace e compatto. 78,20-81,80 - Tufo quasi coerente, a grana fina, di colore giallo. 81,80-82,30 - Tufo grigio-chiaro, a grana fina, con molte pomici trachitiche dello stesso colore. 82.30- 85,00 - Tufo grigio-chiaro, a grana fina, semicoerente, argil- loide. 85,00-86,00 - Ghiaia di antica spiaggia, formata da ciottolini trachi¬ tici arrotondati. 86,00-89,50 - Sabbia grigio-scura un po’ rossastra, a grana fina, al¬ quanto argillosa, costituita da frammenti arrotondati di trachite, di pomici ecc. 89.50- 93,00 - Sabbia un po’ più chiara e più fina della precedente. 93,00-94,00 - Tufo semicoerente grigio-scuro, a elementi alquanto grossolani, debolmente argilloso. Le due perforazioni, salvo piccole differenze di dettaglio, si corrispondono nei loro principali caratteri. Gli strati superiori di ghiaie e sabbie marine, con numerosi avanzi di molluschi e con qualche straterello torboso interposto , attestano la lunga persistenza del mare o di un regime lagunare in questa zona bassa dell’attuale città. Al di sotto di tali depositi, inglobanti il materiale vulcanico di origine eolica del terzo periodo eruttivo flegreo, fu incontrato, alla profondità di m. 30 circa dal piano di campagna, il tufo trachitico giallo, che, con le solite alter¬ nanze di consistenza e di compattezza, raggiunge ivi uno spes¬ sore verticale di quasi 50 metri. Inferiormente un tufo grigio¬ chiaro, semicoerente ed argilloide , di circa 3 m. di potenza, coi risponde, per posizione, consistenza e presenza di argilla, se — 44 — non per il colore, al tufo verdognolo che in molti altri pozzi sopporta il tufo giallo. Finalmente si hanno pochi altri strati di ghiaie e sabbie, miste a pomici inglobanti una falda artesiana. Pozzi del mulino « La Lamia » a Poggioreale, in Napoli. Dei due sondaggi eseguiti per il mulino " La Lamia „ a Poggioreale, il primo, contraddistinto col nome del conte Achille Rossi, è rappresentato nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola di Ingegneria di Napoli da una serie di 24 saggi (Se¬ rie N, n. 1170) donati dal prof. G. Bruno nel luglio 1900; mentre del secondo, che si spinse ad una profondità maggiore, esistono, tanto in detto Istituto (con lo stesso numero e la me¬ desima data) quanto nel Museo di Geologia dell’Università (do¬ no ing. Mauget, Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181), due identiche raccolte di campioni, senza indicazioni più precise dell’ antico proprietario *). Da notizie riferite dall'ing. A. Mauget risulta, che fra le perturbazioni che si riscontrarono nel regime delle acque superficiali e sotterranee della zona vesuviana nei mesi di mag¬ gio e giugno dell’anno 1866, il pozzo del mulino "La Lamia,,, appartenente al conte A. Rossi, rigettò “ pendant plusieurs jours plus de 200 mètres cubes de matières légères, provenant de la nappe souterraine, ponces, lapilli et sables trachytiques , pour 0 Si può qui ricordare che nella contrada di Poggioreale i primi son¬ daggi datano da circa un secolo, come si rileva dall'opera " Napoli e i luo¬ ghi celebri delle sue vicinanze „ (voi. I, pag. 14, Napoli , 1845) , scritta da G. B. Aiello, B. Quaranta ed altri e dedicata al VII Congresso degli scien¬ ziati italiani. Riportiamo integralmente le brevi osservazioni in essa contenute, le quali possono riferirsi alle trivellazioni del mulino " La Lamia „ o di altro vicino : " A piè del Camposanto, in vicinanza del muro doganale , trovansi alcuni pozzi artesiani, aperti dalla Società Industriale Sebezia nell’ anno 1834 in terreno da ortaggi. Sono quattordici, a breve distanza 1' un dall’ altro, ed hanno il diametro di palmi 0,85 e la profondità di 82 circa. Quando furono scavati la trivella traversò a varie profondità tre strati d’acqua , i due primi privi di forza saliente, e l’ultimo di tal forza da scorrere su la superficie del terreno. Gli strati minerali traversati furono : terra vegetale ; arena argillosa assai compatta ; lapillo ; strato simile al secondo. Lo strato di acqua ascen¬ dente è posto nello strato di lapillo tra i due arenoso-argillosi. Forse questo é il primo esempio di pozzi artesiani forati in terreno vulcanico. Essi tutti uniti danno una massa d’acqua di palmi cubici 2,95 a secondo, ovvero palmi cubici 254S80 in ore ventiquattro. Le acque per condotti si riuniscono in un canal principale, il quale le porta a muovere un mulino,,. — 45 — ne prendre un régitne Constant et régulier qu’ à partir du 10 aout , bien que 1' on n’ ait cessé du tra vailler à son nettoyage ou désensablement depuis le 30 juin „ ‘). m. m. 0- 0,50 0,50- 1,55 1,55- 2,60 2,60- 3,00 3,00 - 6,65 6,65- 7,00 7,00- 7,35 7,35- 7,50 7,50- 8,40 8,40- 9,10 9,10-10,70 10,70-13,30 13.30- 13,60 13,60 - 16,60 16,60-17,00 17,00-17,30 17.30- 18,60 18,60 - 20,00 A) Primo pozzo (conte Achilie Rossi). Terreno vegetale e di colmata. Tufo semicoerente, grigio, a grana finissima e odore argilloso. Tufo semicoerente, grigio-rossastro, a grana fina e odore argilloso, con pagliuzze micacee e avanzi di gasteropodi (Hydrobia acuta DRAP. , H. stagualis BAST., ecc.). Tufo semicoerente, grigio, a grana fina e con molte pagliuzze di mica. Tufo semicoerente grigio-chiarissimo, a grana molto fina (emerite). Torba spugnosa, bruno-nerastra. Materiale torboso più chiaro, misto a cenere vulcanica. Tufo vulcanico sciolto, grigio, costituito da cenere, pomici, frammenti di trachite ecc. Tufo vulcanico friabile, di colore grigio tendente al rossastro, a grana finissima (emerite). Torba quasi nera. Pomici trachitiche angolose, di varie dimensioni. Materiale torboso. Tufo vulcanico semicoerente, grigio-chiaro, a grana finissima. Sabbia vulcanica grossa, a elementi arrotondati. Ghiaia, mista a poca sabbia e costituita in prevalenza da frammenti trachitici angolosi. Tufo vulcanico incoerente, grigio-chiaro , con piccole pomici arrotondate e con frammenti di trachite. Sabbia fina grigio-scura, con elementi vulcanici e con frammenti di calcari, minutissime pomici arroton¬ date e bianche ecc. Ghiaia prevalentemente vulcanica, a elementi non ar¬ rotondati, mista a poca sabbia. *) Mauget A. — Sur les phénomènes observés le 29 juin 1866 , et sur les variations subites survenues dans le régitne de divers cours d’ eau de l' Italie meridionale. Compt. Rend. Acad. Se., voi. 64, 1° sem. Parigi , 1867* - 46 — m. m. 20,00-20,80 - Strato di pomici arrotondate, piccole, bianche, miste a poca sabbia. 20,80-21,70 - Sabbia marina media e fina, con pomici arrotondate, pagliuzze micacee e frammenti di trachite. 21,70-24,90 - Ghiaia costituita da elementi angolosi (da 5 a 15 mm.) di trachite, pomice, calcare, tufo ecc. 24,90-27,25 - Tufo semicoerente, grigio-rossastro scuro, a grana fi¬ na, mescolato a sostanza carboniosa. 27,25-31,00 - Sabbia vulcanica media e grossa, con frammenti di vetro ialino, trachite, pagliuzze di mica, piccole po¬ mici angolose ecc. Falda di acqua zampillante , che fornì 2000 litri al minuto. B) Secondo pozzo. m. m. 1.80- 2,50 - Tufo vulcanico sciolto, a grana finissima, con minuti frammenti di trachite e avanzi indeterminabili di gasteropodi e lamellibranchi. 2.50- 3,10 - Tufo semicoerente grigio-chiaro, a grana finissima, con odore argilloso. 3.10- 3,b0 - Tufo semicoerente grigio-rossastro, argilloide, a grana fina, con Cerithium vulgatum BRUG. e avanzi non determinabili di altri gasteropodi. 3.60- 4,10 - Tufo semicoerente grigio, con numerose pagliuzze di mica. 4.10- 7,60 - Tufo semicoerente grigio-chiaro, a grana finissima, (emerite). 7.60- 8,50 - Tufo semicoerente grigio-scuro, a grana finissima. 8.50- 10,00 - Tufo semicoerente grigio-scuro, con avanzi torbosi inclusi. 10,00-10,60 - Torba di colore bruno a nero. 10,60- 10,80 - Tufo semicoerente grigio-chiaro con sfumature di co¬ lor verde, a grana finissima e con odore argilloso. 10.80- 12,30 - Strato di piccole pomici trachitiche, arrotondate, gri¬ gio-chiare. 12,30- 18,00 - Tufo semicoerente, grigio molto scuro, a grana finis¬ sima, con inclusioni di avanzi torbosi. 18,00-21,50 - Tufo semicoerente grigio, a grana piuttosto grossa. 21,50 -27,00 - Tufo vulcanico sciolto, con piccoli ciottolini arroton¬ dati di trachite e di pomici. — 47 — m. tn. 27,00-30,00 - Sabbia vulcanica media e fina, grigio-scura un po’ ros¬ sastra, con grosse pomici grigie e rossastre, e con frammenti di ossidiana. 30,00-52,10 - Tufo vulcanico sciolto, grigio-chiarissimo, a grana fi¬ nissima, con pochi frammenti di pomici bianche. 52,10-61,70 - Tufo incoerente, di colore grigio-giallastro, con fram¬ menti di trachite, pagliuzze di mica ecc. 61,70-63,00 - Sabbia vulcanica media e grossa, con molti frammenti di vetro ialino e verde, di pomici angolose , pia¬ strelle di rocce diverse ecc. •63,00-72,00 - Sabbia vulcanica grossa, con elementi ghiaiosi di tra¬ chite, pomici, tufo verde ecc. 72,00-72,35 - Sabbia vulcanica grossa, con frammenti più abbon¬ danti di vetro ialino e di ossidiana e con molte pomici arrotondate e quasi bianche. I due pozzi rivelano la lunga permanenza, in questa località, di un antico seno di inare, gradatamente colmato sia con 1' ac¬ cumulo di ceneri e di pomici direttamente cadute sotto forma di pioggia nelle grandi esplosioni dei vulcani flegrei di tufo gri¬ gio, sia con l’apporto di materiali alluvionali diversi , sia infine col depositarsi dei resti degli organismi marini , che troviamo inglobati a livelli differenti. Questa graduale sedimentazione trasformò ad intervalli in laguna l'antico braccio di mare, com’è comprovato dalla ripetuta presenza di materiali torbosi e di molluschi salmastri, prima di farlo emergere definitivamente all’asciutto. Il tufo grigio-chiaro, a sfumature di color verde, incontrato nel secondo pozzo alla profondità di m. 1 0,60, benché alquanto diverso per tinta, per consistenza e per inclusi , può paragonarsi al tufo giallo-verda¬ stro che nei pozzi di Piazza Vittoria, della Villa Comunale e di Piazza Sannazzaro soggiace ai depositi incoerenti dell'ultimo pe¬ riodo eruttivo dei Campi Flegrei e sovrasta quelli di tufo giallo coerente. Pozzo del mulino S. Severino, in Napoli (Poggioreale ?). Serie di 16 campioni, appartenenti al Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1199, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). Una identica collezione si — 48 — conserva nel Museo di Geologia dell'Università di Napoli. Entram¬ be mancano di indicazioni più precise sulla località, che — a giu¬ dicare dalla successione litologica dei vari depositi vulcanici — potrebbe essere Poggioreale. Il confronto fra i saggi di questa perforazione e quelli dei pozzi del mulino " La Lamia „ preceden¬ temente elencati è abbastanza convincente a questo riguardo. m. m. 0- 0,40 0,40- 3,60 3,60- 4,50 4,50 - 6,05 6,05 - 9,52 9,52- 9,75 9,75- 10,90 10,90- 11,00 11,00- 11,35 1 1,35 — 13,50 13,50 - 15,70 15,70 - 19,00 19,00- 20,91 20,91 - 21, oO 21,80- 24,50 24,50 - 28,50 Terreno vegetale e pozzolana argillosa con Helix. Brecciola vulcanica , costituita da pomici trachitiche bianche e da piccole scorie grigie consolidate da cemento bianco, calcareo. Tufo grigio a grana fina, argilloso-micaceo. Tufo grigio più chiaro, tendente al gialliccio, calcareo- argilloso. Tufo come il precedente, di color grigio-cenerognolo. Straterello di torba. Tufo grigio incoerente, con tracce di sostanze vegetali, pagliuzze di mica e calcare. Tufo grigio-chiaro incoerente, in frammenti arroton= dati, con scarse pomici. Tufo grigio a grana fina, argilloso-micaceo. Tufo grigio a grana un po’ più grossa, con cristalli sanidinici e frammenti di trachite. Ghiaia, costituita da ciottoli arrotondati di trachite, da pomici grigio-chiare, da granuli di vetro ialino e verde e da cristalli di feldispato e pirosseno. Argilla marnosa, grigio-chiara. Tufo grigio incoerente con inclusi di rocce diverse: trachiti, pomici grigie, cristalli di pirosseno e di feldispato ialino, mica, calcare ecc. Sabbia vulcanica media e grossa con granuli di tra chite e di tufo grigio, vetro ialino, piccole pomici ecc. Tufo semicoerente con numerosi frammentini di tra¬ chite e cristalli di feldispato. Sabbia grossa mista a ghiaia con granuli di vetro ia¬ lino e verde, frammenti trachitici e moltissime po¬ mici rotolate, grigio-chiare o bianche. Possono valere, per questo breve sondaggio , le considera¬ zioni espresse per i pozzi del mulino “ La Lamia „ , corrispon- - 49 derido a questi la successione litologica di tufi, sabbie e ghiaie, che rivelano di essersi depositate sotto il livello marino durante il terzo periodo di attività flegrea. Analogamente , la presenza di straterelli torbosi dimostra la fase lagunare attraversata da quel seno di mare, che i prodotti vulcanici andarono gradata- mente colmando. Pozzo di Raffaele Mazza al Pascone grande, Poggioreale (Napoli). Una serie di 10 campioni appartenenti al Gabinetto di Geo¬ logia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1171, dono prof. G. Bruno, luglio 1900), che vanno dalla profondità di m. 30,50 a quella di m. 60,40 '). m. m. 30,50 - 37,33 37.33 - 38,33 38.33 - 38,73 38,73 - 39,80 39.80 - 55,30 55,30 - 56,80 56.80 - 57,00 57,00 - 57,20 57,20 - 59,40 59,40 - 60,40 - Sabbia di antica spiaggia, con granuli trachitici arro¬ tondati, ciottolini di trachite e di pomice e fram¬ menti vetrosi incolori. - Tufo semicoerente grigio-azzurrognolo , ad elementi vulcanici misti con altri marnoso-calcarei. - Sabbia sottilissima, grigia , con numerosi frammenti cristallini e vetrosi e con pagliuzze di mica. - Tufo semicoerente grigio-chiarissimo. - Tufo semicoerente, a grana molto fina, grigio-chiaris¬ simo tendente al verde pallido. - Sabbia grossolana, costituita da elementi trachitici e pomicei e da frammenti tufacei. - Leucobasanite grigio-scurissima, di aspetto compatto, con pochi cristallini di leucite e di pirosseno. - Frammenti arrotondati di lava leucitica compatta e di piccole pomici. - Leucobasanite, a leuciti parzialmente alterate. - Sabbia marina, con granuli leucititici e pomicei e con frammenti vetrosi incolori. 4) Un'altra perforazione, recentemente eseguita a non molta distanza da quella esaminata, cioè presso la fermata della ferrovia Circumvesuviana al Pascone, avrebbe dato, secondo il Guadagno (Loc. cit. 1928, pag. 8), nei 30 m. di terreni attraversati, una successione di sabbie, argille e sedimenti la¬ custri con detriti vegetali e gusci di conchiglie di acqua dolce. - 4 - — 50 - Serie, molto incompleta, di sabbie e pomici , miste a poz¬ zolane e a trachiti , per la maggior parte di origine flegrea. A questi depositi di antica spiaggia , intercalati a prodotti eolici e a sedimenti alluvionali, segue inferiormente una corrente di lava, attraversata da m. 56,80 a m. 59,40 , la quale indica , nei suoi caratteri , provenienza vesuviana e può probabilmente collegarsi con quella incontrata nel sondaggio Russo a Ponticelli (vedi pag. 59). Pozzo del Purgatorio ai Ponti di Purchiano, presso Poggioreale (Napoli). Di questa perforazione, abbastanza antica perchè eseguita dall’ing. Mauget al centro della proprietà già appartenente al cav. Luigi Cangiano, esistono due serie, identiche , nel Museo geologico universitario (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181, dono Mauget) e nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli (serie N, n. 1172, dono Bruno, luglio 1900). La località, situata ad est di Poggioreale, sulla destra del Sebeto, non va confusa con l’omonimo sito esistente immedia¬ tamente a sud di Ponticelli. Il Mauget riferisce , in una nota del 1867, che fra le diverse perturbazioni ed insabbiamenti ve¬ rificatisi d’improvviso, tra il maggio e il giugno 1866, in diversi pozzi artesiani dei dintorni di Napoli, è a notare il materiale trachitico (circa 10 metri cubi di sabbie piuttosto pesanti) , che in parte otturò la perforazione ed in parte fu rigettato al di so¬ pra del terreno dalla forza ascensionale dell'acqua del pozzo Cangiano. Dopo gli opportuni lavori, il 16 luglio il pozzo aveva ripreso il suo regime abituale L). m. m. 0- 1,65 - Terreno vegetale e di riporto. 1,65- 3,50 - Tufo grigio a grana piuttosto fina con pomici dello stesso colore, vetro ialino e odore argilloso. 3,50 - 6,45 - Tufo vulcanico sciolto, grigio, debolmente argilloso, con elementi rotolati di vetro ialino e con frammenti di trachite sanidinica, di grosse pomici e di tufo grigio sanidinico. *) Mauget, A. — Sur les phénomènes observés le 29 juin 1866 etc. Compt. Read. Ac. Se., voi. 64, 1° seni. Parigi, 1867. — 51 m. m. 6,45- 7,20 - Miscuglio di sabbia grossa ed elementi ghiaiosi allu¬ vionali, con frammenti di vetro ialino, di tufo, di trachite e pomici trachitiche ecc. 7,20-10,50 - Tufo semicoerente, grigio-scuro, a grana finissima, con molte pagliuzze micacee e odore argilloso (ci- nerite). Da m. 8,95 a m. 9,00 fu incontrato uno stra- terello di pomici trachitiche poco arrotondate o an cora angolose, grandi da 5 a 15 mm. 10.50- 13,50 - Tufo semicoerente grigio-rossastro, a grana fina, con scarse pomici brune e con inclusi angolosi di tra- chiti sanidiniche, di tufo grigio e verde e di arenaria. 13.50- 22,55 - Sabbia grigia, vulcanica, grossa e fina, a elementi ar¬ rotondati, e con molte piccole pomici rotolate. 22,55-23,75 - Strato di pomici trachitiche a spigoli arrotondati, con qualche piccola scoria trachitica. 23,75-26,40 - Ghiaia a elementi arrotondati di varia grandezza, pre¬ valentemente piccoli (2 a 4 mm.), che sono in mas¬ sima parte frammenti di tufi e di trachiti , con pie. cole pomici. 26,40-28,10 - Tufo semicoerente grigio-rossastro, con frammenti di tufo verde-chiaro a piccolissime pomici. 28.10- 28,90 - Sabbia grossa con pochi elementi ghiaiosi, grigi, a spigoli arrotondati, di trachite, tufi e scarse pomici. 28,90-31,30 - Strato di pomici trachitiche, grigio-chiare, con pochi frammenti di tufo trachitico grigio. 31,30-32,30 - Sabbia vulcanica, grigio-scura, fina e media, con po¬ mici biancastre arrotondate (2 a 10 mm.) piuttosto frequenti, vetro ialino e verde, augite , tufo verde compatto, trachiti, scorie ecc. Alcune grandi pomici sericee e bianche ; poche di colore giallo-scuro o rossastro. 32,30 - 35,50 - Sabbia come la precedente , con elementi ghiaiosi di trachite grigia. 35.50- 39,00 - Tufo semicoerente grigio-chiaro, con tenui sfumature di color verde, a grana fina. 39,00-42,10 - Tufo semicoerente a grana fina, di color grigio ten¬ dente al rossastro. 42.10- 44,66 - Sabbia grigio-scura, grossa e media, con scarsi ele¬ menti ghiaiosi e pagliuzze di mica. 44,66-45,35 - Sabbia simile alla precedente. - 52 — m. ‘ ni. 45,35-45,56 - Tufo semicoerente grigio-scuro, ad elementi grosso¬ lani, con inclusi di trachite. A m. 47 circa una ricca J alci a di acqua , che risalì al di sopra del piano di campagna (A. MAUGET). Serie di 45 m. di depositi alluvionali e di spiaggia marina, alternati con strati di ceneri, lapilli e pomici , più o meno ce¬ mentati in tufi trachitici grigi di evidente origine flegrea. A m. 35,50 un tufo semicoerente, grigio-chiaro con sfumature verdi — probabilmente continuantesi fino a m. 42, malgrado la tinta rossigna degli ultimi tre metri di spessore verticale , dovuta a composti ferruginosi — rappresenta la continuazione di quello incontrato a m. 39,80 nel pozzo Mazza al Pascone grande. Pozzo del Pagliarone presso Ponticelli (propr. Monsignor Matteo Zuppardo). Una serie di saggi nel Museo universitario di Geologia (Inv. 1870, serie li, n. 3329- 4181) e un’altra nel Gabinetto di Geolo¬ gia applicata della R. Scuola d' Ingegneria di Napoli (serie N, n. 1180, dono prof. Bruno, luglio 1900). m. m. 0- 0,80 0,80- 2,20 2,20- 2,60 2,60 - 2,90 2,90- 4,50 4,50- 4,80 4,80- 6,05 6,05 - 6,70 6,70- 7,90 7,90- 9,10 Terreno vegetale e pozzolana terrosa grigia , con pa¬ gliuzze di mica e frammenti di conchiglie di gaste¬ ropodi viventi. Tufo semicoerente grigio-chiaro, a grana fina e odore argilloso. Tufo semicoerente di colore grigio un po’ più scuro e più rossastro, con pagliuzze di mica e odore argilloso. Tufo vulcanico argi 1 Ioide, simile al precedente. Tufo vulcanico grigio-scuro, come sopra. Conglomerato di pomici grigio-chiare, piccole e arro¬ tondate, con cristalli di pirosseno e frammenti di conchiglie di lamellibranchi e gasteropodi. Argilla grigio-chiara. Tufo grigio-scuro, argilloide, con pagliuzze di mica. Tufo grigio-scuro un po’ rossastro, a grana meno fina, semicoerente, con cristallini di augite. Pozzolana parzialmente consolidata in tufo grigio piut¬ tosto scuro, con cristalli di augite, granuli di vetro ialino e frammenti di lava grigia. — 53 — m. m. 9,10-10,70 - Tufo grigio-scuro alquanto rossastro, friabile. 10,70-12,10 - Tufo grigio-scuro, semicoerente. 12,10-13,00 - Ghiaia, costituita da lapilli grigi, perla maggior parte angolosi, di lava trachitica, più raramente di calcare. 13,00- 14,00 - Tufo vulcanico grigio, a grana fina e a odore argilloso, con pagliuzze di mica. 14,00-22,00 - Frammenti angolosi di lava trachitica, di pomici, pi- rosseni, mica ecc., misti a sabbia grigia parzialmente consolidata in conglomerato. 22,00-23,80 - Tufo vulcanico grigio tendente al rossastro, a grana fina e odore argilloso. 23.80- 24,00 - Straterello di pomici arrotondate di grandezza varia con microliti e fenocristalli verde-scuri (di pirosseno?). 24,00-29,40 - Tufo leucitico giallo (Monte Somma?), con numerosi cristalli di pirosseno nero. 29.40- 30,80 - Sabbia grossa e media mista a lapilli, pomici arroton¬ date, frammenti rotolati di tufo vulcanico, cristalli di pirosseno, granuli di quarzo ecc. 30.80- 31,10 - Pomici quasi bianche, arrotondate, generalmente pic¬ cole, ma qualcuna anche grande e a piastrella, mi¬ ste a poca sabbia. 31,10-31,40 - Sabbia grossa mista a elementi ghiaiosi di leucitite, con frammenti di calcare e di tufo grigio, molti cristalli isolati di augite e pagliuzze di mica. 31.40- 31,60 - Materiale torboso. 31,60-32,30 - Sabbia come la precedente, ma con alcune piccole po¬ mici in più e con pezzi di tufo nerastro a piccole pomici bianche. 32,30-36,50 - Sabbia grigia, media e grossa, con pochi ciottolini arrotondati, laminette di mica e piccolissime pomici bianche. Velo acquifero. 36,50 - 40,70 - Manca. 40,70-52,50 - Pozzolana giallo-chiara tendente al grigio, costituita da un enorme accumulo di piccole pomici , più o meno frantumate, con pirosseno e mica. 52,50-55,40 - Pozzolana a grana fina, grigio-chiara, un po’ giallic¬ cia, parzialmente consolidata in tufo semicoerente, con debole odore argilloso. 55.40- 59,20 - Sabbia grigia, media e grossa, con elementi ghiaiosi di rocce leucitiche , frammenti di vetro ialino, di tufo, cristalli di augite ecc. — 54 — m. m. 59,20 - 67,40 67,40 - 67,90 67,90- 69,90 69,90 - 70,80 70,80 - 72,00 72,00 - 76,00 76,00 - 78,35 78,35 - 78,60 78,60 - 78,65 78,65 - 80,50 80,50 - 83,00 83,00 - 85,10 85,10- 88,85 88,85 - 99,00 99,00 - 101,60 101,60- 106,20 106,20- 107,00 107,00- 111,00 111,00- 116,00 Frammenti di rocce leucitiche, misti a poca sabbia e a molti cristalli di augite, con colore bruno-rossic¬ cio (sorgente ferruginosa ?). Pozzolana terrosa grigio-cinerea con laminette di biotite. Pozzolana terrosa big'o-rossiccia con frammenti di leucitite, di tufo rossiccio , pomici , laminette di mica ecc. Pozzolana terrosa giallo-grigiastra con granuli di ve¬ tro ialino. Pozzolana terrosa di colore grigio. Sabbia grossolana con granuli di vetro ialino, cristalli di pirosseno, piccole pomici, frammenti di tufo ros¬ siccio, di ossidiana, di leucitite alterata ecc. Pozzolana terrosa cinerea con vetro ialino, cristalli di pirosseno e più rari frammenti di tufo e di pomici. Straterello di piccole pomici, in parte alterate, miste a sabbia con cristalli di pirosseno e vetro ialino. Pozzolana bigio-rossastra con pagliuzze di biotite. Sabbia grossolana con molti cristalli di pirosseno, gra¬ nuli vetrosi e piccoli frammenti di rocce vulcaniche (leucitiche). Sabbia grossolana come la precedente , con molti frammenti, in parte arrotondati, di trachiti, ossidia¬ ne e pomici trachitiche. Pozzolana terrosa trachitica, grigia, con granuli ve¬ trosi e pagliuzze di biotite , e qualche frammento arrotondato di trachite. Pozzolana terrosa, trachitica, con frammenti di tra¬ chite, pomice e ossidiana trachitica. Pozzolana trachitica come la precedente. Pozzolana terrosa grossolana, grigio-chiara ,. con frammenti di materiali trachitici. Conglomerato vulcanico di natura trachitica. Pozzolana grigio-chiara, argilloide. Sabbia e ciottoli vulcanici di natura trachitica. Tufo vulcanico bigio, con frammenti di sanidinitee di ossidiana trachitica. — 55 — Lunga successione di depositi alluvionali sovrastanti a ripe¬ tuti straterelli di pomici e a sabbie marine , con intercalazione di un piccolo sedimento torboso. La natura prevalentemente leucitica dei materiali vulcanici compresi nei primi 80 m. di perforazione si cambia nell’ultimo tratto, che è invece costituito da sabbie, ossidiane, pomici ecc. di natura trachitica. Si deduce facilmente che i materiali trasportati dall' acqua ed accumulati in questa località furono dapprima strappati a rocce di origine flegrea e successivamente a rocce vesuviane ; e che rispettiva¬ mente derivati da vulcani flegrei e dal Somma-Vesuvio sono gli scarsi strati tufacei più o meno profondi, i quali dimostrano di essersi formati direttamente in sito. Pozzo del Galeone presso Ponticelli. Di questa perforazione, eseguita nella proprietà della signora Maria Cecilia de Gemmis, vedova del colonnello Gamboa, esiste una serie di campioni tanto nel Museo universitario di Geologia (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget), quanto nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1179, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 0- 1,00 1,00 - 2,20 2,20 - 2,70 2,70- 3,65 3,65 - 5,50 5,50- 9,40 9,40- 9,50 9,50- 9,80 9,80- 13,40 13,40- 13,90 13,90 - 15,60 15,60- 15,90 15,90- 16,05 Terreno di trasporto e pozzolana terrosa grigia. Pozzolana sciolta, grigia, con pagliuzze di mica, fram¬ menti minuti di calcare ecc. Tufo semicoerente, grigio-chiaro, con pagliuzze di mica e odore argilloso. Argilla sabbioso-micacea, grigia. Pozzolana terrosa, argillifera, con mica, vetro ialino ecc. Argilla sabbioso-micacea, grigia. Pozzolana terrosa, argillifera, grigio-rossiccia. Pozzolana terrosa, grigia, con pagliuzze di mica. Pozzolana terrosa, grigio-rossiccia, con pagliuzze di mica. Pozzolana terrosa, grigia, a grana finissima. Pozzolana terrosa, grigia, con pagliuzze di mica. Pozzolana terrosa, grigia , con frammenti di tefrite, andesite, pomici ecc. Pozzolana terrosa di colore grigio. — 56 — m. m. 16,05-20,05 20,05 - 24,30 24,30 - 26,00 26,00 - 27,80 27,80 - 28,50 28,50-31,5 31,50 -32,00 32,00 - 35,00 Frammenti di tufo grigio-chiaro un po’ gialliccio a pic¬ cole pomici gialle e con augite. Tufo grigio-giallastro, ricco di augite, con minutissimi cristalli di leucite e rarissime pomici gialle. Strato di piccole pomici bianche arrotondate (1 a 7 mm.), miste a poca sabbia, media e fina, costituita da frammenti di leucitite , leucotefrite , cristalli di augite, laminette di mica ecc. Frammenti più o meno angolosi e minuti di leucitite e leucotefrite, misti a poca sabbia fina, con granuli di vetro ialino e verde, cristalli di augite, pagliuzze di mica, frammenti di calcare bianco ecc. Pomici bianche arrotondate , piccole e piccolissime, immerse in una sabbia grigio-chiara costituita da frammenti pomicei più minuti. Sabbia grossa e media mista ad elementi ghiaiosi, solo in piccola parte arrotondati, di tefrite e leucitite, con cristalli isolati di augite e piccoli frammenti di pomici e di tufo grigio. Pozzolana terrosa, a grana finissima, di colore bruno¬ rossastro fino a nero, con rare pomici minutissime e arrotondate. Sabbia marina media e grossa, mista a scarsi elementi ghiaiosi, costituita da pomici bianche e grigie, fram¬ menti di leucotefrite e più rari di vetro ialino, di calcare bianco, di tufo con cristalli di augite , ecc. La breve perforazione attraversò solo depositi alluvionali di pozzolane (più o meno argilloidi per parziale alterazione dei co¬ stituenti vulcanici), sovrapposti a strati di piccole pomici bianche rotolate e a sabbie marine. Se la serie fosse continuata , si sa¬ rebbe verosimilmente avuta una successione analoga a quella ri¬ scontrata nel pozzo del Pastificio Russo (vedi a pag. 59). Pozzo del mulino a vapore Diego Petriccione in S. Giovanni a Teduccio (Napoli). Una serie di 13 campioni conservati nel Gabinetto di Geo¬ logia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1173, dono G. Bruno, luglio 1900). — 57 - m. m. 0- 2,90 2,90- 4,85 4,85- 5,90 5,00 - 9,10 9,10 - 15,80 15,80- 19,20 19,20 - 21,90 21,90- 41,50 41,50- 44,25 44,25 - 47,60 47,60 - 50,60 50,60 - 55,00 Pozzolana sciolta grigio-scura , mista a lapillo vesu¬ viano. Cenere finissima, di colore grigio-rossastro , mista a ciottolini arrotondati. Frammenti di lava vesuviana scoriacea , con fenocri- stalli di leucite e di augite. Ghiaia di elementi vulcanici , arrotondati , di pochi millimetri. Sabbia marina con ciottolini pumicei e tufacei arro¬ tondati e con magnetite. Ghiaia, con frammenti di conchiglie di lamellibranchi viventi e ciottoli arrotondati a piastrelle. Ghiaia di colore più chiaro della precedente e tendente al gialletto per la presenza di frammenti tufacei. Frammenti di tufo trachitico giallo-chiaro, con piccole pomici, ossidiana e inclusi di trachite. Ghiaia a elementi vulcanici arrotondati di pochi mm., con magnetite, frammenti più grossi di trachite e conchiglie di lamellibranchi ( Pectunculus [Axinaea] pilosus L. sp. ecc.), rotolate pure dall’acqua. Ghiaia, prevalentemente costituita da frammenti tra- chitici e da pochi pomicei. Sabbia, con numerosi frammentini arrotondati di tufi trachitici, poche scorie e pomici di vario colore. Pozzolana parzialmente consolidata in tufo , di colore grigio-scuro, a elementi grossolani arrotondati , e debolmente argillosa. La perforazione del Mulino Petriccione, benché documen¬ tata solo da una piccola serie di campioni giungenti alla pro¬ fondità di m. 55, offre l'interesse — situata com'è a breve distanza dal fiume Sebeto, sulla sinistra di esso, e precisamente all’in¬ crocio del Lagno di Pollena con la strada che da S. Giovanni a Teduccio mena a Poggioreale — di mostrare superficialmente gli accumuli dei prodotti, incoerenti e lavici, del Somma-Vesuvio, di natura leucitica e leucotefritica, ed in profondità quelli , tra¬ chitici e più antichi, delle colline flegree, intercalati , tanto gli uni che gli a'tri, con ghiaie e sabbie litorali e con conchiglie di molluschi, comprovanti l'antica esistenza di una vallata sotto¬ marina al limite delle due zone vulcaniche napoletane. Una falda — 58 — acquifera fu rinvenuta, secondo Palmeri, a 36 m. sotto il livello del mare. Pozzo del mulino a vapore Wegmann Budmer e C. , presso il ponte della ferrovia (ponte dei Francesi) a S. Giovanni a Teduccio (Napoli). Il campionario di questa trivellazione conservato nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1175, dono prof. G. Bruno, luglio 1900) è molto incompleto. I dati che appresso si riportano sono stati ottenuti dall’esame dei saggi esistenti nel Museo universitario di Geolo¬ gia (Inv. 1870, serie li, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget), i quali presentano pure qualche piccola lacuna. m. m. 0- 1,60 - 1,60- 2,00 - 2,00- 2,20 - 2,20 - 4,00 - 4,00- 4,75 - 4,75- 11,00 - 1 1,00- lo, 00 - 16,00-21,20 - 21,20-24,20 - 24,20 - 34,50 - 34,50-35,90 - Terreno vegetale e pozzolana grigio-rossastra , argil Ioide. Tufo vulcanico sciolio, grigio-scuro, a grana finissima, argilloide. Tufo vulcanico in masse compatte, grigio-scuro , con abbondanti cristallini di augite. Sabbia fina, marina, con granuli di vetro ialino , au- giti, piccole pomici, scarsi ciottolini calcarei, pa¬ gliuzze di mica ecc. : tutti a spigoli arrotondati. Sabbia media e grossa con gli stessi elementi arroton¬ dati dello strato precedente e con numerose pomici grigie e brune (alcune delle quali trachitiche), fram¬ menti arrotondati di tufi grigi ricchi di cristalli di augite, e una grossa pomice basica di colore rosso¬ scuro. Sabbia grossa passante a ghiaia, a elementi arroton¬ dati, fra i quali parecchi di leucitite, pomici trachi¬ tiche e basaltiche, e frammenti di calcare. Sabbia fina, grigio-scura, con frequenti cristallini di augite e pagliuzze di biotite e più scarsi granuli di vetro ialino. Manca. Tufo semicoerente, grigio, a grana finissima, argilloide, con inclusi di trachiandesite. Tufo basaltico compatto, con pirosseni. Tufo incoerente, grigio, a grana piuttosto grossa, con frammenti angolosi lapidei, generalmente basaltici. 59 - m. m. 35,90-40,60 - Ghiaia con frammenti di leucotefrite , tufo basaltico, vetro ialino e verde, pomici trachitiche e frammenti di leucitite più o meno alterata, alcuni a grossi cri¬ stalli, altri a cristalli più minuti e più frequenti. Il breve campionario esaminato dimostra che il pozzo ese¬ guito presso il Ponte dei Francesi a S. Giovanni a Teduccio attraversò tufi vulcanici sottomarini di natura leucotefritica , in¬ tercalati a sabbie marine ed a materiali alluvionali , per la mas¬ sima parte di provenienza vesuviana. Come negli altri pozzi della stessa regione, gli scarsi materiali trachitici di origine fle- grea sono principalmente rappresentati da piccole pomici tra¬ sportate dalle acque e poi depositate. Pozzo del pastificio Russo in Ponticelli. La serie di terreni attraversata da questa perforazione venne già illustrata, con ricchezza di particolari, dal dott. H. J. Johnston- Lavis, nel Rendiconto della R. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli dell'anno 1889 *). Se ne riassumono qui i dati principali, desunti dallo studio diretto dei campioni estratti da m. 58,90 fino a m. 177,25, termine della trivellazione, mancando, nella nostra collezione (Gabinetto di Geologia appli¬ cata della Regia Scuola d’ingegneria di Napoli, serie N, n. 1178, dono prof. G. Bruno, luglio 1900) come in quella studiata dal dottor Johnston-Lavis, i saggi relativi ai primi 60 metri circa. tn. m. 58.90- 59,90 - Sabbia marina, fina e media, grigio-scura, con fram¬ menti minutissimi di vetro ialino e verde , di ossi= diana, di pomici grigie, di tufo gialliccio ecc. 59.90- 100,79 - Lava leucobasanitica ridotta in frammenti più o me¬ no minuti e mostrante cristalli macroscopici di leu¬ cite, di augite, di olivina e di feldispato. 100,79- 105,44 - Sabbia grigio-scura, media e grossa, con frammenti di pomici, di lava leucitica, di calcare bianco, gra¬ nuli di vetro ialino ecc. l) Johnston-Lavis H. J. — II pozzo artesiano di Ponticelli (1886). Retici. R, Acc. Se. fis. e mat. Napoli, 1889. — 60 — m. m. 105,44 - 107,50 - Ghiaia costituita da ciottoli arrotondati (molti a pia¬ strelle) di varia grandezza e diversa composizione (sanidinici, basaltici, leucitici ecc. , più raramente calcarei) , frammisti a piccole pomici , granuli ve¬ trosi ecc. 107,50-145,25 - Cenere vulcanica, grigio-rossastra, simile a quella vesuviana, con plagioclasi, augite, olivina ecc. 145,25- 149,75 - Sabbia media e grossa, con frammenti arrotondati di pomici chiare e di tufo gialliccio , cristalli di augite, di antibolo, pagliuzze di mica, rari ciottolini calcarei ecc. 149,7o-164,00 - Ceneri vulcaniche miste a sabbia fina, di colore grigio-cenere, con frammenti di conchiglie di ga¬ steropodi e lamellibranchi e con spicule silicee di spugne. 164,00- 168,50 - Frammenti angolosi di tufo gialliccio con pomici nere ed inclusi di scorie leucitiche. 168,50-176,00 - Cenere vulcanica grigio-chiara, con piccolissime pomici arrotondate e frammenti minuti di tufo. 176,00-177,25 - Pomici grigio-chiare o biancastre, in frammenti più o meno minuti, immerse in poca cenere dello stesso colore. Abbondante quantità d’acqua. L’antico seno di mare, che occupava una volta l’attuale pia¬ nura di Ponticelli dividendo la zona del Somma-Vesuvio dalle colline flegree, ricevette nel suo grembo i depositi di una eru¬ zione esplosiva di un magma piuttosto basico, e dopo un lungo tratto di tempo di relativa tranquillità, nel quale potettero accu¬ mularsi parecchi metri di fango con i resti di molti molluschi, continuò a diminuire sempre più di profondità, com’è dimostrato dai sedimenti sottomarini gradatamente più grossolani verso l'al¬ to. Si ebbe poi ancora una fase eruttiva del Somma, rappresen¬ tata da quasi 50 m. di lave leucitiche , e finalmente il riempi¬ mento finale, operato a spese dei materiali portati dalle acque dolci e marine. Pozzi Balsamo, tra Barra e Ponticelli. Di questi due sondaggi , fatti eseguire nella primavera del 1930 dal dott. Geremia Balsamo nella sua proprietà fiancheg- — 61 giante la via Ottaiano in Barra, e precisamente tra S. Antonio all’Abbeveratoio e Ponticelli, ho avuto cortesemente in dono le sottoelencate serie di campioni, oggi conservate nel Museo Geo¬ logico di Napoli. in. m. 0- 4,00 4,00- 12,00 12,00-26,00 26,00 - 30,00 30,00 - 34,00 34,00 - 35,00 35,00 - 52,00 52,00 - 54,00 54,00 - 55,00 55,00 - 56,00 56,00 - . A) Primo pozzo. Terreno vegetale e pozzolane incoerenti grigio-ros¬ sastre. Pozzolana parzialmente consolidata in tufo grigio¬ scuro , argilloide , con cristalli di augite, pagliuzze di mica ecc. Conglomerato pomiceo con sabbia grigia , pirosseni, mica ecc. Tufo leucotefritico giallo, con frequenti cristalli di pi- rosseno nero. Tufo leucotefritico giallo , con frammenti lavici più numerosi, cristalli di augite, laminette di mica ecc. Sabbia media e grossa, principalmente costituita da granuli di tufo , con cristalli di augite , magnetite, mica ecc. Sabbia giallo-grigiastra come ia precedente, con fram¬ menti rotolati di tufo leucotefritico , mica , granuli di vetro ialino ecc. Tufo leucotefritico giallo-rossiccio, semicoerente. Sabbia grossa con elementi ghiaiosi di tufo leucotefritico. Sabbia vulcanica grigio-scura con detriti ghiaiosi tu¬ facei e lavici, e rari frammenti calcarei. Straterello di pomici trachitiche grigio-chiare, rotolate, miste a sabbia in gran parte derivata dalla polve¬ rizzazione delle stesse pomici. B) Secondo pozzo. m. m. 0- 4,00 Terreno vegetale e pozzolana terrosa grigia, di prove¬ nienza vesuviana. 4,00- 15,00 - Pozzolana grigio-scura più o meno consistente per cemento calcareo. 15,00- 17,00 - Sabbia finissima, giallo-grigiastra, costituita in preva lenza da granuli di rocce tefritiche vesuviane. 17,00- 18,00 - Conglomerato leucotefritico, costituito da ceneri vul¬ caniche indurite con frammenti angolosi di tefriti e qualche ciottoletto calcareo. — 62 — m. m. 18,00-20,00 20,00-21,00 21,00-22,00 22,00-31,00 31,00-33,00 33,00 - 34,00 34,00 - 36,00 36,00 - 45,00 45,00 - 46,00 46,00 - 47,00 47,00 - 48,00 48,00 - 60,00 Tufo leucotefritico, semicoerente, giallastro, con pic¬ cole scorie pomicee brune o nere, mica polieroica, cristalli di augite e di sanidino ecc. Sabbia finissima, giallo-grigiastra, costituita da detriti di pomici, cristallini di pirosseno, laminette bruna stre di mica, sanidino ecc. Tufo brecciforme, compatto e consistente, leucotefritico, di colore giallastro, con grossi frammenti angolosi di tefrite, scarse pomici gialle, mica, pirosseno, sa¬ nidino ecc. Tufo giallo-grigiastro, a grana più fina del precedente, semicoerente e con pomici molto scarse. Leucotefrite e leucitite in frammenti, miste a tufo pro¬ fondamente alterato. Sabbia leucotefritica mista a ghiaia minuta. Sabbione vulcanico semicoerente, grigio-rossastro scu¬ ro, risultante dalla parziale ricementazione di fram¬ menti di tufo leucotefritico, piccole pomici e scorie, cristallini isolati di pirosseno, di feldispato, pagliuz¬ ze di mica ecc. Sabbia fina, giallo-rossiccia, mista a ciottoli , di varie dimensioni e generalmente arrotondati , di tefrite grigia, compatta (nella cui massa si vedono piccoli punti neri pirossenici), oppure di leucitite, che insie¬ me con l'augite mostra qua e là disseminate piccole leuciti più o meno alterate. Tufo semicoerente, bigio-scuro , con pomici rotolate dello stesso colore. Sabbia fina, micacea, con numerose piccole pomici grigio-chiare, trachitiche. Strato di pomici trachitiche quasi bianche, più o meno frammentate, immerse in una cenere di colore gri¬ gio-chiarissimo, essenzialmente pomicea. Sabbia vulcanica mista a ghiaia , prevalentemente di natura tefritica, con molti frammenti di tufo alterato, ricco di cristalli di plagioclasio e di augite. I due sondaggi, non spinti a considerevole profondità , at¬ traversarono principalmente pozzolane, sabbie e tufi di natura leucotefritica e quindi di origine vesuviana, e soltanto verso i 50 m. dal piano di campagna, in media, raggiunsero alcuni banchi di pomici trachitiche rotolate, forse di provenienza flegrea. — 63 - Pozzo del Mulino Tucci, a Barra (Napoli). Il campionario di questa trivellazione , appartenente al Ga¬ binetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli (serie N, n. 1201, dono prof. G. Bruno, luglio 1900), è incompleto, comprendendo i saggi estratti dalla quota di cam¬ pagna fino a m. 18,35 di profondità, mentre da quanto riporta il Palmeri (" Lo spettatore del Vesuvio „ ecc., n. s., voi. I, pag. 57. Napoli, 1887), si rileva che la perforazione fu spinta molto al di sotto, essendosi rinvenuta, a 60 metri sotto il livello del mare, una falda acquifera, che alimenta pure parecchi altri pozzi vi cini, risalendo di solito fino a 2 m. circa sul livello marino. m. m. 0- 2,30 - Terreno vegetale e pozzolana con scarse pomici tra- chitiche, miste a poca sabbia calcarea e a detriti di conchiglie. 2,30- 5,70 - Sabbia marina, media e grossa, mista ad elementi ghiaiosi : pomici, tufi sanidinici, ciottolini di trachite, granuli di vetro ialino, pirosseni, feldspati, pagliuz¬ ze di mica, frammenti di conchiglie, ecc. 5,70- 8,08 - Tufo vulcanico grigio-cenerognolo, a grana fina (ci- nerite), con cemento calcareo e odore argilloso. 8,08- 9,08 - Tufo vulcanico grigio-scuro tendente al rossastro, ar- gil Ioide, con frammenti di sostanze legnose giallo¬ brune, non ancora completamente trasformate in torba. 9,08-10,10 - Tufo semicoerente grigio-rossastro, argilloide, con cri¬ stalli di pirosseno. 10,10-14,04 - Sabbia vulcanica grossa e media, grigio-scura, mista ad elementi ghiaiosi : frammenti di tufo grigio , di pomici, granuli di vetro ialino, laminette di mica ecc. 14,04- 16,29 - Sabbia e ghiaia come sopra, con numerosi frammenti di leucotefrite a grossi cristalli di leucite , con cri¬ stalli rotolati di augite ecc. 16,29- 16,86 - Sabbia vulcanica grigia, grossa e media, con elementi ghiaiosi arrotondati in minore quantità : costituenti come sopra, con prevalenza di frammenti di tefrite leu- citica, e subordinatamente piccole scorie, pomici ecc. 16,86- 18,35 - Tufo giallo-chiaro, ricco di pirosseno (augite) e con rare pomici di colore giallo-vivo (M. Somma?). È in piccoli frammenti, e misto con piccoli pezzi di leucotefrite. - 64 — La breve successione dei prodotti esaminati, che richiama quelle riscontrate in parecchi altri pozzi vicini (Tramontano, Pa- gliarone ecc.), risulta principalmente di materiali incoerenti e se¬ micoerenti di natura leucotefritica, sottoposti a depositi alluvio¬ nali e costieri con pomici e altri avanzi trachitici, e con interca¬ lazione di un piccolo sedimento torboso. Valgono pertanto, per questa trivellazione, le considerazioni già esposte per gli altri sondaggi analoghi, e riguardanti la recente emersione di quella zona litoranea, gradatamente colmata con i prodotti eruttivi ve¬ suviani e con quelli alluvionali strappati alle più antiche colline flegree. Pozzo dei Fratelli De Angelis, allo Scassone (Barra). Serie di 31 campioni donati dal prof. G. Bruno nel luglio 1900 al Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’inge¬ gneria di Napoli (Serie N, n. 1167). m. m. 0- 1,00 - 1,00- 1,20 - 1,20- 1,85 - 1,85- 2,23 - 2,23- 3,25 - 3,25- 3,50 - 3,50- 3,80 - 3,80- 4,00 - 4,00- 6,95 - 6,95 - 7,15 - Terreno vegetale e sabbia finissima , grigio-scura , a elementi vulcanici, in gran parte vesuviani. Sabbia come la precedente, ma con molte pomicette trachitiche, arrotondate, e frammenti rotolati di tufo (del Somma ?). Sabbione grigio, parzialmente rappreso in un tufo se¬ micoerente leucotetritico. Sabbia di media grossezza, a elementi arrotondati, pre¬ valentemente pumicei, di colore grigio-scuro. Sabbia finissima, grigia, compatta, indurita per dissec¬ camento a formare un tufo semicoerente. Tufo semicoerente, di colore grigio più chiaro del pre¬ cedente, del quale è anche un po’ più consistente, con poca quantità di argilla. Ghiaia alluvionale, a elementi di varia grandezza e parzialmente angolosi, con frammenti di trachite, di vetro ialino e piccole pomici. Piccole pomici grigio-chiare, arrotondate, miste a fram¬ menti di trachite. Ghiaia, costituita da ciottoletti arrotondati di leucotefri- te, pomici e tufo (della grandezza di 2 a 8 min. circa). Tufo semicoerente, grigio, con argilla e pagliuzze di mica. — 65 — ì m. m. 7,15- 7,65 7,65- 8,95 8,95-10,30 10,30-11,60 11,60-12,40 12,40-15,50 15,50-24,60 24,60 - 25,40 25,40 - 28,05 28,05 - 35,67 35,67 - 38,00 38,00- 40,60 40,60 - 43,20 43,20 - 44,00 44,00 - 45,50 45,50 - 55,70 55,70 - 56,70 Tufo semicoerente, di colore grigio-rossastro più scuro. Sabbia grigia fina, mescolata a ciottolini arrotondati di tefrite, a pagliuzze micacee, a frammenti di vetro ialino, a cristalli di augite e a grosse pomici ango¬ lose leucotefritiche. Miscuglio sabbioso-cinereo e di detriti ghiaiosi , in proporzioni presso a poco uguali, di colore grigio¬ scuro, prevalentemente leucotefritici. Sabbia vulcanica come la precedente , senza detriti ghiaiosi. Tufo compatto a grana finissima, con minutissimi fram¬ menti di ossidiana e senza pomici. Tufo leucotefritico, con frammenti angolosi di tefrite e cristalli di augite. Tufo leucotefritico, con inclusi di leucotefriti, cristalli di augite e di antibolo e frammenti di calcare cal¬ cinato. Ceneri grigio-scure, con rare pagliuzze di mica. Sabbia grossa con detriti ghiaiosi : molti a spigoli ar¬ rotondati, pochi angolosi, per la massima parte di leucotefrite. Tufo leucotefritico con frammenti angolosi di tefrite e cristalli di augite. Sabbia marina fina con scarsi elementi ghiaiosi, costi¬ tuita da frammenti di tefrite, con cristalli sciolti di augite, vetro ialino, Cardium ( Laevicardium ) oblon- gum Chemn., ecc. Sabbia simile alla precedente. Tufo semicoerente a grana finissima (emerite) , di co¬ lore grigio-scuro rossastro, con sedimento torboso grigio-bruno a struttura foliacea. Miscuglio di ceneri e sabbia con pochi detriti ghiaio¬ si, di colore grigio, contenente frammenti angolosi di leucotefrite ecc. Letto di piccole pomici grigio-chiare, di aspetto seri¬ ceo , immerse in una sabbia marina con piccoli frammenti di vetro ialino. Tufo semicoerente a grana piuttosto fine , grigio¬ chiarissimo. Miscuglio di cenere e sabbia grigio-rossastra bruna, con pochi detriti ghiaiosi e qualche pomice arrotondata. - 5 - 66 — m. m. 56,70-57,50 - Letto di piccole pomici bianche, in gran parte ango¬ lose, frammiste a sabbia grossa. 57,50- 58,00 - Sabbia grossa con pochi detriti ghiaiosi non arroton¬ dati , e con frammenti di vetro ialino e verde , di tefriti e di pomici. 58,00-58,40 - Sabbia marina, grigio-scura, grossa, magnetica, con molti frammenti di vetro vulcanico e di leucotefrite a grossi cristalli di leucite caolinizzata. 58,40-59,35 - Sabbia marina simile alla precedente, con leucotefrite come sopra. Nei 60 metri circa di questa trivellazione vennero attraver¬ sati, con ripetute alternanze, depositi di spiaggia marina e di conoidi alluvionali insieme con strati di ceneri, pomici e lapilli restati in sita e provenienti per la maggior parte dalle eruzioni esplosive del Somma-Vesuvio. La serie richiama quella della Centrale elettrica del Volturno (tra Napoli e S. Giovanni a Te- duccio) descritta dal Guadagno nel 1926 e , come in questa, alla profondità di poco più di 40 m., s'incontrò un sedimento torboso grigio-bruno rappresentante un deposito di laguna o di estuario. Pozzi Tramontano a Barra. A giudicare dai campioni conservati nel Gabinetto di Geo¬ logia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1177, dono prof. G. Bruno, luglio 1900), i sondaggi Tra¬ montano a Barra sono due ; ma se di uno esiste la serie pres¬ soché completa, dall'altro non si hanno che pochi saggi , con parecchie lacune. y4) Primo pozzo. m. m. 11,40-12,20 - Sabbia e cenere vulcanica, grigia, con pagliuzze di mica, piccoli frammenti di leucotefrite e di tufo gialliccio, arrotondati, ed altri, più grandi ed ango¬ losi, di andesite pirossenica, tefrite, calcare bianco, arenaria ecc. 12,20-13,25 - Conglomerato vulcanico grigio-chiaro, con frammenti di leucotefrite, di andesite pirossenica , di calcare bianco, cristalli di augite ecc. — 67 — m. m. 13.25- 19,25 - Oli stessi frammenti, insieme con una valva di Corbula gibba Olivi sp. 19.25- 22,00 - Lo stesso tufo grigio-gialliccio in frammenti più mi¬ nuti, con più scarsi residui di calcare. 22,00-26,90 - Tufo gialliccio, con frammenti di calcare e con più abbondanti pezzi di leucotefrite e di leucitite a grossi cristalli (fino a 6, o 7 mm.) di leucite. 26.90- 29,20 - Pozzolana giallastra più o meno incoerente, con minuti frammenti arrotondati di leucotefrite, cristalli rari e isolati di augite, pezzetti scarsissimi di calcare bianco e di tufo gialliccio, ecc. 29,20-31,00 - Frammenti piccoli e arrotondati di tufo grigio e di leucotefrite, con rari pezzi di calcare. 31,00-32,05 - Frammenti di tufo vulcanico, di leucitite, di leucote¬ frite e di calcare bianco. 32,05-40,00 - Tufo vulcanico grigio-giallastro a pomici gialle, me¬ scolato con pozzolana grigia contenente cristalli di pirosseno. 40,00-41,90 - Lo stesso tufo, in frammenti più minuti. 41.90- 42,60 - Sabbia grossa, mista a ghiaia costituita da granuli ar¬ rotondati di leucotefrite, da frammenti di tufo gial¬ liccio, da cristalli di augite, scarse pomici ecc. 42,60-47,00 - Tufo gialliccio, in grossi frammenti, con pomici gial¬ lastre e rossicce. 47,00 - 47,90 - Manca. 47.90- 48,55 - Ciottolini arrotondati di tufo grigio, misti a cristalli isolati di augite e a frammenti di lava leucotefritica a grossi cristalli di augite e minutissimi di leucite (M. Somma?). 48,55-51,40 - Sabbia marina, grigia, media e fina, con pochi fram¬ menti arrotondati di tufo gialliccio e scarsissime pomici grigio-chiare rotolate. 51,40-52,10 - Tufo grigio-scuro rossastro, leggero, spugnoso, ad ele¬ menti grossolani e con leucite parzialmente alterata. 52,10-52,70 - Sabbia marina grigio-scura con frammenti arrotondati di tufo, di lava leucotefritica, di arenaria , pomici grigio-chiare ecc. Alcuni di questi frammenti hanno tipica colorazione rosso-bruna dovuta evidentemente a composti di ferro (probabilmente , dunque , una sorgente ferruginosa). 52,70 - 56,00 - Manca. — 68 — m. m. 56,00-56,90 - Marna grigia compatta. 56,90-59,70 - Calcare marnoso grigio, in frammenti, passante a mar¬ na sabbiosa. 59.70- 60,80 - Lo stesso calcare marnoso, ma con più frequenti vene di calcite bianca (deposito di acque calcarifere). 60,80-61,50 - Argilla azzurra, calcarifera. 61,50-62,10 - Sabbia grossa e media, mista a frammenti angolosi, più o meno minuti, di marna grigia e di calcite bianca, con rari frammenti di rocce vulcaniche (lave e tufi). b2,10-63,60 - Marna grigio-azzurrognola, più o meno sabbiosa. 63,60-66,90 - Sabbia media e grossa, mescolata ad elementi ghiaiosi e costituita da granuli arrotondati di calcite bianca e di marna grigia, a cui si associano, in proporzioni molto minori, frammenti di rocce vulcaniche (lave, tufi, pomici). 66,90 -68,70 - Ghiaia mescolata a sabbia grossa, parzialmente ce¬ mentate in conglomerato, e marna sabbiosa, grigio¬ chiara, cinerea. 68.70- 73,70 - Frammenti di argilla azzurra, di marna sabbiosa gri¬ gia, di calcare marnoso, mescolati a poche pomici chiare. 73,70-80,00 - Sabbia marina, media e grossa, costituita da granuli arrotondati bianchi, di calcite, e grigi , di marna, con pochi frammenti angolosi e più grandi delle medesime rocce. 80,00-89,60 - Sabbia simile alla precedente, nella quale prevalgono i granuli arrotondati bianchi di calcite e si trovano pure scarsi frammenti di tufi vulcanici grigio-chiari. 89,60- . - Marna sabbiosa grigia, sabbia grossa ed elementi ghia¬ iosi come sopra. B) Secondo pozzo. in. m. 38,40 - 39,90 - Sabbia marina, media e grossa, con frammenti di cal¬ cite, di marna, materiali vulcanici diversi e pagliuzze di mica verdastra e nera. 39,90-41,76 - Argilla marnosa grigio-scura un po’ rossiccia. 41,76- 47,40 - Marna sabbiosa grigio-azzurrognola, con pagliuzze di mica. 47,40 - 55,70 - Argilla plastica azzurra. -69- tn. m. 55,70 - 64,48 - Argilla bruna variegata, dal rossastro al marrone chiaro. 64,48-66,89 - Marna sabbiosa grigio-rossiccia. 66,89-70,53 - Argilla bruna variegata, dal rossastro al marrone scuro. 70,53 - 73,93 - Argilla marnosa grigio-chiara tendente al verde-pallido. Malgrado 1'esistenza di alcune lacune nel campionario esa¬ minato, la successione litologica dei due pozzi Tramontano è quasi la stessa, pur essendovi un dislivello di circa 23 m. fra la serie del primo e quella del secondo. Rispetto agli altri pozzi circostanti è da rilevarsi : 1°) l'assoluto predominio dei prodotti leucotefritici vesuviani in rapporto all'estrema scarsezza di quelli trachitici dei Campi Flegrei ; 2°) la presenza di strati sabbiosi, prodotti dallo sfacelo di tufi preesistenti ed intercalati o misti a materiali derivati da eruzioni esplosive vicine; 3° l’esistenza di un deposito di acque calcarifere ; 4°) la frequenza, nella parte più profonda della trivellazione, di strati marnosi ed argillosi, gradatamente più inquinati di prodotti vulcanici verso l’alto. Si tratta cioè di un antico ambiente marino litoraneo , che dopo aver visto depositarsi nelle sue acque poco profonde e tranquille calcari marnosi ed argille, si andò colmando con i prodotti erut¬ tivi direttamente caduti durante le esplosioni di cenere o trasci¬ nativi dalle acque, ed emerse finalmente all'asciutto col succes¬ sivo accumulo dei nuovi materiali detritici dovuti all' ulteriore attività del Somma-Vesuvio. Pozzi Wegmann a Pazzigno, S. Giovanni a Teduccio (Napoli). Nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d' In¬ gegneria di Napoli esistono campioni relativi a due sondaggi diversi che furono eseguiti per la ditta Wegmann a Pazzigno, in S. Giovanni a Teduccio (Serie N, n. 1176, dono prof. G. Bruno, luglio 1900) : ma, mentre del primo pozzo non si con¬ servano che due campioni, i quali nessuna induzione ci permet¬ tono su quella perforazione, del secondo mancano i saggi rela¬ tivi ai primi 69 metri della trivellazione, esistendo invece la serie completa degli altri 130 metri successivi, come risulta dai dati che seguono. — 70 — m. m. 43,50- ..... 74,50 - 78,00 - m. m. 69,00- 7t>,40 - 76,40- 90,10 - 90,10- 91,50 - 91,50- 97,00 - 97,00- 98,50 - 98,50- 104,00 - 104,00- 112,00 - 112,00- 117,10 - A) Primo pozzo. Sabbia grigio-chiara prodotta dalla frammentazione di piccole pomici arrotondate , alcune delle quali sono tuttora intere, insieme con frammenti di ossi- diana. Numerosissimi cristalli di augite contenuti nella sab¬ bia acquifera, grossa e media, con frammenti di os¬ sidiana, vetro ialino, piccole pomici arrotondate ecc. B) Secondo pozzo. Pomici angolose bianche, di aspetto sericeo , miste a sabbia grigio-chiara. Da m. 70,40 a 74,40 si in¬ contrò una corrente lavica di leucobasanite , i cui pezzi mostrano cristalli evidenti di leucite , augite ed olivina, con pochi frammenti di pomici analoghe. Ghiaia vulcanica a elementi parzialmente arrotondati di leucotefrite, pomici bianche, tufi grigi (Somma?), vetro ialino e giallo, augite ecc. Alcuni inclusi cal¬ carei, a struttura concentrica, di colore rosso-scuro a grigio-nerastro, e poche pomici grigio-rossastre o grigio-scure. Sabbia mista, grossa e media , marina , con molti frammenti di vetro ialino e verde, di tufi e di lava leucotefritica, e di piccole pomici bianche e grigio¬ scure. Sabbia grossa, a granuli arrotondati, con moltissimi frammenti di vetro ialino e giallo, e frammenti me¬ no abbondanti di pomici, di arenaria calcarea , di tefrite ecc. Pozzolana grigio-scura, mista a piccole pomici , a pagliuzze di mica e a qualche raro frammento di leucotefrite e di tufo : parzialmente consolidata in un tufo semicoerente grigio - rossastro a grana fi¬ nissima. Sabbia grossa, a granuli arrotondati , come quella dello strato 91,50-97,00. Sabbia fina, grigio-scura, con molti granuli di vetro ialino, pagliuzze micacee ecc. Sabbia marina, media e fina, grigio-chiara, ricchis¬ sima di pomici arrotondate, per la massima parte grigio-biancastre, poche verdastre o brune. — 71 m. ni. 117,10- 120,58 120,58- 123,84 123,84- 124,80 124,80- 130,09 130,09- 132,90 132,90- 138,85 138,85 - 144,38 144,38- 144,78 144,78- 147,45 147,45- 150,35 150,35- 152,60 152,60- 152,85 152,85- 153,20 153,20- 153,50 153,50 - 153,95 Sabbia grigio-chiarissima , mista , risultante dalla frammentazione, più o meno minuta, di pomici, di tufo vulcanico, di arenaria argilloso-micacea ecc. Sabbia simile alla precedente. Sabbia come sopra , ma con maggiore quantità di pomici più grosse (1 a 2 cm.), a spigoli debolmente arrotondati. Sabbia marina grigio-scura, fina , con pagliuzze di mica, frammenti di ciottoli calcareo-arenacei rosso¬ bruni o giallo-chiari, pezzi di tufo vulcanico ros¬ so-mattone a pomici grigio-chiare, e frammenti di conchiglie di lamellibranchi, fra cui grossi Cardium e Pectunculus in piccoli pezzi, e di gasteropodi (Rissoia [ Gingillino ] intersectn WOOD., Partheninci spiralis Montagu sp., ecc.). Cenere vulcanica grigio-scura, impalpabile, conte¬ nente molte pomici grosse, grigio-rossastre , arro¬ tondate, ed altre, più scarse, piccole , biancastre e pure rotolate. Cenere vulcanica simile alla precedente, con inclusi angolosi di arenaria calcarea arrossata. Cenere vulcanica come sopra, con uno straterello di pomici arrotondate biancastre e qualche frammento di Curdium alla profondità di m. 140,50. Vi sono alcuni nuclei tondeggianti, di 3 a 5 cm., della stessa cenere, in via di consolidamento in tufo o cinerite. Cinerite di colore grigio-chiaro. Cenere mista a sabbia fina, con pochi frammenti di piccolissime pomici bianche arrotondate. Cinerite grigio-chiara, con uno straterello di piccole pomici bianche arrotondate. Cenere grigia con scarse pomici bianche e arro¬ tondate. Cenere grigia, un po’ più chiara della precedente, con le medesime pomici. Sabbia mista a cenere grigio-chiara, con pomici più abbondanti. Cenere grigio-scura, impalpabile , con scarse pa gliuzze micacee. Letto di piccolissime pomici bianche (0,5 a 3 min. circa), miste a poca sabbia. 72 — ni . m . 153,95- 154,33 154,33- 154,73 154,73- 158,15 158,15 - 161,33 161,33- 164,25 164,25 - 166,50 166,50- 167,70 167.70- 169,96 169,96- 171,70 171.70- 172,15 172,15- 172, bO 172,60 - 174,65 Sabbia grossa e media, a elementi arrotondati, con molti granuli di vetro ialino e giallo, frammenti di pomici bianche, di tefrite, di arenarie ecc. Tufo semicoerente grigio-scuro, a grana finissima, contenente pagliuzze micacee e piccole pomici bian¬ che arrotondate. Tufo semicoerente come il precedente, ma un po’ meno scuro. A questa profondità furono trovati avanzi numerosi di conchiglie di molluschi , oltre a frammenti di gusci di echinidi ecc. , mescolati con le solite piccole pomici, arrotondate e bianche. Le specie determinate sono le seguenti : Siphono- dentalium ( Dischides ) bif issimi S. WOOD. sp., Pe- ratotoma reticulata REN. sp. , Per. purpurea (?) MONTAGU sp. , Scala ( Clathrus ) communis LAM., Triphora perversa L. sp., Turritella tricarinata Br. sp., Natica (?) Riugio Forb. e HANL., Natica ( Na - ticina) J lisca BLAINV. , Calliostoma conulum L., Cardiuni (. Parvicardium ) papillosum POLI, Venus ovata Penn., Lucina ( Loripes ) fragilis PHIL. Tufo semicoerente a grana finissima, come sopra, ma un poco più chiaro, senza pagliuzze di mica e con scarsissime pomici. Tufo un po’ più coerente dei precedenti. Tufo quasi coerente, a grana finissima (cinerite), con scarsissimi frammenti di pomici bianche. Tufo poco coerente, quasi sciolto, a grana finissima, come il precedente. Tufo simile al precedente, ma più ricco di piccole pomici rotolate e bianche. Sabbia grigia, media e fina, con piccole pomici bian¬ che e con poca magnetite. Strato di minutissime pomici bianche (fino a 3 o 4 mm.). Sabbia grigia, fina, mescolata a piccole pomici bian¬ che e a frammenti di vetro ialino , con discreta quantità di magnetite, con frammenti di Pecten e ciottoli di tufo grigio, di arenaria ecc. Sabbia grigia, media e fina, mescolata a frammenti minuti di vetro ialino e a grandissime quantità di pomici grigio-chiare, in parte angolose, in parte ar¬ rotondate , di grandezza generalmente minuta (1 a 4 mm.), ma talvolta pure di 3 a 4 cm. — 73 — in. m. 174,65- 175,85 - 175,85- 180,76 - 180,76- 186,78 - 186,78 - 187,35 - 187,35- 189,97 - 189,97- 191.20 - 191,20- 192,12 - 192,12- 192,66 - 192,66 - 193,33 - 193,33- 193,94 - 193,94- 194,49 - Sabbia grigia come la precedente, ma con scarsa quantità di pomici e maggiore abbondanza di vetro ialino, di cristalli di olivina, augite , pagliuzze di mica e magnetite. Strato di pomici grigio-chiare, in massima parte angolose, con pochi frammenti di vetro ialino e pochi cristalli di augite, di olivina ecc. Come sopra, con frequenza di pomici più grosse e un po’ arrotondate e con qualche frammento di calcare compatto, alterato, rossiccio. Avanzi di ga¬ steropodi ( Turritella tricarinata Br. sp. , Scala [ Clathrus ] communis LAM. ecc.) e frammenti di con¬ chiglie di lamellibranchi ( Psammobia faeroeensis CHEMN. sp.). Sabbia marina, media e grossa, ricca di magnetite, con vetro ialino, giallo e verde, cristalli di augite, numerose pomici bianche e minuti frammenti calcarei. Strato di pomici grigio-chiare come quelle alla pro¬ fondità di m. 175,85- 180,76. Sabbia marina media e grossa, ricchissima di vetro ialino, con magnetite , pagliuzze micacee , augite, pomici bianche e scure, granuli lapidei giallastri e neri ecc. Ghiaia marina, mescolata a sabbia e costituita come la precedente, con pomici chiare più grandi e più abbondanti. Sabbia marina, con elementi ghiaiosi di pomici, di tufo e di lava leucotefritica. Sabbia marina grigia, fina e finissima, mescolata a ciottolini angolosi, piccoli e di medie dimensioni, generalmente di calcare rossiccio. Poca magnetite. Ga¬ steropodi e lamellibranchi numerosi ( Turritella trica¬ rinata Br. sp., Peratotoma reticulata Ren. sp., Telli¬ na [ Moerella ] donacina L., Chlamys [ Aequipecten ] opercularis L. sp., Nucula tennis MONT. sp., ecc.). Ghiaia ad elementi parzialmente angolosi , mista a poca sabbia : vetri ialini, frammenti ossidianici, di leucitite, di andesite, di tufo grigio-giallastro con scarse pomici, ecc. Sabbia marina fina e finissima, grigio-scura, mesco¬ lata a pochi granuli calcarei e pomici bianche mi¬ nute. Scarsa quantità di magnetite. 74 m. m. 194,49- 195,64 195,64- 196,84 196,84- 197,44 197,44 - 198,24 198,24- 199,00 199,00- . Sabbia marina inedia e grossa come quella rinve¬ nuta a profondità di m. 189,97- 191,20. Tufo coerente, grigio-rossiccio, costituito da ceneri vulcaniche con frammenti angolosi e minuti di os¬ sidiana e piccoli ciottoli arrotondati di calcare, ve¬ tro ialino, tefrite ecc. Sabbia media e fina, grigia , con elementi ghiaiosi, arrotondati, vulcanici e calcarei, e con discreta quan¬ tità di magnetite. Sabbia fina grigio-gialliccia mista a cenere, con scar¬ se pomici piccole ed angolose, frammentini di tufo gialliccio e di ossidiana. Roca magnetite. Ghiaia, costituita da ciottoli angolosi (da 2 a 30 mm.) di tefrite e tufi tefritici, leucitici ecc. Sabbia media e fina, marina, costituita da granuli arrotondati, vulcanici e calcarei, da pagliuzze di mica, magnetite ecc., con ciottolini angolosi e ar¬ rotondati di tefrite, andesite ecc. La lunga successione, nel secondo pozzo Wegmann, di sab¬ bie marine e di pomici con materiale alluvionale, principalmente vesuviano, denota una formazione deltizia o di estuario , alla quale i Campi Flegrei contribuirono specialmente con l'apporto di pomici trachitiche ed il Somma-Vesuvio con 1’ accumulo di materiali detritici e lavici di natura leucitica e basanitica. Una corrente di leucobasanite dello spessore verticale di 4 m. venne incontrata alla profondità di m. 69. Pozzo Orsini (oleificio) in S. Giovanni a Teduccio, Napoli. Piccola serie di dieci saggi, conservati nel Gabinetto di Geo¬ logia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1174) e donati dal prof. G. Bruno nel luglio 1900. m . m . 0- 10,00 - Sabbia fina, marina, grigio-scura, magnetica, con pochi ciottolini arrotondati di leucotefrite e granuli di vetro ialino. 10,00-24,26 - Sabbia vulcanica grossa ad elementi, arrotondati, di leucotefrite e leucobasanite, cioè di provenienza ve¬ suviana, con cristalli isolati di augite , olivina ecc. 75 — m. m. 24,26-27,26 - 27,26 - 36,46 - 36,46 - 45,00 - 45,00 - 46,00 - 46,00-57,00 - 57,00-72,58 - 72,58-75,00 - 75,00 - 75,50 - Sabbia finissima passante a cenere, di colore grigio un po’ più chiaro della precedente, debolmente ma¬ gnetica ed argillosa, con granuli di vetro ialino, augite, plagioclasi e con scarsi ciottolini rotolati. Tufo leucotefritico, con frammenti angolosi di tefriti, in massa di colore grigio-giallastro. Qualche incluso di arenaria calcarea. Sabbia alluvionale con elementi angolosi, mescolata a sabbia marina, contenente frammenti di leucotefrite, piccole pomici ecc. Senza conchiglie di molluschi. Sedimento torboso bruno-scuro a nero , con scarse e minutissime pomici trachitiche. Sabbia alluvionale fina, grigia , mista a cenere , con pochi frammenti di tufi (Somma?). Sabbia finissima e cenere vulcanica grigia, compatta, induritasi dopo il disseccamento, come un tufo se¬ micoerente, con minute scheggie di vetro ialino e piccole pomici arrotondate. Cenere vulcanica grigio-chiara, parzialmente induritasi come la precedente, argillosa, ad elementi finissimi, con le solite scheggie di vetro ialino, formante uno strato compatto, impermeabile. Ciottoli alluvionali mescolati a sabbia marina, con nu¬ merose pomici trachitiche arrotondate e grigio-chia¬ re, frammenti di leucotefrite, di ossidiana ecc. La trivellazione rivela che questo tratto della zona costiera ad est di Napoli, dopo aver attraversato una fase di palude (se¬ dimenti torbosi), emerse abbastanza recentemente dal mare. Gli accumuli di sabbie alluvionali e marine mostrano una netta pre¬ ponderanza dei materiali vesuviani, essendo quelli trachitici molto più ridotti e di solito rappresentati da piccole pomici rotolate, verosimilmente derivanti dalle vicine colline flegree. Di origine vesuviana sono pure i banchi di tufi più o meno cementati e mescolati ai limi argillosi Pozzo della Pisanella, in S. Giorgio a Cremano. Di questa perforazione , eseguita nella proprietà del signor Giovanni Bellotti, detta la Pisanella, a S. Giorgio a Cremano, si hanno due identiche serie di campioni, nel Museo geologico 76 - dell'Università (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181 , dono ing. A. Mauget) e nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli (Serie N, n. 1183, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 20,00 - 23,30 23,30 - 26,53 26,53-31,18 31,18-34,18 34,18 - 34,48 34.48-44,40 44,40 - 48,80 48,80 - 50,50 50,50 - 57,00 57,00 - 60,40 60,40 - 62,30 62.30 - 63,95 63,95 - 68,70 68,70 - 64,10 69,10-69,30 69.30 - 69,75 69,75 -71,34 Tufo grigio-giallastro con molti cristalli neri di pi- rosseno e con inclusi di calcare, di tufo gialliccio trachitico ecc. Tufo simile al precedente, con frammenti di calcare saccaroide bianco , di calcare bituminoso grigio¬ scuro ecc. Tufo simile al precedente, in frammenti più piccoli. Tufo simile ai precedenti , in frammenti ancora più minuti. Cenere vulcanica, di colore grigio-scuro. Tufo grigio-giallastro, come sopra, in piccoli fram¬ menti, con pezzi di calcare bianco e inclusi di te- frite, leucitite ecc. Frammenti, piuttosto piccoli, di tufo grigio-giallastro, c. s., con qualche frammento più grosso di tufo giallo ricco di pomici giallo-scure. Miscuglio di sabbia con ghiaia vulcanica, a elementi arrotondati, in parte di rocce leucitiche, in parte di calcare. Conglomerato vulcanico, a cemento bianco calcareo, costituito da frammenti leucitici caolinizzati, da ciot- tolini angolosi calcarei e da piccoli elementi arro¬ tondati neri, augitici. Tufo semicoerente, grigio. Tufo grigio-chiarissimo, tendente al giallastro, a grana finissima. Tufo grigio-scuro rossastro, semicoerente, a grana grossa. Tufo semicoerente, giallo-grigiastro, con scarse pomici. Pozzolana grigia, con cristalli isolati di augite, fram¬ menti di leucitite, di calcare, e con odore argilloso. Ghiaia vulcanica, a piccoli elementi arrotondati, misti a poca sabbia, di colore grigio. Leucitite in frammenti (la leucite, generalmente abbon¬ dante, più o meno alterata). Frammenti di leucitite e di andesite pirossenica a struttura petroselciosa. — 77 La corrente di lava vesuviana, incontrata alla profondità di m. 69,30, è sottoposta ad una pila di strati di sabbie, ceneri e ghiaie, più o meno consolidate in tufi e conglomerati. Questi risultano in prevalenza di frammenti leucitici e tefritici e subor¬ dinatamente di residui trachitici e calcarei ed appaiono per la maggior parte come depositi subacquei ; sicché la lava leucitica sottostante — la quale potrebbe anjhe far parte della medesima corrente incontrata a Ponticelli, a m. 59,90, nel pozzo del pasti¬ ficio Russo — scesa dai fianchi del Somma, dovette raccogliersi e consolidarsi sul fondo del mare, che in quell'epoca giungeva certamente fino al posto oggi occupato dall' abitato di S. Gior¬ gio a Cremano. Pozzo di Torre del Greco. Con questo nome, senza altre più precise indicazioni di ubi¬ cazione o di proprietari, è distinta, nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli, una collezione incompleta di saggi (serie N, n. 1184), donati dal prof. G. Bruno nel luglio 1900. I campioni conservati sono soltanto i seguenti: m. m. 12,75-15,69 34,65 - 37,85 38.15- 43,60 57,86-58,16 58.16- 60,00 61,00-66,00 66,00 - 72,00 72,00 - 74,50 74,50 - 77,50 Leucotefrite a grossi cristalli di augite e medi di leu¬ cite, parzialmente caolinizzata ; frammenti di pomici e di tufo leucitico. Sabbia media e grossa con elementi ghiaiosi arrotonda¬ ti, in gran parte leucotefritici, pagliuzze micacee ecc. Frammenti angolosi di leucotefrite. Sabbia marina, grossa e media, con pomici trachitiche e poche tefritiche, cristalli di augite, pagliuzze mi¬ cacee, frammenti di calcare ecc. Ghiaia leucotefritica, con abbondanti cristalli isolati di augite, e con leucite di solito caolinizzata. Leucotefrite in piccoli frammenti , a cristalli leucitici alterati. Sabbia vulcanica mista, con abbondanti frammenti di cristalli augitici e pezzi di leucotefrite. Sabbia marina media, grigio - rossastra , vulcanica, a granuli arrotondati. Sabbia fina mista a poca sabbia grossa , di colore bruno - rossiccio , con qualche frammento di tufo tefritico, ricco di augite, dello stesso colore. — 78 — m. in. 77,50-91,00 - Sabbia mista di colore grigio -scuro , con frammenti di tufo tefritico e scarsissime pomici, cristalli fram¬ mentati di augite ecc. 91,00-92,87 - Sabbia grigio-scura, ricchissima di cristalli di augite, mescolata a frammenti di lava tefritica scoriacea. La serie incompleta di questo pozzo , costituita in grande preponderanza di prodotti vesuviani, dimostra , malgrado le la¬ cune qua e là esistenti nel campionario , la presenza di diverse colate laviche consolidate sotto il livello marino e intramezzate da sabbie e ghiaie, quasi esclusivamente vulcaniche , depositate a breve distanza dall’antica linea di spiaggia *). Pozzo di S. Sebastiano al Vesuvio. Questo sondaggio, eseguito sotto la direzione dell' ing. A. Mauget nella proprietà del conte Francesco del Balzo a San Sebastiano, fu spinto dapprima a m. 40,70 — come risulta dalla serie di campioni conservati nel Museo universitario di Geologia (Inv. 1870, serie li, n. 3329-4181) e dalle indicazioni fornite dallo stesso Mauget — e poi proseguito fino alla profondità di m. 116, come si rileva dai saggi appartenenti al Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d'ingegneria di Napoli (serie N, n. 1182, dono prof. G. Bruno, luglio 1900) e come risulta altresì dai cenni sommari pubblicati da L. Baldacci nel 1886 -). m. m. 0 -0,70 - Humus e tufo semicoerente, grigio, argilloso-micaceo, a grana fina. O, 70- 1,80 - Tufo semicoerente, grigio più scuro, sabbioso, con molta mica. 1,80-4,00 - Tufo semicoerente, grigio, argilloso-micaceo. 6 Vari banchi di lava, intercalati a prodotti detritici, furono incontrati anche nella zona a sud-est del Vesuvio, e cioè da Pompei a Scafati. Ne fu¬ rono date sommarie notizie nell'antica opera di Bianchini F. La istoria uni¬ versale. Roma, 1697 ; più recentemente i dati vennero discussi dal Verri in un opuscolo (Sul Vesuvio e sul vulcano Laziale. Boll. Soc. geol. it. , voi. XXI, Roma, 1902), nel quale è riportata pure una breve ed insignificante trivella¬ zione, eseguita a Scafati nella proprietà dei fratelli d’Auria. 2) Baldacci L. — Su alcuni recenti studi e tentativi dì pozzi trivellati in Italia. Annali Agricoltura, s. 2a, n. 108, pag. 29. Roma, 1886. — 79 — m. m. 4,00- 4,60 - Tufo semicoerente, grigio-rossastro, sabbioso-micaceo. Falda acquifera innalsantesi durante 1' inverilo fino a m. 0,70 dal suolo. 4,60- 5,40 - Tufo semicoerente, grigio-rossastro, micaceo, a grana più grossa. 5.40- 6,30 - Sabbia grossa, mista a elementi ghiaiosi con molti granuli vetrosi, frammenti di pomici e di tufo giallo con augite ; granuli arrotondati di leucotefrite e scarsissime quantità di magnetite. 6.30- 9,30 - Tufo semicoerente, grigio, argilloso-calcareo, con pa¬ gliuzze di mica. 9.30- 9,50 - Tufo semicoerente, grigio-rossastro, a grana più grossa, con frammenti angolosi di leucotefrite. Falda di acqua solforosa zampillante a m. 0,55 sulla su¬ perfìcie del suolo. 9.50- 10,90 - Sabbia grossa, frammenti di tufo, lapilli e pomici ar¬ rotondate, e granuli di vetro ialino, con principio di consolidazione in conglomerato grigio. 10,90-14,40 - Tufo semicoerente, grigio-rossigno scuro, argilloide, a grana fina, con pagliuzze micacee. 14.40- 17,00 - Tufo semicoerente, grigio, più sabbioso, a grana meno fina, con numerose piccole pomici arrotondate e laminette di mica. — A m. 16,40 fu rinvenuto un molare, rimaneggiato, di ruminante che per molti caratteri richiama il Bos etruscus Falc. 17,00-17,20 - Straterello di pomici rotolate grigio-chiare, miste a sabbia media e fina, con pagliuzze di mica e scarsi frammenti di leucotefrite. 17,20-17,50 - Tufo grigio-giallastro con augite, leucite e con inclu¬ sioni di lava leucotefritica. 17.50 - 24, SO - Tufo gialliccio con pomici gialle, molti cristalli di augite e pochi di leucite , e con molti frammenti lavici, per la maggior parte leucotefritici. 24,80-26,00 - Tufo gialliccio, meno ricco di cristalli di augite e con molte pomici giallo-scure. 26,00-26,80 - Lo stesso tufo, con molte laminette di mica giallo¬ dorata. 26,80 - 29,00 - Sabbia grossa e media , mista a piccole pomici arro¬ tondate , mica in pagliuzze , minuti frammenti di tufo gialliccio, granuli ialini ecc., parzialmente con¬ solidati in conglomerato e misti a tufo nerastro con avanzi vegetali. - 80 m. m. 29,00 - 29,20 20,20 - 30,10 30,10 -32,75 32,75 - 32,90 32,90 - 33,25 33,25-34,10 34,10-36,00 36,00 - 37,50 37,50-40,70 40,70 - 44,00 44,00 - 44,80 44,80 - 50,00 50,00 - 53,20 53,20 - 54,50 54,50 - 55,40 Sabbia media e fina, grigio-scura, costituita in preva¬ lenza da granuli arrotondati di leucotefrite e di po¬ mici con pochi granuli calcarei, pagliuzze di mica, magnetite ecc. Tufo semicoerente, sabbioso, grigio-verdastro, argilloso, contenente minute pomici arrotondate grigio-chiare. Sabbia media e fina , grigio-scura , con magnetite, pagliuzze di mica e pomici rotolate. Falda acqui¬ fera , che sorpassò il piano di campagna, fornendo 400 litri al minuto. Sabbia grigia, fina e media, con molte pomici arroton¬ date e più scarsi frammenti di tefrite. Sabbia grigio-scura con molti frammenti di pomici grigio-chiare grandi. Tufo semicoerente grigio-scuro, con pagliuzze di mica, pomici arrotondate, e scarsa quantità d’argilla. Strato di piccole pomici grigio-chiare, arrotondate, con scarsi frammenti di tefrite. Tufo semicoerente grigio-chiare, sabbioso, con piccole pomici arrotondate bianche e minute pagliuzze di mica. Cenere vulcanica grigio-chiarissima tendente al gial- letto, con pomici rotolate grigio-chiare e con pa¬ gliuzze micacee. Cenere vulcanica grigio-chiara, con grosse pomici quasi bianche. Cenere vulcanica, mista a gran quantità di piccole po¬ mici sericee più o meno arrotondate , a frammenti di tufo giallo trachitico, cristalli isolati di augite, granuli vetrosi, pezzi di tefrite ecc. Tufo gialliccio , senza pomici e con scarsi microliti ; un solo frammento di tufo giallo trachitico con po¬ mici giallo-scure. Tufo semicoerente, grigio-chiaro, un po’ sabbioso, con poche minute pomici arrotondate. Pozzolana grigio-chiara tendente al gialliccio, fina, con pomici arrotondate piccole e altre grandi , giallo¬ chiare. Rari inclusi tefritici. Pozzolana grigio-scura un po’ rossastra, con rare po¬ mici arrotondate, parzialmente consolidata in tufo e con inclusi tefritici. - 81 m. m. 55,40-55,90 - Pozzolana grigia, meno rossastra della precedente, con più numerosi frammenti di leucotefrite a grossi cri¬ stalli di leucite alterata e cristalli pure bene evidenti di augite. 55.90- 67,40 - Tufo grigio-chiaro a grana piuttosto fine, micaceo- argilloso. 67,40 - 67,90 - Pozzolana grigio-chiara, con pochi frammenti minuti pumicei e tefritici. 67,90 - 1>9, 90 - Tufo semicoerente, sabbioso, grigio a chiazze rosso- ruggine, con frammenti di rocce tefritiche e di po¬ mici variamente colorate (dal grigio al giallo e al rossiccio). 69.90- 70,80 - Cenere vulcanica giallo-chiara, argillosa, mista a poche pomici piccole e arrotondate. 70,80-72,00 - Cenere vulcanica grigio-chiarissima, con pochi fram¬ menti di vetro ialino e scarse pomici , piuttosto angolose. 72,00-76,00 - Strato di pomici minute e arrotondate, grigio-chiare, miste a frammenti di tufo rossiccio a grana fina e a sabbia con granuli vetrosi, pagliuzze di mica e magnetite. 76,00 - 78,35 - Sabbia media e fina, grigio-scura, con magnetite, mica, piccole pomici arrotondate e minuti frammenti ro¬ tolati di tefrite . Falda di acqua ferruginosa ele¬ vante si a ni. 1 sul suolo. 78,35-78,60 - Straterello di pomici grigio-chiare, e alcune rossicce, una sola grigio-scura , in parte angolose e ordina¬ riamente piccole. 78,60-78,65 - Tufo semicoerente grigio-scuro un po’ rossastro, a gra¬ na fina, con scarse pomici, piccole e arrotondate. 78,65-80,50 - Sabbia marina media e grossa, mista a ciottolini arro¬ tondati di rocce vulcaniche diverse, con molti gra¬ nuli di vetro ialino e discreta quantità di magnetite. 80,50-83,00 - Sabbia marina come la precedente, con minore quan¬ tità di ciottolini e di magnetite, più ricca di mica e con poche grosse pomici grigio-chiare. 83,00-85,10 - Tufo coerente grigio, sabbioso, con pagliuzze di mica, piccole pomici, frammenti di tefrite ecc. 85,10-87,50 - Sabbia marina media e grossa, grigio-scura, con ma¬ gnetite, granuli vetrosi, ciottolini arrotondati di tufo, di pomici e di lave diverse. — A m. 87,25 falda acquifera zampillante a m. 1,10 sul suolo, con la portata di 600 litri al minuto. - 6 - — 82 — m. m. 87,50- 88,85 88,85- 90,60 - 90,60 95,00 95,00 99,00 99,00- 100,00 - 100,00- 101,60 - 101,60- 103,00 - 103,00- 103,70 - 103,70. 105,00- 106,20 107,00- 105,00 106,20 107,00 111,00 111,00- 116,00 - Sabbia media e fina, grigio-scura, con pochi ciottolini arrotondati (tufo e pomici), vetro ialino, magnetite, mica ecc. Fra gli inclusi, alcuni grossi ciottoli, ro¬ tolati, di pomice trachitica e di leucotefrite. Sabbia grigia simile alla precedente e con i medesimi costituenti, ma un po’ più fina e con alcuni ciot¬ toli trachitici. Sabbia grigia media e grossa, con più abbondanti ciottolini arrotondati, specialmente pumieei. Sabbia grigio-chiara media e fina, con frammenti ar¬ rotondati lavici e pomicei e con inclusi di tefrite, andesite, calcare ecc. Sabbia grigia, media e fina, con ciottolini lavici e pomicei, e con molti granuli di vetro ialino e la¬ minette micacee. Ghiaia, costituita da ciottoli angolosi, misti a scarse pomici bianche e a poca sabbia, con cristalli di augite, mica, granuli di vetro ialino ecc Sabbia grossa e media, grigia, con ciottolini minuti e rotolati di tefrite, cristalli augitici , pagliuzze mi¬ cacee ecc. Sabbia come la precedente, con pomici chiare , mi¬ nute e arrotondate. Sabbia come le precedenti. La stessa sabbia, più ricca di pomici e con più scarsi cristalli di augite. Tufo semicoerente grigio-chiaro, argilloso, con la minette di mica e piccoli inclusi tefritici. Sabbia media e grossa, con elementi ghiaiosi arro¬ tondati, augite, granuli di vetro ialino, pomici bianche, frammenti di tufo giallo-chiaro ecc. Sabbia come la precedente, parzialmente cementata e con frammenti angolosi di trachite sanidinica. Lunga serie di depositi piroclastici alluvionali e di sabbie marine, per la maggior parte di natura leucotefritica, mescolati, a larghi intervalli nella perforazione, a frammenti trachitici più antichi, di provenienza flegrea. Esiste pertanto, nella vistosa suc¬ cessione di prodotti vesuviani più o meno incoerenti, una inter¬ calazione di rocce trachitiche flegree, alcune delle quali possono aver subito un trasporto acqueo prima di depositarsi alle falde 83 — occidentali dell’attuale M. Somma , mentre altre appaiono chia¬ ramente come accumulatesi in posto per trasporto eolico : segno evidente che alcuni crateri flegrei continuavano a dar segni di attività, quando il Somma, dapprima probabilmente in forma d’isola, era già emerso dal mare. Pozzo della Volta , a nord-est di Ponticelli. Di questo sondaggio, eseguito nella proprietà del principe di Carovigno, esistono due serie identiche di campioni , 1' una appartenente al Museo universitario di Geologia (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget), l’altra conservata nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1181, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 0- 1,30 1,30- 2,60 2,60- 3,50 3.50- 5,15 5,15- 7,00 7,00- 13,00 13,00- 17,00 17,00- 19,50 19.50 - 20,90 20,90 - 22,30 22,30 - 27,00 27,00 - 28,00 28,00 - 30,50 30.50 - 32,00 - Terreno vegetale e di riporto. - Tufo vulcanico argilloide, con pagliuzze di mica, di colore grigio. - Tufo vulcanico argilloide, grigio-chiaro. - Sabbia vulcanica fina e finissima , grigio-scura , con poca magnetite e pagliuzze micacee. - Argilla marnosa grigio-scura un po’ rossastra, con pa¬ gliuzze di mica. - Sabbia media e grossa, mista a elementi ghiaiosi, an¬ golosi, di tefrite, a grosse pomici trachitiche, a pa¬ gliuzze di biotite ecc. - Cenere vulcanica mista a sabbia fina, grigia, e a pochi ciottolini angolosi e arrotondati di tefrite. - Tufo vulcanico bruno argilloide, carbonioso , misto a frammenti di sostanze pirolegnose, a pagliuzze di mica e a granuli di vetro ialino. - Sabbia vulcanica, media e fina, grigio-scura, con pochi frammenti lavici e pumicei e molte pagliuzze di mica. - Pozzolana terrosa mista a materiale torboso. - Argilla marnoso-micacea, grigio-chiara. - Tufo vulcanico argilloide, grigio-chiaro. - Pozzolana grigio-rossiccia, argilloso-micacea, con pic¬ cole pomici arrotondate. - Sabbia marina, media e fina, con numerosi granuli di vetro ialino, ciottoli arrotondati grigi, verdi e bian¬ chi e poca magnetite. — 84 — m. m. 32,00-32,30 - Tufo grigio-chiaro, argilloso-micaceo, a grana fina. 32.30- 33,50 - Sabbia marina, come quella precedente. 33.50- 35,00 - Tufo grigio-scuro un po’ rossastro, a grana fina* micaceo-argilloso. 35,00-36,90 - Sabbia media e fina, mista a minuti ciottolini arroton¬ dati, a granuli di vetro ialino e verde, a frammentf di pomici e di calcare ecc. 36,90-40,74 - Pozzolana grigia, argilloso-micacea, con pomici piccole e angolose e scarsi ciottoletti di lava tefritica. 40,74-45,30 - Tufo grigio-chiaro con sfumature verdi, argilloso-mi¬ caceo, a grana piuttosto fina. 45,30 - 47,20 - Pozzolana grigia, argilloso-micacea come la preceden¬ te, ma più ricca di piccole pomici arrotondate gri¬ gio-chiare, e con pomici angolose più grandi. 47.20- 50,00 - Pozzolana grigio-scura con pomici arrotondate più. chiare e con avanzi di sostanze pirolegnose. 50,00-52,10 - Argilla sabbioso - micacea , grigio-scura tendente al rossiccio. 52,10-52,50 - Argilla sabbioso-micacea , grigio - chiara tendente al verdino. 52.50- 53,50 - Argilla grigio-cenere tendente al bianco. 53.50- 56,70 - Argilla grigio-rossastra. 56,70 - 56,80 - Argilla grigia, alquanto sabbiosa e micacea. 56,80 - 60,00 - Argilla grigia. 60,00-61,00 - Argilla grigia alquanto sabbiosa. 61,00-63,40 - Argilla sabbioso-micacea, mista a sostanze pirolegnose^ 63,40-09,00 - Ceneri e sabbie grigio-verdiccie, miste a ciottolini an¬ golosi di tefrite , a pagliuzze di mica e a poche pomici. 69,00-69,60 - Argilla sabbioso-micacea grigio - scura , tendente al rossastro. 69,00-73,30 - Sabbia media e fina, grigio-scura, con molte pagliuzze di mica, pochi granuli di vetro ialino e ciottolini di pomici e di tefrite. 73.30- 76,20 - Pozzolana fina, costituita da cenere grigio-chiara mi¬ sta a poche pomici minutissime e arrotondate. 76.20- 77,25 - Argilla sabbioso-micacea di colore grigio-rossiccio piuttosto scuro. 77,25 - 81,00 - Pozzolana grigio-scura con granuli di vetro ialino, fram¬ menti di pomici trachitiche, Iaminette di mica ecc. — 8ó'' — m. m. 81,00- 82,00 82,00 - 90,60 90,60 - 96,40 96,40 - 103,30 103,30- 107,00 107,00- 110,00 Sabbia marina media e grossa, grigio-scura, con ma¬ gnetite, vetro ialino e frammenti arrotondati di po¬ mici e di lave. Sabbia grigio-scura, fina e finissima, con molte pa¬ gliuzze di mica e con numerose pomici trachitiche arrotondate. Pozzolana grigia con laminette di biotite, granuli ve¬ trosi, magnetite , pomici e granuli arrotondati di lava trachitica. Strato di piccole pomici grigio-chiare arrotondate, miste a sabbia grigia media e grossa , con magne¬ tite, mica, granuli ialini, frammenti di trachite e di ossidiana. Tufo grigio, argilloso-micaceo, con piccole pomici grigio-scure, e altre più chiare, di natura trachitica. Sabbia marina media e grossa , mista a elementi ghiaiosi arrotondati di pomici e trachiti sanidiniche, con cristalli isolati di augite, granuli di vetro ialino e verde, pagliuzze micacee, magnetite ecc. Serie di prodotti piroclastici, alluvionali e marini, analoga a ■quella del pozzo del Pagliarone, con piccole modifiche di ca¬ rattere locale. Così, per esempio, v’è un notevole sviluppo di argille e di tufi argilloidi, rappresentanti una maggiore altera¬ zione di prodotti vulcanici, ed appaiono più confusamente di¬ sposti e spesso insieme mescolati elementi mineralogici di pro¬ venienza flegrea con quelli di origine vesuviana : ciò che, del resto, è naturale per il carattere prevalentemente alluvionale di questi sedimenti, formatisi nell’ antica vallata sottomarina una volta esistente al confine tra le due regioni vulcaniche dei din¬ torni di Napoli. Pozzo de « La Preziosa » alla Bolla. 11 campionario di questa trivellazione , donato dall' ing. A. Mauget, appartiene al Museo Geologico dell’ Università di Na¬ poli (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181). La località è situata a quota 45 sul livello marino, quasi ad eguale distanza da Pomi- gliano d'Arco e da S. Anastasia, ed un chilometro e mezzo ad • ovest della strada provinciale che collega questi due comuni. -SÓ¬ TTI. m. 14.70- 15,70 - Pozzolana grigio-scura con frammenti di tufo bigio,. di trachite alterata e di scorie. 15.70- 16,00 - Sabbia vulcanica finissima, grigio-scura, con scarse pagliuzze di mica. 16,00- 18,40 - Pozzolana grigio-scura con ciottoli di trachite, cristalli di feldispato, granuli di quarzo ecc. 18,40- 18,70 - Sabbia vulcanica finissima grigio-scura, con granuli di quarzo e di feldispato. 18.70- 19,00 - Sabbia vulcanica simile alla precedente, ma più gros¬ solana. 19,00-22,70 - Sabbia grossolana grigio-scura, con frammenti di tufo,. ciottoli di lave trachitiche diverse, scorie ecc. 22.70- 23,00 - Sabbia vulcanica media e fina, di colore bigio. 23,00-23,30 - Sabbia vulcanica un poco più grossolana della pre¬ cedente. 23.30- 23,50 - Sabbia vulcanica grigio-scura, finissima. 23.50- 24,30 - Sabbia vulcanica grossolana con granuli vetrosi, pic¬ cole pomici, feldispati ecc. 24.30- 24,70 - Sabbia grossolana come la precedente, mista a ceneri vulcaniche di color grigio-rossastro. 24.70- 25,30 - Sabbia vulcanica grossolana, mista a piccole pomici, frammenti di scorie, granuli vetrosi ecc. 25.30- 25,80 - Ghiaietta vulcanica, costituita da frammenti scoriacei e vetrosi, da pochi mm. fino a 2 cm. 25,80 - 26,80 - Sabbia grossolana, mista a ceneri vulcaniche grigio¬ rossastre e a piccoli ciottoli. 26,80-27,00 - Sabbia vulcanica grossolana, con frammenti di tufo e piccole pomici, elementi vetrosi ecc. 27,00-27,50 - Frammenti di tufo bigio-cinereo. 27.50- 34,50 - Tufo cenerognolo chiaro in frammenti più grossi. 34.50- 37,50 - Tufo bigio cenerognolo in frammenti, con scorie e pezzi pomicei. 37.50- 39,50 - Sabbia vulcanica grigio-giallastra, con piccoli frammenti di tufo cenerognolo. 39,50 - 42,00 - Sabbia vulcanica grigio-rossastra, media e grossa, con piccoli frammenti di tufo, grosse pomici , granuli vetrosi ecc. 42,00-44,50 - Tufo giallognolo semicoerente. 44.50- 44,70 - Pomici di color cenere-chiaro. — 87 m. m. 44,70 - 45,00 45,00 - 45,40 45,40 - 45,60 45,60 - 48,50 48,50 - 50,00 Pomici miste a sabbia grossolana , con abbondanti granuli vetrosi, cristalli di feldispato ecc. Sabbia media e fina, di colore giallo-grigiastro, con scarse pomici. Strato di pomici più o meno grosse. Sabbia grossolana, mescolata a frequenti granuli vetrosi e a piccole pomici. Sabbia grossolana poligenica , con prevalenza di ele¬ menti vulcanici. Rispetto al pozzo della Volla, questa perforazione, eseguita quasi al margine dell’antica vallata sottomarina intercedente fra la zona flegrea e quella vesuviana, presenta , malgrado la più breve successione di campioni a noi noti, una quantità minore di prodotti di alterazione ed una più frequente ripetizione di straterelli pomicei, mostrando in prevalenza sabbie e ghiaie vul¬ caniche formate col contributo delle due zone, e solo inferior¬ mente pochi detriti di rocce sedimentarie, mescolati a quelli eruttivi. Pozzo de « la Tavernola » a Castellammare di Stabia. Perforazione eseguita nella proprietà Longobardi e rappre¬ sentata da una serie di 31 saggi , conservati nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli (se¬ rie N, n. 1185, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 0 - 15,46 - Breccia, costituita in prevalenza da frammenti di rocce vulcaniche e subordinatamente da frammenti di cal¬ care bianco, con cemento calcareo grigio-chiaro. 15,46- 18,83 - Tufo vulcanico grigio, duro, a pomici gialle, con cri¬ stalli di pirosseno e con ciottoli, angolosi o lisciati, di calcare cretacico compatto. 18,83-19,93 - Sabbia marina fina, grigio-scura, ricca di magnetite e con pagliuzze micacee, mista a frammenti di argilla sabbioso-micacea grigia, a poche pomicette trachi- fiche e a frammenti di tufo vulcanico grigio con ciottoletti di calcare bianco. 19,93- 20,33 - Pomici trachitiche minute, arrotondate o angolose, quasi bianche, miste a poca sabbia con vetro ialino, augite, frammenti di calcare ecc. — 88 — m. m. 20.33- 23,35 - Sabbia marina, fina e finissima, grigio-scura, ricca di magnetite e di pagliuzze di mica , con pochi fram¬ menti più grossi di calcare. 23,35 - 24,82 - Pozzolana grigio-scura, argilloso-micacea, parzialmente cementata e mescolata a frammenti minuti di cal¬ care, contenente inclusi di tufo trachitico grigio e numerose conchiglie di gasteropodi ( Triphora per¬ versa L. sp., Calliostoma conulum L.) e di lamelli- branchi ( Ostrea edulis L. , Diplodonta rotundata MONT., Nucida tenuis MONT. sp., Venus [Ventri- cola] multilamella LAM. sp., Cardium [ Parvicar - dium\ roseum LAM., ecc.). 24,32-28,97 - Argilla grigio-azzurrognola. 28,97-39,71 - Tufo trachitico giallo flegreo, a pomici di colore gial¬ lo più scuro. 39,71-40,01 - Pozzolana bigio-rossastra, argillosa, con minuti fram¬ menti di tufo giallo. 40,01 -42,70 - Tufo giallo con rarissime pomici e qualche cristallo di pirosseno. 42,70-43,62 - Tufo giallo semicoerente, tendente al grigiastro, con piccolissime pomici, cristalli di pirosseno e granuli di vetro ialino arrotondati. 43,62-45,26 - Tufo giallo-chiaro tendente al grigiastro, a grana fi¬ nissima (cinerite). 45,26-45,56 - Frammenti di tufo giallo-chiaro, semicoerente, a rare pomici più gialle e cristalli di pirosseno. 45,56-48,04 - Tufo giallo-chiaro tendente al grigiastro, a grana me¬ no fina di quello soprastante. 48,04-51,34 - Tufo giallo-carico, con rare pomici di color giallo più scuro e cristallini bianchi di sanidino e neri di augite. 51.34- 53,05 - Tufo giallo-carico semicoerente, con frammenti di ve¬ tro ialino, piccole pomici e grossi inclusi angolosi di calcare cretacico. Avanzi organici numerosi, ma quasi sempre molto frammentati, di corallari , sca- fopodi, gasteropodi e lamellibranchi (Cladocora ce¬ spitosa E. H., Dentalium [Antale\ volgare DA CO¬ STA, Cerithiopsis tubercularis MONT. sp. , Arca [Fossularca] lactea L., Arca tetragona POLI ecc.). 53,05-55,93 - Frammenti di tufo giallo-chiaro e grigiastro, con scar¬ sissime pomici, rari ciottolini calcarei e frammenti di conchiglie indeterminabili. 89 — m. m. , 55,93-60,62 - Ghiaia, costituita da ciottoli angolosi di calcare ceno- maniano bianco e grigiastro, misti a grossa sabbia gialla, vulcanica, con granuli di vetro ialino, piccole pomici e frammentini di tufo. 50,62-63,47 - Tufo grigio, ricco di pomici quasi bianche e di altre : grigio-scure o verdastre , contenente pure piccoli frammenti angolosi di calcare, e passante perciò a breccia poligenica. ■63,47-65,07 - Tufo grigio come il precedente, più ricco di grossi ciottoli angolosi calcarei. 55,07-67,00 - Tufo giallo-chiaro, semicoerente, a grana piuttosto fi¬ na, con rarissime pomici. •67,00-67,22 - Lo stesso tufo in frammenti, con cristalli di pirosseno e con pomici di due colori (giallo-canario e giallo¬ scuro). 57,22-70,34 - Tufo giallo, semicoerente, con rari cristalli di pirosseno e rarissime pomici. 70.34- 71,21 - Tufo incoerente, giallo-grigiastro, con molti frammenti di calcare cretaceo e con rare pomici bianche. 71,21 -71,49 - Sabbia media e grossa, prevalentemente calcarea, mista ad elementi ghiaiosi pure di calcare e subordinata- mente di tufo vulcanico , a pomici chiare e a gra¬ nuli di vetro ialino, pagliuzze micacee ecc. 71,49- 72,65 - Ghiaia, costituita da ciottoli calcarei di colore bianco o grigio, a grana fina , spesso con vene di calcite spatica, e da rare pomici. 72,65- 73,14 - Pozzolana gialla, con rare piccole pomici giallo-ros¬ sicce, mista a grande quantità di frammenti ango¬ losi calcarei , e con principio di cementazione in breccia poligenica. 73,14-76,00 - Tufo giallo-chiaro a grana fina, con rare piccole po¬ mici grigio-chiarissime o giallo-canario e con pic¬ coli frammenti angolosi di calcare compatto. 76,00-76,35 - Sabbia media e grossa, costituita da frammenti arro tondati di calcare grigiastro misti a tufo incoerente giallo, con elementi ghiaiosi, scarsi, dell’una e del¬ l’altra roccia. 76.35- 78,85 - Argilla ferruginosa, di colore giallo-rossiccio scuro, con¬ tenente ancora qualche frammento angolosodi calcare. 78,85-79,55 - Sabbia finissima, argilloso-micacea , giallo-verdiccia, con moltissimi granuli calcarei e con numerosi fram¬ menti di Ostrea. - 90 — La successione litologica riscontrata nella perforazione “ La Tavernola „ è molto interessante ed istruttiva, perchè mostra,, pur con la minore potenza dovuta alla relativa lontananza dai focolari vulcanici, i principali prodotti dell' attività eruttiva dei Campi Flegrei. Si ha infatti, a cominciare dagli strati più profondi,, rappresentanti sedimenti calcarei ed argillosi con avanzi di mol¬ luschi, e gradatamente salendo verso 1’ alto : anzitutto una serie di depositi di spiaggia, calcarei, mescolati ai primi prodotti erut¬ tivi (ceneri, sabbie, lapilli e pomici) di natura trachitica ; quindi un rallentamento ed una pausa nell'apporto di materiali vulca¬ nici ed un più rigoglioso sviluppo di organismi marini ; poi urr secondo periodo esplosivo, documentato dalle diverse varietà di tufo giallo ; indi una nuova sosta nelle eruzioni, col ritorno della vita dei molluschi ; e finalmente un altro breve accumulo di ma¬ teriale frammentario, trachiandesitico grigio: sempre con interca¬ lazioni, mescolanze e sovrapposizioni di ghiaie e sabbie calcaree, rappresentanti il logorio esercitato dalle acque sulle vicine mon¬ tagne mesozoiche, mentre cominciavano, ardevano intensamente e successivamente si riducevano fino a spegnersi, i fuochi flegrei. Pozzo R Perris in Angri (Salerno). Sondaggio eseguito in Angri, nella proprietà Roberto Perris. La serie dei saggi relativi, incompleta, è conservata nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli (serie N, n. 1185, dono del Prof. G. Bruno, luglio 1900). Alcuni altri campioni, erroneamente attribuiti alla medesima trivellazione,, si riferiscono invece sicuramente a località distinta, come dimo¬ stra l’esame del materiale litologico completamente differente da quello sottoelencato. m. in. 25,00 - 29,90 - Tufo vulcanico grigio-rossastro con pomici grigio-scure. 29,90-30,50 - Pozzolana grigio-rossastra con piccoli frammenti di tufo c. s., pomici scure , granuli di vetro ialino e pagliuzze di mica. 30,50-31,20 - Sabbia finissima grigio-rossastra, argilloso-micacea. 31,20-32,20 - Breccia, costituita da frammenti angolosi di calcare compatto grigiastro, con cemento vulcanico - argil¬ loso di colore giallo e piccole pomici grigie. - 91 m. m. 32,20 - 32,90 - Ciottoli, angolosi e arrotondati , di calcare compatto grigio a vene di calcite bianca. 32.90- 33,35 - Pozzolana grigio-rossiccia, con minutissimi granuli calcarei arrotondati, pomici, pagliuzze di mica, ve¬ tro ialino ecc. 33.35- 34,50 - Breccia poligenica giallo-scura grigiastra, costituita da frammenti angolosi di calcare grigio, pezzi di tufo giallo, pomici grigie, e granuli di vetro ialino, con cemento argilloso-micaceo. 34.50- 37,20 - Calcare compatto grigio (di varie gradazioni), in ciot¬ toli rotolati. 37,20-37,40 - Sabbia finissima giallo-grigiastra, argilloso-micacea^ 37.40- 40,60 - Frammenti, più o meno arrotondati, di calcare grigia¬ stro, parzialmente cementati in conglomerato da un cemento argilloso-micaceo rossiccio con scarse po¬ mici. 40,60-43,70 - Argilla grigio-rossiccia con laminette di mica. 43,70-46,15 - Sabbia argilloso-micacea a grana fina, giallo-scura,, con piccoli granuli calcarei. 46,15-47,50 - Sabbia media e grossa, a granuli arrotondati, giallo¬ scura, con minuti ciottolini calcarei, piccole pomici gialle, mica ecc. 47.50- 48,40 - Sabbia marina media e fina, mista a pomici gialle ro¬ tolate, frammenti di tufo, cristalli di pirosseno, gra¬ nuli di vetro ialino ecc. 48.40- 48,80 - Grossi ciottoli arrotondati di calcare compatto. 48.80- 49,90 - Sabbia media e fina, gialla, come la precedente, con rari frammenti di minute conchiglie di lamellibranchi. 49.90- 50,80 - Ciottoli calcarei in frammenti, come sopra. 50.80- 51,35 - Ghiaia, costituita in prevalenza da ciottoli calcarei in parte arrotondati, misti a poca sabbia gialla con pagliuzze di mica e granuli di vetro ialino. 51.35- 52,02 - Sabbia grossa e media, prevalentemente calcarea e su- bordinatameute vulcanica (pomici , pirosseni, mica* vetro ialino ecc.). 52,02 -52,47 - Ghiaia calcarea, costituita da ciottoli a spigoli debol¬ mente arrotondati. 52,47 - 52,76 - Manca. 52,76-53,04 - Sabbia marina media e fina, giallo-rossiccia, con po¬ chi frammenti calcarei e con prevalenza di materiali vulcanici (pomici chiare, granuli vetrosi ecc.). — 92 — m. m. 53,04 - 53,57 - Sabbia come la precedente, mista a ciottoli e a fram¬ menti calcarei in maggiore quantità. 53,57 - o4,25 - Sabbia media e grossa, marina, grigio-scura mescolata di giallo, e costituita da pochi granuli calcarei, da cristalli isolati di augite, vetro ialino e moltissime pomici giallo-chiare. 54,25-55,08 - Ghiaia, costituita da frammenti angolosi di calcare cretaceo parzialmente consolidato in breccia da ce¬ mento argilloso-calcareo gialliccio , con pagliuzze di mica e scarsi elementi vulcanici. 55,08 - 5t>, 95 - Calcare cretacico in frammenti di varia grandezza un po’ arrotondati (alcune varietà compatte, altre a gra¬ na un po’ più grossa). 56,95-57,35 - Pozzolana argilloso-micacea , grigio-chiarissima, co¬ stituita in prevalenza da frammenti minutissimi di pomici chiare. 57,35-58,30 - Argilla color tabacco, con pagliuzze di mica. 58.30- 59,55 - Sabbia marina giallo-scura, media e grossa, costituita da granuli calcarei e di vetro ialino, da pagliuzze di mica e da pomici arrotondate , insieme con po¬ chi ciottoletti calcarei. 59,55-60,25 - Sabbia marina giallo-grigia, grossa e media, costituita da granuli di tufo giallo a piccole pomici grigie, da frammenti calcarei e da numerosi granuli di vetro ialino, oltre a poca magnetite. 60,25-60,70 - Tufo giallo-scuro, semicoerente, argilloso-micaceo , a grana finissima. 60.70- 65,20 - Argilla giallo-rossiccia, con scarse laminette di mica. 65,20-68,30 - Argilla giallo-rossiccia più scura. 68.30- o8,70 - Calcare cretacico in grossi frammenti a spigoli arro¬ tondati. 68.70- 71,40 - Argilla giallo-rossiccia, con poche pagliuzze di mica. 71,40- 74,50 - Argilla rossastro-scura. 74,50-74,90 - Manca. 74,90-76,00 - Ghiaia, costituita da ciottoli calcarei arrotondati, di cui parecchi a piastrelle. 76,00-82,90 - Sabbia marina finissima, giallo-chiara, prevalentemente calcarea. 82,90 - S4,50 - Arenaria di colore giallo-intenso, calcarea, con poche pagliuzze micacee. — 93 — iti. m. 84.50 - 85,80 - Sabbia finissima, giallo-chiara, con pagliuzze di mica e pochi ciottoletti calcarei arrotondati. Parecchi fo- raminiferi (Discorbina, Cristellaria , Rotalia ecc.) e frammenti di conchiglie di molluschi. 85,80 - 88,60 - Tufo calcareo-argilloso semicoerente, giallo-chiaro, con molte pagliuzze di mica e frammenti di con¬ chiglie ( Turritella trìcarinata Br. sp., Venus [ Ven¬ tricolo] multilamella Lam. sp. , Càrdium \Parvi- cardium ] papillosum Poli, PectuncUlus sp., ecc.). 88,60-92,70 - Arenaria calcarea di color giallo-carico, a grana non¬ molto fina, con frammenti di conchiglie e pagliuzze di mica. 92,70-97,50 - Sabbia finissima argilloso-micacea, grigia, con minu¬ tissimi granuli calcarei. 97.50 - 98,50 - Arenaria calcarea gialla, facilmente disgregabile, a gra¬ na non molto fina, con corallari , lamellibranchi e gasteropodi, mica e residui vulcanici scarsi , e con frammenti inclusi di breccia calcarea. 98,50-99,20 - Arenaria calcarea giallo-chiara, a grana più fina, con¬ tenente ciottoli calcarei più numerosi e avanzi or¬ ganici più abbondanti. Mancano in questa trivellazione i depositi superficiali, pro¬ babilmente rappresentati da alluvioni fluviali e da spiaggie ma¬ rine, come quelle che oggi ricoprono vasti tratti di territorio da Pompei e Castellammare fino a Sarno e a Nocera Inferiore. I saggi conservati cominciano con tufi vulcanici grigi e pozzolane, intercalati a sabbie e ghiaie calcaree, prodotte dal disfacimento delle vicine montagne mesozoiche ed inquinate di materiale vul¬ canico. Alcune di queste sabbie sono ricche di piccole pomici1 chiare di provenienza flegrea ; altre passano gradatamente ad elementi sempre più fini, fino a diventare argille micacee varia¬ mente colorate e più o meno ricche di ossidi di ferro. Negli' strati inferiori, prevalentemente marini, i prodotti trachitici vanno- facendosi sempre più scarsi, ed aumenta invece rigogliosamente la vita animale, rappresentata da avanzi di foraminiferi, corallari, lamellibranchi e gasteropodi, più o meno cementati in arenarie grossolane giallastre e brune, micacee, del Terziario inferiore. Tale successione dimostra, che 1’ attuale pianura del Sarno fu dapprima occupata da un seno di mare piuttosto profondo e — 94 — riccamente popolato, nel quale andarono ad accumularsi, sia per deposizione eolica che per trasporto alluvionale, i primi prodotti detritici delle antiche eruzioni flegree ; che poi, innalzandosi il fondo col crescere dei sedimenti e diventando sempre più scarsa la vita col succedersi degli atti eruttivi, si depositarono i tufi e le pozzolane più recenti, in cui si mescolarono i detriti calcarei erosi alle vicine montagne cretaciche ; e che finalmente, nel qua¬ ternario recente, 1’ ultimo riempimento operato dalle correnti di acqua marina e fluviale e lo spostamento negativo della linea di spiaggia portarono alla emersione della regione, e di conseguenza determinarono il collegamento delle pendici sud - orientali del Vesuvio con la penisola Sorrentina. Pozzo Paladini in Maddaloni (Napoli). La serie di campioni relativa a questo sondaggio, conservata nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1187, dono prof. G. Bruno, luglio 1900), presenta ad intervalli alcune lacune, le quali corrispondono al- l'incirca, se non proprio esattamente, con le profondità da cui provengono gli otto saggi, d'ignota località dei dintorni di Na¬ poli, descritti nel 1902 dal prof. G. De Anqelis d’Ossat *)• Se effettivamente questi ultimi derivano dallo stesso pozzo Paladini di Maddaloni — ciò che e molto probabile anche per la corri¬ spondenza dei dati litologici — la serie di quest' ultimo risulte¬ rebbe pressoché intera, ed i dati forniti dalla breve nota del prof. De Angelis diventerebbero preziosi per il completamento della serie stratigrafica dei terreni attraversati da questa perfo¬ razione. Riporto perciò in carattere corsivo e tra virgolette, alle rispettive profondità, le indicazioni relative agli otto campioni predetti. ni . m . 0- 1,70 - Frammenti angolosi di tufo trachitico e di lava, con ciottoli calcarei arrotondati, immersi in poca sabbia grigia, fina, con frammenti di conchiglie di lamel- libranchi. ‘) De Angelis d’Ossat G. — Un pozzo trivellato presso Napoli. Boll. Soc. geol. it. , voi. XXI, pag. 33-35. Roma, 1902. — 95 — m. m. I, 70- 2,50 - Pozzolana finissima, argillosa, color tabacco, con pic¬ colissime pomici e rari frammenti di tufo trachitico giallo. Conchiglie di Cardimi! Lamarki REEVE , e frammenti di Pectunculus. 2,50- 2,90 - Argilla grigio-azzurrognola, con scarse pagliuzze di mica. 2,90- 3,33 - Tufo calcareo bianco-gialliccio, poroso, a grana piut¬ tosto grossa, contenente rari frammenti di calcare compatto grigiastro e qualche cristallino di pirosseno. 3,33- 4,28 - Tufo vulcanico giallo-rossiccio a grana finissima, con scarsissime pomici giallo-chiare e pochi cristallini di augite. 4,28- 9,43 - Argilla grigio-azzurrognola. Pozzolana bigio-violacea, con pomici, frammenti ossidianici , cristalli di sani- dino, mica ecc. Un ciottolo arrotondato di granito. 9.43-11,79 - Frammenti di tufo grigio a pomici nere e di tufo giallo a pomici giallo-chiare. Grossa pomice tra- chitica con cristalli di sanidino. Frammenti di con¬ chiglie di Anomia ephippium L. , Cardimi t sp., Venus sp. , Vermetus (Lemintina) semisurrectus Biv. , Cerithium ( Thericium ) vulgatum Brugn. ; resti di Cladocova caespitosa E. H., ecc. II, 79- 15,94 - Manca- 15,94-24,40 - Tufo bigio-rossastro vulcanico; grosse pomici arro¬ tondate grigio-chiare; frammenti di conchiglie di Ostrea e di Cardimi! e pezzi di calcare zoogeno giallo-rosato ; ciottoli di arenaria micacea e di mar¬ na verdastra ecc. 24.40- 31,16 - Tufo semicoerente bigio-rossastro. 31,16-39,40 - Brecciola vulcanica (con pomici, cristalli di sanidino, mica ecc.) a cemento calcareo ; frammenti di cal¬ care dolomitico ; pomici trachitiche ; pezzi di are¬ naria silicea ; conchiglie di lamellibranchi diversi ( Venus [VentricoLa] multilamella Lam. sp. , Car¬ dami sp., Dosinia luptnus L. , Tellina distorta POLI; Tellina [ Tellinula \ incarnata L., ecc.). -32,30-36,50- « Pomice bianca. Un ciottolo arrotondato, del diame¬ tro di cm- 4 circa. Vetro finamente bolloso ed a struttura Jluidale ; porta inclusi cristalli e fram¬ menti ni lavici ». 39.40- 43,00 - Pozzolana rossastra con piccole pomici arrotondate, grigie, frammentini di trachite e di arenaria silicea — 96 — m. ni. alterata, scorie grigio-rossastre, pagliuzze di mica dorata ; Cardium , Ostrea e gasteropodi frammentari, 43,00-45,10 - Pozzolana grigio-rossastra, mista a pomici grigie più numerose e più grandi e a ciottoli arrotondati di calcare. 45,10 - 47,66 - Tufo vulcanico terroso con frammenti di arenaria con- chiglifera, scorie grigio-rossastre, pomici, pagliuzze di mica ecc. 41,00-47 ,04 - « Tufo vulcanico, terroso , cinereo. Contiene conchi¬ glie marine delle quali alcune aìicora col colore naturale : Cardium tuberculatum L. , Venus ovata PEN., Mactra sp. ed altri frammenti indetermina¬ bili ». 47,66- 49,17 - Tufo grigio-rossastro, a grana fina, argilloide , con cristalli di pirosseno e con scarse e minute pomici grigio-chiare. 49,17 -52,85 - Tufo semicoerente grigio-rossastro con scorie e po¬ mici, sanidino e pirosseno. 52.85- 57,68 - Frammenti diversi di rocce vulcaniche (tufo giallo¬ chiaro con pomici gialle, trachite sanidinica , tufo giallo-grigiastro con molte pomici giallo-chiare ecc.) e di rocce sedimentarie (ciottoli calcarei , tufo cal¬ careo con frammenti di conchiglie ecc.). 57,68 - 59,04 - Tufo vulcanico giallo intenso, a grana finissima , con rari cristalli di pirosseno e di sanidino; e argilla marnosa grigio-azzurrognola. 67,40-68,40- « Lava leucitica in piccoli frammenti (diametro 1-3 cm.), bollosa, alterata. Vi si notano por j ir ic amente inclusi cristalli di augite del diametro di 3-5 mm. ». 75,91-78,90 - « Tufo vulcanico , cinereo, terroso ; con visibili ciot- toletti di pomice bianca e piccoli cristallini di augite » . 82,00 - 86,50 - Arenaria marnosa grigio-azzurrognola, fossilifera, con conchiglie in frammenti minuti. Tufo calcareo-ar- gilloso a grana finissima, semicoerente, bianco, con conchiglie di gasteropodi e rari granuli di rocce vulcaniche. 86,50-86,85 - Frammenti di calcare bianco quasi compatto e di scorie grigio-nerastre con cristalli di sanidino e di augite. 86.85- 93,20 - Marna di color cenerognolo chiaro con minuti fram¬ menti di conchiglie di molluschi. — 97 — in. m. 93,20- 95,50 - Tufo calcareo argilloso, cenerognolo chiaro, con ciot- toletti di calcare grigiastro e con frammenti di con¬ chiglie. Un pezzo di tufo vulcanico grigio-rossastro con cristalli di augite. 95,50 - 99,00 - Marna grigio-chiara con frammenti di conchiglie ; pomici grigio-chiare isolate ; frammenti di tufo gial¬ liccio a pomici giallo-verdastre ; sabbia grigia con cristalli rotolati di augite, mica, magnetite e con¬ chiglie di molluschi (Cerithiopsis tubercularis MONT. sp. , Turritella tricarinata Bk. sp. , Nassa \Hima\ varicosa TURT. sp., Venus multilamella Lam. sp., Dentalium vulgare Da Costa ecc.). 99,00- 100,60 - Tufo calcareo - argilloso , cenerognolo chiaro, con scarsi frammenti di conchiglie, minuti ciottoletti di calcare, frammenti di lignite e grosse pomici grigie rotolate. 100.60- 101,42 - Sabbia grigia, media e fina, con frammenti di con¬ chiglie ('Pectunculus, Cardium , Ostrea ecc.), ciottoli calcarei bianchi e giallastri, scorie vulcaniche grigio¬ rossastre ecc. 101,42- 102,92 - Sabbia con pomici rotolate e frammenti di conchiglie. Tufo calcareo giallastro, conchiglifero , con ciotto¬ letti calcarei. 102,92- 106,56 - Tufo calcareo argilloso, grigio-scuro, con frammenti di conchiglie e pagliuzze di mica nera. 107 ,10 -....-« Cenere torbosa, nera, con materiale porniceo bianco. Molti frammenti di conchiglie a guscio sottile, pro¬ babilmente di acc/ua dolce, e placche di Echinus». 117,40- 119,80 - Argilla marnosa grigio-azzurrognola. 119.80- 122,90 - Tufo calcareo-argilloso , grigio-cenere chiaro con grossi frammenti di Ostrea. 120,25-125,00 - « Conchiglie marine con i colori naturali: Venus verrucosa L., Spondylus geoderopus L. ». 122,90 - 125,80 - Tufo calcareo-argilloso, grigio-azzurrognolo, con frammenti minutissimi di conchiglie. 125.80- 126,60 - Sabbia fine, grigia, con molti granuli calcarei, pa¬ gliuzze di mica e frammenti di conchiglie di mol¬ luschi. Un pezzo di tufo vulcanico giallo-verdastro, scoriaceo. 126.60- 128,00 - Argilla marnosa grigio-rossastra, con pagliuzze di mica e frammenti di conchiglie di gasteropodi. - 7 - — 98 — m. m. 128,00-132,70 - «, Argilla plastica, grigio-giallastra ; porta impa¬ stati molti frammenti di conchiglie marine e ciot- toletti di materiali vulcanici, come: lave, augite, mica, ecc. Si potè determinare: Cardium echina- tuin L., Cytheridea subradiosa Roemer, Cytherella punctata BRADY ». 132,70-133,50 - Argilla alquanto sabbiosa con frammenti rotolati di calcare, ciottoletti vulcanici e gasteropodi ( Cerithio - psis tubercularis MONT. sp. , Cerithium sp., ecc.). 133,50 - 145,50 - Arenaria calcareo - argillosa azzurrognola, con pa¬ gliuzze di mica e frammenti minutissimi di con¬ chiglie. 145,50- 147,14 - Tufo calcareo tenero, quasi bianco, a grana finissi¬ ma. Ghiaia prevalentemente calcarea , con pomici grigie e rossastre, frammenti di lava e di conchi¬ glie marine. 147,14 - 149,00 - Sabbia grigia con frammenti di rocce calcaree e vulcaniche. Un grosso pezzo di tufo giallo, con pomici di color giallo-carico e grigio-verdastro. 149,00- 149,40 - Marna sabbiosa grigio-azzurrognola, impastata di conchiglie in piccoli frammenti. 149,40-149,46 - Frammenti di tufo calcareo incrostante, con avanzi di conchiglie e di piante , frammenti di lignite e resti di Scafopodi. 148,76 - 150,79 - « Argilla giallastra, con molti inclusi brecciformi piccolissimi, fra i quali predominano i calcari, la selce e gli elementi vulcanici. Inoltre frammenti riconoscibili di conchiglie marine, spicole di spugne silicee e foraminiferi ». 149,46 — 151,96 - Marna grigio-azzurrognola con pagliuzze di mica. 151,96- 154,71 - Arenaria calcarea, grossolana, giallo-chiara. 154,71 - 155,90 - Arenaria calcarea, come la precedente, ma di colore giallo più scuro, con minuti frammenti di conchi¬ glie. 155,90 - ... - Tufo calcareo-argilloso, a grana fina, quasi bianca. Come i materiali estratti dal pozzo di Marigliano indussero il De Angelis d’Ossat a concludere che un seno marino do¬ vesse estendersi a N-NE dell’antico Vesuvio nell’epoca in cui si depositavano gli strati inferiori ai m. 52, così i campioni pro¬ venienti dal pozzo Paladini di Maddaloni dimostrano che il mare — 99 — in quel tempo si è spinto ancora più a nord e confermano sem¬ pre più l’ipotesi, emessa da vari autori, dell’origine insulare del nostro vulcano. Gli strati inferiori calcarei, arenacei o marnosi, intercalati a straterelli di argille plastiche o sabbiose, contengono infatti numerose conchiglie marine , alcune delle quali ottima¬ mente conservate ed ancora con i colori naturali : ciò che esclu¬ de l’idea di un possibile trasporto. Le forme determinate rive¬ lano in generale un ambiente marino litoraneo, ma non mancano di quelle che attestano una salsedine minore o prediligono ad¬ dirittura gli estuari. Gli inquinamenti posteriori di materiale vul¬ canico non furono tali da far scomparire questa rigogliosa vita di molluschi, ma solo la attenuarono, mentre l'antico fondo ma¬ rino andava sollevandosi e formando una laguna, che a sua volta venne colmata dai materiali alluvionali più recenti. Gli scarsi avanzi di conchiglie marine negli strati più elevati della serie possono non essere in posto. Pozzo presso la vecchia Stazione ferroviaria di Caserta. Serie di saggi completa, conservata nel Gabinetto di Geo¬ logia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli (serie N, n. 1188, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). Il pozzo di cui qui si tratta non va confuso con altra trivellazione, più recentemente eseguita per le Ferrovie dello Stato a Caserta, la quale incontrò, alla profondità di m. 150, una faida acquifera saliente a m. 34 sotto il piano di campagna ‘). m. m. 0- 2,00 - Pozzolana grigio-giallastra con piccole pomici grigio¬ scure. 2,00- 2,60 - Tufo grigio-chiaro tendente al verdiccio, a grana fina. 2,60- 5,15 - Pozzolana giallo-scura parzialmente consolidata in tu¬ fo. con rari cristalli di pirosseno. 5,15- 8,45 - Tufo trachitico giallo-chiaro, con molte pomici di co¬ lor giallo-scuro. ‘) Ruggiero P. — Falde artesiane di Napoli e dintorni. Atti XI Congr. geogr. ital. , voi. II. Napoli, 1930. Di un altro antichissimo pozzo di Caserta diede brevi cenni sir William Hamilton nella sua magnifica opera sui Campi Phlegraei, pubblicata in Napoli nel 1776. Riportiamo integralmente le sue osservazioni, che presentano notevole interesse, data 1’ epoca in cui vennero 100 — m. m. 8,45 - 11,20 11,20-20,09 20,09 - 23,83 23,83 - 36,04 36,04-41,50 41,50-47,05 47,05 - 55,60 Pozzolana grigia, fina, con frammenti di pomici , pa¬ gliuzze di mica e scarsi frammenti di trachite. Sabbia grigia, grossa e media, con frammenti di tufo vulcanico grigio, pomici, trachiti, magnetite, granuli di vetro ialino, ecc. Tufo grigio-rossastro, a grana fina, argilloide, con pa¬ gliuzze di mica e piccole quantità di calcare. Sabbia grigia, grossa e media , con minutissimi fram¬ menti di pomici, mica nera e poca magnetite. Pozzolana grigio-ferro, con scorie e lava trachitica, poche pagliuzze micacee e scarse pomici, per lo più grigio-nerastre. Tufo vulcanico grigio-scuro, incoerente, con sanidino,. mica e magnetite. Pozzolana trachitica grigio-scura tendente al rossastro. 55,60 - 58,97 58,97 - 60,37 60,37 - 63,62 63,62 - 68,48 68,48-70,71 70,71 -75,03 Tufo vulcanico giallo-scuro, a grana fina, con pagliuz¬ ze di mica e cristalli di pirosseno. Tufo vulcanico sciolto, giallo-scuro, con molte pic¬ cole pomici arrotondate e con cristalli di pirosseno. Tufo vulcanico giallo-scuro, a grana fina, duro, con piccole pomici grigie. Pozzolana gialla, fina, con molte pomici arrotondate dello stesso colore. Tufo vulcanico compatto, grigio-chiarissimo, con rare pomici grigiastre. Tufo giallo, con pomici di colore giallo-carico e ver¬ diccio in gran numero. pubblicate : " Ali mois de Janvier 1776, l’Auteur a vu creuser un puits à Ca- serte, près de la maison du Marquis Padernò ; il avoit 123 pieds de profon- deur, et les couches étoient dans l'ordre suivant : Terrein riche et végétable . Terrein végétable mèlé de cendres volcaniques Un tufo brun et dur mèlé de grosses piérres ponces . Un tufo tendre composé de matières volcaniques bien cuites, et de la couleur de cendre . . . . Cendres volcaniques très-fines, et de la mème couleur de la couche de tufo qui les couvre, sous lesquel- les on trouve l’eau . 8 pieds 8 27 ìt 11 30 11 50 Cette circostance confirma l’Auteur dans 1’ opinion où il étoit , quant à l'origine volcanique de toute la piaine, appelée Campagna felice „. 101 m. m. 75,03- 81,31 - 81,31 - 88,04 - 88,04- 90,90 - •90,90- 95,30 - •95,30- 98,82 - 98,82 102,40. 104,19 104,46- 107,52- 102,40 104,19 104,46 107,52 111,03 111,03- 112,58 - 412,58- 112,78 - 112,78 1 18,80 120,62- 118,80 120,62 121,70 .121,70 - 126,69 - Tufo giallo-scuro tendente al verde, duro, ricco di grosse pomici gialle. Tufo giallo con cristalli di sanidino e quasi senza pomici. Tufo argilloso-calcareo, misto ad elementi vulcanici e con numerosi resti di conchiglie frantumate. Sabbia marina giallo-grigiastra, media e fina, mista a piastrelle di calcare, di arenaria e di selce , con granuli vetrosi, cristalli di augite e frammenti di gasteropodi e lamellibranchi. Torba, corallari e molluschi numerosissimi (Clado- cora caespitosa E. H., Nassa reticulata L., Nassa \Hima\ varicosa TURT. sp. , Peratotoma [ Cirillia ] linear is MONT- sp. , Solarium obtusum Bronn, Arca tetragona POLI, Tellina distorta POLI, Telli¬ na [Tellinula\ incarnata L., ecc.). Sabbia grigiastra media e fina, senza ciottoli. Arenaria semicoerente, grigio-scura, calcareo-argil- losa, con molluschi. Frammenti di breccia calcarea grigio-chiara , a ce¬ mento calcareo. Tufo vulcanico giallo, con cristalli di sanidino, mica e scarsi frammenti di conchiglie frantumate. Tufo calcareo quasi bianco, a grana fina, con la¬ mellibranchi ( Cardium [ Parvicardium ] papillosum Poli, ecc.). Sabbia marina, fina e media, calcarea, quasi bianca, mista a rare pagliuzze di mica e a pochissime po¬ mici chiare. Tufo vulcanico giallo-scuro rossiccio, pesante, a grana fina, con cristalli di sanidino e più rari di pirosseno, con argilla. Sabbia marina come la precedente, mescolata a ciot¬ toli calcarei e selciosi e a piastrelle di arenaria. Sabbia come sopra, con molti ciottoli prevalente¬ mente calcarei. Sabbia marina con pagliuzze micacee e vari piros- seni rotolati, oltre a ciottoli angolosi di arenaria calcarea. Tufo vulcanico giallo-chiarissimo tendente al verdino, a grana fina, con pirosseni. 102 — m. m. 126,69-128,66 - Sabbia marina calcarea, con vetro ialino e mica. 128,66-131,71 - Sabbia marina media e grossa, giallo-grigiastra, cori rari frammenti di tufo, cristalli di augite, mica, ecc^ 131,71 - 133,68 - Sabbia come la precedente, con piastrelle calcaree bianche. 133,68- 144,65 - Sabbia fina, calcarea, grigia, con pagliuzze di mica,. parzialmente consolidata in arenaria argilloso-mi- cacea. 144,65- 145,15 - Argilla marnosa grigio-scura, conchiglifera ( Bittium reticulatum DA COSTA sp., Raphitoma brachistoma PHIL. sp. , Cardiuw [ Parvicardium ] papillosum- Poli, ecc.). 145.15- 146,27 - Argilla marnosa come la precedente, meno ricca di avanzi organici. 146,27 - 147,50 - Argilla marnosa grigio-verdastra, con pochi avanzi' di molluschi. 147,50- 150,09 - Sabbia fine grigio-verdastra, calcarea, con pochi ma¬ teriali vulcanici. 150,09- 150,86 - Tufo calcareo bianco-gialliccio, a grana fina, con minuti ciottolini calcarei e con frammenti di con¬ chiglie. 150,86- 154,00 - Tufo calcareo come il precedente. 154,00- 156,21 - Frammenti angolosi di calcare e sabbia calcarea giallo-chiara, parzialmente cementati in una breccia calcarea con frammenti di conchiglie. 156,21 - 159,19 - Sabbia mista giallo-chiara, prevalentemente calcarea, con scarsi granuli vetrosi e con pagliuzze di mica. Qualche frammento di conchiglie. 159.19- 161,15 - Sabbia mista, giallo-scura, terrosa, calcarea, con scarsi residui vulcanici. 161.15- 163,80 -7 Sabbia mista giallo-chiara, molto ricca in conchiglie,. più o meno frammentate, di molluschi (Cardium [ P amicar dinm\ papillosum POLI , Cardium [ Par - vicardium ] minimum Phil. , Bittium reticulatum Da Costa sp., ecc.). 163,80- 164,32 - Marna grigio-rossiccia, con molti frammenti di con¬ chiglie. 164,32 - 167,72 - Sabbia mista, in prevalenza calcarea, a piccoli ga¬ steropodi e lamellibranchi. 167,72-169,20 - Argilla sabbiosa, di colore grigio. 169.20- 169,32 - Calcare giallo-rossiccio, concrezionato. 103 — m. m. 169,32- 173,25 173,25- 175,03 175,03- 175,40 175,40- 176,48 Tufo marnoso quasi bianco o giallo-chiarissimo , a venature azzurrognole. Sabbia grigia mista, con principio di consolidamento in arenaria calcarea e con frammenti di torba. Sabbia fina vulcanica mista a cenere , grigio-rossa¬ stra, con granuli ialini. Sabbia media e fina, marina, grigia, prevalentemente calcarea e in via di cementazione in arenaria , con pochi granuli di vetro ialino e verde e con scarsi ciottolini di arenaria grigia. La serie di prodotti esaminati riproduce, nei suoi tratti es¬ senziali, la successione già descritta per il pozzo di Maddaloni, con la differenza che nel tratto da 110 a 130 m. di profondità qui predominano materiali detritici grossolani , mentre in quel sondaggio prevalevano sabbie fine ed argille, e con l'altra carat¬ teristica che gli strati superficiali , fino agli 88 m. circa, non contengono avanzi di conchiglie. Queste due differenze stanno a denotare, nei confronti del sondaggio Paladini, che il pozza di Caserta era più vicino alla spiaggia d’allora (ciò che è d’altra parte confermato dal considerevole spessore raggiunto dalle con¬ chiglie di Cardium degli strati inferiori), e che la colmatura del bacino avvenne prima in questo, che in quello. Anche nella per¬ forazione di Caserta i caratteri dei molluschi e la presenza di straterelli torbosi dimostrano , che durante il sollevamento del bacino, prima della sua completa colmatura , si attraversò una stadio di laguna, a comunicazione discontinua col mare. Pozzo del Trivio al Portico di Caserta (frazione di Casalba). Serie di 32 saggi , conservati nel Museo di Geologia della R. Università di Napoli (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget). m. m. 0 - 1,00 - Terreno vegetale. 1,00- 2,90 - Pozzolana di colore giallo-carico con scarse pomici e qualche piccolo frammento di tufo. 2,90- 6,60 - Tufo vulcanico grigio-chiaro in frammenti, con fre¬ quenti pomici grigie e bianche. 104 — m . m . 6.60- 8,58 - Sabbia vulcanica, media e grossa, con frequenti granuli vetrosi, lapilli, frammenti tufacei, pezzi di trachite scoriacea ecc. 8,58 - 23,60 - Pozzolana grigio-rossastra contenente frammenti ango¬ losi e arrotondati di rocce trachitiche. 23.60- 26,61 - Sabbia vulcanica, media e grossa, con piccoli lapilli, granuli di quarzo e di feldispato, pagliuzze di bio- tite, scarse pomici ecc. 26,61 -26,72 - Frammenti di rocce vulcaniche diverse, prevalentemente trachitiche. 26,72-30,02 - Tufo vulcanico bigio in masse compatte. 30,02-38,40 - Tufo vulcanico bigio semicoerente, con frammenti di tufo alterato bianco-gialliccio, friabile, e numerose pomici grigio-chiare. 38,40-41,45 - Ceneri vulcaniche grigio-rossastre, mescolate a granuli vetrosi, frammenti di tufo, pomici ecc. 41,45- 42,20 - Tufo vulcanico quasi bianco in massa, con cemento calcareo. 42,20-47,90 - Sabbia vulcanica mista a minuti ciottoletti, cristalli di feldispato, di augite ecc., con frammenti di zoantari e di conchiglie di molluschi. 47,90-60,50 - Argilla grigio-azzurrognola. 60,50-61,55 - Tufo vulcanico friabile, grigio-rossastro, inquinato di argilla e con frammenti di conchiglie di bivalvi. 61,55- 71,70 - Tufo vulcanico friabile, grigio-oscuro; sabbia vulca¬ nica grossa, frammenti di ciottoli silicei e di li¬ gnite, pomici grigie e avanzi di piccoli gasteropodi, lamellibranchi ecc. 7 1 ,70 — SI ,30 - Caolino, con frammenti di arenaria vulcanica e di tufo bianchiccio alterato. 81,30-85,09 - Sabbia fina, con frequenti pagliuzze di mica bianca e nera e minuti frammenti di conchiglie. 85,09-95,76 - Argilla grigio-azzurrognola. 95,76-96,57 - Ghiaia calcarea, costituita da frammenti di carbonato di calcio incrostante. 96,57-97,87 - Frammenti di tufo vulcanico con sostanze carboniose. 97,87 -98,37 - Argilla azzurrognola, con tracce di lignite. 98,37-99,25 - Tufo vulcanico grigio-oscuro, semicoerente, sabbioso. 99,25-101,15 - Sabbia vulcanica conchiglifera , mista a ciottoli cal¬ carei. — 105 — m. m. 101,15- 102,35 102,35- 103,00 103,00- 103, S5 103,85- 104,45 104,45- 104,95 104,95- 108,00 108,00- 111,50 111,50- 113,00 Argilla di colore grigio-azzurrognolo chiaro. Argilla grigia con frammenti di conchiglie. Tufo argilloide grigio-cenere. Tufo grigio sabbioso, argilloide, con frammenti di conchiglie. Tufo argilloide nero, bituminoso, con scarsi resti di conchiglie. Tufo argilloide grigio-cenere. Sabbia vulcanica sottile, con frammenti di molluschi e scarse pomici. Sabbia vulcanica conchiglifera, più fina della prece¬ dente, con frequenti laminette di mica. Salvo piccole differenze di carattere locale , la successione di prodotti riscontrati in questa trivellazione è essenzialmente quella stessa indicata per il pozzo della vecchia stazione di Ca¬ serta. Argille e tufi argilloidi più frequenti sono verosimilmente collegati con una più avanzata alterazione dei prodotti vulcanici, .alla quale non dovettero essere estranee acque calcarifere ; avanzi di celenterati e di molluschi si trovano , oltre che negli strati •inferiori, fino a 42 m. dal piano di campagna. In questa località il bacino di mare dovè pertanto colmarsi più tardivamente che dov’è l’attuale Caserta. Pozzo della Porta Vetere a Caiazzo (Benevento). Di questa perforazione esistono due serie di campioni : l’una, incompleta (dal suolo a m. 55) , appartenente al Gabinetto di di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli •(serie N, n. 1189, dono prof. G. Bruno, luglio 1900); l’altra, completa (dal suolo a m. 90 circa), conservata nel Museo geo¬ logico dell’ Università di Napoli (Inv. 1870, serie II, n. 3329- 4181, dono ing. A. Mauget). in. m. 0 - 1,30 - Terreno di riporto e pozzolana terrosa grigia con po¬ che pomici chiare e frammenti arrotondati di tufo trachitico. 1,30- o,00 - Puddinga verdastra, costituita da ciottoli calcarei e si¬ licei minuti, riuniti da cemento calcareo. 106 — m. m. 6,00- 10,40 - La stessa puddinga, con ciottoli più grossi e pagliuz¬ ze di mica, passante inferiormente , per riduzione dei suoi componenti, ad arenaria. 1 0,40 - 1 2,30 - Arenaria calcareo-argillosa, grigio-verdiccia , passante superiormente a conglomerato. 12,30- 14,90 - Arenaria marnosa come la precedente, grigio-verdic¬ cia, a grana più fina. 14.90- 20,00 - Arenaria calcarea, con ciottoli di calcare bianco e particelle di quarzo. 20,00 - 34,60 - Arenaria grigia a grana fina, con pagliuzze di mica~ 34,60-36,45 - Calcare compatto, grigio-cenerognolo, con vene di calcite bianca. 36,45-37,70 - Sabbia grigio-verdiccia, parzialmente consolidata in arenaria affine alle precedenti. 37.70- 39,20 - Marna grigio-azzurrognola, sabbiosa, con ciottoletti calcarei, ove più, ove meno abbondanti, e con gra¬ nuli silicei. 39.20 - 39,90 - Marna come sopra, passante ad arenaria. 39.90- 41,05 - Marna grigio-azzurrognola, con ciottolini quarzosi e pochi frammenti calcarei. 41,05-42,35 - Argilla marnosa grigio-azzurrognola, con inclusi fram¬ menti angolosi di arenaria quarzosa grigio-verdastra. 42,35-44,10 - Frammenti angolosi di arenaria quarzosa c. s. e di conglomerato. 44.10- 44,80 - Argilla marnosa grigio-azzurrognola. 44.80- 49,20 - Arenaria silicea grigio-verdognola in frammenti, rotti probabilmente dalla trivella. 49.20 - 49,50 - Argilla marnosa grigio-azzurrognola. 49.50- 51,10 - Frammenti di arenaria quarzoso-micacea simile a quella precedente. 51.10- 52,35 - Sabbia grossa e media, calcarea e silicea, con scarsi ciottolini di arenaria e di calcare. 52,35 - 53,50 - Argilla marnosa grigio-azzurrognola. 53.50- 55,00 - Arenaria quarzoso-micacea, grigio-verdastra, come le precedenti. 55,00 -56,90 - Marna grigio-azzurrognola. 56.90- 59,70 - Arenaria quarzoso-micacea a cemento calcareo. 59.70- 60,80 - Arenaria simile alla precedente. 60.80- 61,50 - Marna sabbiosa grigio-azzurrognola. — 107 — m. m. 61,50-66,90 66,90 - 68,70 68.70 - 73,70 73.70 - 80,00 80,00 - 89,60 89,60 - . Arenaria quarzoso-micacea , come le precedenti , in frammenti più o meno minuti. Marna sabbiosa, grigio-azzurrognola , con frammenti di calcare e di arenaria. Arenaria a cemento calcareo, come le precedenti. Sabbia e ciottoli di arenaria simile a quella sovrastante. Marna sabbiosa come sopra, con piccoli frammenti di arenaria. Sabbia con ciottoli di arenaria, come sopra. Sotto un tenue velo di pozzolane trachitiche miste a sabbie terrose dilavate, ed un successivo manto di depositi litoranei,, sabbioso-ghiaiosi, dell' Olocene, appaiono sviluppate delle for¬ mazioni marnoso - argillose grigio - azzurrognole , le quali, pur richiamando per alcuni caratteri il Pliocene superiore lacustre, cioè il Viliafranchiano, è più probabile che spettino al Pleistocene, per la connessione e l’ alternanza che presentano con i tipici depositi diluviali. Sondaggio della Scafa di Caiazzo, a Qradillo, sulla riva destra del Volturno. Serie di otto campioni conservati nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ Ingegneria di Napoli (serie N, n. 1190,. dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 0 - 2,00 2,00- 2,85 2,85- 4,80 4,80- 7,67 Sabbia alluvionale media e fina, di colore giallo-scuro, mista a ciottolini , di varie dimensioni , di calcare bianco e grigiastro. Arenaria gialla, marnoso-micacea, a grana fina. Arenaria giallo-scura, marnoso-micacea. Sabbia alluvionale, giallo-scura , con molti granuli di vetro ialino e verde, con pagliuzze di mica e con scarsi frammenti calcarei. 7,97-10,15 - Sabbia come sopra, parzialmente consolidata in arena¬ ria da cemento calcareo. 10,15-12,00 - Arenaria semicoerente, giallo-bruna, con frammenti calcarei arrotondati, frantumi di conchiglie di la- mellibranchi ccc. 108 — m. m. 12,00-15,00 - Arenaria semicoerente, di colore grigio-giallastro bru¬ no, micacea, a cemento calcareo. 15,00-16,00 - Arenaria semicoerente, giallastro-bruna , come la pre¬ cedente, con inclusi ciottoli arrotondati di diversa grandezza e colore, calcarei e silicei , e frammenti arrotondati di un’arenaria ferruginosa, intensamente colorata in rosso. La breve perforazione ha intaccato soltanto i depositi are¬ nacei ed argillosi quaternari, forse soltanto olocenici o in piccola parte anche pleistocenici, commisti a scarsi elementi vulcanici asportati dai monti vicini e in gran parte ridepositati sui piani alluvionali insieme con sabbie terrose, limi impuri ecc. Pozzo di S. Angelo d’ Alife (Benevento). Breve serie di nove saggi, conservati nel Gabinetto di Geo¬ logia applicata della R. Scuola d' Ingegneria di Napoli (serie N, n. 1191, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 0 - 1,50 1,50- 3,00 3,00- 4,60 4,60- 5,00 5,00 - 6,20 6,20-14,40 14,40-22,60 22,60 - 23,50 23,50 - . Terra argilloso-calcarea , con frammenti angolosi di calcare bianco. Argilla marnosa, grigio-verdastra chiara, variegata. Argilla marnosa, giallo-verdastra, micacea. Argilla marnosa grigio-chiara. Argilla marnosa grigio-azzurrognola. Argilla plastica grigia. Argilla marnosa grigia in frammenti. Calcare roseo-chiaro, compatto, a frattura quasi con¬ coide. Argilla marnosa grigio-azzurrognola. Il breve sondaggio incise i depositi argillosi grigiastri del Quaternario inferiore, incontrando al disotto un sottile strato di calcare rosato, a grana fina e a frattura quasi concoide. Pozzo del Parco Quartone, a Cancello ed Arnone (Napoli). Perforazione eseguita nella proprietà della marchesa Maria Saluzzo e documentata da una serie di 16 campioni, conservati 109 - nel Museo geologico dell'Università di Napoli (Inv. 1870, serie li, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget). Ne diede incidental¬ mente brevi cenni il Ferrerò, il quale ricorda che Io scavo, ri¬ montante al 1872, si suole anche comunemente indicare col nome del principe di Lequile, e che l'acqua rinvenuta, zampillante un¬ dici anni dopo la perforazione a m. 1,25 sul piano di campagna,, aveva una portata di litri 3,232 al secondo 1). m. m. 4,00- 6,80 6,80- 7,85 7,85- 9,00 9,00- 14,80 14,80-22,80 22,80-23,30 23,30-23,50 23.50 - 27,50 27.50 - 29,00 29,00 - 40,00 40,00 - 46,40 46,40-47,20 47,20 - 53,50 53,50 - 56,50 Argilla azzurrognola variegata. Sabbia grigia, fina , con granuli calcarei e prodotti vulcanici, fra cui scarsi elementi vetrosi e pagliuzze di mica. Argilla sabbiosa grigio-verdastra, micacea. Materiale torboso. Tufo vulcanico sciolto, grigio-scuro a nerastro, trachi- tico, con laminette di biotite e con scorie più o meno grosse, di colore grigio-nero, a cristallini ta¬ bulari di feldispato vitreo. Tufo vulcanico sciolto, misto a ciottoletti e a piccole scorie, con cristalli di augite, granuli di magnetite, lamine di biotite, ecc. Argilla sabbiosa, grigio-verdastra. Argilla sabbiosa, grigio-giallastra, mista a ciottoletti ed inquinata di prodotti vulcanici. Lapilli misti a frammenti tufacei e a sabbia grossolana. Sabbia fina, giallo-verdiccia, con cristalli di augite e di feldispato, laminette di mica, piccole pomici, e con frammenti di conchiglie di Ostren e più rari avanzi di foraminiferi (Globigerina, Truncatulina, Pulvinulina , Rotalia). Sabbia fina come la precedente , ma di colore gial¬ lastro. Sabbia media e fina, con piccole pomici rotolate bian¬ che e grigie e frammenti di scorie nere. Marna grigia, ricca di pagliuzze micacee. Marna inquinata di prodotti vulcanici e passante a tufo argilioide di color bigio-rossastro. 4) Ferrerò L. O. — Escursione agraria annuale cogli alunni dell' Ist. tecnico Garibaldi di Caserta. Caserta, 1883. HO — ni . m . 56,50-62,70 - Argilla azzurrognola. 62,70-66,00 - Sabbia poligenica, media e grossa, con frammenti di carbonato di calcio incrostante, ciottoli vulcanici, pomici rotolate, frammenti tufacei e calcarei , con¬ glomerato vulcanico, conchiglie numerose (Tnrri- tella tricarinata Br. sp., Triphora perversa L. sp., Odontostoma conoidea Br. sp. , Aclis supr anitida WOOD sp., Cardimi i tnberculatum L. l), Cardimi! [Parvicardimn\ papillosmn Poli, ecc.) e frammenti di piastre di echini. 66,00- . - Lava grigio-scura a chiazze nere, a struttura preva= lentemente fluidale, trachitica, con cristalli tabulari di sanidino e piccoli cristallini nerastri di augite. Agli strati superficiali di argille e di sabbie , con piccole intercalazioni di materiale torboso, succedono verso il basso, in questa interessante trivellazione, terreni inquinati di prodotti vul¬ canici o nettamente eruttivi, e cioè strati tufacei e lava trachitica nerastra. Quest’ ultima corrisponde nei suoi caratteri al banco orizzontale che fu rinvenuto nel 1915, durante i lavori per la costruzione del ponte ferroviario di Cancello ed Arnone sulla linea Roma- Napoli e descritto dal Panichi 3). Pozzo del Tumolo, in Cancello ed Arnone (Napoli). Di questa trivellazione il Museo geologico di Napoli non possiede un campionario completo , essendo i saggi conservati appartenenti soltanto alla parte profonda del perforo. Non può pertanto istituirsi un efficace confronto con il vicino pozzo del parco Quartone e mancano dati per stabilire se il banco di lava rinvenuto a breve profondità a S. O. di Cancello, nelle fonda¬ zioni del ponte ferroviario sul Volturno, e poi ritrovato pure più *) Le conchiglie di Cardium tuberculatum L. sono notevoli per il loro spessore e per il maggior peso : ciò che, insieme con la ornamentazione più grossolana e con la graduale scomparsa dei tubercoli , indica verosimilmente la var. mutica (B. D. D.) e la facies litorale del deposito. -') Panichi U. — Ricerche petrografiche su la regione Aurttnca ( vulcano di Roccamonfina), pag. 70. Mem. Soc. it. d. Se. (detta dei XL), ser. 3a, voi. XXII. Roma, 1922, Ili a N. O., ma a maggiore profondità, nel pozzo del Parco Quar¬ tane, giunga alla contrada del Tumolo ‘). m. m. 61,00-63,00 63,00 - 68,00 68,00 - 69,04 69,04-71,80 71,80-73,35 Sabbia grigio-verdastra, media e fina, con piccole po¬ mici trachitiche bianche e grigie , cristalli di sani- dino, Iaminette di biotite ed avanzi di molluschi ( Turritella tricarinata BR. sp., Tellina [ Moerella ] donacina L., ecc.) Argilla azzurrognola, frammenti di marna compatta e conchiglie di gasteropodi ( Cerithium [ Thericium ] vulgatum Brugn., Triphora perversa L. sp., ecc.). Argilla azzurrognola con numerosi frammenti di con¬ chiglie ( Cardium edule L., Cardium [ Paruicardium ] roseum Lam., ecc.). Argilla grigio-chiara. Sabbia grigio-verdastra, fina , con minuti frantumi di conchiglie, pagliuzze di mica, granuli feldispatici ecc. 73,35-73,75 - Sabbia media e fina, un po’ più chiara della prece¬ dente e più ricca di detriti di conchiglie e di fora- miniferi (Rotalia, Truncatulina , Textularia, Buli- mina, Discorbina, Cristellaria, ecc.). 73,75-76,41 - Sabbia come sopra, con poche piccole pomici trachi¬ tiche e con numerose laminette di mica. Fra gli avanzi organici rinvenuti in questo strato : Rotalia communis d’Orb., Rotalia Beccava L. sp. , ecc.). Numerosi frammenti di arenaria micacea rosso¬ bruna. 76,41 -80,42 - Sabbia fina, micacea, con frammenti di arenaria ros¬ siccia e con foraminiferi ( Rotalia Soldanii D’ORB., sp., Truncatulina lobati! la W. e J. sp., ecc.). 80,42-80,72 - Arenaria micacea rosso-bruna, simile a quella incon¬ trata nello strato 73,75-76,41. *) Pochi chilometri ad ovest di Cancello ed Anione, nella pianura alluvio¬ nale del basso Volturno, e precisamente nelle regioni Mazzafarro, Mazzasette e Trebbetiello, vennero recentemente eseguiti alcuni sondaggi , promossi da •quel Consorzio di Bonifica e riportati nel pregevole lavoro del prof. Ippolito (La bonifica idraulica in destra del Volturno, pag. 127-129, fig. 14. Napoli, 1930), i quali peraltro non attraversarono che i terreni superficiali della co¬ noide deltizia (argilla verdognola, torba, argille fangose con detriti di conchi¬ glie marine e sabbia grossa, ricca di quarzo) : in tutto una diecina di metri di spessore verticale, di cui poco meno di nove sotto il livello del mare. 112 - m. m. 80,72 - 82,50 82,50 - 84,00 84,00 - 84,24 84,24 - 94,00 94,00-97,15 Sabbia fina, grigio-verdastra, micacea, con scarse po- micette trachitiche e pochi foraminiferi ( Rotalict Beccarii L. sp.). Sabbia un po' più chiara e più grossolana delle pre¬ cedenti. Arenaria micacea grigio-rossastra. Argilla grigio-azzurrognola. Sabbia grigio-verdastra, fina, con scarsissime pomici rotolate molto minute, con molte laminette micacee e con avanzi di Truncatulina reticulata CZJZEK sp.^ Tellina ( Moereda ) pusilla Phil., Cardium (Parvi- cardium ) minimum PHIL., Dentalium ( Ardale ) va¬ riabile DESH., ecc. Gli strati di argille e sabbie fossilifere attraversati da questa perforazione, alternati a piccoli straterelli di arenaria micacea,, presentano già ad intervalli minute pomici trachitiche ed altri scarsi materiali vulcanici di origine flegrea : ciò conferma 1’ età relativamente recente della formazione, dimostrata dall’ esame degli avanzi organici appartenenti tutti a specie viventi. Pozzo della valle d’ Itri (Gaeta). Dieci campioni, appartenenti al Gabinetto di Geologia ap¬ plicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1193,. dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m . m . 0, - 2,00 2,00 4,50 5,00- 5,33 7,00 10,00 14,00 - 20,00 ■ 24,00 - 4,50 ■ 5,00 5,33 ■ 7,00 10,00 14,00 20,00 24,00 25,00 Terra argilloso-ocracea, giallo-rossiccia, con pagliuzze di mica. Argilla di colore marrone scuro a nerastro. Argilla sabbiosa grigio-gialliccia. Terra rossa. Argilla ocracea, color terra di Siena. Ocra giallo-rossiccia. Argilla rosso-bruna. Argilla di colore rosso più bruno della precedente. Argilla giallo-verdina, a venature rosse. Argilla come la precedente , a venature rosse più ab¬ bondanti. 113 — La breve perforazione attraversò soltanto depositi terroso- argillosi, ferruginosi, prevalentemente rossicci, che spettano al Quaternario, in parte al Pleistocene ed in parte ancora più no¬ tevole al principio dell’Olocene. Sondaggi di Avellino, eseguiti per conto del Comune. Due serie di quattro campioni ciascuna rappresentano due diversi sondaggi eseguiti in Avellino per conto del Municipio. I saggi appartengono al Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli (serie N, n. 1195, dono prof. G. Bruno, luglio 1900). m. m. 0 - 3,00 3,00- 8,00 8,00- 9,10 9,10- 12,00 A) Primo pozzo. Tufo trachitico grigio. Pozzolana grigio-nerastra, con piccole pomici, cristalli di pirosseno, frammenti di vetro ialino ecc. Argilla marnosa giallo-chiara, con inclusi vulcanici mi¬ nuti, fra cui cristalli di pirosseno, di feldispati ecc. Frammenti di arenaria silicea grigio-giallastra, di cal¬ care marnoso e di calcare silicifero giallo-verdastro. B) Secondo pozzo. m. in. 2 - 8,10 - Tufo trachitico grigio, semicoerente, con pomici grigio¬ scure e con minuti cristalli sanidinici. 8,10- 9,50 - Argilla giallo-scura tendente al marrone, che cementa frammenti vulcanici e sedimentari diversi (pezzi di tufo, pagliuzze di mica, calcari, ciottoli di arena¬ ria ecc.). 9,50 - 10,20 - Argilla giallo-bruna a venature verdastre. 10,20- 11,50 - Tufo vulcanico giallo-scuro con intercalazione di stra- terelli giallo-chiari, e con inclusi frammenti di ar¬ gilla marnosa giallastra. Le due serie di saggi sono troppo scarse per giungere ad induzioni di qualche utilità, non conoscendosi, sotto al mantello trachitico di colore grigio, che qualche strato argilloso pure in¬ quinato di materiale vulcanico e frammenti di calcare e di are¬ narie terziarie, di età non bene precisata. - s - 114 - Pozzo di Ischia del Prete in Avellino. Di questa perforazione — che nella raccolta della Scuola di Ingegneria di Napoli è distinta col nome di " Primo sondaggio di Ischia del Prete in Avellino „ , benché non ci siano campioni di altri pozzi della stessa località — si conservano i 13 saggi ap¬ presso elencati (serie N, n. 1200, dono prof. G. Bruno, luglio 1900), esistenti pure nel Museo geologico universitario (Inv. 1870, serie II, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget). m. m. 0- 7,63 7,63 - 8,05 8,05- 9,02 9,02- 10,52 10,52 - 11,42 11,42- 12,10 12.10- 13,95 13,95- 15,35 15,35- 16,10 16.10- 18,37 18,37 - 20,25 20,25-21,50 21,50-22,00 Tufo trachitico grigio a pomici piccole e numerose, di colore grigio-scuro o verdastro. Tufo vulcanico giallo-chiaro, con scarse pomici e ab¬ bondanti cristalli di pirosseno. Strato di pomici trachitiche giallo-chiare o grigio¬ chiare, alquanto rotolate, con più rari frammenti di tufo giallo. Tufo vulcanico giallo-scuro tendente al marrone, con pagliuzze di mica e cristalli di sanidino. Arenaria argilloso-micacea , di colore verde-chiaro, semicoerente, con inclusi di arenaria verde più con¬ sistente, di calcare e di selce. Argilla di color verde-chiaro. Argilla marnosa grigia, con ciottoli inclusi di calcite cristallina, selce, calcare e arenaria verde. Calcare compatto, di color grigio-chiaro. Argilla marnosa, grigio-chiara, con ciottoli inclusi di calcare e frammenti di calcite spatica. Calcare compatto grigio-chiaro, come sopra. Argilla marnosa, di colore grigio-chiaro. Argilla marnosa, giallo-scura. Argilla marnosa, giallo-scura, sabbioso-micacea. Dei 22 metri di questa perforazione , la metà circa è rap¬ presentata da depositi vulcanici di natura trachitica , superior¬ mente grigi ed inferiormente gialli , e l'altra metà da strati di arenarie ed argille marnose alternantisi con altri di calcare com¬ patto grigio-chiaro. 115 Pozzo di San Bartolomeo, frazione di Montoro inferiore (Avellino). Collezione di 66 campioni, conservati nel Museo di geologia dell'Università di Napoli (Inv. 1870, serie 11, n. 3329-4181, dono ing. A. Mauget). m. m. 0,65- 1,05 - Terreno vegetale. 1,05- 1,85 - Sabbia grossolana e ciottoli arrotondati, prevalente¬ mente calcarei. 1.85- 2,55 - Pozzolana terrosa, argilloide, giallo-scura, con piccoli frammenti calcarei. 2,55- 3,25 - Pozzolana terrosa, argilloide, polverulenta, con inclusi di conglomerato bianco-grigiastro, semicoerente, ri¬ sultante dall’impasto di granuli di quarzo e di cal¬ care, da frammenti di schisto bruno bituminoso ecc., con cemento calcareo. 3,25 - 5,35 - Conglomerato vulcanico , bianco-grigiastro , ricco di piccole pomici, con inclusi di calcare dolomitico leggermente bituminoso, a piccole vene di calcite spatica. 5,35 - 6,60 - Strato di piccole pomici bianche e bianco-grigiastre, miste a pozzolana. 6,b0 - 9,30 - Pozzolana terrosa, argilloide, di colore giallo-scuro, . con rare pomici bianche. 9,30- 11,20 - Ciottoli di calcare compatto bianco-grigiastro, gene¬ ralmente arrotondati. 11,20- 12,00 - Pozzolana terrosa, argilloide, di colore gialliccio. 12,00- 12,60 - Pozzolana terrosa, argilloide, polverulenta, gialliccia, con piccole pomici. 12,60- 13,00 - Pozzolana terrosa, bigio-giallognola, ricca di minute pomici rotolate e con laminette di mica. 13,00- 13,85 - Pozzolana terrosa come la precedente, di colore grigio. 13.85- 14,50 - Pozzolana semicoerente, di color grigio, contenente blocchi di marna sabbiosa grigio-verdastra. 14,50-17,10 - Ciottoli grossi e arrotondati di calcare compatto. 17,10-17,40 - Pozzolana terrosa, argilloide, giallognola, ricca di po¬ mici. 17,40- 17,67 - Ciottoli arrotondati di calcare compatto bianco-gri¬ giastro. 17,67 - 17,90 - Pozzolana argilloide, giallo-rossiccia, ricca di lami¬ nette di biotite. — 116 — 17,90 38,00 42,10 43.50 43.95 47,78- 48,88- 51,00 - 51.50 - 53,70 - 55.82 - 59.82 - 74,73 - 75,49 - 77,40 - 78,00 - 78,25 - 78.95 - 79,43 - 82,69 - 83,09 - 89,67 - 90,64 - 90,94 - m. 38,00 - Tufo grigio campano tipico, sonoro, con piccole po¬ mici filamentose nere e geodi fluorifere , simile a quello di Fiano. 42,10 - Lo stesso tufo, un po’ più ricco di pomici e scorie nerastre. 43.50 - Tufo campano a piccole scorie nere, alcune delle quali con evidente struttura eutassitica (pipernoide). 43.95 - Tufo vulcanico bianco-grigiastro con piccole scorie nere. 47,78 - Tufo gialliccio argilloide, inquinato di materiali vul¬ canici. 48,88 - Argilla sabbioso-micacea, di colore bigio— gialliccio . 51,00 - Argilla giallo-bruna, mescolata a piccoli ciottoli e a sostanze pirolegnose. 51.50 - Argilla come la precedente, mista a ciottoli calcarei arrotondati di varia grandezza. 53,70 - Argilla sabbioso-micacea, di colore giallo-rossiccio. 55.82 - Argilla come la precedente , ma di colore giallo¬ bruno. 59.82 - Argilla ancora più scura delle precedenti. 74,73 - Argilla giallo-rossiccia, ocracea, gradatamente più ricca di ciottoli calcarei verso il basso. 75,49 - Frammenti di calcare compatto , grigio e bruno , a frattura quasi concoide. 77.40 - Argilla ocracea di colore rossiccio. 78,00 - Ocra gialla. 78,25 - Calcare compatto simile a quello sovrastante- 78.95 - Argilla gialliccia, sabbioso-micacea. 79,43 - Frammenti di calcare compatto alquanto bituminoso^ 82,69 - Argilla sabbioso-micacea, gialliccia, simile alla pre¬ cedente. 83,09 - Frammenti di calcare compatto bianco-grigiastro e bruno, bituminoso. 89,67 - Argilla rossiccia, sabbioso-micacea. 90,64 - Frammenti di calcare bianco-grigiastro e bruno, bi¬ tuminoso. 90,94 - Argilla rossiccia, sabbioso-micacea, ricca di fram¬ menti calcarei di varie dimensioni. 91.40 - Frammenti di calcare simili ai precedenti. 117 in. m. 91,40- 92,30 92,30- 94,45 94,45- 96,96 96,96- 102,60 102.60- 103,40 103,40- 105,60 105.60- 133,24 133,24- 133,94 133,94- 138,82 138,82- 139,21 139,21 - 140,07 140,07 - 141,12 141,12-141,46 -141,46- 142,04 142,04- 143,80 143,80- 144,10 - Argilla giallo-rossiccia, con ciottoletti calcarei , co¬ me sopra. - Frammenti di calcare bianco e grigio, bituminoso. - Argilla sabbioso-micacea, rossiccia, con piccoli ciot¬ toletti calcarei. - Argilla sabbiosa, gialliccia, con molti frammenti di calcare. - La stessa, di colore giallo-chiarissimo. - Argilla sabbioso-micacea, giallo-rossiccia, con scarsi frammenti calcarei. - Calcare compatto, grigio-bruno, leggermente bitu minoso. - Sabbia fina, bianco-grigiastra, di natura prevalente¬ mente calcarea. - Calcare grigio con vene di calcite spatica. - Sabbia fina come la precedente. - Calcare grigio in frammenti. - Sabbia come quella sovrastante. - Frammenti di calcare grigio simile a quello prece¬ dente. - Sabbia come sopra. - Calcare grigio-bituminoso con piccole venuzze di calcite spatica. - Sabbia calcarea, media e fina, biancastra. Gli strati inferiori di questa trivellazione, costituiti esclusiva- mente da rocce sedimentarie da m. 144 fino a m. 48 dal piano di campagna (calcari ed argille), cominciano ad essere inquinati da prodotti vulcanici da quest’ultima quota. Sono le prime con¬ flagrazioni flegree che lanciano neH’avellinese le ceneri, le scorie e le pomici giallastre e grigie, le quali dovranno costituire i primi tufi giallicci e gli spessi banchi di tufo campano , potenti più di 26 m. ; e successivamente anche le altre eruzioni esplosive, man mano meno importanti , a cui si devono le pozzolane e i tufi più superficiali, giallognoli e grigi , più o meno alterati e misti con i ciottoli calcarei, erosi e trasportati dalle montagne vicine. 118 — Pozzo di Barizzo, sulle sponde del Seie. Questa trivellazione , eseguita a Barizzo, presso la stazione di Albanella, sulla linea Battipaglia-Paestum. nella proprietà del barone Ricciardi, a 100 metri dal Seie, è documentata da una collezione di 14 saggi, donati al Museo geologico deU’Università di Napoli dalla ditta Salvatore de Luca & C. di Napoli, costrut¬ trice del pozzo artesiano. m. m. 0- 0,50 0,50- 1,50 1.50- 2,50 2.50- 4,50 4.50- 5,50 5,50 - 12,50 12,50- 13,30 13,30-31,60 31,60-32,20 32,20 - 32,80 32,80-34,10 34,10- 37,80 37,80 - 38,20 38,20-42,10 Argilla giallo-grigiastra. Argilla variegata grigia con pagliuzze di mica. Argilla grigio-giallastra alquanto sabbiosa. Arenaria calcareo-micacea a cemento argilloso. Argilla grigio-scura. Argilla grigia con pagliuzze di mica e foraminiferi. Sabbia media e grossa, costituita prevalentemente da granuli calcarei arrotondati, con più scarsi elementi silicei e frammenti di materiale torboso. Strato acquifero. Argilla grigia, inquinata da minuti ciottoletti calcarei.. Argilla grigio-scura, alquanto sabbiosa. Argilla sabbiosa grigio-verdastra. Argilla azzurrognola. Argilla azzurrognola, un poco più chiara delia pre¬ cedente. Arenaria argillosa, grigia, in frammenti. Ciottoli arrotondati, per la massima parte calcarei, più raramente silicei. Secondo strato acquifero. Piccola successione di argille e sabbie, sovrastanti ad una puddinga sciolta, e rappresentanti le alluvioni quaternarie e re¬ centi del fiume Seie, insieme con depositi di spiaggia marina. 119 — IV. — Considerazioni stratigrafiche e conclusioni. Dopo avere schematicamente esposta la successione litolo¬ gica dei diversi pozzi forati, in base ai campionari conservati nel Museo geologico universitario e nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli, e dopo avere riassunto le caratteristiche principali di ciascuno di essi, ci pare opportuno ed interessante di paragonare fra loro i materiali forniti dai pozzi vicini di una medesima regione, e di confron¬ tare i dati obbiettivamente raccolti dal nostro esame con quelli dei pochi altri pozzi sinora sufficientemente illustrati dagli autori. Si potrà così verificare come, nell’importante zona vulcanica campana, s’intreccino e si succedano i depositi provenienti dai vari centri eruttivi con quelli dovuti alle acque continentali e marine; si potranno confermare o confutare le idee finora espresse dagli studiosi sull'argomento, e come corollario si potrà portare un ulteriore contributo alla storia vulcanologica dei Campi Flegrei e del Vesuvio. Come ho detto in principio, poiché di molte perforazioni, sopratutto recenti, non vennero conservate o rese accessibili allo studio le serie dei terreni attraversate, e poiché anche di quelle,, generalmente antiche, che ho potuto direttamente studiare sui materiali conservati, mancano talvolta le necessarie indicazioni precise sulla ubicazione, sulla quota di campagna rispetto al livello marino e sulla profondità e risalienza delle falde acquifere incontrate, le conclusioni, non essendo fondate sopra un numero di osservazioni sufficientemente esteso e di dati ugualmente sicuri, non potranno ricavarsi con la desiderabile larghezza e precisione, e se gioveranno a lumeggiare alcune questioni e a risolvere forse alcuni problemi, altre quistioni ed altri problemi porteranno certo in campo, perchè, come sempre accade in ogni ricerca scientifica, non si scioglie una difficoltà senza che se ne affaccino altre nuove e più numerose, e profondo resta il mistero della conoscenza. Se, per meglio notarne le caratteristiche, cerchiamo di rag¬ gruppare i pozzi esaminati non tanto secondo la loro ubicazione in superficie, quanto in base ai caratteri principali delle rocce 120 — venute in luce, noi potremo, provvisoriamente, solo per como¬ dità di studio, distinguere le categorie seguenti, anche se non appaiono sempre separate da netti caratteri differenziali: la) Pozzi della zona flegrea; 2a) pozzi della zona vesuviana; 3a) pozzi della zona intermedia (con prodotti di origine flegrea misti a materiali vesuviani); 4a) pozzi di altre località della Campania. Alla prima suddivisione possono ascriversi le trivellazioni comprese tra la collina di Posillipo e quella di Poggioreale, le quali rivelarono una successione di pozzolane, tufi, conglome¬ rati, lapilli e lave trachitiche, più specialmente sanidiniche, ap¬ partenenti alle diverse fasi di attività dei Campi Flegrei. Riuniamo nel secondo gruppo i pozzi scavati nella regione tra il Sebeto ed il Sarno, i quali mostrarono invece, pur con le solite inter¬ calazioni di depositi alluvionali o marini litoranei, un accumulo di prodotti più basici, prevalentemente leucitici o leucotefritici o leucobasanitici, paragonabili ai magmi non molto antichi del Somma - Vesuvio. Teniamo distinte , in una categoria a parte che potrà offrire notevole importanza per le considerazioni comparative, quelle perforazioni che mostrarono alternanze, tal¬ volta ripetute, nelle due serie di prodotti: cioè di quelli trachi- tici, flegrei, e di quelli, di solito leucitici, vesuviani. Appartengono a questo gruppo i pozzi scavati nella pianura, di recente emer¬ sione, tra le basse falde del Somma - Vesuvio e le più vicine colline flegree (dintorni di Barra, Ponticelli, Pomigliano d’Arco, S. Sebastiano ecc.). NeH’ultimo gruppo riuniamo infine tutti quegli altri sondaggi, che, pur non riguardando la zona vulcanica napoletana propriamente detta, si è ritenuto di non dover esclu dere dal presente studio, sia perchè indirettamente o parzialmente collegati con le manifestazioni eruttive della Campania, sia per l'interesse che i dati raccolti possono offrire per la conoscenza del sottosuolo di determinate plaghe, nelle quali i pozzi artesiani sono ancor oggi relativamente rari. Cerchiamo ora di vedere quale interpretazione si possa dare all'origine e alla successione dei prodotti riscontrati in ciascun gruppo di pozzi, servendoci naturalmente a preferenza di quelle trivellazioni, le quali, o per la maggiore completezza dei campio¬ nari o per essersi spinte a più considerevole profondità, meglio si prestano per quest’esame comparativo finale. 121 Così, fra i pozzi della zona flegrea. possiamo dare la prefe¬ renza a quelli del Palazzo Reale, della Piazza Vittoria , della Villa Brasiliana a Posillipo, della Stazione ferroviaria centrale, e servirci pure, come termine di confronto, della perforazione di piazza S. Maria la Fede, già descritta dal Guadagno. Come è noto, il maggiore interesse è dato dalla perforazione del giardino della Reggia, che essendosi spinta fino a 465 m. sotto il piano di campagna, attraversò tutti i materiali vulcanici eruttati dai Campi Flegrei, i quali in quel punto raggiungono uno spessore di m. 252, ed intaccò pure, per altri 213 m. , la piattaforma sedimentaria dell’antico ed ampio golfo partenopeo. Questo pozzo non solo offre pertanto una documentazione pres¬ soché completa delle diverse manifestazioni eruttive flegree, ma permette altresì, con l’aiuto dei fossili inglobati nei depositi marini sottostanti, di determinare l'età della serie sedimentaria, e conseguentemente anche quella dei materiali endogeni ad essa sovrastanti. Senza occuparci, per ora, di tale cronologia, è bene rilevare che la conca sedimentaria, la quale venne squarciata dai primi fuochi flegrei, è principalmente costituita da arenarie calcaree, a grana fina, generalmente di colore grigio, da marne e argille marnose, grigio - azzurrognole, micacee, e da calcari più o meno argilliferi. A tali sedimenti, che vennero raggiunti dalla trivella anche nel pozzo di Piazza Vittoria e in quello di S. Maria la Fede, e che probabilmente si adagiano alla loro volta sopra are¬ narie più consistenti e più antiche del Terziario inferiore (di cui si ritrovarono, alle più basse quote raggiunte da questi pozzi, alcuni ciottoli che ricordano certi blocchi rigettati del Monte Somma), seguono superiormente i primi accumuli di materiale vulcanico flegreo. In tutti i pozzi esaminati di detta zona questi s’iniziano con tufi trachitici di colore bigio, più o meno argilloidi e coerenti, a cui s'intercalano straterelli, di solito poco estesi, di piccole pomi¬ ci rotolate bianche, o con sabbie ed argille marnose inquinate di elementi trachitici, intramezzate a conglomerati e brecce, pure in prevalenza trachitiche e generalmente poco potenti. Questa successione, che, malgrado le ripetute alternanze e le piccole differenze locali è fondamentalmente la stessa per i vari pozzi 122 della regione flegrea, ove rappresenta i materiali del primo periodo eruttivo, anteriore al tufo giallo, mescolati e fusi con i sedimenti marini dell’epoca, ha uno spessore che va gradata- mente aumentando da piazza S. Maria la Fede al Palazzo Reale e a Piazza Vittoria, cioè man mano che ci si avvicina ai centri di origine, misurando in media da 150 a 160 m. circa; non comprende, alla sua base, il tufo pipernoide tipico della Campania, grigio a piccole scorie nere, ma un equivalente sottomarino di esso, come sarei meglio spiegato nelle pagine che seguono; e presenta i banchi tufici concordanti ed alternati con veri strati conchigliferi, attestanti un ritorno rigoglioso della vita animale nei periodi di tranquillità succeduti alle fasi esplosive del vulca¬ nismo flegreo. Ho cercato di vedere, per questi livelli fossiliferi, se potesse istituirsi un certo parallelismo tra i singoli pozzi messi a confronto, allo scopo di poter eventualmente riconoscere una successione di determinate fasi eruttive e conseguentemente stabilire, per ciascuna di esse, una relativa cronologia; ma i risultati non sono stati molto dimostrativi al riguardo : ciò che,, del resto, non può recar meraviglia, sol che si pensi alle ragioni molteplici che possono aver determinato varie condizioni di vita ai diversi gruppi animali anche in luoghi relativamente vicini, e si consideri d' altra parte quanto scarse sono ancora le nostre cognizioni su quell'antico fondo marino, basate appena suU’esame di piccole quantità di rocce, qua e là forate in ristrettissimi punti da una trivella ! In tutti i pozzi dalla collina di Posillipo a quella di Pog¬ gioreale, ai prodotti grigi, tufacei, conglomeratici ed argillosi, del primo periodo, segue superiormente la formazione più tipica e caratteristica della regione, cioè il tufo giallo 4). Nei pozzi prin¬ cipali, che furono presi quali più sicuri termini di confronto, questa speciale produzione — la quale caratterizzerebbe, secondo De Lorenzo a), un secondo periodo eruttivo della regione fle¬ grea — non raggiunge di solito l’estensione verticale dei prodotti *) Dell’ Erba L. — Il tufo giallo napolitano. Napoli, Pironti, 1 923. -) De Lorenzo G. — History of volcanic action in thè Phlegraean fields _ Quart. Journ. Geol. Soc., voi. LX. Londra, 1904 (trad. in Rend. R. Acc. Se. fis. e mat., ser. 3a, voi. X. Napoli, 1904). 123 — del periodo precedente, misurando uno spessore, che da 50 m.^ nella perforazione di Piazza S, Maria la Fede, sale gradatamente a 56 m. nel pozzo di Piazza Vittoria, a 86 m. in quello della Reggia, e sorpassa i 110 m. in quello della Villa Brasiliana' a Posillipo ‘). È a notare peraltro che in alcuni sondaggi, recente¬ mente effettuati nella zona occidentale della città, cioè a minore distanza da quelli che dovettero essere i principali centri esplo¬ sivi che produssero i materiali, di cui il tufo è formato, la potenza di questi banchi di color giallo paglierino è considerevolmente maggiore. Così nel pozzo artesiano di piazza S. Vitale (= piazza Giacomo Leopardi) a Fuorigrotta si attraversarono ben 156 m. di tufo giallo, senza giungere alla fine del banco. Le perforazioni in cui invece la roccia si presenta con uno spessore molto ridotto sono quelle eseguite verso l’estremo orientale della città (Piazza Duca degli Abruzzi, via Generale Cosenz, Bacini di Care¬ naggio, Officine del Gas all'Arenaccia ecc.), nelle quali il tufo giallo varia da 27 a 35 m. circa. È opportuno qui indicare che queste cifre comprendono la potenza di tutti i prodotti tufacei del secondo periodo, cioè non solo del tufo trachitico giallo a pomici gialle e grigie e a scorie nere, ma anche di quello verdognolo , o verde-chiaro, a scarse pomici argentine, che non sempre è facile distinguere da esso per il sopravvenuto cambiamento di colore in grigio-giallastro o giallo-chiaro, forse per prolungata esposizione all’aria. Vedremo nelle pagine che seguono quale interpretazione genetica si possa dare per questa tufo così intimamente collegato col tufo giallo, di cui si può dire che in quasi tutti i pozzi costituisca la zona inferiore; per ora basterà ricordare che non c'è un rapporto costante nello sviluppo proporzionale delle due varietà, là dove sono ancora riconoscibili, benché in generale si verifichi che il tufo verdognolo sia meno sviluppato del giallo. I materiali posteriori, sovrapposti ai banchi di tufo giallo e che complessivamente rappresentano i prodotti del terzo o ul¬ timo periodo di attività flegrea, mostrano nei singoli pozzi, mal- *) La villa Brasiliana o de Lahante è anche nota col nome di Villa del principe Luigi o Villa Rosebery (Cfr. Gììnther R. T. Contrib. to thè study of Earth-movements in thè bay of Nayles, pag. 62. Oxford, 1903). 124 — grado la tinta predominante grigia e la scarsa coerenza che facil¬ mente li distinguono dai più antichi banchi sottostanti, una notevole diversità di costituzione, che non è solo in relazione con la provenienza dai diversi e più numerosi centri eruttivi suc¬ cedutisi nella regione, ma sopratutto con gli svariati e notevoli cangiamenti d’ambiente intervenuti nell'antico ed amplissimo golfo partenopeo. Lapilli, ceneri e pomici grigie, intercalate a sabbie alluvionali con conchiglie salmastre e d'acqua dolce e a materiali torbosi ed argillosi, e mescolate spesso a depositi deltizi più grossolani, dimostrano infatti la graduale colmatura del bacino, provocata dall'accumulo dei materiali endogeni e facilitata altresì dallo spostamento negativo della linea di spiaggia, di cui la regione offre prove molteplici. Conseguentemente varia pure, entro limiti abbastanza ampi, la potenza complessiva di questi depositi grigi superiori, generalmente limitata a pochi metri là dove scarso o nullo fu il contributo alluvionale, organico o marino, ed invece sommante a più di 60 m. nei luoghi di maggiore sviluppo di questi ultimi sedimenti e nelle zone periferiche delle nuove bocche esplosive, più piccole e più numerose. Non sempre 10 strato inferiore, immediatamente a contatto col tufo giallo, offre una certa consistenza , alquanto più notevole di quella degli strati sovrastanti. Talvolta, ma solo eccezionalmente (pozzo di piazza Vittoria), esso è rappresentato da un tufo giallo-verdastro a piccole pomici arrotondate e a inclusi numerosi trachitici, che fu già riscontrato dal Guadagno in due pozzi vicini. Pochi sono, fra i pozzi studiati, quelli che possono conside¬ rarsi, per la successione dei materiali presentati, come pertinenti alla zona vesuviana, e non manca neppure in essi — per quanto in proporzioni molto modeste — qualche apporto di origine flegrea, accumulato dai venti o trasportato delle acque. Tale è 11 caso dei sondaggi effettuati nelle proprietà Wegmann a Paz- zigno, Tramontano a Barra, Russo a Ponticelli, nelle contrade Galeone a Ponticelli, Pisanella a S. Giorgio a Cremano, in Torre del Greco ecc., e nel medesimo gruppo può rientrare pure il pozzo della Centrale elettrica del Volturno , presso S. Giovanni a Teduccio, studiato dal Guadagno; ma una riserva cade op¬ portuna per quelle terebrazioni , le quali non essendosi spinte 125 — a profondità molto notevole potrebbero eventualmente presentare — come si verifica per gli altri pozzi del gruppo successivo — al di sotto del mantello vesuviano più frequenti intercalazioni di prodotti flegrei Caratterizzati dalla notevole preponderanza di materiali leu- cotefritici, questi pozzi attraversarono, a vari livelli, colate lavi¬ che , una delle quali, abbastanza estesa e in alcuni punti molto spessa , fu incontrata generalmente fra i 60 e i 70 m. di pro¬ fondità. Questo banco, che raggiunge la massima potenza nel sondaggio Russo a Ponticelli (più di 40 m.) e va assottiglian¬ dosi negli altri, fino a scomparire affatto in quello della Centrale elettrica del Volturno, è riconoscibile per la sua maggiore basi¬ cità, con predominio di cristalli macroscopici di augite , di oli¬ vina, di leucite e di feldispato, e può considerarsi come dovuto all'attività eruttiva del Monte Somma 1). Di correnti laviche più recenti e più limitate fanno parte le leucotefriti, a grossi cristalli di augite e a piccole leuciti più o meno alterate 2) , incontrate nel pozzo di Torre del Greco. Ugualmente degna di nota è, nella maggior parte di queste trivellazioni, la presenza di depo¬ siti litoranei più o meno ricchi di organismi marini , intercalati a ripetuti livelli, ai materiali frammentari vulcanici , che dappri¬ ma si accumularono sotto l’acqua e gradatamente colmando il bacino si trasformarono poi verso l’alto in depositi subaerei. Si ebbero dunque, dopo le eruzioni parossistniche ed esplosive, periodi di relativa tranquillità, che consentirono il rigoglioso ri¬ torno della vita animale; e si giunse anche qui — come si è pre¬ cedentemente visto per la finitima zona flegrea — ad un solle¬ vamento progressivo del terreno, che portò alla definitiva emer¬ sione della larga fascia cingente la base conica vesuviana. Un’altra osservazione non priva d'interesse per la storia del Somma-Vesuvio è, che i frammenti di lava più antica apparte¬ nenti alle colate più profonde o facenti parte degli strati infe¬ riori di ghiaie di alcuni pozzi, sono di solito assai più basici di 1) Johnston-Lavis H. J. — The geology of M. Somma and Vesuvius, being a study in Valcanology. Quart. Journ. Geol. Soc., pag. 35. Londra, 18S4. 2) Per i prodotti di alterazione delle antiche lave vesuviane cfr. il lavoro di Casoria E .-Le terre vecchie della regione del Monte Somma. Ann. R. Se. Sup. di Agric., voi. VI. Portici, 1904 . — 126 — quanto non si verifichi per le correnti più superficiali. Se si po¬ tesse eliminare ogni dubbio sulla reale provenienza di alcuni di tali frammenti, si giungerebbe facilmente alla conclusione, che in tempi più antichi il vulcano emise un magma essenzialmente basaltico (rappresentato da frammenti compatti di color nero, con rari cristalli visibili di augite e di olivina), a cui successero colate leu.cobasanitiche, ed ancora più tardi lave leucotefritiche e leucitiche, incontrate a profondità sempre minori nei diversi sondaggi. Per i numerosi pozzi appartenenti alla pianura tra le basse falde del Somma-Vesuvio e le più vicine colline flegree, i quali mostrarono nella serie dei loro prodotti una mescolanza e tal¬ volta pure un'alternanza di rocce leucotefritiche vesuviane con rocce trachitiche flegree, non è facile schematizzare un tipo u- nico di successione, che valga a riprodurre nei tratti essenziali la storia dei materiali accumulatisi nella regione e venuti in luce nelle varie perforazioni. All' infuori infatti di uno o due strate- relli torbosi, che s'incontrano il più delle volte fra i 30 e i 40 metri di profondità e che, attestando una fase paludosa attraver¬ sata dal bacino durante il suo graduale riempimento , possono costituire una facile linea di riferimento, si può dire che gli al¬ tri depositi variino da pozzo a pozzo, non tanto qualitativamente come quantitativamente, per effetto del diverso contributo che vi portarono i due distinti distretti vulcanici, i venti, le acque continentali e marine. In grandi linee può dirsi, che in questa regione (pozzi Orsini in S. Giovanni a Teduccio , della Volla a nord-est di Ponticelli, di S. Sebastiano ecc.) , mentre gli strati più bassi conosciuti, tra gli 80 e i 110 metri di profondità, ge¬ neralmente risultano di sabbie, tufi e conglomerati quasi esclu¬ sivamente trachitici, quelli immediatamente sovrastanti , fra gli 80 e i 50 m. in media, presentano, mescolati con le pomici e i tufi trachitici, prodotti leucotefritici sempre più abbondanti verso l’alto, indicanti l'attività gradatamente crescente di un nuovo cen tro vulcanico. Immediatamente al di sopra possono talvolta tro¬ varsi altri depositi, generalmente poco potenti, di pomici e di ceneri trachitiche più o meno consolidate in tufi ; ma subito dopo prendono il definitivo sopravvento i materiali leucotefritici 127 — € leucitici, che si può dire costituiscano da soli tutti gli accu¬ muli superficiali di pozzolane e di conglomerati della zona. Tale successione, che, per quanto meno chiaramente, si ripete pure nel pozzo dello Stabilimento del Gas all’Arenaccia, studiato dal Palmeri, conferma con nuovi dati di fatto l’ipotesi, già nota, che il Somma-Vesuvio, benché sorto per ultimo nella conca vulca¬ nica partenopea, aveva già acceso i suoi fuochi prima che si spegnessero quelli flegrei e che almeno per un certo tempo i due centri dovettero essere vicendevolmente in attività, com’è dimostrato dall’alternanza dei loro prodotti. A località limitrofe nettamente separate da quelle preceden¬ temente esaminate appartengono i pozzi delle valli del Volturno, di Itri, del Seie, nonché quelli dell’ Avellinese e della pianura campana da Maddaloni a Cancello ed Arnone. Nella varia sue-' cessione litologica, che naturalmente caratterizza ciascuna di que¬ ste regioni, può ritenersi particolarmente interessante il sondag¬ gio di San Bartolomeo di Montoro Inferiore , che oltre ad es¬ sere il più orientale fra quelli da me esaminati, è altresì l'unico che abbia attraversato banchi cospicui di tufo campano tipico, di potenza non inferiore a quella che ordinariamente si riscontra nei depositi situati sul pendio delle colline dell’agro nocerino, i quali, com'è noto, sono i più spessi. Fra gli strati di argille, di sabbie e di ciottoli che caratteriz¬ zano i depositi superficiali delle valli alluvionali del Volturno, del Seie ecc. non mancano intercalazioni di materiale torboso, e succedono spesso, verso il basso, terreni inquinati da prodotti vulcanici o nettamente eruttivi, per la maggior parte provenienti dalla regione flegrea. Non è naturalmente da escludere che all'ac cumulo di questi materiali piroclastici possa aver anche contri¬ buito, almeno per qualche pozzo ed in proporzioni generalmente modeste, il centro vulcanico di Roccamonfina, che, come è noto, pur essendo sorto dopo la deposizione della larga coltre di tufo pipernoide campano, si spense prima dei centri eruttivi flegrei ; ma non è facile, con la scarsezza dei saggi a mia disposizione, ciascuno dei quali è generalmente rappresentato da una massa di pochi grammi, giungere a risultati abbastanza precisi e coin- 128 pleti. tanto più quando si consideri che anche i più tipici tuff di Roccamonfina, cinerei o grigio-chiari, ricchi di pomici sericee bianche, di granuli limpidi di sanidino, di cristallini di augite e di squamette biotitiche, possono facilmente confondersi con i materiali trachitici flegrei allorché si trovino, come ordinariamente succede, più o meno rimaneggiati ed insieme mescolati per la opera di trasporto compiuto dalle correnti acquee lungo i pen- dii delle valli appenniniche. Notevole sopratutto è la lava sco¬ riacea nerastra, incontrata, a 66 m. di profondità, nel pozzo del Parco Quartone a Cancello ed Arnone, la quale per i suoi carat¬ teri pare che corrisponda al banco, assai meno profondo, di trachite alcalina messo allo scoperto nel 1915 durante i lavori di costruzione del ponte ferroviario sul Volturno ed analizzato dal Panichi. I pozzi scavati al confine nord-orientale dell’attuale pianura campana, cioè presso Casalba, Caserta, Maddaloni ecc., rivelano in quella regione la persistenza, fino ad epoca abbastanza recente,, di un seno di mare caratterizzato da rigogliosa vita animale, che le eruzioni posteriori dovevano attenuare ma non distruggere; finché l’antico fondo marino sollevandosi si trasformava gradata- mente in laguna, che a sua volta veniva colmata dai sedimenti alluvionali più recenti. Complessivamente, perciò, queste perforazioni, eseguite ai confini o anche al di là dei limiti comunemente attribuiti alla zona flegrea e a quella vesuviana, attestano l’ambiente marino-lito¬ raneo in cui andarono ad accumularsi i prodotti eruttivi dei prin¬ cipali crateri partenopei, confermando che questi arsero dapprima sotto l’acqua, poi si sollevarono sul livello marino d’ allora a guisa di isole, e quindi diventarono continentali costieri. Ora che abbiamo riassunto la natura e la disposizione delle rocce, vulcaniche e non vulcaniche, attraversate dai pozzi arte¬ siani della regione, cerchiamo di discutere brevemente le sva¬ riate questioni che con questa indagine geologica si ricollegano,, tralasciando di proposito tutte quelle altre, che si riferiscono- — 129 — all’andamento della falda freatica e di quelle artesiane *) , alla mineralizzazione delle acque ed alle altre caratteristiche fisico¬ chimiche di esse * 2), giacché, come si è detto , è questo il com¬ pito che da qualche tempo ha assunto, con fervida attività, ring. P. Ruggiero, direttore del Servizio idrografico della Campania, il quale ha promesso fra breve un'ampia relazione al riguardo. 1. - Età dei sedimenti marini sottostanti alle più antiche manifestazioni vulcaniche f 1 e - gree. — Si è lungamente ammesso che le manifestazioni erut¬ tive dei Campi Flegrei siano avvenute tra la fine del Pliocene ed il principio del Plistocene. In base allo studio dei molluschi contenuti nei tufi gialli flegrei e di quelli rinvenuti nella cosidetta " marna,, del M. Epo- meo nell'isola d'Ischia, il Bellini considerò contemporanee le ‘) Sull’andamento delle acque sotterranee nella regione napoletana furono già pubblicati studi diversi. Oltre alla recente nota preliminare del Ruggiero, corredata da cartine eidipsometriche delle tre falde individuate (Atti XI Congr. Geogr. It. Napoli, 1930), citiamo, fra gli altri, i lavori seguenti : Contarino F. - Nota sulle acque sotterranee della città di Napoli. Boll. Coll. Ing. e Arch., 1885. Relaz. sulla fognatura della città di Napoli, 1’ ottobre 1888; Meltsurgo G. - Napoli sotterranea. Topografia della rete di canali d’ acqua profonda. Con¬ tributo allo studio del sottosuolo di Napoli. Napoli, Giannini, 1889; d’Ame- lio A. - L'acqua latente nel sottosuolo di Napoli. Ingegn. moderna, anno II, n. 19-20. Napoli, 1901. - Pianta dell' idrografia sotterranea della città di Napoli. Bull. Coll. Ing. ed Arch., num. unico. Napoli, 1901; Fiorelli T. - Cenni sull ’ andamento della falda acquifera nel sottosuolo della zona tra Napoli e Pomigliano d' Arco in relazione colla costituzione geologica e la topografia e idrologia superficiale del territorio medesimo. Annali dei Lavori Pubblici, già Giorn. del Genio Civile, fase. 7. Roma, 1926. È utile consultare pure: Gortani M .-Saggio bibliografico dell’idrologia sotterranea d’ Italia dal 1870 al 1923. Giornale di Geologia pratica, voi. XIX. Bologna, 1924. 2) Sui processi di mineralizzazione delle acque in rapporto con la natura geologica dei terreni pubblicò lavori numerosi il Casoria (Boll. Soc. Naturai. Napoli, 1888; Ann. R. Se. sup. di Agric. di Portici, 1891 a 1909, ecc.) , il quale si occupò più particolarmente della regione vesuviana. Alla conoscenza chimico-fisica delle acque minerali flegree contribuì recentemente, anche con un lavoro sintetico, il prof. Zambonini (Atti XIX Congr. Naz. dell' Ass. Ital. Idrol. , Climat. e Terapia fisica. Napoli, 1928). Va infine ricordata una pub¬ blicazione del Prof. Rebuffat (Atti R. Ist. Incoragg. Napoli, voi. LXXVIII, 1926) , nella quale sono riportati i risultati analitici di 14 diverse acque del sottosuolo napoletano. - 9 — 130 — due formazioni e le attribuì dapprima all'Astiano ‘) ; mentre più tardi, seguendo le vedute del Gignoux, disse che "appartengono al Calabriano (Pliocene recente) i depositi marnosi d' Ischia ed una parte dei tufi gialli, che seguitarono a deporsi anche nel più antico Pleistocene „ Più recentemente peraltro vari autori, partendo da conside¬ razioni diverse, concordemente ammisero che debba ringiova¬ nirsi alquanto l’epoca delle prime manifestazioni eruttive della regione flegrea. Anzitutto è da ricordare il Rovereto che , nel 1908, studiando geomorfologicamente l'isola di Capri, fece coin¬ cidere le eruzioni flegree con la seconda e la terza glaciazione (Rissiano e Wurmiano) e con le successive fasi postglaciali, am¬ mettendo tuttavia che l’inizio delle eruzioni dell’ isola d’ Ischia, le quali, come è noto, segnano la prima accensione dei fuochi flegrei, avesse potuto aver luogo durante la prima fase glaciale (Gunziano) 3). Più tardi, nel 1910, il Galdieri, in base ai feno¬ meni di terrazzamento riscontrati nell’alto Picentino, fu indotto ad ammettere l’età wurmiana e post-wurmiana, cioè corrispon¬ dente e posteriore all’ultima glaciazione mediterranea, di questi periodi eruttivi, perchè constatò la chiara sovrapposizione dei materiali detritici e polverulenti, più o meno consolidati in tufi, alle terrazze più recenti, già precedentemente erose , eh' egli at¬ tribuisce al Wurmiano _l). Ad analogo risultato tendono pure le più recenti osserva¬ zioni di De Lorenzo e D'Erasmo, che , esaminando il copioso materiale elefantino proveniente dai principali depositi quaterna¬ ri, alluvionali e lacustri, dell'Italia meridionale, dimostrarono co¬ me i molari dell’isola di Capri, rinvenuti in un deposito di ar- L) Bellini R. — Notizie sulle formazioni fossilifere neogeniche recenti nella regione vulcanica napoletana ecc. Boll. Soc. Nat. , voi. XVII , pag. 4. Napoli, 1903. -’) — — Alcune note sui depositi fossiliferi della regione flegrea. Boll. Soc. Naturai., voi. XXX, pag. 100. Napoli, 1917. — 1d. Nuove osserva¬ zioni sulla malacofauna fossile flegrea. Boll. Soc. geol. it. , voi. XLVIII, pag. 54. Roma, 1929. — Id. I molluschi del golfo di Napoli. Annuario Mus. Zool. R. Univ. Napoli, n. s., voi. VI, n. 2, pag. 13. Napoli, 1929. ) Rovereto G. — Studi di geomorfologia, voi. I, pag. 255. Genova, 1908. ') Galdieri A. — Le terrazze orografiche dell' alto Picentino a nord-est di Salerno. Boll. Soc. geol. it., voi. XXIX, pag. 102. Roma, 1910. 131 gilla rossa sottostante ad un potente strato intatto di materiali vulcanici e finora erroneamente attribuiti dagli autori a Elephas antiquus Falc., spettano invece sicuramente a Elephas prirnige- nius Blum., cioè ad una specie, che, come è noto , è meno an¬ tica della precedente, trovandosi a caratterizzare, insieme col ri¬ noceronte lanoso e con altre specie boreali, la terza e la quarta glaciazione *). Quanto ai pozzi artesiani, lo studio degli organismi animali rinvenuti nei sedimenti marini sottostanti o intercalati alle più antiche manifestazioni eruttive, benché non possa avere da solo grande importanza cronologica, essendo risaputo che la maggio¬ ranza delle attuali specie di molluschi mediterranei popolarono pure i mari pliocenici, offre tuttavia, in concomitanza con gli altri fattori, un criterio di più per stabilire l'epoca probabile di accensione dei fuochi flegrei. Premesso che lo studio di molte forme, tanto di foramini- feri quanto di molluschi, è reso molto difficile dall'estremo po¬ limorfismo delle specie, spesso non ancora nettamente delimitate, le cui insignificanti variazioni furono variamente apprezzate da¬ gli autori, si può qui ricordare che le specie determinate nei pozzi più profondi, se rivelano facilmente la loro spettanza al Quaternario, in generale però poco si prestano per un riferi¬ mento cronologico più minuto e preciso. Tutte sono ancor oggi viventi, e per la maggior parte mediterranee ; molte, diffuse fin dalla base del Pliocene, si continuarono, senza modificazioni sen¬ sibili, attraverso il Pliocene ed il Pleistocene, fino all’Attuale; altre raggiunsero l'apogeo nel Quaternario inferiore e medio e successivamente declinarono , qualcuna è oggi emigrata nei mari nordici. Senza voler ora ripetere, per ciascuna specie determi¬ nata, la storia dello sviluppo, dei rapporti e della filogenia attra¬ verso i tempi pliocenici e quaternari — ciò che renderebbe troppo lungo questo capitolo conclusivo ed è stato , del resto , già ef¬ ficacemente trattato, almeno per la maggior parte dei molluschi, 4) De Lorenzo G. e D’ Erasmo G. — L' Elephas antiquus nell' Italia me¬ ridionale. Atti R. Acc. Se. fis. e mat. , serie 2a , voi. XVII, n. 11, pag. 43. Napoli, 1927 ; D’ Erasmo G. - Cenni geologici sui Campi Flegrei. Atti XIX Congr. Naz. Idrologia, Climatol. ecc., pag. 166. Napoli, 1928. — 132 — dal Gignoux *) — basterà rilevare che questi caratteri sommari indicano già, nel loro complesso, un’età nettamente pleistoceni¬ ca : ma riferibile a quale suddivisione del Quaternario ? Non certo al Tirreniano nel senso di Issel, perchè nessun frammento di Strombus bubonius Lam., di Conus testudinarius Martini o di altra specie venuta dal sud dà a questi sedimenti l'impronta speciale di mare ritornato caldo, che è la caratteristica di tale piano. Restano il Siciliano ed il Calabriano, al primo dei quali gli avanzi organici campani si ravvicinano di più per la man¬ canza di specie estinte e per l’accentuato carattere mediterraneo,, mentri/ per la scarsezza di molluschi nordici richiamano il Ca¬ labriano. Nessuna conclusione sicura è naturalmente possibile con la sola scorta degli scarsi dati paleontologici forniti da pozzi artesiani, cioè da perforazioni che dei terreni attraversati forni¬ rono minuscoli campionari, nei quali i fossili incontrati rappre¬ sentano una piccolissima percentuale della fauna, e quelli deter¬ minabili sono quasi sempre i più minuti, cioè i soli non frantu¬ mati dalla trivella. E tuttavia possibile affermare — in concordanza anche con i risultati della revisione della fauna della " mar¬ na „ dell’Epomeo nell’isola d' Ischia, recentemente compiuta dal dott. Rittmann * 2) e con gli altri dati morfologici e petrografici — la maggiore fondatezza dell’ipotesi che i primi prodotti eruttivi dei Campi Flegrei si siano depositati sulle assise del Siciliano ; e che conseguentemente tutte le manifestazioni vulcaniche po¬ steriori, fra i cui prodotti troviamo pure qua e là intercalati re¬ sti di organismi acquatici, non debbano risalire al di là del Qua¬ ternario superiore. 2. - Le prime manifestazioni eruttive fie¬ gre e . — Seguendo la classificazione proposta dal De Lorenzo e poi comunemente adottata, abbiamo visto che si possono di¬ stinguere, nella successione stratigrafica dei materiali eruttati dai Campi Flegrei, tre periodi diversi, che sono rispettivamente quelli *) Gignoux M. — Les formations marines plioc. et quatern. de V Italie da sud et de la Sicile. Ann. Univ. Lyon, n. s., 1, fase. 36, pag. 349-585. Lione, 1913. 2) Rittmann A. — Geologie der Insel Ischia. Zeitschr. fùr Vulkanol., Ergànzungsband VI, pag. 130. Berlino, 1930. — 133 — che precedettero , accompagnarono e seguirono la formazione del noto e caratteristico tufo giallo di questa regione. Per quanto la durata relativa dei tre periodi non possa sem¬ plicemente desumersi dallo spessore medio dei materiali riscon¬ trati nei pozzi artesiani, che, essendo originariamente incoerenti, si accumularono in varia misura da luogo a luogo a seconda della distanza dal centro eruttivo, della violenza dell’esplosione, della diversa configurazione del suolo e della varia azione eser¬ citata dai venti, nonché dalle acque continentali e marine, si può tuttavia in linea generale ritenere, che i fenomeni eruttivi del primo periodo ebbero una durata maggiore di quelli del secon¬ do, i quali alla lor volta durarono più che il terzo periodo. Notevole è la constatazione — fatta in tutte le perforazioni più profonde che raggiunsero la base sedimentaria della grande conca quaternaria napoletana — che i più antichi prodotti erut¬ tivi flegrei non sono rappresentati, in questa zona, come a lun¬ go si è ritenuto da tutti, dal noto e caratteristico tufo grigio pipernoide, o tufo campano, ma da banchi di lapilli, po¬ mici, pozzolane e ceneri più o meno alterate, costituenti un tufo trachitico di colore generalmente bigio-chiaro o grigio-verda¬ stro, più raramente verdastro ma tendente a passare al giallastro per successiva ossidazione. Questo tufo, che in qualche pozzo assume l'aspetto di brecciola vulcanica per la riunione di fram¬ menti tufacei con cemento calcareo , non è il " tufo verde tipo Epomeo „ come Io definì il Guadagno *) ; ha numerosi piccoli lapilli trachitici e passa facilmente , come si è detto , dal verde al grigio-giallastro per ossidazione all’aria, a differenza del tufo verde ischiano, nel quale il caratteristico colore, dovuto alla pre¬ senza di un minerale glauconitico, persiste anche sotto 1’ azione di ossidanti 1 2 3). Esso corrisponde meglio, tanto per posizione stra¬ tigrafica che per caratteristiche litologiche, con i cosiddetti " tufi gialli inferiori „ che il Galdieri descrisse , nella successione di 1) Guadagno M. — Notizie sul pozzo artesiano ecc. nella piazza S. M. la Fede. Boll. Soc. Naturalisti, voi. XXXVI, pag. 127. Napoli, 1924. 2) Rittmann A. e Salvatore E. — Contributo allo studio dei tufi verdi della regione flegrea. Zeitschr. fiir Vulkanologie, voi. XI, p. 169-173. Ber¬ lino, 1928. — 134 — Vico Equense , come sottostanti ai depositi di tufo campano *). Come in quest’ultima località, i tufi grigio-giallastri inferiori so¬ no sormontati da uno straterello, generalmente di pochi deci¬ metri, di pomici chiare, leggerissime e molto bollose, mescolate a cenere vulcanica nettamente vetrosa le une e l'altra miste su¬ perficialmente, ma non sempre, ad uno strato di lapillo assai scuro, che spesso si riduce ad un po' di sabbia nerastra sparsa fra le pomici bianche. Benché con spessore considerevolmente minore, gli stessi tufi giallicci furono ritrovati pure , alla base delle formazioni eruttive flegree, in alcuni pozzi dell' Avellinese, ove sopportano i banchi di tufo grigio pipernoide. Gli altri banchi di tufo trachitico bigio , più o meno mar¬ noso, sovrastanti o alternati con i precedenti e contenenti in maggiore o minore abbondanza, oltre gli avanzi della fauna ma¬ rina, ciottoli arrotondati di trachite, piccole pomici rotolate, cri¬ stalli di sanidino, pagliuzze di biotite, granuli di magnetite ecc., sono da ritenersi equivalenti dei tufi pipernoidi , dei tufi sab¬ biosi, delle brecce e dei conglomerati vulcanici, cioè di tutta la successione di strati che caratterizzarono nella nostra regione le due principali fasi eruttive del primo periodo flegree. Se nella maggior parte dei pozzi presi in esame non si può stabilire una netta distinzione tra i prodotti attribuibili a cia¬ scuna di queste due fasi e se non si riscontrò in essi il tufo campano tipico, grigio-bruno a scorie nere e a geodi fluorifere, ciò è probabilmente in relazione col fatto che questo tufo — ori¬ ginatosi , secondo l’interpretazione dello Zambonini, dall'accu¬ mulo, per via aerea, di materiali detritici emessi mediante una forma di proiezione del tipo delle “ nubi ardenti „ della mon¬ tagna Pelée e perciò ricchi di argenti mineralizzatori e forniti di temperatura abbastanza elevata1 2) — non poteva formarsi, almeno con i medesimi caratteri, sotto il livello delle acque marine che ricoprivano in quel tempo la gran conca quaternaria partenopea, alla quale spettano la maggior parte dei pozzi artesiani esami- 1) Galdieri A. e Paolini V. — II tufo campano di Vico Equense. Atti R. Acc. Se. fis. e mat., s. 2a, voi. XV, n. 15, pag. S. Napoli, 1913. 2) Zambonini F. — Il tufo pipernoide della Campania e suoi minerali. Mem. per serv. alla descr. carta geol. d’Italia, voi. VII, p. 2a, pag. 65-72. Roma, 1919. 135 — nati, e dove le ceneri dovettero giungere fredde e ormai prive di agenti mineralizzatori, mentre le pomici per la loro leggerezza galleggiarono lungamente, prima di depositarsi. È ben vero che anche il tufo, sottomarino e spesso fossilifero , cue in questa zona rappresenta quello pipernoide, contiene, per quanto rara¬ mente, minerali (mica, pirosseno, sanidir.o ecc.), che non possono essersi formati per pneumatolisi quasi a temperatura ordinaria, richiedendo una temperatura di formazione elevata, se non ele¬ vatissima ; ma non bisogna dimenticare che questi depositi tufici sono, ove più, ove meno alterati e rimaneggiati, rappresentando in parte l’accumulo delle polveri vulcaniche cadute direttamente in situ, ed in parte l’opera di trasporto compiuta dalle correnti acquee sui pendìi originariamente ammantati da ceneri subaeree : sicché anche la presenza di determinati minerali di origine pneu- matolitica può essere facilmente spiegata. Nelle località più elevate, invece, come alle falde dm monti dell’Avellinese e del Salernitano, che essendo già emerse furono ricoperte da una spessa coltre di materiali detritici flegrei di origine eolica, potè formarsi e consolidarsi il tufo campano ti¬ pico, qual’è, per esempio, quello ritrovato, nel pozzo di S. Barto¬ lomeo di Montoro Inferiore, da m. 162 a m. 136 sull'attuale li¬ vello marino. Mancanza di fossili marini e condizioni di giacitura concordemente dimostrano l'origine subaerea di esso. Alla stessa fase eruttiva del piperno e dei tufi pipernoidi si suole collegare — più per i caratteri chimici e petrografia che per le condizioni geologiche non ancora completamente chia¬ rite — la corrente di trachite alcalina, grigio-scura a chiazze nere, che il prof. Panichi segnalò sotto l’alveo del Volturno , presso Cancello ed Arnone ‘), e che io ho ritrovata, ad una profondità maggiore, nel pozzo del Parco Quartone. Avendo l’analisi quan¬ titativa e l’esame microscopico dimostrato , che questa lava ha una spiccata rassomiglianza con le trachiti pomicee flegree ed ancor più col tufo pipernoide campano, l'Autore fu indotto ad ammettere, che il detto tufo della pianura campana possa pro¬ venire non solo, come è comunemente riconosciuto, da un cen- *) Panichi U. — Ricerche petrografiche su la regione Aurunca, pag. 70. Meni. Soc. It. delle Se. (detta dei XL), s. 3a, voi. XXII. Roma, 1922. 136 — tro eruttivo situato nei Campi Flegrei, ma anche da qualche al¬ tro centro più a nord , come quello che emise la trachite di Cancello ed Arnone, probabilmente collegati fra loro da una frat¬ tura parallela al litorale. 11 notevole sviluppo del banco lavico e la sua posizione rispetto agli altri terreni sedimentari e vulcanici tendono a confermare quest’ipotesi. 3. - Le eruzioni di tufo verdognolo e di tufo g i a 1 1 o . — Si è già visto , nelle pagine che precedono, come nella maggior parte dei pozzi artesiani della regione fle- grea, tra i prodotti grigi, tufacei o conglomeratici , o più rara¬ mente lavici, del primo periodo e quelli , pure trachitici ma quasi sempre gialli , del periodo successivo, si intercalino dei banchi, di vario spessore, ma generalmente non molto conside¬ revoli, di un tufo verdognolo o verde-chiaro, che spesso per un successivo cambiamento di colore in giallo — chiaro o grigio-giallastro, forse dovuto ad ossida¬ zione per prolungata esposizione all'aria, non appare, almeno ad un esame superficiale, nettamente distinto da quello giallo- pagi i e r i n o sovrastante. In realtà uno studio un po' più approfondito fa rilevare, fra le due varietà, differenze molteplici, che diventano ancora più spiccate in quei pozzi, nei quali il tufo giallo superiore mostra una chiara origine subaerea e non sottomarina. A differenza di quest'ultimo, il tufo verdognolo sottostante offre i seguenti ca¬ ratteri : 1°) contiene cristalli rarissimi di sanidino ; 2°) manca di inclusi ossidianici ; 3°) ha poche pomici per lo più argentine; 4°) contiene foraminiferi e conchiglie di molluschi marini; 5°) ha un cemento argilloso di color verde ; 6U) ha consistenza diversa nei vari luoghi, talvolta anche inferiore a quella normale del tufo giallo ; 7°) è distribuito piuttosto uniformemente nel sottosuolo cittadino (con uno spessore medio di 15 a 30 metri) *). Queste particolarità portano facilmente alla conclusione, che il tufo verdastro debba essersi direttamente originato sotto il li- l) Veggasi la sezione geologica Bagnoli - Posillipo - M. Echia - Granili - S. Giovanni a Teduccio nel citato lavoro di Guadagno M. — II tufo giallo trachitico ecc., pag. 12-13. Atti R. Ist. Incoraggiamento. Napoli, 1928. 137 — vello del mare, le cui acque determinarono gradatamente la for¬ mazione di prodotti argilloidi di alterazione ; mentre la relativa uniformità della sua distribuzione (da Posillipo fin quasi ai Gra¬ nili), in contrapposizione della variabilità di spessore e di con¬ dizioni altimetriche con cui negli stessi luoghi si presentano le sovraincombenti masse di tufo giallo, dimostra che le due va¬ rietà di tufo non ebbero origine dalle stesse bocche eruttive, e non si accumularono nelle stesse condizioni ambientali. È chiaro, in altre parole, che se le prime esplosioni di questo secondo periodo, le quali originarono gli strati di tufo verdastro, ebbero luogo sotto il livello marino d’allora e probabilmente per opera di uno o pochi crateri, ampi e depressi, che distribuirono quasi uniformemente nel grande golfo quaternario il materiale detritico eruttato, i successivi fenomeni esplosivi, che determinarono l’ac¬ cumulo delle grandi masse di tufo giallo, furono invece, per un posteriore graduale innalzamento del fondo, almeno in parte su¬ baerei, e l’attività stessa andò frazionandosi in un numero più notevole di bocche minori, le quali, sorte come isole, deposita¬ rono variamente all'intorno i prodotti incoerenti destinati a for¬ mare i tufi gialli. Tale interpretazione, che potrebbe spiegare i diversi caratteri con cui le due varietà di tufo si presentano, e che non esclude d’altra parte 1’esistenza di tufi gialli rimaneggiati dalle acque, che dilavarono i materiali depositati quali proiezioni vulcaniche e demolirono e distrussero almeno in parte i nuovi piccoli appa¬ rati sorti sulle antiche rovine, trova una conferma nell' ipotesi recentemente emessa dal Dainelli per spiegare il probabile an¬ damento delle falde idriche della regione. Secondo quest' auto¬ re '), i rilievi a circoide o ad anfiteatro esistenti nella zona col¬ linosa che si estende alle spalle di Napoli, tra Capodimonte ed il Capo di Posillipo , anziché rappresentare forme più o meno originarie vulcaniche corrispondenti a interni di crateri aperti da un lato — come avevano comunemente ammesso il Gùnther e molti altri autori successivi — dovrebbero considerarsi quali forme di demolizione, probabilmente dovute all'azione del mare, *) Dainelli G. — Guida della escursione ai Campi Flegrei. Atti XI Congr. geogr. ital. , voi. IV, pag. 52-54. Napoli, 1930. 138 — sopra le pendici esterne di un unico apparato vulcanico di no¬ tevolissimo diametro *). Di conseguenza, la falda d’ acqua pro¬ fonda e saliente del pozzo di Palazzo Reale, che conformemente alle previsioni venne ritrovata nella perforazione artesiana delle officine delle Birrerie Meridionali, ai piedi della collina di Ca¬ podimonte, non può rappresentare che la continuazione di quella incontrata nei numerosi altri pozzi scavati nella piana della Terra di Lavoro, appartenendo tutta la zona alle estreme falde esterne di quest’ampio centro eruttivo, le quali non furono molto di¬ sturbate dai fenomeni esplosivi. Fondandosi su queste conside¬ razioni, il Dainelli fu portato ad ammettere, per il così detto secondo periodo di attività della regione flegrea , " una distin¬ zione in due fasi : prima fase, con la costruzione di un grande unico apparato ; seconda fase, con la demolizione di questo pri¬ mo apparato, ed il frazionamento del fenomeno esplosivo che ha dato luogo a numerosi piccoli apparati sulle rovine già av¬ venute, — in parte anche accelerandole e accrescendole, — del grande apparato precedente : questi stessi successivi e minori apparati, in parte demoliti e distrutti dall'azione del mare , ma meno intensamente del precedente maggiore apparato Come abbiamo precedentemente indicato , questa ipotesi, desunta dallo studio morfologico, appare confermata dalla suc¬ cessione litologica fornita dai pozzi artesiani della regione ; nel senso cioè che si può considerare il tufo verdognolo come pro¬ dotto di una eruzione sottomarina più antica, e il tufo giallo dovuto all'azione successiva di più numerose e più piccole boc¬ che almeno in parte subaeree, anche se non si può egualmente sostenere una perfetta corrispondenza tra le due varietà di tufo ‘) E noto che un solo cono, ancora più ampio e depresso, aveva già am¬ messo, in tutta la regione flegrea, il Suess (Das Antlitz der Erde, trad. frane., voi. II, pag. 604-607, tav. II. Parigi, 1900). " Au sud-est, sur le flanc est du cap du Pausilippe , le bord externe de ce grande cóne de tuf est baigné par la mer et forme falaise. Ce versant abrupt se prolonge dans la Chiaia et sous le fort Saint-Elme jusque dans la ville de Naples, puis il s' adoucit au nord de la ville. Vers le nord, ce bord externe se perd graduellement sous la piaine, dans la région de Marano ; vers l’ovest, il est marqué par les lagunes de Li- cola et de Fusaro ; de la parlie sud, aujourd'hui desséchée , de la seconde, l’Acqua morta, ime dépression se dirige au sud-est, vers le Mare Morto de Misène ; elle séparé nettement le còne Phlégréen du Monte di Procida,,. — 139 e le due fasi ammesse dal Dainelli. È vero che resta sempre a dimostrarsi se il tufo verdognolo, che per varie ragioni abbiamo considerato di origine sottomarina, debba, al pari di altri tufi verdastri più tenaci riscontrati a maggiore profondità o interca¬ lati a guisa di piccole zone nella massa del tufo giallo tipico, la sua colorazione alla presenza di sali ferrosi facilmente ossidabi¬ li ; e, nel caso affermativo, rimangono pure ignote le ragioni che contribuirono a far rimanere questo tufo, in alcuni luoghi a preferenza che in altri, in uno stato di riduzione simile a quello originario : ma si può qui ricordare 1’ ipotesi avanzata dal dott. Salvatore per le vene e le lenti di tufo verdastro incontrate nel tufo giallo del Vomero, secondo la quale queste zone ver¬ dastre potrebbero “ essere il prodotto di reazioni intime, secon¬ darie, avvenute tra i vari componenti dei tufi in epoche forse posteriori al loro periodo di formazione „ , reazioni a cui non sarebbe stata estranea la graduale decomposizione di sostanze organiche anticamente presenti nel tufo '). In ogni caso, dopo i recenti studi accurati di Rittmann e Salvatore, non è più sostenibile la supposizione del Guadagno '-), che pensò potessero appartenere a questo tufo verdognolo le inclusioni verdi che con frequenza si riscontrano nel tufo giallo dei Campi Flegrei. Queste appartengono invece ad un periodo più antico, che corrisponde alla formazione del tufo verde tipico del M. Epomeo nell’isola d’Ischia, e sono caratterizzate dalla presenza di un minerale verde, non ossidabile, spettante al grup¬ po delle glauconiti, che è ugualmente presente , come si è già indicato, nel tufo verde ischiano * 2 3). Ugualmente è da rilevare, che non risponde ad un carattere generale la minore consistenza, notata dal Guadagno , del tufo verdognolo rispetto a quello giallo sovrastante 4). Esistono infatti, *) Salvatore E. e Friedlaender I. — Contributo allo studio dei tufo napoletano. Su una varietà verde. Zeitschr. fùr Vulkanologie. voi. X, pag. 78. Berlino, 1926. 2) Guadagno M. — Notizie sul pozzo artesiano ecc. nella piazza S. M. la Fede. Boll. Soc. Naturalisti, voi. XXXVI, pag. 125. Napoli, 1924. 3) Rittmann A. e Salvatore E. — Contributo allo studio dei tufi verdi della regione flegrea. Zeitschr. ftir Vulkanol., voi. XI, pag. 173. Berlino, 1928. 4) Guadagno M. — Il tufo giallo trachitico ecc., pag. 31. Atti R. Ist. Incoragg., Napoli, 1928. — 140 — nelle collezioni da me esaminate, saggi molteplici , derivanti da pozzi diversi, che mostrano il tufo verdastro di una compattezza abbastanza rilevante, non inferiore certo a quella del normale tufo giallo: come, del resto, sarebbe da aspettarsi per effetto dei fenomeni diagenetici verificatisi nel seno delle acque, in cui quei materiali si depositarono. Accenniamo anche qui — benché si tratti di una formazione cronologicamente posteriore — ad un altro tufo giallo- verdognolo, che meglio si direbbe un conglomerato vul¬ canico, rinvenuto in alcuni pozzi costieri, prossimi alla villa Na¬ zionale di Napoli. Il Guadagno lo indicò nella perforazione di piazza Sannazzaro (con uno spessore di tn. 22) ed in quella del¬ l’Ufficio della Posta pneumatica alla Villa (spessore m. 18,7); io l'ho rinvenuto, con uno spessore estremamente ridotto (cm. 70), nel pozzo di piazza Vittoria , ed è a credere che non manchi neppure in alcuni altri della zona di Poggioreale. È un deposito alluvionale, dovuto alla demolizione delle masse di tufo giallo e degli altri tufi più antichi avvenuta nella fase di riposo che se¬ gna la fine del secondo periodo di attività flegrea ; contiene nu¬ merosi frammenti di trachite, angolosi ed arrotondati , pomici rotolate, pezzi di cristalli di saniditio, vetri incolori, gialli e verdi, ed ha una consistenza notevole, a cui non è estranea la natura argillosa del cemento. Tale costituzione e la discordanza strati- grafica con cui, direttamente o con intercalazioni di straterelii sabbiosi e ciottolosi, esso si adagia sui rilievi di tufo giallo, de¬ notano che questi avevano già subita una parziale demolizione per azione del mare e dimostrano quindi l'età più recente del deposito in parola, che andò a colmare in parte i piccoli seni di mare rimasti fra i vulcani di tufo giallo allora prevalentemente insulari. 4.-1 prodotti grigi incoerenti flegrei ed i prodotti vesuviani.-— Si è già avuto occasione di ri¬ levare, come i materiali sovrapposti ai banchi di tufo giallo si distinguano facilmente da tutti i prodotti sottostanti per la loro scarsa coerenza e per la tinta predominante grigia ; e si è anche detto come si modifichino più facilmente, da punto a punto, la 141 successione e lo spessore di questi terreni, provenienti da eru¬ zioni subaeree ed accumulatisi tanto sui rilievi denudati ed erosi di tufo giallo come negli ultimi spazi lagunari o lacustri resi¬ duati dall’antico grande bacino tirrenico in gran parte ricolmo ed emerso. Tali depositi superficiali, generalmente risultanti da alternanze varie di ceneri, lapilli, pomici e tufi incoerenti , con intercalazioni di straterelli argillosi o con scarsi resti, in zone limitate, di fauna salmastra o d’acqua dolce, e rappresentanti una riduzione e un frazionamento progressivi dell' attività erut¬ tiva flegrea, hanno di solito limitata importanza geologica, per¬ chè non è facile riconoscere da quale delle numerose piccole bocche crateriche di questo periodo essi siano derivati , ma ci permettono tuttavia, specialmente in quei pozzi nei quali si av¬ vicendano con i prodotti leucotefritici vesuviani, di stabilire, nella storia delle due diverse zone vulcaniche napoletane, un’al¬ ternanza di attività tra le ultime eruzioni dei Campi Flegrei e le prime del Somma-Vesuvio. Ben maggiore risulta invece la loro importanza tecnica, quando si consideri che una gran parte dei fabbricati cittadini poggia su questi tufi grigi , allorché le fon¬ dazioni non raggiungono il tufo giallo più profondo ; ed ancor più notevole ne è l’importanza agricola, quando si pensi che essi, con gli straterelli più elevati nella serie , costituiscono il terreno vegetale. La notevole fertilità della regione, celebrata fin dalle antiche civiltà, è essenzialmente collegata a quest’ammanto superficiale di prodotti flegrei e vesuviani, che, ricco di potassa e ben fornito di fosforo, di natura prevalentemente sabbiosa, ma tuttavia leggermente argilloso, " mediocremente sciolto, poroso, permeabile, facilmente aerabile , offre pochissima resistenza agli strumenti agricoli e migliora straordinariamente con le abbon¬ danti concimazioni „ l). 5. - L'antica configurazione del golfo di Napoli, desunta dai caratteri dei fossili e dalla successione dei prodotti riscontrati nei pozzi artesiani. — Le osservazioni precedenti hanno l) Galdieri A. e Paolini V. — Il tufo campano di Vico Equense. Loc. cit., 1913, pag. 9; Sacco F. — Cenni di geologia applicata nell ’ Appennino meridionale. Giorn. di geologia pratica, voi. Vili. Perugia, 1910. — 142 — già chiaramente dimostrato, come, per effetto della multiforme potenza dei fuochi ipogei e delle forze esterne dell' aria e del¬ l'acqua in tutte le loro varie manifestazioni, si sia andato pla¬ smando, modellando e trasformando quest'incantevole lembo di terra della Campania Felice : sicché poche parole basteranno or¬ mai a riassumere, a guisa di conclusione, la storia geologica del golfo di Napoli durante l’èra quaternaria. Col principiare del Pleistocene, prima ancora che si accen¬ dessero i più antichi fuochi vulcanici della regione, tutto l’ampio piano della Campania, che dai monti di Gaeta, della regione Aurunca e del massiccio del M. Massico si estende, attraverso l’Appennino di Capua, Caserta, Nola e Nocera, fino alla base della penisola sorrentina, doveva costituire una vasta insenatura marina di circa 90 Km. di corda e di almeno 30 di freccia, in cui si accumulavano i ciottoli, le sabbie e i fanghi portati dalle acque scendenti dalle alture verso il mare, che da un livello molto più alto veniva gradatamente abbassandosi per raggiun¬ gere il livello attuale. Mentre questi sedimenti marini e deltizi si formavano inglobando i resti della fauna e della flora, le prime eruzioni costruivano un cono vulcanico, che innalzandosi gradatamente dal fondo marino dava origine alla primitiva isola d’ischia. E via via che l'isola emergeva sempre più alta, nuovi fuochi si accendevano ai suoi fianchi, e poi più a nord e più ad est, formando nuovi crateri, i cui prodotti frammentari riem¬ pirono gradatamente il vasto seno di mare, costruirono isole mano a mano più numerose e a base sempre più larga, e, sparsi dai venti in ampie nubi, ammantarono il continente vicino. Dopo le fasi esplosive subentrata la calma, nuova vita di animali e di piante ripopolava le acque; ma cambiandosi man mano l'ambiente - chè l’accumularsi dei materiali endogeni trasformava in estua¬ rla, in lagunare e quindi in continentale l’antica plaga marina¬ si modificavano conseguentemente i caratteri dalla fauna e della *lora, che attestano, insieme con la facies dei tufi vulcanici e dei sedimenti costieri più grossolani, la graduale colmatura del bacino. Lo spostamento negativo della linea di spiaggia ed i fenomeni eruttivi posteriori, continuati, benché con diminuita intensità ed estensione, anche dopo il Diluvium medio e recente. ne\Y Alluvium e nell’Olocene, portarono alla emersione completa — 143 — di larghe zone del primitivo bacino: prima del tratto settentrio¬ nale, con le fulve prominenze tufacee dei vulcani flegrei, e poi anche di quello orientale, ove l’unico ma sviluppato apparato eruttivo del Somma-Vesuvio ha quasi accentrata in sè tutta l’energia endogena residua della regione. Con queste emersioni € con le imponenti alluvioni depositate dai fiumi presso la costa, le quali riempirono gli ultimi intervalli e canali rimasti facendo sempre più progredire il dominio della terra ferma, il primitivo bacino si è ormai ridotto a meno di un terzo della originaria lunghezza, ed i coni e le colline tufacee plasmate dai fuochi sot¬ terranei e poi sventrate da posteriori esplosioni, son divenute preda degli agenti esterni, cioè vengono rovinate e distrutte dalla degradazione meteorica o rimangiate dal mare, in cui per la maggior parte si formarono. Così nel piccolo ma incantevole lembo di terra campana si rendono particolarmente visibili i fattori costruttivi e distruttivi, che con alterna vicenda concor¬ rono a rinnovellare le forme del globo. Napoli , Istituto di Geologia della R. Università, Febbraio 1931 (IX). Riassunto 11 lavoro illustra la successione dei materiali incontrati nella tri¬ vellazione di numerosi pozzi della Campania e conservati nel Museo di Geologia deH’Università e nel Gabinetto di Geologia applicata della R. Scuola d’ingegneria di Napoli. Esso comprende, oltre ai necessari riferimenti storici e bibliografici, l’elenco dettagliato delle rocce e de¬ gli avanzi organici rinvenuti alle diverse profondità, brevi cenni rias¬ suntivi diretti a stabilire, per ciascun pozzo, l’origine e la disposizione dei prodotti principali e a renderne quindi più facile e spedita 1’ in¬ terpretazione geologica, ed infine gli opportuni confronti tra le per¬ forazioni viciniori o petrograficamente più affini. Vengono poi prese in particolare esame le varie questioni riguardanti le fasi dell’attività vulcanica locale in base all’ordine di sovrapposizione dei materiali eruttivi e sedimentari allo scopo di lumeggiare , con 1’ aiuto dei dati forniti dai pozzi artesiani, l’origine e le vicende del golfo di Napoli durante il Quaternario. Finito di stampare il 30 marzo 1931. La conducibilità elettrica e l’indice di rifrazio¬ ne dell’acqua marina nel Golfo di Napoli e man adiacenti del socio Dott. Ester Majo (Tornata del 12 agosto 1930) Precedentemente riferii ') i risultati relativi ad alcune mi¬ sure ottiche ed elettriche eseguite in laboratorio su diversi saggi di acqua marina prelevati nel Golfo di Napoli nell'agosto 1925. Nell’agosto 1926 ebbi occasione di continuare e completare le ricerche con gli stessi mezzi. Con l’apparecchio Rie h ter, montato sul cavetto dello scandaglio, raggiunta la profondità voluta, mediante la ca¬ duta del messaggero si determinava il capovolgimento del termometro e la chiusura del cilindro metallico, aperto nella discesa, e destinato a prendere il campione dell’ acqua. 1 saggi venivano conservati in bottiglie di vetro verde a chiusura auto¬ matica e anello di gomma, preventivamente lavate come già si disse 3). 11 collo e l’ imboccatura della bottiglia venivano rico¬ perti, e fissati mediante legatura, con carta pergamenata. Ogni bottiglia si provvedeva di etichetta portante il numero di ordine, la data e l’ora, la temperatura dell’aria e quella in sito. A parte si segnavano le altre osservazioni. Nella Tabella 1 riporto l’indicazione del sito dove vennero prelevati i campioni, la data, la tempertura dell’acqua marina alla profondità raggiunta e quella dell’ aria, Io stato del cielo e quello del mare. *) Majo, E. — IL potere rifrangente e la conducibilità elettrica dell' acqua marina nel Golfo di Napoli. Boli. Soc. Nat. Napoli, voi. XL, pag. 142-46. 2) Loc. cit. 10 - Tabella — 146 — o o (/) o n o a n O E n O s £ 03 p 03 U R « CJ R R » « U C tf> p ~7n o <55 QJ bjQ U) QJ 03 3 C 7 u QJ bJD bjo jj o3 CT o •— > i—i i—i i—1 i — < i—1 i— • CN ^7 ^7 t> o LO 7 00 D. .2 o o o o O o o o o o CO d IO -7 CO CO CO CO* QJ CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN [— . QJ U O LO LO o CN — io O' o o co 7 co d d Io LO tT io CO lo CO IO -7 '7 7 lO -t io 7 iO CO IO CO CO o o o o o o 6 o o 0 o o o o o o o o o o O — o — O O — • o — o — O — o — O CN O CN £ J- o S? 'xf' ^7 7 7 7 7 7 7 o ^ U bX) !! Il Il II Il II Il II Il II Il li Il II Il 11 Il II Il II 8-c< 3J^ 8-«< S-c^i 8-r-Ì 3~<< B-c< vO CN « « « « « A A « c3 1 i i 1 1 ! 1 1 1 i c3 co CO 00 00 00 oo 00 00 00 oo Q •*7 ro co io io vO 00 ci CN CN CN CN CN CN CN C 2; "2 ^ o - > > > VII Vili lx| X ■° 147 — Le osservazioni in sito si eseguirono sempre tra le ore 14 V* e le 16. 11 vento fu sempre debole e in nessun caso si ebbe pioggia. I risultati delle misure fisiche relative all'indice di rifrazione e alla conducibilità elettrica, dei vari saggi eseguite col metodo già detto ') , vengono riportati nella Tabella li dove figurano pure gli scostamenti positivi o negativi, dal valore medio di tutte le misure. Tabella li. N. d'ordine Conducibilità elett. k a 26° Differenza dalla media Indice di rifrazione a 26° Differenza dalla media I 0.0713 — 0.00070 1.331480 0.00254 II 6951 — 0.00132 1391 — 0.00343 III 6827 — 0.00256 2059 4 0.00325 IV 7388 4 0.00305 2219 4 0.00485 V 7488 4 0.00405 1412 — 0.00322 VI 6772 — 0.00311 1533 — 0.00201 VII 7198 -f 0.00115 1861 + 0.00127 Vili 6924 — 0.00159 1948 4- 0.00214 IX 6907 — 0.00176 1499 — 0.00235 X 7362 4 0.00279 1938 4 0.00204 Per la conducibilità elettrica si ebbero valori da 0.07488 a 0.06772 e per l'indice di rifrazione da 1.332119 a 1.331391. Il valore medio di tutte le misure eseguite nel 1926 ri¬ sultò per l’indice di rifrazione : 1 . 3317:54 e per la conducibilità elettrica 0.07083. Discussione dei risultati. I risultati ottenuti nell’agosto 1926 si integrano con quelli già ottenuti nell’agosto 1925, perciò nella Tabella III riassumo tutti i valori. 9 Majo, E. — Loc. cit, 148 Tabella III. N. Coordinate Conducibilità Indice d' ordine geografiche elettrica k a 26" di rifrazione 1 t = O O O — 42’ 37’ 0.06533 1.339418 2

i • — -’ ed cn p p p p o p p o p o ni ni co cn t> — ’ *— * o o* c b£ fcx p in CO O) p © CN vO o o OC^»nCNCNCNCOOCNO O ■ — CN p ■ — 1 CN q -t ■ — 1 *o n d e d — ’ ed ’ ed ed «o pppppvopcjinpp ed ni r^* ^ in © ni ni -* ed Aprile 1 ^q(NrHr-rH(r)0'-’r^OCDcÓCD<‘DcÓ^DlCN nDJO'tGO-t^ocN oqo'tqq>q'co*t ’tqo-iLn^D^soo CNOOÓCN^^Ò'à'CÒ— D d ^’o iT) 4 00 6 N Ò r-lD40ÓXcGXcdCNc4oO O oo tq O X O'0|ifìi q O in 00 D| ^Dl ^ N in ^ qOOOCNvOOOOCNOO n O' o o — ’o’o’ j1' oó *t in d d o O' o -h co' a» o © cd’ od ò x **f cn © oo X X cqqxpooqoo^q © cd p © cn ^ o o q oo ^o>co_ qoo CNXCNvd'OoÓCNO—^O C --- DÌ ^ D N DÌ D -t o O* CD* ©n*00* CD in © X p o p CO p CD# — ; DI CN -t 't cn o i* d cd in n qO(NO^ODIO’t — < CD O ^ 1 © CD CN © *i« CD C'-* ^* CN o od r^‘ oo oó có oó ^ ^ *— 'CNCD^XOD-COO' 'DJDJTfinOh-ODDO -DJCD-fLnONCODO<-H CNCNCNCNCNCNCNCNCNCDCD — 164 — Die. CC a ^ h- O C4 O CO !N o vo ^ co © co o O CN* o co q n o oo co e o co — ’ — ’ — ’ t>-* O V VO* ©’ oo o* ooocNin^te^-^ocNr^- oÓcoÓCNcÒÒ^^ÓCN^i z ve O - W5 lD o M O w"t co O' oò os in 6 od 't ^ (NO€0'0'(NO'Oirun LnocN^óoòc^-cócó O CO ^ ^ CN CN CN CN CN códddcòròdddd o O 5 in--— -cn-^LnGOLnt^in CO vO O' © — • CN id — rr e-* © — ; CO © O 00 a» CN co o ' in ed © o* ~ co co’ co’ o* © © O © O © r*- r-« — - O odGoe5'd,ededcded od ed Sett. mc^^ONOcoa-to o - - d d ifi ^ o 9 ^ co ^ O) oq m O' — rp o* o o in* co co* in* ^^voo^ppqino oo’ t"-’ t>- cn ed in* — * ed — £ C/3 o u < O CO -r O O O CO LO h~; ^CNLO^OtNOtN^-' coooo-tcoinooNco CN CN CN CN CN CN* — * CN* ©* — ’ © ^ co co © cn co © cn in CN* — ’ CN* CN — ’ — * — * CN O* CN* O III Luglio rH O N O CO CO in 00 in ed ed ed ^ ed ed od m* co in co e?' io co n o e ^ co’ o CN* CN* co* oo* ©‘ o* co’ co cd © co oo__ in in m in cn r— *— •* co’ co* co co co* co* ed — ’ *— * — < UJ 02 e tl OCO^^-OiDNOiD cocò-^oco— ^CNCO^CO* O'ioooinoiO'-inoo co r-T ^ co’ cn* ed ©’ — ’ — ’ co* ocqooqoiooD-L- cd ^ ed 'd co* N" o* cn ed co* < r-1 o & b£ 03 O © O ^ LO vO ON vO © a-'^oodcii'hio' CO jCOOO^O ©*inòcdoócdcdcdocd in 00 O) © ov 00 ^ CN CN © o ’ o o < I— o Z o tc o "Se o tue sx b£ D- < X X ojoocqcooj^inocNco cdinXXoiot^idXcd °q ri rf °o oo oo q o 01 oc q o in n cs CN rf r^ifiddh^'tdoi'-:d O' cn ^ o o co q O) ^mndcNNindd-' Ln^q^mcqo^cooi 04* id ed in od co co* o-** co o (NO^tOCOO^O-- eo o 4 Ò Ó if) CM -- O CO X o o co oq n in oq -t cm_ — 2 fò^dddinVNoó't ^cooincocoh-^o — cÒCN^'^Ó'-^t^-cÓcÓO' ooooocjcnohifìcoq vd oo cn d in a 6 co* o © ® 04 p CO — ; p — ■ t"- 04 in 1 rsi O — * 04 f"-* CO* O CO* O CO po-oi^^inooo^ eo ed có ' có co '~f> 00 O 04 C X oi X - > oo in ^ p oo vq !^^ooV vd — NOincsN-^NOO 04 CO -—■ 04 04 04 CO *0 04 04 oioo;cooif)0)inqifì 04 04 CO — 04 04 O CO 04 O -h q q q q ì; - q q n — 04* CO O ^ 04 oi oi ~ o o oi in Tf o o co o in q co cdcdoicdcdcdcdcdadcd inooo-tooin-t^o '-"o6dc')ró^-*oicò *-iroooioo'inocoO 04 04 O' 04 CO 04* — ’ OÌ CO* 04* o-ooo^ocoinin 040^04 01^0100)04 04 o o «5 co co m oj oi o in X X ed ^4 04* 04 CO 04* X ’-^-qcoqinoioiqco oi cò — co 0*4 04 CO 04 04 •tojqqqqqqoq ^-OONCO^CO-t o-'dq^qqo^q o* ed co rX 04* o co — * — — • in q r oi o q ^ o co 6 oi in d o aj oi — * o* oi ooOido Nocoqq òòdaj^^idodd X X ed o ed ed co* co eq o- io — < o — ; p 04 -o in* X od in d ed ed X od od oc-O'toioqqq ed o-‘ eo" ed o-* co* co o "Ex -j qiriNTf q^mqq't O' H có co co co co (N co ri in — n ’t oq a oq q rt> edoededo* cdedcdcd qqqqohqoq^d cdnicdcdcdcNcdcNcdcdcd cf'^cdoóh^©~ © o — * a © cn oo rq o cNaacdcdo— icdoi^ < e te te oi - d (N d - co d ° - q q q ci x o q ed a* ed © o cn «d h-’ •oooo-tcNoqnq cN__q còcd^h-cò'-^'-H'-^'^cdod Aprile Oin^ocN^co-^ooin ONin^dcnco^-'^ CV]'trj"+OlM'-iMiNC5 © ed o © od od ed — ■ ‘ — •* cn co q — *-q cn © oo o — ! 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Die. 25.0 27.1 33.9 116.0 40.1 57.5 39.4 136.0 24.7 31.2 25.3 X q q oo oo co d --r ^ co 128.9 or 05 ri d ri LO LO Tf q d LO > o z 43.5 24.8 33.1 101.4 33.7 63.2 50.3 i — 147.2 LO ^ Lo co 02 110.6 CO CO 02 co d C5* co co -r 00 02 ''T q q q d o d ■** 02 LO X d Ottobre co d oi r- co r- 206.8 I 78.5 72.1 64.6 04 LO Oi q q o d lo -r LO ^ x 185.8 OOrft d d d LO CO 164.6 ri lo x CO CO LO co c— -r 182.5 Sett. 104.5 74.2 47.2 225.9 o 02 — ■ 02 -r 05 00 C5 O co LO* 02 co x co t- d co r- c- lo 210.4 — - q q 02* d 05 00 iQ lO q 00 C5 q ri t> CO* d X 233.6 Agosto 120.6 1 18.1 1 18.5 357.2 q q co co co — O CM 104.7 115.0 129.7 02 -r co 126 4 112.9 117.6 356.9 104.0 88.4 90.8 283.2 Luglio 105.5 108.3 139.6 353.4 101.1 113.3 141.5 04 LO 113.7 1 17.0 129.7 360.4 123.3 111.8 132.1 02 r- co 129.6 128.9 145.3 403.8 Giugno O* 02 q CO 05 — 348.8 1 114.1 i 102.3 97.2 313.6 117.4 111.4 123.8 co 02 lO 02 CO CO 02 d 02 lo O — < 02 rH d q q 02 0 2* r- d 05 02 330.2 Maggio LO 00 co X 04 02 00 05 253.9 81.6 94.7 98.5 274.8 73.9 108.7 111.3 C5 co Gvì CD LO ^ d d O LO ( - ^ 241.5 110.1 77.3 118.4 305.8 Aprile 02 O 02 d CO oc O LO LO 175.4 93.9 48.6 77.9 220.4 70.7 74.9 95.8 241.4 58.8 78.8 61.0 198.6 g X 02 218.7 i Marzo co 02# o d o lo »o C in 162.5 o CO co LO CO CO C— lO lO 02 LO 00 LO o o co d lo LO LO 184.6 q X lO x d 02 lO tt CO - 02 -f LO d (- 0*2 lo X o o t'I Febbr. o o co co d -r LO — co 106.3 CO o? co o 02 co* T ''f ''T 129.1 co -t o? -r lo oc CO ( - CO 177 9 co r i ( - lO tO t— CO' X q x q h d x co l'¬ io Gennaio 40.7 75.8 68.0 184.5 lo CO O ! r ( - co X 07 l- r- 04 CO 00 r- co X - co co o - lO c- 02 r- 05 co ’T -r 134.4 Totali decadici e mensili III li I O •J. s - = = ti. c III 11 I o X o III II I o X o " = o XI CD Anni 926 1 9261 co IO 8261 6261 168 — Riporto nel presente specchietto i dati segnati in grassetto nelle Tabelle I a V rilevando il massimo totale diurno riscontrato per ciascun mese degli anni considerati : G F M A M G L A S O N D 1925 8.5 9.1 10.2 12.0 13.3 14.0 14.6 13.2 12.1 10.0 8.8 8.7 1926 8.7 9.6 10.0 12.6 13.6 14.0 14.0 13.2 11.4 9.7 9.3 8.8 1927 9.0 9.8 10.2 12.3 13.9 14.0 14.0 13.0 11.4 9.7 9.3 0.0 1928 8.5 9.3 10.4 11.5 12.7 13.3 13.8 13.2 12.0 9.3 8.5 7.8 1929 9.2 10.8 10.4 12.0 13.6 14.0 13.9 13.2 11.5 8.4 9.2 8.1 In totale nel 1925 si ebbero ore 2592.1 ; nel 1926 se ne ebbero 2710.6 con un aumento di ore 118.5; nel 1927 se ne ebbero 2685.8 con diminuzione di ore 25.8 ; nel 1928 se ne ebbero 2599.5 con diminuzione di ore 86.3 ; nel 1929 infine ore 2716.9 con aumento di ore 117.4. Le medie del periodo 1925 - 1929 sono : G F M A M G 147.98 150.84 174.08 210 90 273.98 337.96 I Anno 2660.98 L A S O N D \ 369.00 336.56 222.72 190.98 122.56 122.52 cioè il massimo si ha in luglio e il minimo in novembre-dicem¬ bre con una differenza di ore 246.5. Dati stagionali. Tenendo conto che le stagioni meteorologiche comprendono per 1' inverno: il dicembre dell’ anno precedente, gennaio e febbraio; per la primavera: marzo, aprile, maggio; per l’estate: giugno, luglio, agosto e per 1' autunno: settem¬ bre, ottobre, novembre ; ho calcolato per ciascun anno le medie stagionali, considerando naturalmente il dicembre 1924 nell' in¬ verno 1925 cioè ho tenuto conto del totale di ore 120.5 relativo al dicembre anzidetto. 1 valori sono i seguenti : 169 — Inverno Primavera Estate Autunno 1925 411.3 591.8 1059.4 534.1 1926 391.4 680.4 1011.1 607.7 1927 451.7 7 1 9.9 1262.2 506.8 1928 401.7 572.1 1072.2 505.8 1929 420.6 730.6 1017.2 526.9 cioè in media per il periodo 1925 - 1929 : Inverno Primavera Estate Autunno 414.34 658.96 1084.42 536.26 Considerando il valore invernale di ore 414.34 si deduce che quello primaverile lo supera dell’ 1 .59 °/0 , quello estivo del 2.62 °/0 c quello autunnale dell’ 1.29 °/0. Nel passaggio da una stagione all’ altra , dall’ inverno alla primavera si ha un aumento dell’ 1.59 °/0 ; dalla primavera alla estate dell' 1.65 °/0 ; dall’estate all'autunno diminuzione del 2.02 °/0 e dall’autunno all’inverno diminuzione dell’ 1.29 ®/0 . Valori normali diurni. Tenendo conto delle medie mensili del periodo si ricavano i seguenti v a lori normali diurni per ciascun mese, spressi in ore : G F M A M G L A S O N D 4.9 5.0 5.8 7.0 9.1 11.1 12.3 11.2 7.4 6.4 4.1 4.1 con un valore medio annuale di ore 7.4. Eliofania relativa. Considerando il numero totale di ore , in cui durante ogni mese il sole sta sull' orizzonte nella nostra latitudine , ho calcolato 1’ Eliofania relativa espressa dal rapporto tra 1' Eliofania assoluta e il numero anzidetto ed ho otte¬ nuto i seguenti valori : GFMAMG LA SOND 0.54 0.51 0.71 0.53 0.61 0.77 0.82 0.79 0.60 0.56 0.41 0.43 170 — con Eliofania annuale media di 0.62. Oltre questo va* lore notevole giova rilevare che il più basso valore non scende al disotto del 41 °/0 e il massimo raggiunge 1’ 82 °/0 del numero totale di ore in cui il sole sta sull’orizzonte in ciascun mese. Riassunto Dai totali diurni relativi alla eliofania assoluta per gli anni 1 925— 1929 vengono determinati i totali decadici, mensili e annuali, rilevando i massimi totali diurni avuti per ciascun mese del periodo considerato. Si calcolano i valori stagionali e i valori normali diurni. Si passa quindi al calcolo dell’eliofania relativa mensile e annuale e si rileva che il più basso valore non scende al disotto del 41 °/0. mentre il massimo raggiunge 1’ 82 °/0 del numero totale di ore in cui il sole sta sull’orizzonte in ciascun mese. Finito di stampare il 10 giugno 1931. Le mareggiate a Napoli del socio A. Andreotti (Con la Tav. 2) (Tornata del 6 giugno 1931) Ogni anno, per quattro o cinque volte, di solito nei mesi da novembre ad aprile le acque del nostro Golfo, quasi sempre tranquille, mosse o lievemente agitate, si alzano maestose in grandi ondate che si propagano dal largo, si accavallano, pie¬ gano le creste alla risacca e si frangono spumeggiando fragoro¬ samente a riva. Sono giornate di depressione barometrica, giornate di cielo grigio, di notevole velocità del vento (20-30 Km. ad ora). L’esame delle osservazioni sullo stato giornaliero del mare e sulle condizioni meteorologiche per il periodo 1926-1930 danno i seguenti valori medi : Stato del mare 1 ) Pressione atnrosf. a0° Velocità del vento Gennaio 2.0 mm. 759.6 km. /ora 8.3 Febbraio 2.2 » 760.0 » 9.4 Marzo 2.2 » 758.7 » 8.7 Aprile 2.5 » 756.5 » 9.1 Maggio 2.1 » 757.3 » 7.8 Giugno 1.7 » 758.6 » 6.9 Luglio 1.5 » 758.4 » 6.8 Agosto 1.6 » 758.8 » 6.7 Settembre 2.1 » 759.5 » 7.1 Ottobre 2.0 » 759.3 » 8.7 Novembre 2.2 » 759.2 » 8.0 Dicembre 2.0 » 757.4 » 8.4 Anno 2.0 » 758.7 » 8.0 4) Secondo la S c a la adottata dall' Istituto di Fisica terrestre della R. Università di Napoli. 0 = calmo; 1 = quasi calmo; 2 = leggermente mosso; 3 = mosso; 4 = agitato; 5 = molto agitato ; 6 = tempestoso. 172 Cioè lo stato del mare presenta il massimo assoluto in aprile, mese in cui coincidono il minimo assoluto di pres¬ sione atmosferica e un massimo della velocità del vento. Per la frequenza annuale del vento secondo le varie dire¬ zioni risultano i seguenti valori *) riferiti a 100: N NNE NE ENE E ESE SE SSE S SSW SW 18.5 8.0 4.3 1.9 3.7 1.1 5.1 8.8 13.6 9-7 5.8 WSW W WNW NW NNW 2.6 4.4 2.2 3.8 6.5 e per quadranti seguono per ordine di frequenza i venti del l0, e 3° quadrante coi valori 32,7 e 31,7 e poi quelli del 2° e 4°^ quadrante coi valori 18,7 e 16,0. Inoltre la frequenza relativa, per i giorni raggruppati seconda lo stato del mare, dà in media la ripartizione : mare calmo — quasi calmo — per giorni 58 » quasi calmo — leggerm. mosso — » 145 » legg. mosso — mosso — » 97 » mosso — agitato — » 47 » agitato — molto agitato — » 12 » molto agitato — tempestoso — » 6 Degni di particolare nota sono i giorni in cui lo stato del mare è molto agitato o tempe S t 0 s 0 e propria- mente rilevo per il 1926-1930 : Data Direz. vento Veloc. vento (km. /ora) 4 aprile 1926 ENE 26 24 » » SSE 32 25 » » SSW 22 21 novembre » SSW 20 17 gennaio 1927 WSW 18 6 febbraio » ENE 25 24 marzo > SSE 24 0 Media delle tre osservazioni giornaliere. 173 — Data Direz. vento Veloc. vento (km. /ora) 17 aprile 1927 WNW 28 24 settembre » SE 13 25 » » SE 20 23 novembre » SE 18 28 dicembre » sw 15 26 novembre 1928 NNW 28 27 » » ssw 18 5 gennaio 1929 SSE 25 16 » » SSW 22 4 febbraio » NNE 41 26 settembre » ENE 43 15 novembre » S 14 18 gennaio 1930 NNE 19 1 febbraio » SSE 32 10 » NNE 19 21 » » NNE 19 31 marzo » SSE lb 4 aprile SSE 16 14 » » W 16 15 » » wsw 20 16 » » SSE 9 19 maggio » S 18 12 novembre » E 14 30 dicembre » NNW 9 11 raggruppamento delle velocità del vento dà in media per direzioni e per quadranti sempre per mare molto agitato o- tempestoso : NNE km. /ora 25 1 1 ENE /> 31 L° quadrante km. /ora 23 E » 14 1 | SE km. /or a 27 1 1 SSE » 22 2° quadrante km. /ora 22 S » 16 ' 1 174 — ssw km. ora 20 J sw 15 1 wsw jy , 3,J quadrante km. /ora 1S w » 16 ' WNW » 28 f NNW jg ^ 4° quadrante km. /ora 24 Notiamo che i venti del 3fl quadrante in corri spondenza del massimo stato di agitazione del mare, hanno velocità inferiori a quelle dei venti degli altri quadranti. Risulta per la frequenza mensile di giorni con mare molto agitato o tempestoso : G F M A M G L A 0.8 1.0 0.4 1.6 0.2 — — — s o i\ D 0.6 — 1.2 0.4 cioè la massima frequenza mensile è per il mese di aprile, seguono poi, novembre, gennaio, febbraio, set- tembre, dicembre e marzo , maggio. Per i mesi di giugno, luglio, agosto e ottobre la frequenza è nulla. Nei giorni di mare molto agitato o tempestoso le vie lungo mare, in città, da Castel dell’Ovo per via Partenope e via Ca¬ racciolo sino a Posillipo , presentavano uno spettacolo insolito. Le Figure 2 e 3 riferentisi rispettivamente alle mareggiate del 25 aprile 1926 e 23 novembre 1927 danno una idea della vio¬ lenza delle ondate che venivano ad investire in pieno i muri di sostegno di via Caracciolo e per conseguenza facevano verificare sgrottature sottostanti per erosione, notevoli avvallamenti stradali, e, scavalcando o abbattendo anche il parapetto, riversavano vio- lenti getti di acqua nella strada e ne impedivano il traffico. Alcuni lavori iniziati nel 19-3 dall’ Ente Autonomo per il Porto, tra Castel dell’ Ovo e Piazza Vittoria, e, poi sospesi nel 1925, furono ripresi nel 1926 a cura deH'Alto Commissariato di Napoli e portati a termine nell’ottobre 1928. 175 — Una prima scogliera di oltre 400 metri , aderente al muro di sostegno, fu costruita a protezione di via Partenope. Con la berma della larghezza di m. 12 a tu. 1.50 sul livello del mare e la scarpata con inclinazione di m. 3 di base per 1 di altezza. Inoltre un frangionde, costruito di fronte allo sbocco del col¬ lettore principale, lungo m. 40 con berma della larghezza di m. 8 a m. 2 sul livello del mare e le scarpate con inclinazione esterna di m. 3 di base per m. 1 di altezza e quella interna di m. 1 per 1. Sottostante via Caracciolo è stata ripristinata la scogliera sino al porto Sannazaro con lunghezza m. 460, berma della lar¬ ghezza di m. 10 a m. 1,50 sul livello del mare e scarpata con inclinazione di m. 1,50 di base per m. 1 di altezza. In corri¬ spondenza il frangionde, lungo m. 40 , ha la berma della lar¬ ghezza di m. 5 a m. 1,50 sul livello del mare e le scarpate con inclinazione , quella esterna di m. 3 di base per m. 2 di altezza e quella interna di m. 1 di base per m. 1 di altezza. Altri quattro tronchi sorgono tra la scogliera foranea di porto Sannazaro e largo Sermoneta e in ultimo è la scogliera po¬ sta a difesa dell’ abitato in corrispondenza dell’ Ospizio marino Padre Ludovico da Casoria. Nella Figura 5 è rilevata la scogliera che si estende a protezione di via Caracciolo sino a via Partenope e Castel del- l’Ovo. Nella Figura 4 il frangionde di via Caracciolo. Tali lavori *), che hanno richiesto una spesa di circa cinque milioni ed un impiego di oltre centomila tonnellate di scogli, impediscono alle mareggiate di danneggiare attualmente le vie litoranee. Notevole è stata la violenza delle mareggiate verificatesi quest’anno e cioè 17 febbraio 1931 direzione vento SSE velocità 25 km./ora 18 » » SSE » 28 19 » » » ESE » 20 » 20 » » » SSE » 25 » ló aprile » ' » SSW » 16 » ') " Napoli „ — Le Opere del Regime dal settembre 1925 al giugno 1930. Ed. Giannini, Napoli 1930 (pag. 71-74). — 176 — Con vento di SSE di 25 km. /ora di contro ai 22 del periodo 1925- 1930 e del 2° quadrante di 25 km. /ora di contro ai 22 pure dello stesso periodo. Per i lavori eseguiti le grandi ondate, provenienti impetuose dal largo, perdono la loro energia sulle grandi scogliere di pro¬ tezione dove, frangendosi, s’ innalzano in bianca e minutissima spuma. Tale effetto è rilevato nella Figura 1 relativa alla mareg¬ giata del 20 febbraio 1931. Le ondate investono e si rompono parzialmente sul frangionde di Piazza Vittoria, s’infrangono total¬ mente e spumeggiano sulle nuove scogliere di via Partenope e di via Caracciolo. Riassunto Dallo studio delle osservazioni sullo stato giornaliero del mare e sulle condizioni meteorologiche per il periodo 1926-1930 vengono determinati i valori medi mensili dello stato del mare, della pressione atmosferica, della velocità del vento ; la frequenza dei venti per dire¬ zioni e per quadranti ; la ripartizione del numero dei giorni dell’anno secondo lo stato del mare. Si rilevano poi le importanti mareggiate del detto periodo e per esse si calcola in media il vento che le accompagna per direzioni e quadranti e la frequenza delle mareggiate. L’azione del mare in tali circostanze sulla strada costiera (Fi¬ gure 2 e 3) per cui è stato necessario costruire scogliere di prote¬ zione e frangionde (Figure 4 e 5) così le onde impetuose perdono la loro energia e s’infrangono (Figura 1) innocue alla strada. Finito di stampare il 10 giugno 1931. Il temporale del 22 giugno 1929 del socio A. Andreotti (Tornata del 6 giugno 1931) Il 22 giugno 1929 per Napoli e dintorni si ebbero le seguenti quantità di pioggia temporalesca : Napoli (Aeroporto Capodichino) mm. 70.5 Napoli (R. Osserv. Capodimonte) » 65.2 Napoli (Serbatoio Acquedotto) » 46.2 Napoli (Serv. Idrogr. Gen. Civ.) » 42.3 Napoli (Ist Fisica terr. R. Univ.) » 36.3 S. Rocco Capodimonte » 29.0 Agnano » 26.0 Napoli (Fognatura Marinella) » 24.2 Camaldoli » 7.3 Portici » 6.8 Pugliano » 3.0 Vesuvio » 2.6 Valle Pompei » 1.6 Torre del Greco » 1.5 Scafati » 1.0 Si rileva che fu interessata prevalentemente la parte a nord della città, la città stessa, un pò la regione flegrea e poco la vesuviana. Le osservazioni delle sette del mattino alla Stazione Radioaerologica di Capodichino tra le quote di 1000 e 1500 m. davano in media velocità di 8 km. /ora con direzione prevalen¬ temente W. - 12 - 178 Dai vari osservatori della rete napoletana alle 9h per la ne¬ bulosità venivano indicati 6/'l0 di cielo coperto e per la forma delle nubi si rilevarono cumuli, alto-cumuli e cirri. Verso le llh il sole co- Fig. 1. minciò a coprirsi e si èbbe l’annuncio del temporale coi primi tuoni da nord : dopo poco si avvistò il nembo. Alle llh 35m il temporale passò nella parte bassa della città con lampi luminosissi¬ mi, tuoni fragorosi, pioggia abbondante e nevischio. 11 passaggio del tempo¬ rale è segnato dal barometro registratore con un rilievo piesso a poco verticale ( cro¬ chet d’orage). 11 vento che fino alle 1 lh ebbe sempre la direzione Sud con velocità non supe¬ riore ai 9 km. / ora passò alla direzione Nord durante il temporale con velocità di 26 km. /ora tra le 1 1 h e le 11 h 30 m e 20 km./ ora tra le 1 1 h 30 m e le 12 h per poi ritornare a 5 km. /ora tra le 12 h e le 13 h La temperatura da 27°, 8 prima del temporale, disce¬ se rapidamente sino a 15°, 3 alle 12h20m. L’umidità si mantenne durante il tempo¬ rale a 85 °/0. Un colpo di vento vio¬ lento con cambiamento brusco di direzione e alzata rapida dal 179 - barometro sono i dati caratteri¬ stici per il passaggio di un tur¬ bine o nembo '). In una depressione ordina¬ ria, senza turbine, il barometro dopo essersi abbassato più o meno regolarmente risale ugual¬ mente, mentre l'effetto del turbi¬ ne è quello di aumentare la pres¬ sione di una certa quantità. Nella Fig. 1 riporto il dia¬ gramma della pressione atmosferica rilevato dallo " Statoscopio „ che funziona da barometro differenziale ed ha un sufficiente sviluppo orario. L'ap¬ parecchio fu messo in funzione alle 1 1 h 42"; La pressione iniziale ridotta a 0° di mm. 759,30 : quel la finale delle 12h 31 m pure ri dotta a 0° di mm. 758,80 con variazione di mm. 0,50. Nella Fig. 2 riporto il dia¬ gramma integrale della quantità di pioggia in funzione del tempo. In esso si distinguono cinque fasi per le quali rilevo il periodo, la durata , la quantità di pioggia e l'intensità media oraria : fase periodo durata quant. di pioggia intens. oraria I uh 50 m llh 57 m 7 minuti mm. 2,6 mm. 22,1 II 1 1 h 57 12 h 6 m 9 » » 19,1 » 127,3 III 12 h 6 m 12 h 1 5 m 9 » » 8,2 » 54,6 IV 12 h 15 m 1 2 h 21 «> 6 » » 0,5 » 5,0 V 1 2 h 21 m 12 h 29 m 8 » » 4,8 » 36,0 9 Angot. — Météorologie . Paris, 1916, pag. 343, — 180 - Con mm. 35,2 in 39 minuti e intensità media oraria gene¬ rale di mm. 54,1. In corrispondenza dal diagramma della Fig. 1 deduco per le suddette fasi le seguenti variazioni della pressione: fase periodo durata variazione I 11^ 50 m llh 57 m 7 minuti mm. 0,01 II un 57 m 12 h 6 m 9 » » 0,22 111 12 h 6 m 12 h 15 m 9 » » 0,02 VI 1 2 h 1 5 m 12 h 21 m 6 » » 0,13 V 12 h 21 <" 12 h 29 m 8 » » 0,15 Cioè con la massima di pioggia (massima intensità oraria) mm. 127 , 3 corrisponde la massima variazione di pressione mm. 0,22. Nella Fig. 1 è rilevato l’effetto del turbine, congiungendo il punto A col punto E con la punteggiata si ha la curva ABC D... Z. Proiettando sull'asse OX tutti i punti di detta curva e segnando le ordinate determinate tra questi e la punteggiata A Z si ottiene la curva che rappresenta la variazione di pressione dovuta proprio all’ effetto del turbine ; cioè alla variazione che accompagna la traslazione della depressione si accompagna una specie di onda atmosferica il cui profilo è A' B’ C’ D'... Z’. Per effetto del temporale tutte le strade della città furono percorse da torrenti : nelle vie centrali e pianeggianti, ottima¬ mente lastricate, l’enorme fiumana fu convogliata nelle fogna¬ ture. I collettori principali andarono in pressione. Nelle zone poste al piede delle colline, come Montesanto, Montecalvario, Piazza Carlo 111, il Rione Torretta, il Corso Vittorio Emanuele, la grande massa d’acqua, convogliata dalle vie in discesa si fermò a valle delle dette località, rigurgitando nelle abitazioni terranee e formando zone di allagamento. Numerosissime abitazioni ter¬ ranee furono quindi invase dalle acque, anche nelle vie periferi¬ che, qualche crollo di muro, qualche sprofondamento stradale in via Tasso e in via Ventaglieri, qualche tram bloccato e bloc¬ cati i treni in arrivo alla Metropolitana e alla Circumvesuviana, ma per l’efficace e rapida opera di sgombero del materiale allu¬ vionale, passato il temporale , la circolazione venne quasi total¬ mente ripresa. 181 È interessante rilevare che l'intensità oraria di mm. 127,3 avutasi nella li fase del temporale raggiunge praticamente il valore di mm. 128,0 già calcolato per la media intensità possibile l). Riassunto Si rilevano le località interessate dal temporale, si espongono le condizioni meteorologiche relative al temporale e si analizza il dia¬ gramma della pressione atmosferica , che rivela il passaggio di un turbine, e quello integrale della quantità di pioggia in funzione del tempo. In essi si distinguono cinque fasi che si esaminano. Si accenna all’effetto dell’alluvione in città e si rileva infine che la intensità massima oraria raggiunge la media intensità possibile già altra volta calcolata. Finito di stampare il 10 giugno 1931. ’) Andreotti, A. — Curva delle massime quantità di pioggia, corrispon denti a determinate durate per Napoli. Boll. Soc. Nat. 1927, pag. 159. Manifestazioni teratologiche e parassitismo. Polimeria, fasciazione, petalodia, dialisi in Campanula medium L. del socio Dott. Maria Fiore (Tornata del 2 maggio 1931) A parte la speciale idiosincrasia di un dato gruppo di or¬ ganismi, di un dato organismo, per cui in essi vi è tendenza al manifestarsi di una data o di date insolite modalità strutturali, siano esse da interpretarsi come fenomeni di natura ancestrale, oppure come fenomeni di natura progressiva, le cause immediate che sogliono promuovere le anomalie possono essere varie, e cioè : traumatismo, ottima nutrizione, anticipo della semina, ibri¬ dismo, parassitismo, etc. A riguardo di quest’ ultima causa, il Petrie ed altri hanno messo in evidenza come effettivamente delle forme teratologiche siano senza dubbio da collegarsi con fenomeni di parassitismo. Il Petrie ') ha osservato che le foglie di Eucaliptus strida quando sono irritate da un minutissimo afide, presentano feno¬ meni di fasciazione accompagnati anche da una colorazione rossa. E io stessa in una mia pubblicazione su varie anomalie fiorali della Digitalis purpurea L. * 2) ho concluso che la presenza di larve di un afide 3) non era da ritenersi estranea alla comparsa ') Petrie, M. — The red pigment by inyury in " Eucalyptus strida,,. Procedings Linn. Soc. New Sout Wales, 1924. 2) Fiore, M. — Sul pelorismo della " Digitalis purpurea L. „. Bull. Orto Bot. Napoli, T. IX, 1928. 3) Si tratta di una specie appartenente al gen. Macrosyphuni, avendo po¬ tuto in seguito riscontrare la presenza sulle piante anomale della Digitale anche degli individui adulti, alati. 184 — delle anomalie da me riscontrate , per quanto in altri casi la causa immediata possa essere diversa. Ora, in quest’ultima estate, avendo raccolte delle piante di Campanula medium L. fui sorpresa dal fatto che numerosi fiori che si presentavano polimeri, e cioè con un numero variamente maggiore dei sepali, petali e degli stami ; come pure con peta¬ lodia del calice e dialisi, oppure fasciati, erano frequentati da afidi e propriamente dalla stessa specie (una specie appartenente al gen. Macrosyphum ) da me riscontrata su piante anomale della Digitalis purpurea L. *). Questa coincidenza, e cioè l’avere io riscontrati degli afidi e anzi la stessa specie di afide su fiori teratologici sia di Digi¬ talis purpurea L., che di Campanula medium L., mi conduce a ritornare sull’ argomento già da me discusso nella detta pubbli¬ cazione, e insistere sul fatto che, sempre tralasciando la possi¬ bile e più o meno tendenza di una data pianta a manifestare peculiari anomalie, il parassitismo sia da annoverarsi come una delle cause immediate e più frequenti , forse, delle formazioni anomale, sia loro da attribuirsi valore morfologico o pur no. Riassunto L’ A. fa noto 1’ aver riscontrato la presenza di un afide apparte¬ nente al gen. Macrosyphum su fiori di Campanula medium L. affetti da polimeria, dialisi, petalodia, fasciazione; e ritiene che il parassitismo possa essere la causa delle anomalie riscontrate, analogamente a quanto concluse in un suo precedente lavoro su piante anomale di Digitale. Finito di stampare il 10 giugno 1931. l) Come è noto è molto comune presso gli orticultori trovare piante di Campanula medium L. che presentano più corolle e petalodia del calice; ugual¬ mente come è comune riscontrare fiori pelorici nella Digitale. clima di Pantelleria del socio Prof. O. De Fiore (Tornata del 12 agosto 1930) Il rilevamento geologico di Pantelleria, da me compiuto nel 1928, mi fece notare alcuni fenomeni geomorfologici non ispiegabili col semplice studio della tettonica degli edifici erut¬ tivi, così come è stato fatto da Foerstner, il quale li attribuì a forme catastrofiche dell’attività vulcanica e più precisamente a giganteschi sollevamenti. Lo studio del vento e del moto ondoso sarebbe stato sufficiente per dimostrare se tali forme del terreno, per lo più costiere, dipendano dagli agenti esogeni o da quelli endogeni. Allora chiesi i dati relativi a questi due fenomeni al¬ l'Ufficio idrografico della R. Marina (Genova), il quale volle gentilmente mettere a mia disposizione i registri originali di quattordici anni di osservazioni (1915-1929) eseguite al Semaforo di S. Elmo (245 tn. s. 1. d. m.). In possesso di questi dati, pensai che sarebbe stato opportuno, con essi, delineare un quadro del clima di Pantelleria, non ancóra esistente, sia allo scopo di sa¬ pere qualcosa sulla meteorologia di questo estremo lembo del¬ l’Italia politica, sia allo scopo di eventualmente orientare meglio le ricerche nel futuro, in tale campo. Gli elementi che ho potuto studiare, per le durate e nelle condizioni di osservazione che indicherò volta per volta, sono : pressione atmosferica, temperatura, nebulosità, pioggia, vento e moto ondoso. Essi sono solo parzialmente sufficienti a stabilire le caratteristiche climatiche del luogo. Manca, infatti , 1’ umidità dell’ aria, la quale , in un clima così caldo e secco , deve avere - 12 * - — 186 — una notevole influenza sulle condizioni climatiche generali ed è elemento importantissimo in una regione così arida , scarsa di pioggie e, d' altro canto, rivestita da una lussureggiante ve¬ getazione. Mi auguro che in seguito vengano eliminate queste lacune con lo stabilire regolari osservazioni di temperatura ed umidità, con le regole prestabilite, in modo da potere, fra un decennio, tracciare un quadro meteorologico completo di Pantelleria. Prima di entrare in argomento, mi è grato esprimere i miei ringraziamenti al Comandante Romagna Manoia ed al Prof. Tenani dell’Ufficio idrografico della R. M. che mi fornirono i dati delle osservazioni ed a quegli allievi del R. Istituto Superiore di Magistero che curarono la prima e lunga elaborazione dei dati. I. — Pressione atmosferica. Le osservazioni sono state eseguite per i 15 anni considerati (1915-1929) ad esclusione del 1915 I— I V e 1919 V-XI1, in modo che la serie risulta esattamente di 14 anni. Le osservazioni sono state eseguite con un barometro Fortin e di questo vengono registrate le letture (applicata la correzione strumentale costante), la temperatura del termometro attaccato, la riduzione a 0° e con un barografo, simultaneamente. Le letture al primo strumento vengono eseguite al decimo. Fra le due serie di osservazioni ho preferito scegliere la prima, riunendo i dati delle letture del barometro e del termometro c riducendo azero. Le lacune sono rarissime ed ho potuto colmarle, quasi sempre, coll'aiuto delle strisele barografiche. 1 risultati delle medie men¬ sili sono riportati nel quadro I e si intendono ridotti soltanto a 0°. Data l’incertezza delle misure termiche a Pantelleria e dato che non credo che si possano, nel nostro caso, applicare integral¬ mente le tabelle del Lugli per la riduzione al 1. d. m. non ho creduto ridurre le pressioni al mare. Dalle medie mensili risulta che si verificano tre massimi e tre minimi, alternantisi Da un M1 in dicembre (743.2) si scende ad un tu' in aprile (739.2), dopo di che, la pressione risale fino a luglio, con un M"1 (741.8) per discendere, di poco, in agosto con un ni'" (741.3) e risalire nuovamente in settembre, col M“ (742.4), 187 — per poi discendere in novembre col rn" (740.5). Le escursioni (ri¬ ferendosi sempre alle medie mensili) vanno da 12.1 mm. a 4.2 mm.: ma valori superiori a 10 mm. sono eccezionali e per lo più le escursioni si aggirano intorno a 6 mm. con media annua di 7.3 mm. Dei rapporti fra pressione atmosferica ed altri fenomeni meteorici dirò più oltre. II — Temperatura atmosferica. La temperatura è stata osservata solo alle h. 9, 15, 21 e non esistono osservazioni di massima e minima. La serie delle osserva¬ zioni va dal 1920 X al 1929 XII. Il fatto che manchino le osserva¬ zioni di massima e minima, -impedisce di potere stabilire delle medie mensili sicure e perciò quelle che io espongo sono da considerarsi solo come una prima approssimazione, da accettare molto cautamente. Per un certo tempo vi sono anche delle os¬ servazioni eseguite con un termografo, che avrei potuto forse utilizzare per dedurne le massime e le minime o, per lo meno, per dedurne il coefficiente di Kaemtz. Ma i fatti che non è in¬ dicato alcun controllo del termografo e che non esiste la serie completa ed ininterrotta delle strisce pel periodo considerato, mi hanno sconsigliato di adottare questo procedimento, perchè sono convinto che non avrei avuto risultati più approssimati di quelli ottenuti con l’esame delle tre osservazioni giornaliere. È da augu¬ rarsi che vengano eseguite delle osservazioni complete. Dalle medie mensili basate sulle osservazioni eseguite dal 1921 I al 1929 XII, possiamo arguire che, essendo la media annua di 16°.6, v'è un semestre freddo da XI a IV, contraposto ad uno caldo, da V a X. Nel primo, i minimi cadono in I, II (con pre¬ ferenza in I) e solo raramente in XII ; nel secondo, i massimi cadono in Vili, talvolta in VII e solo eccezionalmente in IX. Il semestre caldo comprende l’estate e la primavera. La massima media mensile osservata è di 25.9 (1922 Vili) e la minima di 7.3 (1928 II). È opportuno ricordare che queste temperature si rife¬ riscono a M. S. Elmo (245 m. circa), altura isolata da ogni lato ed estremamente ventilata. Il che significa che le temperature nelle pianure costiere debbono essere notevolmente superiori, come ho avuto agio di constatare ripetutamente, 188 — Nel quadro 11 sono indicate, pti mesi X-XIIl, anche le me¬ die che si ottengono comprendendovi le osservazioni del 1920 (segnate con *). 111. — Il vento. La serie delle osservazioni è di 14 anni, come per la pres¬ sione atmosferica ed esse riguardano la direzione e la velocità, stimate alle li. 9, 15, 21. Sono pochi i casi nei quali l’osserva¬ zione manca e, quando è stato possibile, essa è stata interpolata. Tali interpolazioni sono limitatissime, dimodoché esse non in¬ fluiscono in alcun modo sui risultati. Nel quadro III sono riferite le osservazioni per ogni mese di ognuno degli anni esaminati, indicando quante volte ogni vento è stato effettivamente osser¬ vato con le tre osservazioni giornaliere e quale è stata la media velocità stimata per quel dato vento. Siccome le osservazioni sono state eseguite indicando 16 direzioni e la calma, io ho ri¬ dotto le direzioni alle 8 principali, attribuendo i venti intermedii al cardinale prossimo. Nel'a tabella finale sono riportate le somme dei singoli venti per tutti i mesi dello stesso nome ed esse sono ridotte a 30/30 supponendo tutti i mesi uguali e di 30 giorni. Per le velocità ho indicato le medie per ogni vento e per ogni mese, senza procedere ad un riassunto finale , del tipo del pre¬ cedente, per le ragioni che dirò più oltre. L’tsame di tutto il materiale, così elaborato, è sufficiente a stabilire l’andamento del fenomeno. La media annua dimostra che per ogni giorno di calma ve ne sono circa sei di vento e che questo spira maggiormente nella direzione del meridiano (14.3) anziché in quella del parallelo (13.9) con preponderanza, d’ altro canto molto lieve, tanto che gros¬ solanamente si può stabilire il rapporto N + S:E + W:: 1:1. La stessa media annua mostra come i venti di N (7.9) e di W (9.3) prevalgono rispettivamente su quelli di S (6.4) e di E (4.6) dando i rapporti N : S : : 1.2 : 1.0 ed E W : : 1.0 : 1.2. La succes¬ sione è : W, N, S, E. Le medie stagionali mostrano che il mag¬ gior numero di calme si ha in estate e seguono poi , ordinata- mente, autunno, primavera, inverno, coi rapporti calma :: vento, seguenti : 1 :: 9.7, 14.8, 16.6, 29.0. In inverno e primavera pre- 189 — valgono i venti nella direzione del parallelo ; in estate ed autunno quelli nella direzione del parallelo. In inverno ed estate preval¬ gono i venti di N ed W ; in primavera ed autunno i venti di N e S quasi si equilibrano, mentre prevalgono quelli di W. Le successioni nelle varie stagioni sono le seguenti : inverno W, N, S, E. primavera W, S, N, E. estate N, W, E, S. autunno W, S, N, E. La tabella 1, dà i valori numerici ed i rapporti dei venti, ridotti ai quattro principali, desunti dal quadro 111. L’ordine di successione dei venti, durante i singoli mesi, è indicato nella tabella 2. Riguardo all’andamento dei dodici mesi si osserva che il massimo ed il minimo dei giorni con vento si ha in XII ed in VII con i rapporti calma :: vento di 1.0 :: 36.3; 1.0:: 8.1 rispet¬ tivamente. Da XII a VI dominano i venti nella direzione del parallelo con massimo in V, mentre da VII ad XI dominano quelli nella direzione del meridiano col massimo in Vili. 1 venti di N dominano su quelli di S in tutti i mesi, tranne che in III ed in IX in cui si ha equilibrio ed in IV ed in XI in cui dominano quelli di S. I venti di W dominano costantemente in quelli di E, con massimo in XII. Abbiamo cioè, le successioni seguenti : I, II, VI, X, XU W, N, S, E III, IV VII, Vili W, S, N, E N, W, S, E S, N, W, E S, W, N, E W, (N, E), S. IX XI V La successione dei singoli venti, indicata nella tabella 2, mi dispensa da ogni altra considerazione. Come conclusione di ordine generale è opportuno notare che anche le osservazioni di Pantelleria confermano quella re¬ gola generale, secondo la quale i venti intermedi prevalgono sui 191 principali: infatti, per l’anno, si ha Ni E + S W = 164.4 ; NE + SE + SW NW = 173.7. Si conferma quanto io avevo già stabilito per altre località siciliane, contrariamente a quanto era stato precedentemente affermato ‘). Tabella 2. I N W w N s sw E S E N E 11 N W W N S E s S W N E E 111 N W W S E s N E S W N E IV N W W S S E s w E N N E V N W S F E w s N N E S VV VI N W W S E s E N N E S w VII N VV N W N E S E S E S VV Vili N W N s W N E S E S W E IX N W S N V S E NE d S VV X N W S VV N S E E S w N E XI N W s w S W N SE E N E XII N W w s w N S SE N E E 1 W NW N S s w SE N E E p N W W SE s E N S W N E E N W N W s S E NE E S VV A N VV S w N SE S W E N E A N W w s N S E s w E N E *) De Fiore, O. — Meteorologia ed idrografia dell' htna. il vento nelle regioni inferiori del Monte. — Soc. Nat. Napoli, X L 1 1 , pag. 43-67, 1929. 192 — Altro elemento per lo studio del vento è quello della in¬ tensità del medesimo, che a Pantelleria è operata a stima. Siccome v’è, in realtà, da avere poca fiducia nelle stime notturne, ho creduto opportuno escludere le osservazioni della sera, dimodoché i valori medi dell'intensità sono basati su due sole osservazioni giorna¬ liere, diurne. A proposito di che ho creduto opportuno proce¬ dere anche all'esame della frequenza delle direzioni in tali ore. I valori delle somme mensili di queste frequenze sono esposti nel quadro 1 1 1 b , senza, per’altro, operare la riduzione a 30/30 come superflua. Mi sono limitato solo a controllare l’attendibilità delle due serie con un paragone stagionale e ad esaminare quali siano i probabili andamenti dei venti nelle ore notturne o per lo meno serali. Le medie stagionali per le osservazioni delle 9, 15, 21, sono indicati nelle coll. 3 e quelle per le osservazioni delle 9 e 15, nelle coll. 2, della tabella 3. Da questa si può rilevare che in molti casi le differenze sono inferiori nella media annua, a 0.9 che arrotondiamo ad 1.0 : il che equivale al 0.28 delle osservazioni considerate. Si tratta dunque di quantità che cadono negli inevitabili errori di osservazione e calcolo e, fino a questo limite, conviene tenerne conto limitatamente nei confronti. Esclusi questi casi, rimangono soltanto i tre dei venti di N, di S E e delle calme, che debbono effettivamente riferirsi a differenze reali nella frequenza del vento. Queste cifre ci dicono: 1) che il numero totale delle calme è minore se includiamo l'os¬ servazione serale ; 2) che il vento di N ha una frequenza mag¬ giore e quello di S E una frequenza minore, se includiamo l'os¬ servazione serale: cioè a sera il vento di N sostituisce in quantità quasi equivalente quello di SE e, probabilmente, i venti di NE, E, S, SW, W, NW, spirando tutti con poca frequenza ognuno, sosti¬ tuiscono la calma del giorno. Con tutta probabilità si tratta delle caratteristiche brezze di mare, serali, e sulle loro varie intensità debbono influire la topografia dei luoghi e la distribuzione della vegetazione. Più chiara sembra essere la sostituzione del SE che spira piu frequentemente nel giorno da parte del N, a sera. Pro¬ babilmente, durante il giorno la brezza che va dalla montagna verso il mare produce il predominio del SE, data la posizione del Semaforo ; mentre di sera, la brezza di mare che investe questo, Tabella 193 diff. oi o o o ©' 0.5 0.0 O) © cò 0) IO CO Ci — H iO o PC Ò co d LO (- o >Ò oo" 04 ot Tf Ot io 00 r— ' CO co 04 Tf -< io co Ci co o -U d o TjJ f- io »o co O) o> o* IO 00 04 in 0) 1— 1 0) ■o o ò o T o ° ° ? d co o* "3< O o CO co r- < Oì co* o* d c5 O) co d r“H 00 r^) o IO IO IO CO co oi oi CO IO 04 co CO (N _ Ci IO *5 o o 1 o ° © ? 04 r- 0> 0) UJ CI CV oi CO co Ci o> o IO o o co co X Oì oi co co X (N __ O) co 1 LO •5 o l0) o o • d o 1 1 T o co X co 00 Ci 04 CU 04 r""i 04 d co oi o ~r IO 00 co IO 0» X Ci oi * — ' o* co O) CO 04 o> _ o> Oì -a O o o 1 o o 1 o 1 © o intensità per il numero delle osservazioni. Nel quadro VI queste cifre sono trasformate in velocità del vento 4). Il diagramma che si ottiene coi valori medii di tutti i venti globalmente considerati per ogni mese è molto regolare e ci indica l'andamento che segue : il massimo principale cade in XI; *) La riduzione è stata eseguita operando sulla scala di Beaufort modificata da Shaw (1906). Per gli intervalli di stima che ci riguardano, i valori stimati (o) corrispondono ai seguenti di velocità (v) e pressione (p) rispettivamente in m/„ e Kg/m2. 0 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0 V 2.0 3.0 4.0 5.5 7.0 8.Ó 9.0 p 0.4 1.4 3.3 6.4 195 — dopo, la velocità discende fino a 1, per risalire in 11 con un mas¬ simo secondario; ricadere in 111 (benché di poco) per risalire con un nuovo massimo, di terz’ordiue, in IV ; dopo di che discende regolarmente fino al minimo assoluto in VIl-VIII e risale rego¬ larmente fino ad XI. Come si vede , si ha un andamento assai regolare. Considerando il comportamento di ogni vento nel corso dei 12 mesi, i massimi ed i minimi di velocità sono così distribuiti : Procedendo analogamente a come ho fatto precedentemente per le frequenze , ho voluto esaminare il comportamento delle velocità nei singoli mesi. Nella tabella 4 sono sommate le ve¬ locità dei venti di N, E, S, W e sono dedotti i rapporti che fra essi intercedono. È intuitivo che non esiste il rapporto vento:: calma. L'esame della tabella ci indica quanto segue. Nei mesi da XI a II le velocità dei venti di N e dì S si equilibrano, mentre in quelli da III a X prevalgono la velocità dei venti di S, con massimo in V. Nei mesi IX e XI le velo¬ cità dei venti di E di W si equilibrano, ed in tutti gli altri pre¬ valgono quelle dei venti di W, con massimo in I. Nei mesi II, VI , VII la velocità dei venti del meridiano sono maggiori di quelle dei venti del parallelo, con massimo in VII; nei mesi III e XI avviene il contrario, con massimo in III ; negli altri mesi v'è equilibrio. Durante tutto 1' anno prevalgono le velocità dei venti di S e di W su quelle dei venti di N ed E e se conside¬ riamo globalmente N + S ed E + W, la velocità si equilibrano quasi esattamente. Tabella 00 LO r—H lo o r o <0i 05 O O o < O r-H r-H i-H r-H rH r—H o rJ rH rH r—H r-H Oì DJ O) t> H o Oi o o CD o o o X r-H i-H r-H r-H r-H r-H rH rH oi F—, r*H '”H ' ' Di Oì CO co LO C5 o o> o O? X lO hH o a t> co oó r-H r-H r-H* i— H LO Tfi rH rH r-1 co i> oo co o co o r-H r-H O o r P-i 05 o rH o? _ < r-H rH r-H rH CO r-H rH ~l <— H 0* o Tf o CO O ( _ ( o CD o o X o r-H rH rH* (— < rH* rH r-H Oì Di X o r-H 05 o o co O O IO H o q CO 05 C5 r-r r-H r-H r-H l> oó rH r-H r“l rH « o »o © 05 O _ r^, 0> o; H o q >— < r- f- rH r-H , — i rH T** F-H rH X rH r-H _ co CO LO X O o> O o> X 05 (Ci q > IO oó r-H r-H rn r— 1 LO CD rH rH 1 "* r-H co o r- H o o LO o o H Oì O O X L- 05 r-H 05 r — H r-H r-H r-H X © rH r-H —=. ' 1 r— ^ 00 © O _ o •— ■ ( _ , co r-H rH r—H rH rH tà rn — 1 Di r—H o o o O LO co H o H“l co 05 oi r-H r-H lrf 0Ì có o> rH 0) X 0) Tf< o O o CD Oì O q 0) oó O) r_H r-H r-H (Ci 23 r-H in £ m £ £ X w in £ + + + + X W X w X a — 197 — Dall'esame delle frequenze e delle velocità possiamo passa¬ re a quello degli effetti dei due fenomeni considerati nell'assie¬ me. A tale scopo, ho proceduto ne! modo che segue. La media delle frequenze, ridotta a 30/.ìo, rappresenta lo spirare di un dato vento in giorni e frazioni di giorni, senza tenere conto delle ve¬ locità dei venti considerati. Riducendo i valori del tempo , su detti, in ore e, successivamente, in secondi, ho applicato a que¬ sta ultima quantità di tempo i valori delle velocità medie ripor¬ tate nel quadro V Pe 2a, ottenendo così il numero dei Km. per¬ corsi da un dato vento nel tempo in cui questo è spirato. Tali valori sono indicati nei quadro VI, arrotondati al Km. Essi ci dànno, anzitutto la media velocità globale di tutti i venti per ogni mese (quadro VI, m.u ). Procedendo, poi , analogamente a come ho fatto per le semplici frequenze e per le semplici velo¬ cità, singolarmente considerate, ho formato le somme pei venti di N, E, S, W ed i loro rapporti ; le somme N T S, E + W ed i loro rapporti. Mentre abbiamo veduto (pag. 188), considerando solo le fre¬ quenze, che nei mesi da XII a II prevalgono i venti di N ; in III si equilibrano N e S ; in IV prevale il S ; da V ad Vili prevale il N ; in IX si equilibrano N e S ed in XI prevale il S e consi¬ derando solo la velocità (pag. 195), nei mesi da XI a II i venti di N e S si equilibrano e nei mesi da III a X prevalgono quelli di S ; vediamo ora che, introducendo nelle frequenze il valore della velocità, l'andamento diviene perfettamente regolare, perchè : da XII a II (inverno) prevalgono i venti di N ; da III a V (prima¬ vera) quelli di S, con massimo in IV; da VI ad Vili (estate) quelli di N, con massimo in VII ; da IX ad XI (autunno) quelli di S, con massimo in IX. Analogamente, rispetto ai venti di E ed W, considerando solo la frequenza, abbiamo veduto che in tutti i mesi prevalgono i venti di W su quelli di E ; e consi¬ derandolo solo le velocità, prevalgono quelli di E, tranne in V( IX ed XI, nei quali si equilibrano ; mentre introducendo il va¬ lore delle velocità nelle frequenze, l’andamento diviene perfetta¬ mente regolare, perchè i venti di W prevalgono in tutti i mesi, con massimo in XII, tranne che in V, nel quale i due venti si equilibrano. Queste constatazioni conducono logicamente alle se¬ guenti circa il predominio dei venti di N e S rispetto a quelli — 198 — di E e W : mentre le sole frequenze mostrano che i venti N S prevalgono su quelli E + W da VII ad XI e negli altri mesi avviene il contrario e mentre le sole velocità si comportano in modo che solo in II, VI, VII prevalgono i venti N + S, in III ed XI avviene il contrario e negli altri v’è equilibrio con anda¬ mento generale assai poco regolare ; coll'introduzione delle ve¬ locità nelle frequenze otteniamo un regolarissimo andamento: da XII a V (inverno e primavera) prevalgono i venti E+W; in VI si equilibrano ; in V1I-XI (estate ed autunno) prevalgono quelli di N 4- S con andamento molto regolare. Infine, considerando i valori così ottenuti non troviamo con¬ fermato che i venti intermedii prevalgono sui principali, infatti : N + S + E + W = 69.547 ; NE + SE + SW + NW = 67.974. [ Nella tabella 5 sono riportati, in modo da poterli parago¬ nare fra di loro, i varii rapporti ora discussi. Il fenomeno del vento, così studiato, in direzione e velocità, è molto meglio caratterizzato che col solo ausilio dell' uno o dell’altro di questi due fattori e perciò dobbiamo sostituire , ai risultati parziali da essi fornitici, quelli dati dall’insieme di essi. Allora possiamo stabilire quanto segue, premettendo, però, che un ampliamento della serie di osservazioni può modificare e sovratutto regolarizzare quanto fin'ora sappiamo. Dei rapporti fra i varii gruppi di venti è stato già detto. La successione dei singoli venti, nei varii mesi , è indicata dalla tabella 6. Le velocità massime e minime si hanno, rispettivamente, in XII ed in VII e, relativamente alle stagioni, si susseguono: e- state (3.8), autunno (5.3) ; primavera (5.6) inverno (6.4). Essendo la media annua di 5.3 abbiamo da XI a IV velocità superiori ; da V a X, velocità inferiori. Da XII a V (inverno e primavera) prevalgono venti nella direzione del parallelo ; in VI si equili¬ brano quelli in direzione del parallelo, con quelli in direzione del meridiano; da VII a XI dominano quelli in direzione del meridiano (estate ed autunno). Durante tutto l’anno, gli uni e gli altri si equilibrano. Venendo ai rapporti fra i venti che spi¬ rano in direzione del meridiano, vediamo che prevalgono i venti di N in I, II, VI, VII, Vili, XII con massimo in VII ; mentre negli altri mesi avviene il contrario ; e fra quelli che spirano in ~ 199 - direzione del parallelo, prevalgono quelli di W in tutti i mesi, con massimo in Vili. Rispetto alle stagioni in inverno ed estate predominano venti di N ed W ; in primavera ed autunno di S ed W; nell'anno di N ed W. Si verificano, pei singoli mesi, le successioni seguenti : I, II, VI, XII " W, N, S, E III, IV, X, XI W, S, N, E V W, E, S, N VII-VIII N, W, S, E IX S, W, N, E I W, N, S, E P W, S, N, E E N, W, S, E A S, W, N, E A W, N, S, E Pei rapporti fra calme e giorni con vento, vedasi alle pagi¬ ne 190, 196. Dai valori dei quadri III e segg. ho dedotto le direzioni e le risultanti dal -vento per i singoli mesi e le stagioni *). I risul¬ tati sono raccolti nella tabella 7. ') Per il calcolo mi sono servito della formula di Lambert : _ E-W -f (NE"-f SE - NW - SW) Cos. 45° Tang D n_s (NE _p NW - SE - SW) Cos. 45° R = [N-S + (NE -P NW - SE - SW) Cos. 45°[ Sec. D modificata in : R = [E-W + (NE 4- SE - NW - SW) Cos. 45’| Sen. D R = [N-S + (NE NW - SE - SW) Cos. 45°] Cos. D V e dei due valori così ottenuti dò la media. Tabella x o © — r— , O o o o X O LO o o o o O O < r-H — ’ .— ( rH ' ' ^ H oi r-H rH — 0) ' 1 1 1 r- rH r-H rH o o O ri O Oì o co o o o t" o> o O O — © c f— • rH ' 1 ” ' r_H r i f—K — r“l ^ r-H r-H r-H rH r-l rH —H r-H o o O 0) o o o *-h O 0) o r: r-H O — o o> o a O) — < 1— 1 l—i r-1 — » — « 0> l-H rH ^-1 x rH i— h rr r—H o o o co o co O X O -H O X o O © e> r— i -h r-H — —H — r-H r-H r-H r— ( -H r-, rH r-H re o o o - © o IO O lO © — o o o — i 1 rH ' ' '“H ' ~“l 1 — ■ 0) -H X — — « ■ ( r-H r-H r-H rH — H -H rH O o o e> o O X X lO o 0> O r-H o o O X rH ' 1—1 — r-H r-H T* ^H (—« H rH rH -T r-H r-( r— 1 O IO o o O 0) © r- o o o co rH O O r-H r O 1—1 ^ r— 1 .— 1 ' rH r-H rH ^h r-H rH rH r-H rH . —H o o ce O -H o © O — 4 O X r-H O o o rH O r-H rH r—4 r-H r-H — H r— r-H l-H r— » rr rH rH — i rH rH 2 o o o X O X o *o> o o o *o> X o O O X O ' rH r-H « 00 o o •—* IO o o -t O 0> © © H O O O ^ O > '"H “ ' ' 1 1 ' '“H r-H * — i ri r-H rH r-H CO ' 1 ^ r-H — r-H rH , , ■X o O 0) X O o -r O 0) © IO 0/ o X o X O 0> — oi — ■ — o> H CÓ , | lO O O —* ^ o o X O -H O X © — -H O O O £> r-. rH ' 1 1 1 r-H — « l_ H »"H r— ' 0) rH r-H — rH rH rH (X o O lO o o> o — « c o © © © e> o o O O) ^ — — ( r-H ^H r-H — H r-H r-H , 1 rH i i f i r-H r-H rH r—H o co (O-1 r- H O X O X O O — 1 O X O O) O — ! O r-H O (X © Oì - ^ r_l -H rH H- r-H rH rH rH H —, ei r-H rH rH rH rH rH X o O O IO o o o o ^ o o O rH r-H © O l-H ^-H rH f—i i— H 1— H — . oi l—H 1— — 1 — H Oì r-H rH r—H r-H rH r-H ~r o o o io o O CD o © O O r-H o o O Oì r“* '”H i— H r-H r-H O Ì r“H '"H rH ^ r-H r— H rH r—H rH rH m m in > £ £ G0^ ^ > " T3 •• > ■• X .. ^ .. > „ X i + + + > + +X 2; 2 rC r a W m &q 'o 2 uj ZfcJ Zuj-a — 201 Tabella 6. I W N W N s s w SE NE E II N W W N S E s S W E N E III N W w S E S E S W N NE IV N W w S S E SW E N N E V NW S E w E s N NE S W VI N W S E w S N E N E s w VII N W N w s SE N E E s w vili NW s N w SE N E S W E IX N W s SE w N E N E S W X NW s W SE E N S W N E XI N W s W S E N E s w NE XII W N W S W N S S E N E E I W N W N S s w S E N E E p N W W SE S E N S W N E E N W S W N SE N E E S W A N W S W S E N E S W N E A N W w S SE N SW E NE — 202 — Tabella 7. Frequenza Frequenza X velocità D R D R I 292° 8.6 288° 65.8 I[ 294° 6.4 293° 52.6 III 271° 4.9 268° 34.5 IV 257° 7.4 261° 48.1 V 333° 2.2 to o o o 4.9 VI 308° 6.5 300° 30.8 VII 325° 10.5 317° 41.7 vili 316° 8.4 304° 31.6 IX 281° 3.6 247° 15.6 X 293° 4.3 272° 24.0 XI 252° 4.6 354° 16.2 XII 277° 11.2 278° 83.2 I 28b° 8.8 285° 66.7 p 287° 4.3 261° 28.2 E 317° 8.4 308° 34.4 A 274° 4.0 259° 21.6 A 293° 6.0 282° 35.9 — 203 — IV. — Nebulosità. La serie di osservazioni corrisponde esattamente a quella delle osservazioni di pressione atmosferica. Non ho creduto op¬ portuno fare una distinzione delle varie forme di nubi, dimodo¬ ché le medie che riporto si riferiscono alla nebulosità totale ed hanno importanza quasi esclusivamente nei riguardi della inso lazione. Il fenomeno ha un andamento assai regolare. Da un massimo in XII si discende gradualmente verso un minimo in VII, senza massimi e minimi secondarii. Le stagioni si susse guono nell'ordine decrescente di inverno (5.1), primavera ed au¬ tunno (4.0) estate (3.3). Essendo la media annua di 3.8, vi sono i mesi da XI a IV con nebulosità maggiore, e quelli da V a X con nebulosità uguale o minore a tal media. Aggiungo che talvolta è registrata : “ nebbia „. Si tratta evi¬ dentemente di nubi basse (circa 200 m. s. 1. d. m.), a differenza di talune forme di " cappelli „ di nebbie che ho visto circon¬ dare la Montagna grande durante il mio soggiorno estivo-au- tunnale e' che debbono dipendere dall'azione combinata di irra¬ diazione del suolo e di correnti atmosferiche umide. V. — Precipitazioni atmosferiche. j- : : . .. : * jr. i Le fonti per lo studio delle precipitazioni atmosferiche sono due. La pioggia è pubblicata negli “ Annali idrologici „ con le indicazioni giornaliere delle quantità misurate ed, eventualmente, le cadute di neve. Pioggia, neve, grandine e temporali si pos¬ sono ricavare anche dalle schede dell’ Ufficio idrografico della R. Marina. V’è da notare subito : 1) che le registrazioni in questo ultimo documento non sono, evidentemente, incomplete ; 2) che pur tenendo conto di questo fatto, le differenze sono fortissime, fra le due serie in quistione, anche se teniamo conto dei soli giorni con precipitazioni, senza riferirci alle quantità misurate. Dato ciò, ho dovuto procedere ad un lungo e minuzioso lavoro di revisione delle due serie di dati per trarne qualcosa di con¬ clusivo, ma temo, che malgrado ciò, i dati siano solo largamente approssimati e poco sicuri. Per questo complesso di cause, ere- — 204 do opportuno studiare ed esporre separatamente le due serie di osservazioni. Secondo le pubblicazioni degli " Annali Idrologici „ che ho accuratamente controllati, la pioggia a Pantelleria , dal 1922 al 1929 è quella indicata nel quadro IX completato dal quadro XI che indica le precipitazioni massime in ognuno dei mesi consi¬ derati, con l’indicazione del giorno in cui la caduta si è verificata. L'esame di questi dati permette di stabilire che, riguardo al¬ l'intensità, da un massimo in XII (M> 73.3) , si discende ad un minimo secondario in II (/zz u 31.7), per risalire ad un massimo secondario in III (Min 41.8), dal quale si discende al minimo principale (ml 0,0) in Vili ; per poi nuovamente risalire ad un massimo secondario in X (M« 50.4), e ridiscendere con un minimo secondario in XI (mi" 46.3), dal quale si ritorna al massimo principale di XII. Seguendo la classificazione dei tipi di pioggia italiani, il comportamento di Pantelleria è riferibile al marit¬ timo N. 12 nel quale M Mj M, tn I (XII) A (X) P (III) E (Vili) ed al quale tipo sembrano partecipare molte località costiere della Sicilia dei littorali E e S. Avuto riguardo alla media di pioggia che dovrebbe cadere in ogni mese (344.5 : 12 = 28.7) vediamo che v’è un semestre, che va da IV a IX, asciutto ed un semestre, da X a III, umido, nel quale la media mensile supera quella ora indicata. Riguardo alla frequenza si trova un andamento assai più regolare. Dal massimo principale di XII (Mi 10.5) si discende ai mesi di I II III con quantità quasi equivalente e con un solo lieve accenno ad un massimo secondario in II (M« 7.3) accet¬ tando il quale conviene ammettere anche un minimo secondario in I (/7Z ii 6.9), per discendere definitivamente al minimo di Vili [tm 0.0), dal quale si risale regolarmente fino a XII (Mi). L'esame del numero dei giorni di pioggia distribuiti secon¬ do l’intensità della precipitazione, è stato fatto costruendo la ta¬ bella 8 che segue, nella quale i giorni piovosi sono raggruppati per intervalli costanti di quantità di pioggia. Riferendo questi giorni ai 49.8 medii di giorni piovosi annualmente , ne risulta Tabella 205 m. 49.8 co x CV co X - © O X o - < co o o* X X X r-H o X Oì - - - x CD co 01 O) - * o co - - r-H - X - (Oì io Oì - X X o - .“H Vili > - > Oì Tf > X - > CD X X - - »-H £ X X - 01 X X - - © o XI. Oì X - r-H o o o o o O o o 7( . X LO o 1 f- © X 1 o 1 o E T T o T T T T T T T T T r-H © o Oì © © © lO © © o X d o> — 206 che le precipitazioni più frequenti sono quelle comprese fra 1.0 -r- 10.0 tnm. ; vengono poi per ordine decrescente quelle com¬ prese, fra 0.1 -r- 0.9 mm. ; 10.1 -r- 20.0 mm. ; 20.1 -4- 30.0 mm. ; 40.1 -f- 50 mm. ; 30.1 -h 40.0 mm. Tutte le altre, raggruppate fra 50.1 -- 100.0 mm. sono trascurabili e rappresentano appena 4.5 giorni su 49.8. Si può stabilire, almeno, nelle grandi linee e prov¬ visoriamente, che le pioggie moderate sono le più frequenti ; poi le più leggere ; e quelle di intensità notevoli diminuiscono con¬ tinuamente col procedere della quantità. Vere pioggie torrenziali sembrano non esistere, perchè sono già eccezionali i giorni pio¬ vosi con più di 50.0 mm. di precipitazione. Ciò spiega la net¬ tezza e la freschezza delle forme geomorfologiche , splendida¬ mente conservate, tranne che sulle coste e molto più usurate dal vento anziché dalla pioggia. La seconda serie di osservazioni che espongo nel quadro X risulta dal controllo e dalla comparazione delle schede originali dell’Ufficio Idrografico di Palermo e dell’Istituto Idrografico di Genova. Ho già accennato alle difficoltà incontrate nel mettere d’ accordo tutti questi dati discordanti : senza dilungarmi in dettagli, preferisco esporre i risultati definitivi ottenuti. La distribuzione dei massimi e dei minimi nel corso del¬ l’anno è sostanzialmente quella stessa che ho delineata coi dati della prima serie, a pag. 204, variano soltanto, ma non di molto, i valori delle quantità in più ed in meno ed il massimo assoluto cade in I : è però da osservare che forse è più esatto conside¬ rare come mesi corrispondenti al massimo assoluto , il gennaio ed il dicembre simultaneamente. Anche con i dati di questa se¬ rie, il tipo è il marittimo N. 12, con un semestre asciutto, da VI a IX ed uno umido, da X a III. Riguardo alla frequenza , la curva è molto più regolare di quella ottenuta coi dati della prima serie, il che può testimoniare la maggiore attendibilità dei dati della seconda. Dal massimo in XII (12.8) discendiamo con grande regolarità al minimo in VII- VII I (0.1) per risalire di nuovo , regolarmente, al massimo. La regolarità è rotta soltanto dai mesi II e III che presentano valori uguali. L'esame del numero dei giorni piovosi distribuito secondo l’intensità della precipitazione, è stato fatto costruendo la tabella 9, — 208 — analogamente a quella 8, ma con difficoltà molto maggiori. In¬ fatti, riunendo i dati delle due fonti , risulta (dalle schede della R. M.) un certo numero di giorni con la sola indicazione di pioggia, ma senza quella della quantità. Si rileva, spesso, che si tratta di brevi pioggerelle non misurabili. Nella tabella questi giorni (51 per tutto il periodo e su 495) sono stati indicati separatamente. Riferendo i giorni piovosi, divisi per intervalli costanti di quantità di pioggia, ai 62.0 medii annuali, ne risulta che le precipitazioni più frequenti sono quelle comprese fra 1 e 10 mm. Per ordine decrescente vengono poi quelle comprese fra 0.1 e 0.9 (che aumentano notevolmente se vi comprendiamo quelle dubbie delle quali ho detfo ora) ; fra 10.1 - 20.0; fra 20.1 30.0; fra 40.1 - 50.0; fra 30.1 - 40.0. Tutte le altre, fra 50.1 e 100.0 rappresentano appena il 0.5 su 62.0. Rimane confermato quanto si è visto esaminando la prima serie di osservazioni : che le pioggie moderate sono le più fre quenti ; poi vengono le più leggere e quelle di intensità forte diminuiscono continuamente con 1’ aumentare della quantità. La seconda serie di dati , accentua questa rarità, perchè mentre in precedenza abbiamo veduto che i giorni con pioggia superiore a 50 mm. erano 4.5 su 49.8, adesso troviamo che essi sono ap¬ pena 0.5 su 62.0. Neve. — Nel quadro X sono indicate anche le giornate con neve, con numero esponenziale a quello indicante i giorni piovosi. Nel periodo considerato abbiamo solo 7 giorni di neve su 495 di pioggia ed essi si riferiscono ai mesi 1 (1) III (2) XII (4). Ciò rappresenta solo il 0.8 dei 62.0 giorni di pioggia annui. Non so se il valore sia completamente accettabile. È bene ricordare che esso si riferisce ad osservazioni eseguite ad oltre 200 m. s. 1. d. m. ; che nelle parti costiere dell’isola, la neve è rarissima e che invece è relativamente frequente alla Montagna grande (836 m.) dove talvolta viene anche artificialmente con¬ servata. Temporali e grandine. — Intorno a questi fenomeni ho potuto raccogliere i dati che seguono : — 200 — Grandine: 1922 I 4; 1924 IV 20; 1928 XII 16; 1929 I 9, XI 9, XII 21. Temporali: 1924 X 18, 20 (?) , XI 12; 1925 IX 26, X 26; 1926 XII 25; 1929 XI 9, 10. XII 21. Lampi (con pioggie " temporalesche „) : 1923 IX 7, X 4, XI 2 ; 1924 VII 11 , Vili 27 , IX 3, 25 , X 1, 5, 6, 23 , XI 7, 8; 1925 IX 28 ; 1926 IV 17, IX 6, 7, 8, 9, 29, 30, XI 1, 25, XII 3; 1927 II 19, IV 18, V 21, X 11, XI 29; 1928 I 17, IV 22, X 7; 1929 V 12. Riunendo questi dati, i quali debbono essere incompleti, abbiamo : I Temp. 2 Lampi 3 Grand. 4 P E A 7 5 2 23 1 1 Malgrado la deficienza evidente dei dati, sembra che si possa stabilire che i fenomeni temporaleschi (temporali p. d., pioggie temporalesche con lampi, grandine) avvengano di preferenza in autunno ; siano meno frequenti in inverno ; rari in primavera ed eccezionali in estate. Il che si accorda con la distribuzione della frequenza delle pioggie. Se però, esaminiamo i rapporti fra la frequenza dei giorni piovosi e quella dei giorni con feno¬ meni temporaleschi troviamo, per le quattro stagioni, ordinata- mente, i rapporti 2.7, 1.9, 8.1, 4.0. il che dimostra che in realtà la frequenza maggiore si ha, in ordine decrescente, in estate, autunno, inverno, primavera. - 14 - — 210 — Conclusioni. Analizzati minutamente i fenomeni, per quanto lo permet¬ tono gli scarsi e talvolta insicuri dati che possediamo, dovrei tracciare un quadro d’assieme di quelli. Ma ricadremmo nella ripetizione delle conclusioni di ciascun paragrafo, di modo che preferisco, come conclusione, raccogliere i diversi elementi ana¬ lizzati in un quadro unico (v. quadro XIII) dal quale risultano questi ed i loro mutui rapporti. Quadro I. - Pressione atmosferica (a 0°). 211 4> LO vO iO co o r-H O 7) co O) X 05 x oo ZO X* IO Tji >o 7ì 1— i ZQ o tó v • u: co oj co co X X OS — t> ~p —, *1* X < o © — * f— H o — . , — . o —, o , — O) —, _ 1 x — H X X -t -p ■"f* "X X -t X x -H i> b~ b- b 0- (- r- l - 05 co x LO o »o co X co X )7 Co _ 05 — . 05 o C) , — 1 rs! ci co X o b-I o X o ■CO x x X1 co co rjt X* X1 X X X X ( - ( - b b b t- (- {- (- (- o -H o r-H co — O X co O co io X IO ci TO ci o _ o ci 05 r— , X 71 o o o co o 5- X b- b- x b b t- t» t- f- f- t- {- b- IO C) Co 00 X <— ( IC 04 co 7 ) ■co ìO io X ci X r— < o co* co ci X 7) oi O) oi , — . —, — 1 oo x -H -* «3 <* X -F ^p "X X X X X X X 1 b- o b~ o f- t- (- l " ( - r> ( - — H co X X co IO io o- X t- X X 7ì _ rA , _ , X oi r-H co O) 0> co —, ci ci 7Ì X x X X — p -* 'X1 <* X X X HI b- (- b h* { - ( - N ( - c. (- t- (- <- o oo LO X o f— ( C5 ì> O) X X X o co zz ci , _ , —, r-H r— < o ,-H o o od oi 7 > — H ^H , — 1 > X -H -*< — « -H -t X -r X •X ■X X -H X {- f- b b (- t- {- «> t- t- ■X l> co 05 o O io 7) co X X 7~> f— H co X H< zz ‘ —, r-t —, 0# r— 7) ci o , — , —, ci co —, — i > X X <* x X X X X X X1 -t X X X X (- ( - ( - <- ( - i - (- (- ( " b- o IQ X X ( - -H 0 0 X X IO 7) c> © c — i c> o C5 <—> X — 0> o r— i c# c> — H X X b- (- b b X t"'- i- (- X (- «> X l> <05 O c? c> f- o 7 ) o o X o C5 <35 c> ci ci ci o X co o o> 05 ci , — 1 00 ci o co — •< X X X 'l* "X X X X X X X t> b- b* { - b [S (- (- f- (- (- (- co >o © X ‘O oo X 05 IO ■co 7 ) OS CM oo > X CÌ nT X ci in.’ o ci ci 05 o , — , C5 ci o X X X X X X X co X X X — * co X X X b- b- b- ( - b b- f> l> j> b- t- c> co co O o OS co C5 OH l> io X -f. — b-i b- ci o C) X — . od od oi _ _ _ co 7t ci — 'CO X X X X X — ■X X X co X X ìO b- t b b l> l> i> t- l - ( - N ( - (- CO X o X 03 o io CO o io r_ Oj o — X io b r-H 05 C5* 0-1 7) ci co io b- —, X cn X X X co 'TP -H X co ~v (- l- N o o t" (- J> t- N f- b- V* X io IO LO IO io 00 Ci co iC N co X o a r~ <0 X )C b co cn (0) 05* ò <3 —, X co X X -* co X io X X X X t> r- b b b f ^ t> c* f> (- 1- (- co b- 00 X o . 7) ro x< io o X — f— , — < f— t C* CQ Ó5 7ì C'# 71 C') 71 C4 o o E H_5 m Quadro II. - Temperatura atmosferica 212 * 'OZb I I! apn|oui * UOD BJUUSID BIP3UI UT •3JBUI (B 9}}0p o 2 -IJ u°N IZ ‘«Jl ‘6 •q 3ii3p IU0I2BA J9SS0 31UP ^ipaw (* Oì CO (Oì io co f— < X i- CO ~ < d o CO o o © CO IO o »-H ■ ' ' ’■— * ■ 1 1 ’ ' “ i> co *0 , ■ Tj< m co X _ " o _ ’ ?) Q> o> o _ ' — — ' ' ' ' ~ “ — co TH o © 'O* o co CG co co IO lÒ IO f> io Tf " “ — — • o O co Pi .-o Pi in o OC 05 X oo o o r- © r> o t- oc oc oc - - ' ' — 1 0< 1 ' Oi ,_H ' Tj< i> 05 oo rf H o o LO IO X CQ o ?) 'yf — co N (N — pì (?) ni ni Ci 0> CO —< CJ co pì Q > Pì to (?) co ?) co N ?) 0* CQ 01 «ì « co ni oi (N ni 'ii « co m (M* ?) GO , o C5 > d © oc ni . — . co (?) — d 1 — 1 ni ?) pì ' — ' 0) (?) Pi (?) > i> ?) oì m CO n< 0 ni CO ì- 00 ci o CO oò in t- ■ ' 1 r~~t 1 ' 4 ■ ' *“ * m > 0) TjJ co o> f—H m CO ni o in co - tjh in in — r-H o> IO io r— , CO X in (?) co © _ _ _ __ (?) oi o ' ■ ■ 1 — 1 1 — 1 1 1 1 (N co Ci n« co t- oo *o c> o OS o — ò In.’ o 1-1 ' o r— < o oj o> *0 co m o 1 ' oi C} o o o co o oò cS i-H ' 1 O ro -f IO o f- OTj Ci O) (?) ni ?) (?) (?) 0? (?) 0^ (?) 6 . Gì GC> Quadro III. — Direzioni ed intensità mensili del vento 213- X - ! 3.0 0 0 3.2 2.3 2.7 2.3 2.4 0.0 - | 2 0 0 12 16 29 10 19 5 X — 2.9 3.0 2.6 3.0 3.2 2.8 3.8 3.5 0.0 10 2 1 1 2 18 17 11 18 1 X - 2.9 2.5 2.5 2.2 I 2.2 2.3 2.8 2.4 0.0 - 1 2.3 15 2.4 2 1.8 9 3.1 14 3 0 5 2.1 6 2.8 18 2.3 16 0.0 8 X - - 15 ^ 8 6 10 10 9 4 12 16 Vili 2.5 1.3 0 1.5 1.5 2.0 3.7 2.8 0.0 - mroocM — mrooe~ > OOC00<^0OC4^p ^ ^ ^ C-Ì CO CN O - QZ 62 6 1 0 91 0 e 01 > - 2.0 1.1 2.5 2.8 1.0 0 3.1 2.7 0.0 3 8 18 12 2 0 9 28 10 > - 1.6 1.2 2.9 2.0 3.7 2.0 1.0 2.7 0.0 - 10 6 19 26 3 2 2 18 7 > - - - - - - - - - - - 3UOIZ3JIQ N NE E SE S SW W N W O ouuy £ 161 in O'* pC ) Osservazioni (per le direzioni e le intensità) delle Le intensità non sono ridotte in m/”. segue Quadro III. - 214 - I o CN m CO o ON *-+ co o = co T— ' CN CN CO ed ni o X m CO , CO CN m o co CN *“• I> co CO co t> X o X co LO có CN co co co CN o CO CO co CN co o o o CN T— ' CN o o o CO co CN CN o X CN CN CN CN CN CN CN o o O co CO IO . , T“l X CN o CO o o m m X ON o X T“' CN CN CN CN CN CN d r-' CO CN CN CN IO CO ' 'r“ ' co o o O CO o CO o o ~ CN CN CN CN CN CN CN ò > m , o o , iC ’ ' ’ ' CO CO co CO O' m co m CN o IZJ — CN có CN CN CN o k-> in o co CO CN CO CN CN co o o 00 o t^- co co o — — ' co r— CN r-' d , & co m co CO X CO T"* *”■ m m c* n- CN o — CN *-* CN o CN CO co o co o CN m T_H T“‘ CN “ o m co o o CO o — r-t t- < — CN CN CN có o _ , CN _ lO X m o CN O CN CN co — . vO o , _ , CO CN CN CN CN CN CN d —* CO O vO co CO O o CN X co o in CO m CN io o _ CN CN CN — CN CN CO CN o co o o o CN CN o CN CO O o CN o o CN CN — T_H CN CÓ C4 d On t— o , i o co o ' CN ’ ' OUOIZ3JIQ £ N E tu SE C/5 sw N W o ou uy 9161 segue Quadro III. - 215 - \ IO CO O m o o - CN tri ni ni co iri co d X iO o co , h- , cn o r“l 'r“ ' 1 CN 00 ni o o o CO o X Tj" co in ni co co co o m , , CN 00 co ni __ CN r”< m o -f* o CN cn o o X CN CN co CO co co T d o CO _ o \D o ni CN T"H *“ * co o o co rt* in O X CN ni co co ni co ni O , _ , o» co , o co . o 1 CN O r- o o cn CN co o s co o ni ni co CO o o On o IO CN cn LO m 1 CN in o o co ni o co m o - CN — co co co d > o , o i . n- o CN 1—1 CN O CN co co o co n* o CO CN ni co co ni ni o •—* in m r- T-v, co o rt* , ni CN CN ni CO d o o ■O co CN o co m r— ' CN o m o CO or* CN CN o CN ni *0" co co co d > m co ni co o m ni r,M CN ni 00 O' cn o Oi o d ni co’ co co’ co ni o 1—1 CN in h- o , o ri o co CN O O' o 00 o in 00 o o — ni CN ni ni co co o *—* o h- rj* CN in m ‘ o o o o o> o CN CN co ni co CO co d CN in o OI o> O' ' ' co UJ UJ UJ co > > 3UOIZ3JIQ Z m co £ 2 o ouuv £161 216 o T3 c3 3 O o o in o CO o 5 co — ni co — co co* o 00 o CO *— 00 cn 00 o T— ' T™1 CN CO o co co — — -t o _ - CN ni CM ni ni ni ni o > 3 CM 3 o h- co CM 3 m m cn o M0 — o > CM co in co’ ni co o CM CM 00 3 co LO CM o co m o 00 — o co — CM o- co ni co Tf o o 'O CO 3 o m CM o- CM T— ’ co 00 o 00 m © 3 ni o CN © CM in CO ni co o > O o o m o o o o CN CM CO l> vO in 00 o ■ “ co ni CO CO co co' ni ni o ' — 1 co ao O cn 3 o co _ o CM CM o co o co o o o o , , co ni CM o 3 00 co __ o CM co - - > - > - - > - 3.8 2.0 0.0 2.2 2.2 4.0 4.6 4.0 0.0 - 9 1 0 16 6 8 21 28 1 s - 1.4 2.0 1.5 3.1 4.5 5.0 3.8 3.9 0.0 9 1 2 23 4 8 21 25 0 - - 3.6 3.0 5.6 0.0 3.1 3 5 3.9 4.8 0.0 - 21 1 9 0 11 4 16 22 0 - - 3.1 3.6 2.5 3.4 4.7 2.7 4.8 4.7 0.0 - 13 6 6 16 4 7 11 25 5 ouoizajiQ N NE E SE S sw w NW O OULl V 6161 - Ha - segue Quadro III. - 218 - X - 3.0 0.0 0.0 4.0 3.6 4.1 5.0 5.2 0.0 - 1 0 0 7 23 9 36 15 2 X - 3.8 3.3 4.0 4.1 3.8 5.1 3.8 3.8 0.0 - 4 10 14 12 20 7 4 8 11 X - 4.7 2.8 3.8 3.8 3.5 2.0 3.9 3.3 0.0 - CO CNCN^GOCNOiDCN t-H t-H Ol t-H ^ X - 2.0 2.3 2.0 4.3 3.9 4.0 3.1 3.6 0.0 - CM CO — O O 4.2 2.6 3.2 4.1 4.0 5.5 3.0 5.7 0.0 17 5 5 8 1 2 9 12 34 > - 0.0 1 4.0 3.0 6.1 0.0 4.0 4.2 4.4 0.0 - O — OOCNCOOOxT co - 00 > _ 4.0 4.0 4.8 3.6 5.0 0.0 5.3 3.4 0.0 - . 2 5 21 26 2 0 12 6 19 > - 3.3 3.0 0.0 6.1 4.5 5.8 5.4 5.8 0.0 - 3 2 0 11 8 9 23 10 24 - 4.0 2.9 3.7 3.9 4.5 6.0 5.2 4.3 0.0 - 1 4 7 6 17 4 1 19 15 20 - - 5.0 2.9 4.3 4.3 3.0 3.4 6.0 2.6 0.0 - 3 13 4 33 2 8 3 5 16 - — 5.4 5.3 0.0 5.5 4.5 4.7 5.9 4.6 0.0 19 4 0 8 4 15 14 24 5 3U0IZ3JJQ N NE E SE S SW W NW O ouuy 0361 segue Quadro III. -219- X - 4.3 2.2 3.0 6.0 3.2 2.6 4.4 3.9 0.0 - 12 5 1 1 9 5 25 20 15 1 XI - t'-ccc>--‘or'--iocNO oicOrl-TfcÓCNn-irio - — 1 lo^ooooooom X - 2.5 0.6 2.8 2.2 1.5 3.8 0.4 4.3 0.0 - O'coooo^f'3,eot^^, co X - 5.0 2.3 3.3 3.0 3.1 2.0 4.0 3.4 0.0 - 1 6 15 13 14 ^ 1 1 15 24 Vili - 2.6 2.3 0.7 2.3 2.2 2.0 1.9 3.4 0.0 - OOO^O'O'COO't'-OO co > - 2.3 1.2 2.3 3.0 3.1 0.0 2.1 2.5 0.0 - ^^rfOOCNO'-tO'OO > - 2.6 2.4 2.3 3.0 2.9 3.0 4.1 3.5 0.0 - 7 5 3 3 7 7 25 24 9 > - ooocoiOinc^CN-^o ^T-ìcóooC'icococno - ■ 4 13 20 8 5 6 20 16 > . - 5.2 3.5 4.8 3.6 2.8 2.9 4.9 2.9 0.0 - m - 2.7 1.8 ! 1.0 3.0 3.8 0.0 3.0 3.5 0.0 - 13 5 1 7 5 0 7 44 11 > - 0.0 2.0 3.5 3.5 2.8 2.1 2.4 3.6 0.0 0 4 2 20 5 7 12 23 17 > — 3.8 2.8 4.5 4.3 2.7 2.6 4.8 4.7 0.0 - 4 6 10 20 6 5 7 16 19 > - 0.0 0.0 0.0 3.0 4.5 4.4 4.3 3.5 0.0 - 0 0 0 3 26 13 23 16 9 - 3.5 0.0 3.0 4.4 4.4 4.5 4.7 3.5 0.0 - 4 0 2 13 27 6 14 20 7 4.8 3.0 5.1 3.0 3.6 4.1 4.1 4.5 0.0 - — — (N - - 3.7 0.0 0.0 4.0 3.1 3.3 5.7 4.3 0.0 - CNOOinOOt^COCN'O ^ ^ T-H 91101 Z9J JQ N NE E SE s 1 sw w NW o ouuy ZZòl segue Quadro III. - 221 - X 1 5.2 0.0 0.0 0.0 3.9 4.2 5.9 4.8 0.0 - i 8 0 0 0 10 12 42 18 0 >< - 3.0 0.0 4.0 4.8 4.6 4.6 4.3 5.3 0.0 - 2 0 2 9 44 11 12 10 0 X - 3.0 0.0 3.0 3.5 4.7 2.8 3.5 3.0 0.0 - 3 0 2 17 20 4 15 31 1 X - 3.2 2.7 2.7 2.3 3.9 2.5 3.9 3.7 0.0 - 5 6 11 4 15 4 11 26 8 Vili - 2.3 1.3 2.0 2.8 3.9 2.7 4.4 3.2 0.0 f 23 7 6 4 11 3 12 21 6 > - 2.6 2.1 2.0 1.6 2.0 3.3 1.7 2.9 0.0 (MoocMincM^-rocNin cn ro — > - 2.7 2.4 6.0 3.5 2.3 0.0 3.0 3.7 0.0 - ^ ’f -t ■> - 3.1 3.0 5.0 4.4 4.0 3.5 2.9 4.9 0.0 - 15 5 2 12 2 2 8 35 12 > - 3.3 2.7 3.4 4.6 3.7 3.0 3.7 3.6 0.0 - 3 3 6 25 3 8 20 17 5 - oo^^coc^cjNoqt-q CNO^OOCOCN^cnO - 11 3 8 12 9 9 20 13 8 - - 4.0 0.0 1 0.0 5.0 3.7 3.4 4.6 4.1 0.0 - 4 0 0 1 3 12 41 19 l1) - - 3.9 3.5 4.0 2.5 2.5 3.8 1.2 3.3 0.0 i - 13 4 4 2 4 4 20 38 4 3U01Z3JIQ N N E E S E S sw w NW O ouuy er,6i CO E r- o in o o 222 - co co co co O" CN co co o X l n On CO 00 o o CN '""l 1 o o co m in 00 o o __ IO © o* o* co co o- o X o co m © © o o 1 CN 00 o- oo o o- — CN o X co co CN co co o* -T o m CN m co On o o CN r^- co o o o © o CN co CN d co CN CN CN o* x T O CN CN co O co fO CN o ON iO 00 o o - 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o i— *u CT3 n O* b/o vC 00 CN 00 o co co co o m o ct> o 00 CN o _ o ni co co o ni o > o CN CN CN o m CN m co *o- in CO co’ co d o , 00 O' co O ni co rt* CN CN o CN m o o > 00 in in LO CO co o ’""1 >o vO m CN o o o “ *-* CN ,"H nd m co o oo o co CO co ■'st* in d — oo CN r- m m CN m , 1 CN OO o iO CO co ON o ■ co co oo' rj- CO d —* m m CN co vO co co CO CN o o O m in o "" in in tri o o 00 in , o o , m co -r~ 1 CN ,—l 3U01Z3JIQ X; NE UJ SE co sw £ N W o ouiiy 9£6l segue Quadro 111. - 225 - m n co CN co ri -t o CO ni ni ni in LO o X CN iO O' O-. o> h- __ ni CN co rf VO O 00 o X ri ni in co CO co' o co co , 'C 00 m in CN ri Tf o co o o in co o o X ni ni ri c4 iri co 'e-f co d o co , o CO CN 1 co co ni co o o X CO co co co co’ ri in co d O' co Oi co o n co 00 o m Cn CN o X o rr — Ol o ni ri ni ni co o CO o vO __ o m co co r- o o o o __ ni ni CO o ni co o > - O' o - - o io 57 o LO in co 00 o co co o — — ri — co co co in co d cn rf- co , o Tt* vO d in co ni CO iO n o co o Tt* CN o > ni CO co ni o CO CO d r— Tf m co LO co OI rf m CN CN co cn co o -+ rt « O o ri CN o co CO in d o o co o o m o o o co CN 1 -f o co o 00 X CO o 1 co ri co co co TC co o cn 00 cr 00 m r* T-H ’ 1 \0 00 m m rf o co in co Tf irf CO d rf o co o o co 00 00 o co 3U0IZ3JIQ z NE 1 W I SE in sw £ NW o ouuy ZZ6I 1 ') segue Quadro III. 226 - r- © — © — l> o — co o in i ri -t d X vO CO o co © *— 1 ni ' CO CO o o © © CO t— o _ -^t co o co ri co •rf Tf d X O m o vO m vO m o cn ni CO © • j - 29 23 1 1 6 2 : 2 26 3 > - 4.1 1.5 2.3 4.0 3.6 2.2 2.6 3.6 0.0 co o co lo en eo ■*— h m t_h > - 3.6 2.2 3.8 4., 3.5 3.7 5.4 3.7 0.0 - ©--ooroor^^o > - 4.3 3.7 2.6 : 4.2 3.8 7.3 4.2 4.9 0.0 - coro — t^ocoint^ — — — — co = - 4.6 3.0 4.7 i 5.4 3.9 4.3 4.7 5.4 0.0 - 7 2 11 17 6 9 18 23 0 : - - 5.6 3.3 3.3 4.0 2.7 5.5 5.5 5.3 0.0 - 4 18 13 8 3 2 8 31 0 - - 3.0 3.1 3.6 3.1 1.8 4.5 5.7 5.6 0.0 - 6 13 19 9 4 14 13 15 0 3UOIZOJIQ ^ Z ^ tn ^ Zn ^ z ^ ouuy 8Z61 segue Quadro III. - 227 - o o iO o CO o in o O in o CN ■o* in o X x o CO „ CN O' n o O CN X o in ri ■o CN CN o o X co co ri Tf o co o o o 3 CN o o n CN ni CN o o m 3 o o X o d in co CO CN iri o o o o o , _ co o CN CN CO o co m co o o o — o ' — CN o in ri co co X o X co CO -r -+ o , -t* i> o CO ri- co o in »n o - CO* ■rt co co iri X o > CO CO m co o CN o o co r"H CN "3* co o in co CN o = ri CO ri o co — X o > o o o X -t n T— ' CN CN o o o o co CN t n o o — ■ co co lO CN ri CO co co d > 3 m in ri LO o O' CN co co CN X m in o > co co CO co co CO o iC o 3 o CN IO o o *“• co 3 co rf o X — 3 o co CN co co co o > o m vO 00 o in 3 o CN in m X o iC o , , to' co ri CN ri co co o m 00 o X CN X CN 3 CN o o CO in o ' ~ in CO l> Tj* Tf iri o _ “ o IO co 3 m o m o co ’ ' *—* — 1^- o vO \D in in o iC ri CN ri CO CO in in o co 3 o lO O o o v© o CN OUOIZ3JIQ z UJ Z UJ SE C/) SW £ NW o ouuy 6261 228 — 229 — Ò CO o 00 ri +3 +3 O V, ’H o -4-3 CI D a o u 'S r— I © XI M a a © a a o co o Tj ns 5 CD M in <1 CO OI oi co *> co co oi 3 X _ co o o io io lO C5 i CO 40 00 co lO c- X Gì t*- 01 01 'r7 co Ol '* co r— 1 o •05 0? 0) 7) co 7) o co oi i— 4 oi CÒ có ° CO O *o 01 lO X o IO X co co rH t* lO Q> O 0? »o 00 -f. •_p Gì Co o 0) oi 0# o CO X lo r““ _ IO r-H O CO o O X * co oi oi co • g1 oi co oi oi , _ , t> lO 0 _r< XI •CO 04 1—1 io co ( - 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(osservazioni delle h. 9; 15) I II III IV V VI VII VISI IX X XI XII 1915 2.4 2.3 1.6 2. 1 2.1 2.4 3.1 2.6 10 2.1 2.4 2 3 2.2 1.8 1.7 2.1 2 3 2.6 1.9 3 3 2.9 17 3.7 2.7 3.7 3.0 3.8 2.8 3.4 2.8 2.5 3.5 4.1 3.5 18 3.4 2.9 3.3 3 5 2.8 3.2 2.7 2.6 2.6 3.6 3.3 3.0 19 3.7 4.2 3.4 3.7 20 4 7 3 2 3.4 3 9 3.5 2.2 2.6 2.9 3 0 3.2 3.7 4 4 21 3.7 3 0 2 6 3.7 2.7 3.1 2.1 2 5 2.5 1.7 3.9 3.5 22 14 4 1 4.0 4.0 3 2 2.9 2.9 *> o 3.1 2.8 4.1 3.7 23 3.4 4.5 o . 0 3.8 2.9 3.3 2.1 2.8 3.1 3.4 4.6 4.3 24 3.8 3.5 3.3 4.1 3.5 3.6 3. 1 3.3 2.7 3.5 4.2 3.3 25 2.9 4 7 3.9 3.9 3.8 2.8 2.4 3.5 3.4 3.7 3.7 4.6 20 4.7 4.1 4.4 4.0 3.8 3.8 3.7 2.8 3.9 3 8 4.1 4.9 27 4.8 3 . ( j 4.2 3.8 2.5 .3.2 3.0 2.8 3.5 3. 1 3.8 4.2 28 3.7 4.5 4.9 4.2 3.8 3.4 2.6 2.6 3.3 4.4 4.3 4.4 29 4.2 4.8 3.4 3.8 3.4 3.1 2.6 3 3 3.3 4.0 3.8 1.2 3.8 3.7 3.6 3.7 3.1 2.9 2.6 2.7 3.0 3.3 3.9 3.9 236 - Quadro Vili. — Nebulosità. I li III IV V VI VII Vili IX X XI Xli A 1915 9 2.3 0.8 0.9 1.0 2.7 2 8 2.5 10 2.8 3.1 2.3 2.4 2.0 1.9 0.9 0.6 2-5 ‘V2 •> •) 2.1 2.1 1? 2 8 2.5 2.3 2.0 2.5 2.5 1.5 0.8 1.3 1.9 2 8 2.8 2.1 18 2. 1 2. 1 2.5 2 9 2 1 2.5 1.8 o.s 1.2 2. 1 2.5 2.8 •> •) 19 3.0 3.0 2.1 2.5 / 1920 3.0 2.8 2.8 2.5 2.9 2.4 1.5 1.7 3.1 5.7 7.2 7.1 3.5 21 6.9 6. 1 5 3 0.8 5 2 3.4 3.1 3.9 4.5 2.5 4.5 0.0 1.9 *)•) 7.6 0.2 4.1 3.3 3.0 3. 1 2.0 1.1 4. 1 3.9 6.1 5 0 4.2 23 7.4 7.2 5.5 4.2 1.1 2.8 LG 2.5 2.4 2 2 2 5 3.1 3.8 21 3.0 2.8 •) 2 2 1.1 1 7 0.8 2.0 2.7 4.9 l'.O 8 5 3.2 25 5.3 »>.•_> 7.0 0.2 0.7 3.1 2.1 2.1 1.0 5.0 7.1 7.1 5.0 20 0.2 6.9 5.8 5.5 5.3 1.9 3.5 3.4 3.8 4.8 0.1 0.0 5.2 27 74 5.o 5.5 4.0 5.8 4.3 3.9 1.2 4 5 4.2 6 5 7 1 5.0 28 0.0 i . 5 8 1 6.0 4.1 2.5 2.8 1.0 4.0 0.0 0.3 7.8 4.8 29 7.2 7.3 5.6 5.2 O. / 1.5 1.2 3.8 3.9 1.9 5.7 0 1 4.9 III . 5.1 4.8 1.4 4.0 5.7 3.0 1.9 1.8 ; » •> 3.8 4.9 5 3 3.8 St. ' 5.1 4.0 *> ') 4.0 3; 8 Quadro IX. — Pioggia — 237 — M _ , © o- o- in CO O- X X © iO co in •n in CF d CO F < X X X — 04 © 00 X in © F X CO o oò X sò 04 04 cf f X sO in iO F f « 04 sO cO co 04 a- © iO co in _ X F LO _ < — ■ *— • — X © •— * © X o © X o o — o 04 — . cO o- • — o f CO r^. © d sÒ © 04 X X o F X — 1 •— « lO F 04 X _ , X F __ lO © — • F in X o © Ol O o o o O 04 04 • — d F d © iO »n d _ _ co O' CF C4 F — 1 ^ no F — o lO F sO io X — CO F 04 © O © o o o o o © F — co ìò 04 IO sÒ *o o 0# O' (- F cO © © io F - - o X - 00 04 CO F X X — — ~ o o o o co — in lO F F o 1^- X sò « o- Oi ■ *o o O o o o o o © o o © o O o o o o o o © © © o o ° ° d ° ° © © d o o — o o o o o — — — © © > o o o © o o o o © co 04 o 04 ° ° ° o o oi © o o 04 04 o o o Cl sO , © © > o o X C 1 © o o o © in 04 ° sC 04 d c o CO 04 1 ■ co o CI CO -t o co sO © — 04 © > 04 o o CO 'T't © o © 1— 41 J 04 . _ d o ó 04 CO o CO io *— 04 -F f co àO © co f 04 X *n AI 04 co io co X co (M o o o CO X F . _ d d F 04 o sò 04 sÒ sÒ in lO cO 04 r— ■ Oi f © Oi sO o o» io © in s^ © — 1 iO lO — o o © lO O sO X sÒ CO © X ec »n X o- 04 © o l'* rO cO co X O" cO sC CO sC f © X CO in o- F - r- © d co co LO co r- o ri iO •O CM a© oo O -f oo i'- LO ri d “ 1 — LO — X O o .o O' _ , — — — *° d — o X o © ri o lO » o — ■*T LO T d cO sO ri d o IO d CVJ O' ri o 1 — 1 — -« e© C' ©" fVI -f ri o — cO — cO o O _ lO © r- LO __ p X -f LO o O o CO o o o o CO lO o o iO CT . _ O' «6 lo © »o — o ri _ _ d LO — ri lo ir; ri 35 LO *— ■ LO LO o — -r - > X - CI r- — CO lO co n © ri <*5 « © -• 0.05 LO ri o o o o CO — iC — CO o o ri ri . _ d d o r- 00 d — CO © OO r- d O O? © ri o — o o — o O r* o o o o o _ d o o — <2, -, — o o o — o o > C' o Q) o CO o o o co ri ci ri O ri o o co ri — O' cO o o o o r- > • 00 TT co LO o o r- o r» o LO X LO d o o oi d o ri o ri d ri o — LO co CO LO d - co LO o co o O-' d O o X ■*3* X X d — ; LO LO 00 o o o LO o CO LO o io — d -1* vO 00 co LO d d d co 1 1 y—t o o ri — • co o o — CO — 00 ri co o co co __ LO CO co co *■" ’ o CO o X n r- o 00 o o o o r- o o o O' CO d r- o O' LO o d d o o d P *o co r- ri Gì CO r- o ri - cO 04 r- O' — 04 00 CO o r^- tj* r* d — © a© o sO o co O r- re p p ri l'- d __ d LO •— LO d <*© — — ri s© ^t" S© -r 00 o •— 1 o ro »o co O o ri LO vO r- 00 O'- C*- QJ c ri cr Gì ri ri (M ri n n C/2 5 s 5 d .c < *) Integrazione dei dati degli A. I. e della R. Massime precipitazioni 239 X o a a < a 240 ) Da^li Ann. Idrol. c dalla - Riassunto degli elementi climatologici ( ri fe ri ti a 245 m. s. I. d. m.) 241 X o a a < C a < ^ è °. q co ^ o ' CO Od O X CO O 04 ^ — cv ov co »o o 1 f'>» ^o < LO t> ^ O o_ so O ri t> i — 1 oc o ' — 1 io — n ri ri ® — < 111 ^ 00 O Tf £ 't — ioh -f — ri co — 1 ”** ~r ~> o © ~ ri X >0 00 & ^0 o X LO LO IO O -f O — « O <— 1 *— < 1 oo d d (*- o co — ■ lo 2 O Ci o io x ^ lO ^ O o O) CO CO O) )0 io O so o r— < oi o! oo co Tf lo co x et ° ° oi r>* o ~T 0) 04 04 — H OO O) Vili CO CS O *-f O O Oo r-H r— O O O Ol-H O O r— i re 2 X © — r''5 O © — * — o rv| ^r>| j-y- -Q > X iC o lo o l> ca ' X r- iOOOO— 'OO d oó d d — ’ — ' d d ~ ~ co oi d -t Oì vo — • et ^ o o r>» > C^Ci o LO o XOLOCiOi— ?! X o o* o o O) *— • X O o LO o o co • o • . • • O o • • Ot^c0 O « X (N 0 0(0) N > CN] 'f o o (NOOOiiOtOCOlOOOO— 1 °i^rIot''-ooC'-t’Ocò.*'-rC'i o CO i 0 # o i ^ r— i OO )0 - ^OO et o lo ^ LO o r- 1 co O O ^ o X O I— <’ 7? 4 OÌ B H rt. OÓ ^ r-H ^ H !M ri cr 00 oc o 1'* ' OOo^Tfi o «OOOOr— 'CSCOOOOCOOOO Ot o ci o C? oi o od ^ 1 co o ci o ^ LO CO oo o - ,vi > Z £ Finito di stampare il 15 agosto 1931 16 (!) per la direzione; (2) per la direzione e la velocità (D =c direzione ; R — risultante), i r= coefficiente pluviometrico per l'intensità; f =c idem, per la frequenza. Hanno i Crostacei loricati uno “ stadio natante „ ? del socio Prof. Marco Fedele (Tornata del 2 maggio 1931) Da una breve nota inviatami dall’ Indocina dal collega C. Dawydoff ‘) apprendo di una polemica svoltasi a proposito della esistenza o non di uno " stadio natante „ nei Crostacei loricati ; e siccome base essenziale della disputa sono le mie osservazioni sulla metamorfosi dal fillosoma dello Scyllarus arctus *), mi sento chiamato parte in causa. Per quanto in ritardo, per essermi sfug¬ gita, per casi dolorosi della mia vita, la loro polemica, non di¬ spiacerà ai professori Bouvier e Dawydoff di conoscere la mia opinione, e prendo anche io la parola per richiamare alcuni fatti che mettevano, già dalla mia citata memoria, in termini chiari la quistione ; fatti sui quali ritorno volentieri per sottolineare ancora più esplicitamente la loro portata per la chiara ed esatta com¬ prensione e valutazione di concezioni ed attribuzioni erronee so¬ stenute da altri autori, non escluse quelle del Bouvier che, dotto specialista di Crostacei decapodi come egli è , avrebbe da sè stesso corrette, se avesse avuto modo di leggere le mie ricerche sullo Scyllarus avanti citate. In questo modesto lavoro, che la cortesia dell’ amico Da¬ wydoff vuol giudicare " fort important „, io ho semplicemente, senza lusso di particolari descrittivi, che era mia intenzione af- *) Dawydoff, C. — A propos de la rnétamorphose des Crustacés lorica- tes. Réponse à M. Bouvier. Arch. Zool. expér. et génér. T. 68, Note et Rév., p. 16, 1929. 2) Fedele, M. — La metamorfosi dal phyllosoma dello Scyllarus arctus, Boll. Soc. Naturalisti Napoli, voi. 37, anno 39, 1925, p. 215. — 244 — fidare ad altri, esposto alcune fortunate osservazioni che ho po¬ tuto fare allevando dei fillosoma e dei giovani Scyllarus ; ma ritengo anche io, come se ne è convinto il Dawydoff, che tali osservazioni siano assolutamente concludenti in rapporto alla fase del passaggio da fillosoma ad adulto degli Scyllarus, fase prima tanto oscura ed imbrogliata della vita dei Loricata. 11 fatto stesso di aver assistito alla metamorfosi dell’ ultimo fillosoma, e alla muta dello stadio immediatamente a questo suc¬ cessivo, segna una tappa precisa e di ben diversa portata con¬ clusiva che non potevano essere le ricostruzioni fatte in base a semplici dati frammentari e a supposizioni ipotetiche; e poiché lo stesso prof. Bouvier, che è un riconosciuto maestro in materia, mi concederà che alcune delle determinazioni di stadi successivi al fillosoma erano fatte in base ad attribuzioni ipotetiche, ne viene che il poter precisare con osservazioni dirette l’ordine reale e la veritiera appartenenza di questi stadi è un passo decisivo. Le mie osservazioni sullo Scyllarus oltre a segnare , per questa specie almeno, tale passo conclusivo, forniscono ancora dati precisi per la etologia di queste forme giovanili , mai in nessun modo osservate viventi, malgrado si fosse voluto carat¬ terizzare con troppa sicurezza, su nessuna base positiva, il loro modo di vivere chiamandole, malgrado le attenuazioni, "natanti,,; epiteto che avrebbe forse dovuto in qualche modo tener luogo di quelle differenze morfologiche, in verità poco consistenti o di tenue rilievo nel caso nostro, atte a caratterizzare uno stadio larvale. E veniamo alla precisazione dei fatti. A leggere le poche ma categoriche parole del prof. Bouvier a proposito di metamorfosi dei Crostacei loricati potrebbe sem¬ brare al lettore non specialista che in questo campo tutto sia detto e chiarito, e che le osservazioni di chiunque non potessero in nessun modo scuotere l’ordine posto dal Bouvier in questo capitolo della vita di questi animali. Tale ordine esplicitamente affermato dal Bouvier *) è che ‘) Bouvier, E. L. — Crustacés décapodes ( Macroures marcheurs) prove- nant des campagnes des yachts Hirondelle et Princesse Alice. Résultats camp. Se. Alberts Prince de Monaco, 1917, fase. 50, p. 113. — 245 — " on peut affirmer aujourd’hui que le cycle de cette espèce ( Scyllarus arctus), après le stade phyllosoma, traverse deux sta- des post-larvaires successifs, le premies rugueux dépritné et spinuleux qui est celui de Nisto asper, le second lisse, convexe et à peux prés inerme qui est le stade Nisto loevis. 11 y a sù- rement aussi deux stades post-larvaires dans le dévelopment des autres scyllares „. Ma tale ordine non corrisponde alla realtà dei fatti , come sono stati da me positivamente dimostrati, e siccome i fatti da me messi in chiaro, e giustamente valutati dal Dawydoff nel suo bel trattato di embriologia *) e accettati naturalmente da quella parte di carcinologi che ne sono venuti a conoscenza, minacciano di rimanere ignorati da altri, per la rarità forse della edizione nella quale han visto la luce, vedo necessario breve¬ mente richiamarli e mettere ordine in questa nota a dati positivi e deduzioni. Darò alle stampe ulteriormente le figure e descri¬ zioni particolareggiate, già altra volta promesse. Il Bouvier dice 2) : " je ne connais pas les recherches de M. Fedele, mais on peut ètre assuré que ce biologiste n’a pas vu sortir du phyllosome des Scyllares la forme rampante dé- finitive „. “ Ce qui en sort est connu dépuis longtemps, c’est le pseu- dibacus pour nctre gran Scy Ilare ( Scyllarides latus) , le nisto pour le petit ( Scyllarus arctus). Pseuclibacus et nisto furent pris d'abord pour des genres autonomes, comme le puerulus d’ ail- leurs, alors qu’ils ne sont comme ce derider, que les stades na- tants intermèdiaires entre le phyllosome et la forme définiti ve marcheuse. ...Si M. Fedele a eu la chance d’assister à la méta- morfose ultime du phyllosome des Scyllares, ce n’est surement pas la forme définiti ve qu'il en a vu sortir , mais la natante, pseudibacus ou nisto,,. In verità io non. ho visto uscire dal fillosoma la forma de- ’) Dawydoff, C. — Traité d'embryologie comparée des invertébre's. Mas- son et Comp.ie Edit. Paris, 1928. 2) Bouvier, E. L. — Le Traité d'embryologie de M. Dawydoff et le dé- veloppment des Crustacés loricate (Langouste, Scyllares ) Ann. Se. Natur. Ser. 10, T. II, p. 246, 1928. - 246 — finitiva, e questo è chiaramente espresso nel mio lavoro, dove è figurata e descritta la forma giovanile avuta dal fillosoma, e che io stesso paragonavo alla forma di / listo descritta troppo breve¬ mente dal Sorato. Questo il Bouvier avrebbe potuto chiaramente rilevarlo dal mio lavoro, nel quale era anche chiaramente espresso che io era riuscito ancora ad allevare un altro esemplare giovanile, allo stesso stadio di quello da me ottenuto dal fillosoma, e di avere avuto da esso un piccolo schiaro corrispondente completamente al¬ l'adulto. Da questo lato le mie modestissime, ma precise osservazioni erano perfettamente concludenti e chiarificatrici, anche perchè lo stesso Bouvier avrebbe facilmente rilevato dal mio lavoro che la metamorfosi dello Scyllarus arctus che egli ritiene sicuramente individuata, non Io era affatto prima delle mie ricerche, poiché lo stesso Bouvier, come abbiamo visto, descrive come primo stadio natante presentantesi dopo il fillosoma di questa specie la forma corrispondente al Nisto asper, mentre , in base alle mie dirette osservazioni, egli avrebbe facilmente corretto che lo stadio post-fillosomiale è una forma corrispondente al Nisto loevis del Sorato ’), e che la forma descritta dal Bouvier come Nisto asper non entra nel ciclo di vita dello Scyllarus arctus ed è, con ogni probabilità, forma giovanile di altra specie vivente nella località del rinvenimento ; nè si potrebbe escludere in modo assoluto che lo sia di Scyllarus pygmeus, alla quale specie, il Bouvier attribuisce, peraltro, anche in base ad attribuizioni ipo¬ tetiche, altra forma giovanile già descritta dallo Spencer Bate sotto il nome specifico di Arctus pygmeus. A voler seguire le norme affermate dal Bouvier avremmo dovuto, inoltre, ritenere che la così detta " forma natante „ ha la istessa taglia del fillosoma deH’ultimo stadio dal quale esce 2) e gli individui giovanissimi che rivestono la forma adulta non sono sensibilmente più grandi ; indicazioni queste non atte certo a chiarire il problema da me posteriormente risolto, e che i fatti *) Sorato, C. — Etudes sur les Crustacés de Nice. Genre Arctus ; genre Nisto Nou. Moniteur des étrangers de Nice 1. inars 1885. ") Bouvier, E. L. — Loc. cit. 1917, pag. 83, — 247 — hanno nettamente dimostrate erronee, perchè negli stadi cardini della metamorfosi abbiamo una evidente contrazione, spiccata- mente nella parte anteriore, delle forme successive : e da un fil¬ losoma di mm. 25,5 (fra estremità delle antenne ed estremità del telson) come era quello da me allevato, vediamo venir fuori un giovane schiaro di mm. 18,5 (misurata fra le istesse estremità del corpo) il quale alla muta successiva si cambia in altra forma giovanile ancora più piccola. La seriazione, quindi, in base al criterio delle dimensioni ci avrebbe condotto in Scyllarus a deduzioni erronee, come è ca¬ pitato al Bouvier stesso, il quale, nel porre il Nisto asper in¬ nanzi al Nisto loevis nella serie di questa specie , si è lasciato ingannare certamente " par la taille plus forte „ del secondo sul primo ( toc . cit. 1917, pag. 112). A dar ordine a tali innegabili incertezze, la forma deH’uItimo fillosoma, quella dello stadio giovanile uscente da esso e la muta successiva, con il primo stadio rispecchiante perfettamente le par¬ ticolarità morfologiche dell'adulto, e cioè i termini più precisi e completi della metamorfosi, escono perfettamente precisati dalle mie osservazioni. Ma queste invadono ancora l’etologia di queste forme e la loro locomozione. Ora, la forma che esce dal fillosoma non è natante ma r e p t a n t e . Questo per lo Scyllarus arctus è un fatto fuori discussione e le mie osservazioni in proposito sono molto precise. Il giovane Scyllarus del primo stadio post-fillosomiale se muove, se balza, se posa, come ho descritto già altra volta (1925, pag. 221) lo fa precisamente come l’adulto. Perchè dovremmo quindi mantenere la distinzione di uno stadio natante nella vita di tutti i Crostacei loricati quando per nessuno di questi un tale stadio è dimostrato, men¬ tre abbiamo osservazioni precise per Scyllarus e per Jasus ’) che al fillosoma seguono forme morfologicamente e fisiologicamente perfettamente reptanti ? E vediamo ancora se, dimostrato come insussistente il fat- *) Gilchrist, J. D. F. — A Post-puerulus Stage of Jasus lalandii (Mila. Edw.) Ortmann. Journ. Linn. Soc. London. Zool. voi. 34, p. 189, 1918-22. — 248 — tore cardine per l’adozione dell'epiteto natante per lo stadio giovanile uscente dal fillosoma, si possa in qualche modo legit¬ timarlo facendo ricorso ad appariscenti caratteri giustificanti un sicuro riferimento filogenetico, o un ricordo preciso di organiz¬ zazione di animali del gruppo o di gruppi vicini esclusivamente nuotanti. Erano questi ricordi comparativi dinanzi alla mente del prof. Bouvier nello accettare e autorevolmente sostenere questa deno¬ minazione di stadio natante creata dal Boas ? Non intendo far la guerra alle intenzioni, ma poiché questa comparazione risulta implicitamente anche nelle affermazioni del Boas ‘) è bene prenderla in considerazione per vedere se, an che da questo punto di vista , sia lecito , ed apporti qualche chiarezza, il mantenimento di uno stadio denominato natante nei Loricata. E ovvio, intanto, che tale quistione potrebbe acquistare va¬ lore se, sempre a parte il significato fisiologico e dinamico del¬ l’epiteto natante nel nostro caso in ogni modo inapplicabile , il giovane decapodo uscente dal fillosoma avesse tali caratteri mor¬ fologici peculiari da rassomigliare , più che alla forma adulta reptante, a solo forme adulte o larvali di Macrura natantia o di Peneidi, in modo da rendere così, per le sue nette distinzioni dall’adulto, necessaria ed opportuna la creazione per esso di uno stadio tipico larvale ed una denominazione, che pur non avendo un significato dinamico ed etologico , rappresentasse almeno un sicuro riferimento filogenetico. Ora , a mio modo di vedere , e come la comparazione net¬ tamente lo dimostra, questo per Scyllarus non si può affermare e non lo si può affermare per Palinurus. E ciò sia per la forma generale del corpo, che, specialmente nei giovani di Scyllarus, è così diversa, anzi antitetica, di quella delle forme di Macrura natantia, sia per il numero dei pleopodi, che sono del numero tipico dei Scylllaridae e vanno , come in questi , dal secondo al quinto segmento e non son cinque paia come nei “ natantia „, sia per la evidente inefficienza di queste !) Boas, J. E. V. — Studier over Dccapodern.es Slaegtskabsjor/iold. Vd. Selsk. Skr., 6 Raekke, Nat. og Mat., Afd. I, Bd. II, Kjobenhavn, p. 25, 1880. — 249 - appendici per la propulsione al nuoto di individui così massicci come i giovani Sciliari ; appendici che si presentano anche più impari a questo genere di locomozione di quelle possedute, in stadi più avanzati , dalla forma femminile della stessa specie. 11 riunirsi a coppia come fanno i pleopodi della forma gio¬ vanile, carattere che aveva essenzialmente dettata al Boas la de¬ nominazione di “ stadio natante non è particolarità dei giovani in Scyllarus , e nelle femmine adulte l'unione dei pleopodi di ciascun paio si fa ampiamente , ed è tale lo sviluppo di questi, che le appendici interne si incrociano nettamente, e saldamente si intrecciano con le lunghissime setole. E nemmeno la presenza di retinacoli nei pleopodi si può sostenere come assoluto carattere di " natanti „ e lo stesso Bou- vier (1917, pag. 58) ha potuto constatare che appendici retina¬ colate si incontrano nei pleopodi 2 a 5 di tutti gli Eryonidae ; e se in questo gruppo abbiamo torme nuotatrici, vi annoveriamo ancora specie di fondo nettamente reptanti, come quelle del ge¬ nere Polycheles, in cui i pleopodi, sia per la lunghezza del primo articolo, sia per il comportamento generale, sia per i retinacoli, sono molto simili a quelli dei nostri giovani di schiari. Per la forma le appendici addominali sono gli organi più variabili in queste specie , e possiamo dire che ad ogni muta questa forma cambia; e ciò non solo nello schiaro metamorfosato ma nel fillosoma stesso. Quindi più che la forma , il numero è significativo per la espressione di caratteri stabili ; e il numero è nettamente quello tipico dei Scyllarus e non dei " natantia „. Il piccolo che sguscia dall’ ultimo fillosoma , a parte la tra¬ slucidità del tegumento e della intera massa organica e qualche piccolo divario nella ornamentazione , riproduce sostanzialmente le caratteristiche essenziali dell’ adulto ; esso non differisce da questa forma adulta più di qualunque forma giovanile di qualun¬ que altro animale , alla quale noi non abbiamo mai pensato di attribuire importanza di forma larvale. Se esaminiamo spassionatamente figure e descrizioni dei casi noti con sicurezza, vediamo che questo che dico è vero non solo per Scyllarus ma anche per Palinurus e Jasus , nei quali i ca¬ ratteri del cosiddetto puerulus non sono, anche ad esplicita di- - 16 a - — 250 — esarazione degli osservatori ') , essenzialmente diversi da quelli dell’adulto. Posso aggiungere inoltre che 1’ esame dei sei esemplari di giovani di Scyllarus arctus da me posseduti allo stadio immedia¬ tamente successivo al fillosoma , e fra i quali quello avuto per metamorfosi diretta , mostrano una certa variabilità, che è chia¬ ramente in rapporto con la età del giovane schiaro e alla forma successiva che si va, secondo mostra la varia età e l’esame degli esemplari, evolvendo sotto la spoglia della prima forma giovanile. Così è facile notare la formazione del tubercolo unico ster¬ nale, opaco sotto la spoglia , che si va staccando , al posto dei due tubercoletti molto ravvicinati del primo stadio post— filloso- miale ; come la formazione delle branchie allo stadio più avanzato, le varie sculture appena accennate, ma in qualche parte ricono¬ scibili anche attraverso l' involucro diafano, nonché la opacità e la cromaticità della nuova forma corporea in formazione , che trasparisce sotto il primitivo rivestimento ialino, e che io ho potuto vedere comparire, pronunziarsi, svilupparsi nell’esemplare di primo stadio giovanile allevato fino alla muta. Nel giro di vita stesso della prima forma, quindi, le diffe¬ renze con l’adulto, già così poco sostanziali, si vanno riducendo ed attenuando ; il che ci autorizza ancora di più a dire che nulla, anche per la morfologia, ci induce a vedere e battezzare in que¬ sta forma uno " stadio natante „. Inoltre, per molte delle forme giovanili di Crostacei loricati che conosciamo abbiamo notizia che furono catturati con reti slittanti sul fondo : le forme descritte come Nisto dal Sorato furono catturate con " gangamella il fillosoma dell’ultimo stadio da me allevato, preparandosi alla muta, aveva perduta la sua moti¬ lità e si era adagiato sul fondo dal giorno precedente ad essa, tanto che io, in un primo tempo, lo aveva giudicato morente, e ‘) Gilchrist, I. D. F. — Larvai and Post-Larval Stages of Jasus lalandii. (Milne Edw.) Ortmann, Journ. Linn. Soc. London, voi. 33, pag. 191 ; v. sp. pag. 117 e seg. 1916. Santucci, R. — Lo stadio natante e la prima forma post-natante del- l' Aragosta (Palinurus vulgaris Latr.) del Mediterraneo. Memorie R. C. Ta- lass. Italiano. Meni. 124, p. 4, 1926. — 251 il giovane Scyllarus si è schiuso sul fondo ; tutte le forme gio¬ vanili, fra le quali la forma giovanile identica a quella avuta per muta dal fillosoma, che pescai direttamente dal mare, e dall’alle- vamento della quale ottenni il piccolo simile per tutto all'adulto, furono catturate anche esse con la gangamella, come tutti i nu¬ merosi giovani esemplari di Scyllarus arctus da me avuti dalle acque del golfo di Napoli. Lo stesso esemplare giovanile descritto erroneamente dal Bouvier, sotto il nome di Nisto asper, come primo stadio suc¬ cedente al fillosoma di Scyllarus arctus fu pescato nella baja di Porto Santos a 100 metri di profondità con rete a slitta di fondo ’). Fra due acque furono catturati, invece, i quattro esemplari raccolti dalla “ Thor „ in pesche pelagiche nel Mediterraneo e nell’Atlantico , su acque molto profonde , ma non troviamo per essi nello Stephensen * 2) dati su condizioni vitali ; possiamo solo dire che ci troviamo in presenza di forme che , per il giuoco dei fattori locali di distribuzione, furono trasportate in acqua alte e in necessarie condizioni di metamorfosarsi lontano dal fondo, e sull' ulteriore destino delle quali non abbiamo dati per fare deduzioni. Dunque abbiamo nessuna prova che questi stadi giovanili di sciliari usciti dal fillosoma nuotino ; abbiamo , anzi , dati di pesca che chiaramente parlano in prò di una vita sul fondo di questi animali, e lo stesso Bouvier, da quell’obbiettivo osser¬ vatore che è , dinanzi alla conformazione stessa dei giovani di Palinuridae , pur battezzandoli “ natanti „ , pur ritenendo che essi possano essere catturati alla superficie o fra due acque ap¬ pena usciti dal fillosoma, riconosce che le forme abbastanza pe¬ santi sembrano renderli meglio atti a spostarsi sul fondo. Noi possiamo anche pensare ad una metamorfosi fra due acque, possiamo anche pensare ad incontri di forme giovanili in attività notatoria (non nuotano forse anche gli schiari adulti ?) ma questo non contrasta il fatto osservato, e quindi provato, che *) Bouvier, E. L. — Loc. cit. 1917, pag. 108. 2) Stephensen, K. — Decapoda-Macrura ex l. Sergestidae. Rep. Danish- Oceanogr. Exp. 1908-10; voi. 2, Biology. D. 3 ; v. sp. pag. 74-75. — 252 — il giovane uscente dal fillosoma ha, oltre le forme essenziali pri¬ mitive, anche le attività dinamiche e le caratteristiche etologiche dell'adulto. Le mie osservazioni mettono in luce definitiva questo ele¬ mento decisivo della etologia e dd\’ abitai, prima misteriosi , di queste forme postlarvali, e dimostrano che, fin dall'ultima forma di fillosoma, vi è una caduta verso il fondo, sul quale il fillosoma divenuto senza moto o quasi, in acque non molto profonde, si adagia, e dove si compie, con ogni evidenza, in condizioni na¬ turali e più comuni, e con più evidenti probabilità di sopravvi¬ venza, la metamorfosi. L’affondarsi dei fillosomi appressantisi alla muta deve essere certo una condizione generale per tutti gli stadi ; una tale ten¬ denza fu notata anche dal Gilchrist 2) in fillosoma di Jasus di mm. 1,7 ed interpretata come effetto di un mutato fototropismo della larva, ma essa è certamente attribuibile in parte essenziale al necessariamente mutato dinamismo della larva nella crisi or¬ ganica che prepara ed accompagna la muta , durante la quale crisi la larva , che va perdendo quasi totalmente la sua attività efficace di nuoto, cade per gravità verso il fondo, verso il quale o sul quale la muta si compie. Il Gilchrist non ha avuto la fortuna di ottenere il giovane Jasus lalandii dall’ultima muta del fillosoma di questa specie e si potrebbe, per quanto ciò sembrerebbe ad ognuno evidente¬ mente eccessivo , dubitare che la forma reptante da lui avuta dal mare ed allevata in acquario , non corrisponda alla prima forma post-fillosomiale , ma tale dubbio non è in alcun modo lecito nel caso di Scyllarus, per il quale è da me dimostrato, senza possibilità di obiezione , che la forma che esce dall'ultimo fillo¬ soma è reptante ed ha perfettamente le stesse caratteristiche etologiche dell'adulto. È la nuova vita che incomincia con un salto brusco, e che va, senza fase intermediaria , dalla vita nuo¬ tante pelagica alla reptante sul fondo. Ma il giovane reptante che esce dal fillosoma non è da ri- 2) Gilchrist, J. D. F. — Larvai and Post- Larvai Stage of Jasus lalandii ( Milne Edw.) Ortmann. Journ. Linn. Soc, London. Zoology, voi. 33, 1916— 1919, pag. 101. — 253 — tenersi uno stadio intermedio fra il fillosoma e l’adulto, tale da giustificare una propria denominazione ? Qui siamo di fronte ad una quistione che mi pare, obietti¬ vamente parlando , essenzialmente verbale. Il giovane che esce dal fillosoma, e in Scyllarus, come in Palinurus e in Jasus, ha perfettamente le caratteristiche essenziali dell'adulto. Ci sono delle differenze , ed anche io le ho indicate , ma queste, pure perfettamente individuabili, sono di ben tenue entità e si ritrovano nell’istesso grado, se pure sotto altra forma, nelle mute successive , le quali , senza discussione , tutti attribuiamo alla forma tipica; e tali differenze, a mio parere, non giustifiche¬ rebbero la creazione di stadi larvali intermediari, che non esistono, nè il mantenimento dei nomi di Nisto, Puerulus, Pseudibacus, che sono da riguardarsi solo come relitti verbali di determinazioni sistematiche superficiali ed erronee. Se i earcinologi vorranno, malgrado l’uso e le attribuzioni poco precise, conservare, per rispetto storico, i nomi di Nisto, Puerulus ecc., si ricordino pure tali denominazioni per le forme giovanili di Scyllarus. Palinurus ecc. , ma non se ne esageri la importanza, e non si parli di essi elevandoli a dignità di forme larvali intermediarie, che non ci sono, e di stadi natanti che, per i casi studiati non appaiono essere tali e per Scyllarus arctus son provati indiscutibilmente non esserlo morfologicamente nè etologicamente. I Crostacei loricati fra fillosoma e adulto non hanno uno “ stadio natante Riassunto È richiamata la metamorfosi dello Scyllarus arctus come fu espo¬ sta dall’A. e dimostrato come fossero oscure ed erronee le indicazioni di precedenti osservatori; come la prima forma post-fillosomiale non sia quella indicata dal Bouvier ma una forma riferibile, se mai, a quella indicata come Nislo loevis Sorato; come la metamorfosi si compia con sensibile riduzione delle dimensioni e che non esista, dopo l’ul¬ timo fillosoma, la successione dei due stadi voluta e generalizzata dal Bouvier, ma che alla prima forma diafana uscente dal fillosoma, non essenzialmente diversa dallo adulto e menante vita reptante , segue — 254 — altra forma giovanile riproducente i caratteri dell’ adulto anche nei particolari più essenziali. Con riferimento alla polemica sulla esistenza o non di uno « sta¬ dio natante », sostenuto dal BOUVIER per tutti i Loricata , si dimostra che nè ragioni etologiche e dinamiche, nè strutture ed analogie mor¬ fologiche, nè sicuri riferimenti filogenetici confortano la legittimità di una tale denominazione per la forma giovanile che vien fuori dall’ul¬ timo fillosoma dei Crostacei loricati; mentre le osservazioni dirette fatte sul vivo dall’A. in Scyllarus arctus dimostrano, senza possibilità di equivoci, l’attività reptante del giovane Scyllarus. Finito di stampare il 15 agosto 1931. La lampara e le reti “a fonte,, (reti a conca) del socio Prof. Gesualdo Police (Con le Tav. 3-6) (Tornata del 6 giugno 1931) . Sommario Introduzione. Ciò che si dice della lampara. 11 concetto di rete " a fonte „. I varii tipi di reti " a fonte „. Agugliara. Castaurei lara. Ragostina. Lampara. La lampara adoperata dai pescatori delle isole del Golfo. La lampara adoperata sul litorale di Napoli-città. Come si manovra la lampara Come funziona la rete. Perchè la lampara non è una rete a strascico. La rete volante (lampara, pulica, ecc.). Altre modificazioni alla lampara. La lampara e la pesca del novellarne. La lampara nella pesca con le sorgenti luminose. Comparazione con le altre reti adoperate nella pesca con font! luminose: Tratta e lampara. Menaide e lampara. Lampara e rete volante. Ciò che si pesca con la lampara. La sua diffusione. L’applicazione del motore nella pesca colla lampara e le fonti luminose. Conclusioni. Lavori citati. Introduzione. Non sembri strano che io faccia qui lo studio critico di una rete. Anzitutto, perchè fino a che noi daremo all’estero un milione e 200 mila lire al giorno per pesce importato, qualunque argo¬ mento che possa praticamente portare un contributo alla pesca sarà sempre degno di essere preso in considerazione. E poi una rete è una macchina che merita di essere studiata come tante altre macchine : essa è assai più semplice di molte altre che ser- — 256 - vono ad usi differenti, ma in compenso in alcuni casi può dare un rendimento assai maggiore. E poi , questa rete lampara è la più importante per la pesca dei pesci che maggiormente abbon¬ dano nei nostri mari, le Acciughe e le Sardine; essa è in parti- colar modo adatta alla pesca con le fonti luminose ed inoltre, nella sua semplicità di struttura è di un perfetto funzionamento. A ciò bisogna aggiungere che essa è di origine italiana e che dall' Italia si è diffusa in tutto il mondo. Molti parlano ed hanno parlato di questo magnifico arnese di pesca ; ma nessuno ha dato di esso un concetto ed una illu¬ strazione realmente dimostrativa, tanto che a tutt’oggi mi giun¬ gono con frequenza richieste riguardanti notizie e disegni sulla lampara. Spero, per l’antica conoscenza che ho di questa rete, di darne qui una descrizione esatta e di spiegarne il funzionamento, par¬ ticolarmente aiutandomi con i disegni annessi, i quali, mi auguro, siano chiari nella loro esplicazione. La lampara è nata nel golfo di Napoli , nel quale vi è una grande differenziazione di arnesi di pesca, forse più che in ogni altra marina peschereccia d’ Italia : almeno a quanto costa a me personalmente. Ed anche fra gli ordegni più comunemente ado¬ perati , vi sono numerose modificazioni in rapporto alle sottili differenze nei sistemi di pesca. Così fra le reti verticali (delle quali esistono quattro o cinque tipi fondamentali) per la sola menaide vi sono tre o quattro varietà , e non si numerano le modificazioni apportate alle varie reti a strascico, nelle quali, fra la sciabica e la tartana, vi è tutta una serie di ibridi. Ma fra le modificazioni più o meno ingegnose alle reti di uso generale, vi è un tipo di reti assolutamente caratteristico che è detto delle reti a fonte, al quale appartiene la lampara, ma al quale (ciò che non tutti sanno) appartengono anche al¬ tre reti. E nello svolgersi di questo lavoro , parlerò anche di queste reti a fonte in generale e delle varie reti che fra esse sono comprese. Un’altra cosa che non tutti sanno, e che mi piace stabilire fin dall’inizio, è che la lampara, nonostante quel che possa far credere il suo nome, come rete non è legata alla pesca con fonti — 257 — luminose , essendo nota molto tempo prima che si applicasse questo sistema di pesca, e che anche oggi viene spesso adoperata anche per la pesca senza luce. Ciò che si dice della lampara. Come ho già accennato, la lampara è originaria del golfo di Napoli e, secondo il Dorotea, la sua origine non rimonta ad epoca lontanissima. Ecco come si esprime al riguardo questo autore : " La lam¬ para è una rete che vuoisi escogitata dal pescatore addimandato Matteo Di Gregorio, colà intorno al 1838, e la prima volta messa in uso a Massa Lubrense , e poscia adottata dagli altri marinai di Napoli „. (Dorotea, pag. 21). Pel Costa (pag. 22) la lampara viene costituita " da due reti piane di varia lunghezza e con una ampiezza ovvero altezza di 20 metri circa, a maglie ampie, le quali si piazzano verticalmente in guisa da costituire due muraglie tra loro parallele e più o meno distanti l’una dall’altra ; più di un'altra rete, anche piana, a maglie anguste che stendesi orizzontalmente sul fondo dello spazio compreso tra le due reti verticali, costituendo così il letto,,. 11 Costa aggiunge qualche notizia sul modo di adoperare la rete : " Disposto così l'apparecchio, la pesca si esegue di notte : i pescatori scuotono continuamente le pareti in ogni senso, con che si genera una luce fosforescente dalla quale il pesce rimane stonato (sic) e si dirige verso il letto, alzato il quale trovasi tutto il pesce raccolto „. La descrizione data dal Costa non vale a dare un concetto della rete nè del modo di manovrarla. Certo, chi sente parlare di due reti verticali e di una orizzontale , non comprende in che modo possa essere radunato e raccolto il pesce capitato fra queste reti. La verità è che egli parla di un letto, ma non parla della fonte, della quale il letto è parte, e che è quella nella quale il pesce viene raccolto. Probabilmente al Costa mancava la no¬ zione di questa fonte, della quale egli parla a proposito del- 1’ ag u g I i a r a e della casta ur ellara (pag. 13), con quanta esattezza è discutibile. - 17 - — 258 — Mancano inoltre le notizie intorno alle varie parti della rete e le differenze fra le parti medesime per quanto riguarda l’am¬ piezza delle maglie. La descrizione del modo di manovrare la rete è poi così succinta che da essa non si rileva altro che i pescatori scuotono continuamente la rete. 11 Vinciguerra in una relazione, alla Commissione consultiva per la pesca, sulla lampara, rileva che questa rete rientra nella categoria di quelle a strascico, o usate come tali, che non por¬ tano un vero sacco, ma questo si forma per il modo come ven¬ gono adoperate. 11 Vinciguerra profondo conoscitore delle nostre cose di pesca e anche dei nostri arnesi di pesca, indubbiamente all'epoca nella quale faceva la relazione in parola (1899) non aveva cono¬ sciuta nè studiata la lampara, la quale, come vedremo, non è una rete a strascico, nè viene usata come tale. Più ampia è l’esposizione che della rete in parola fa il Lo- bianco (1) in un’ altra relazione , posteriore a quella del Vinci¬ guerra, alla stessa Commissione consultiva, sul medesimo argo¬ mento. Egli dice che la rete in quistione per la sua forma è da paragonarsi ad una rete a strascico; e si compone specialmente di un ampio sacco a fondo chiuso, il quale si prolunga per ogni lato con una lunga parete pure di rete, mantenuta perpendico¬ larmente da una serie di sugheri nell'orlo superiore e da un’altra di piombini in quella inferiore. Il sacco è poco profondo ed as¬ sai largo, le pareti laterali" lunghissime sono riunite nel loro orlo inferiore e per una ventina di metri da una rete orizzontale che forma il cosidetto letto, il quale si congiunge al sacco. Così si ha un’ampia camera aperta solo alla superficie dell'acqua, ove i pesci non possono scappare, con pareti laterali che si conti¬ nuano e che terminano legate rispettivamente ad una corda da circa 50 metri di lunghezza. Le dimensioni di una ordinaria lampara, più in uso nelle nostre acque, pel Lobianco sono : profondità del sacco 3-4 m. dimensioni delle maglie 5-12 mm. lunghezza delle pareti laterali circa 100 m. altezza 15 m. maglie molto ampie. Più tardi nel breve cenno sugli arnesi di pesca, adoperati a Napoli, che il Lobianco (2) premette alle sue " Notizie biologiche riguardanti principalmente il periodo di maturità sessuale degli 259 — animali del golfo di Napoli „ descrive (pag. 517) anche la lam¬ para ; ripete su per giù la descrizione già fatta, aggiungendo che questa rete viene adoperata di preferenza durante la notte da una grossa barca a remi e con un equipaggio di 6-8 persone. Egli, però, qui nota una differenza fra la lampara e le altre reti a strascico, cioè a dire " che mentre queste ultime possono la¬ vorare solo strisciando sul fondo, la lampara , se la profondità del mare è uguale o minore all' altezza delle sue pareti tocca e striscia sul fondo ; se invece è maggiore, allora per l’efficacia dei sugheri essa galleggia e raccoglie i pesci che incontra e che preventivamente si sono fatti riunire in gran numero , sia per mezzo di fuochi accesi, sia per mezzo di pesci sminuzzati e sparsi nella zona di mare in cui si vuol pescare. Nella descrizione del Lobianco, quello che c’è di esatto (e che poi in fondo è un pò complicato da quanto dice anterior¬ mente intorno ad un sacco a fondo chiuso il quale terminerebbe la rete) è che la rete si presenta come " un’ampia camera, aperta alla superficie dell’ acqua „. Ed a ciò si aggiunga che egli concede che la lampara può anche non funzionare da rete a strascico. Sono questi due re¬ quisiti i quali avviano alla cognizione dell’esatta descrizione della rete e sul suo funzionamento, benché non ancora siano quanto di più esatto si può dire su di essa. Poche parole, ma esatte, sono dette dal Viquier , nel suo lavoro sulle condizioni della pesca in Algeria , intorno alla ma¬ novra per alare la lampara : (pag. 43) “ La manoeuvre, qui s’exé- cute très vite, consiste à jeter à la mer une ancre [ou une pierre (?) | à laquelle est fixée une corde tenant un des bouts du filet , et, tout à coté, le flotteur ; puis à mouiller rapidement le filet, en décrivant un cercle qui ramène la barque au flotteur. On com¬ mence immédiatement à hàler l’engin, en agitant l’eau, pour ef- frayer le poisson, jusqu’ à ce qu’ il ne puisse plus s’échapper,,. Per il Viguier, però, la lampara è una vera Senne (scia¬ bica), la quale erroneamente , secondo lui , è messa fra le reti pelagiche, ma che è una vera rete a strascico. Su questo argo¬ mento il Viguier s'intrattiene parecchio , epperò ritornerò a di¬ scutere su tale quistione in apposito capitolo. — 260 — Come per la lampara, il Viguier è contrario anche alla rete volante, la quale era (e lo è ancora) molto diffusa in Algeria, importatavi dai pescatori napoletani. Le dimensioni regolamentari allora prescritte in Algeria, erano le seguenti : Lunghezza della ralinga di sugheri . m. 100 Lunghezza della ralinga di piombi . m. 120 Altezza delle braccia, sul filo che le riuni¬ sce al sacco, questo filo essendo teso, m. 15 Zavorra per metro della ralinga inferiore gr. 60 Dimensioni delle maglie del sacco . . mm. 11 Pare che in Algeria adoperavano anche un' altra modifica¬ zione della lampara, detta lamparei lo, che era una lampara a scartamento ridotto, che misurava circa 50 metri per la ralin¬ ga di sugheri, anzicchè i 100 prescritti, e con braccia alte poco più di 6 metri. Pel Viguier questo arnese era inoffensivo, mentre per lui erano molto dannosi e la lampara e la rete volante. Pel Viguier la lampara adoperata a Napoli ha la ralinga di sugheri della lunghezza di circa 280 metri, le braccia dell’al¬ tezza di 30 metri e talora perfino di 50 metri. 11 Viguier attacca la lampara come rete soltanto , ciò che vuoi dire che all’epoca nella quale egli scriveva, non ancora era stata applicata alla lampara l'uso delle fonti luminose, in Algeria. Il Radcliffe , parlando delle industrie peschereccie negli Stati Uniti, a proposito della lampara dice (pag. 152): "Lam¬ para nets were used in San Francisco, Monterey, Los Angeles and Orange countryes. Tliis net is said to bave originated in Italy and was introduced into California by fishermen from that country. It is constructed somewhat on thè principle of a common haul, or beach seine, except that thè lead line is shorter than thè cork line, which creates a bag or bunt in thè bach of thè net for thè collection of thè fish „. L’accenno è breve, ma non è inesatto. Per criterio cronologico, debbo qui menzionare quanto ac¬ cennai sulla lampara nei miei studii sulla pesca con le fonti lu¬ minose (Police 1, 2). Premetto che in questi miei lavori io davo un rapidissimo cenno della rete, senza riportare di essa alcun — 261 — disegno, essendo mio obbiettivo essenziale, allora, lo studio del¬ l’azione della pesca con le fonti luminose. In tali lavori io dicevo che la caratteristica della rete era la fonte, la quale poteva paragonarsi ad un sacco la cui parete superiore era molto ridotta, mentre la inferiore era molto spor¬ gente, costituendo il cosiddetto letto. Da questo sacco si di¬ partivano due lunghe braccia molto ampie. Per me la lampara aveva insieme le proprietà della rete a sacco e quelle della rete di circuizione ed il suo margine infe¬ riore non strisciava sul fondo del mare come quello delle reti a strascico. Descrivevo quindi il modo di manovrare la rete, sul quale ritornerò con più ampii particolari nel prosieguo di questo lavoro. Nei miei due lavori citati, quindi, mentre mostravo per pri¬ mo (in Italia ed all'estero) l’innocuità ed i vantaggi della pesca con le fonti luminose, allorché da tutti era combattuto questo sistema , sostenevo, al contrario di tutti gli altri osservatori ita¬ liani e stranieri (come s’è visto nelle notizie sopra riportate) che la lampara non è una rete a strascico, concetto che ribadirò in questo lavoro, appoggiandolo con disegni illustrativi. Il Mazzarelli in una revisione degli stridii della pesca con le fonti luminose, dà per la lampara una breve descrizione si- migliante a quella da me data, commette, però, un piccolo er¬ rore di terminologia, allorché denomina scappuccio la parete superiore della fonte : (scappuccio è altra cosa, come avrò occasione di spiegare in seguito). Egli sostiene che a profondità maggiori della lunghezza del letto , oltre 35 metri , la lampara lavora fra due acque, funzionando quindi da pretta rete pelagica, non da rete a strascico. Come mostrerò più innanzi, anche allor¬ ché tocca il fondo, la lampara non funziona da rete a strascico. Il Mancini nella sua relazione sulla crociera nell'Arcipelago toscano si intrattiene anche sulla lampara. Egli dà un disegno pianimetrico della rete, dà i nomi delle varie parti costituenti, le dimensioni di queste e la misura delle maglie. Ma mentre dà questi dettagli, non espone l’insieme, come non dà una figura della rete a mare, ciò che sarebbe stato sufficiente a dare un concetto chiaro della forma generale della rete, e informare della — 262 — sua costruzione e del suo funzionamento. Concetti che non sem¬ pre appaiono con chiarezza dalla descrizione dei dettagli della rete. Così egli dice: (pag. 108) " 11 letto è composto di due pezzi, quello prossimo alle bande di circa 13 metri di lunghezza e di 2400-2500 maglie di altezza , di 10 mm. Questa seconda parte è detta fonte e termina all’estremo superiore con una rete a sacco a maglie ristrette lunga 4 metri (maglie 500) e nominata cappuccio.,, Per lui quindi la fonte sarebbe una parte del letto, ciò che non è, poiché, viceversa è appunto tutto il letto che è una parte della fonte, la quale rappresenta la conca caratteristica della lampara e di tutte le reti a fonte, come avremo occasione di vedere. Perciò gli capita in altro punto, di confondere il cappuccio con la fonte (pag. 106) : " nel momento stesso di raccogliere il prodotto della pe¬ sca nel cappuccio o fonte della lampara.,, Ma il cap¬ puccio è semplicemente una specie di sacco aggiunto alla porzione posteriore della fonte dai pescatori di Napoli-città ; esso è un accessorio inutile che dai pescatori delle altri parti del golfo di Napoli (come pure nelle lampare adoperate fuori di Napoli) non viene usato. Un’altra osservazione fa ancora il Mancini, che a me sem¬ bra non chiara. Egli nota (pag. 107) che “ la rete impiegata dai battelli che pescano con fonte luminosa e che ordinariamente è chiamata lampara in Tirreno si differenzia dalle reti lampare con le quali (sin da remoti tempi) i pescatori napoletani cingevano o cingono di giorno uno stuolo di pesci. „ Avrò occasione in seguito di meglio chiarire questo concetto, il quale , così come è espresso, appare non esatto. Il Mancini dà dei buoni dettagli sul modo di manovrare la rete nel momento di cingere una “compagnia di pesci,, co¬ me dicono i nostri pescatori napoletani. Ritornerò in seguito su questi dettagli. 11 Fortini nel suo lavoro sulla pesca nel compartimento marittimo di Palermo, mette la lampara fra le reti a strascico ; egli riporta la descrizione della lampara data dal Lobianco; ma questa gli sembra poco chiara ed inesatta nella parte in cui dice che “ le pareti laterali lunghissime sono riunite nel loro orlo in¬ feriore e per una ventina di metri da una rete orizzontale, che 263 — forma il cosiddetto letto, il quale riconduce al sacco. „ Ritiene invece esatta, per quanto non abbastanza particolareggiata , la descrizione da me datane , come anche quella del Radcliffe. Nessuna delle tre definizioni gli pare, però, che riesca a descri¬ vere l'attrezzo ; aggiunge, peraltro, che non è facile, per chi non lo abbia visto, formarsene idea adeguata. Egli crede che sia più agevole raggiungere lo scopo mediante la descrizione del sistema per armare la rete. Ed ecco la descrizione da lui datane (pag. 98) : " A questo fine si prendono cinque pezzi di tratta (maglia indiffe¬ rentemente, da 17, 18, 19) e si uniscono per il lungo. Si ha quindi un tratto di rete lungo 45 canne. Nell'orlo inferiore di questo, ad eguale distanza dei due estremi, si cuciono nel senso dell’altezza otto braccia di tratta per alaccie (che vengono chia¬ mate : m a n t a s i n o ) della maglia da 14 e mezzo ed alte, come si è detto, 45 ventine di maglia. Si rimboccano quindi le parti libere dell’orlo inferiore dei cinque pezzi intorno al manta- sino ai cui lembi si cuciono. Da tutte e due le parti del mantasino, che rimane libero nella sua parte inferiore, so¬ pravanza della tratta in modo da lasciare un rettangolo. Si la¬ sciano allora 6 ventine di maglie libere nel centro del mantasino; le altre 20 ventine per lato si coprono con fette di rete (maglia da 12) dette sardoni per tutta la lunghezza della tratta sopra¬ vanzata. Si hanno così il letto e la fonte. Quindi alle testate in¬ feriori di essa si incu stura no le ali. Queste sono, in tutto e per tutto, quelle, già descritte, dei tartannoni a volo. Tanto che, spesso, si levano i lateri di quest’ultimo attrezzo e si uni¬ scono, senz'altro, alla lampara. Intorno alla fonte si mettono le stesse fascette della tratta e vanno a finire sino alle ali „. Il comandante Fortini, uno dei pochi Italiani che abbia una conoscenza esatta della pesca nelle nostre regioni, mi permetterà in questo caso di non essere del suo parere. La sua descrizione è ottima per far conoscere a, chi già co¬ nosce come sia fatta una lampara, il modo come essa si costrui¬ sce in Sicilia ; ma non ne chiarisce il concetto a chi non ha idea di questo arnese di pesca. Egli parla di letto, di fonte : che cosa sono ? Crede che ciò venga chiarito dai diversi pezzi messi insieme ? A me pare di no. La lampara riesce difficile ad interpretarsi e descrivere per- — 264 — chè è troppo semplice nella struttura generale. E la maggior parte di quelli che ne hanno parlato io son sicuro che non l’hanno neanche vista ; oppure l’hanno vista a terra distesa e non natante nel mare. E soltanto allorché si avranno disegni della rete in queste ultime condizioni tutti potranno con faciltà avere un concetto di quello che essa è. Ben sta il paragone fatto dal Fortini della lampara con la ravostina. Ma questo paragone è semplicemente logico , perchè lampara e ragostina sono fratello e sorella (o meglio sono due sorelle) essendo entrambe reti a fonte. Ed è appunto que¬ sto concetto di fonte, che caratterizza tutto un sistema di reti, che bisogna fissare. 11 Fortini con rapidi tocchi descrive poi la manovra del salpamento della rete. L'Accinni in un breve articolo sulla pesca con la lampara, comparso sul " Risveglio della pesca „ esprime il parere che la lampara “ è una rete più di accerchiamento che di strascico „. Egli non dà una descrizione della rete, ma riporta una figura piani¬ metrica con l’indicazione delle varie parti della rete e delle ma¬ glie. Questa figura, per le linee del disegno e per le denomina¬ zioni somiglia perfettamente alla figura riportata dal Mancini (v. sopra). Egli dà anche un cenno della manovra per parare la rete. In epoca più recente (1929), I’albertini in uno studio sulla " Pèche au feu „ dice poche parole sulla costituzione di questa rete (pag. 83) : " Le filet lamparo et le rets volant sont des fi- lets tournants, a simple nappe composée de deux ailes et d’une poche formée par la ralingue inférieure, destinée à reeueillir le poison encerclé,,. In queste poche parole è ben fissato il concetto funzionale della lampara, in quantocchè essa viene considerata come un " filet tournant „ e non come una rete a strascico. L'autore nella Fig. 3 dà la denominazione delle varie parti della rete. Dà inoltre le " dimensions réglementaires fixées par l’arrète gubernatorial du 8 décembre 1925 „ le quaii differiscono parec¬ chio da quelle stabilite in Algeria all’epoca del Viguier. Eccole : - 265 Longuer maxime de la ralingue de liège » » » » plombée Hauteur maxime des ailes sur le fil tendu qui les réunit à la poche . Dimensions rninimes des mailles de la poche. 300 mètres 240 » 24 10 » Donde si vede che in Algeria si preoccupano perfino delle dimensioni della rete, mentre noialtri in Italia siamo più liberisti in proposito. Da queste notizie intorno a ciò chp si è detto della lampara risulta un fatto molto evidente, cioè a dire che noi non abbia¬ mo ancora una descrizione esatta della lampara. Coloro che più dettagliatamente si sono occupati di essa come il Mancini ed il Fortini hanno dato parecchi particolari, ma per i particolari è loro sfuggito 1' insieme , del quale non hanno dato un concetto chiaro. La descrizione datane da me precedentemente, è un cenno brevissimo, perchè nei lavori nei quali essa è comparsa, più che la rete principalmente adoperata nella pesca con le fonti lumi¬ nose, era l'azione di queste fonti che m'interessava e sulla quale mi sono intrattenuto. Mi riserbavo bensì di descrivere con mag¬ giore precisione e dettagli , e sopratutto con disegni, la rete; dirò anzi che avevo già scritta da lunghi anni tale descrizione , ma poi ho trascurato di darla alle stampe , come ho trascurato di farlo per tanti altri miei appunti di pesca. Dirò, ancora, che quello che oggi pubblico, è il manoscritto da me esteso appunto nell' epoca in cui pubblicai i miei lavori sulla pesca con le fonti luminose , con lievi ritocchi ed aggior¬ namenti. Ma non è soltanto la descrizione della rete che qui mi pro¬ pongo di esporre, ma sopratutto il suo funzionamento per ino strare all’evidenza che essa non è una rete a strascico , come hanno sostenuto biologi di vaglia come il Vinciguerra ed il Lobianco, e che essa nell'essere tirata a bordo non taglia la massa di pesce radunata, come ha detto un valoroso cultore di cose di pesca, quale il Davanzo (pag. 142); ma che essa invece è una rete di particolari caratteristiche, come risulterà dalle com¬ parazioni con le altre reti, che farò in questo lavoro, e dagli altri suoi peculiari caratteri che cercherò di mettere in evidenza. — 266 — Il concetto di rete “ a fonte „ (rete a conca). È ormai tempo che tutti gli studiosi di pesca ammettano questo tipo di rete a fonte, o rete a conca, gli ar¬ nesi della cui categoria vengono malamente classificati di qua e di là, talora assieme a reti a sacco, talora assieme a reti di circuizione, mentre essi, fondamentalmente costruiti nell' istesso modo costituiscono un tipo a sè ben preciso e ben definito, che appunto ha insieme i caratteri della rete a sacco e della rete di circuizione, pur essendo forniti di una particolare conca di rac¬ colta degli animali ben differente dal sacco delle comuni reti a strascico. Cominciamo col fissare il concetto di fonte (che in ita¬ liano dovrebbe dirsi conca) che è alla base della costituzione di tutti questi tipi di rete. Diamone dapprima un concetto sche¬ matico : supponiamo di avere una stanza a base rettangolare mancante del soffitto e della parete anteriore, in modo che resti soltanto il pavimento, la parete posteriore e le due laterali : questa stanza così mutilata sarà una fonte, di cui il pavi¬ mento o parete di base costituirà il letto; prolungandosi le due pareti laterali al di là della parete inferiore costituiranno le due braccia o bande. Ora, alla rigidità delle pareti della stanza sostituiamo il tes¬ suto a maglie ; inseriamo le braccia oltrecchè alle pareti laterali, anche ai margini del pavimento (letto), orniamo di galleggianti il margine superiore, della fonte e delle braccia, di piombi l' infe¬ riore ; pariamo l’apparecchio nell' acqua : gli angoli retti della stanza scompariranno, diventeranno degli angoli curvi, ed avremo un'ampia conca ( f o n t e ) aperta superiormente e anteriormente, il cui fondo è il letto, e che si continua dilungandosi in due lunghe braccia attaccate non solo lateralmenle, ma anche al margine del letto (Tav. 4, Fig. 5 e b). In tal modo una rete a fonte si può differenziare da una rete a sacco: la fonte (conca) manca della parete superiore della quale invece è fornito il sacco , e inoltre le braccia che nella rete a sacco si attaccano lateralmente al sacco, nella rete a fonte si attaccano anche al margine del letto ; per modo che — 267 — mentre il sacco ha tutto il margine inferiore libero (e questo striscia sul fondo del mare) nella fonte non vi è margine in¬ feriore libero, essendo questo ridotto, come vedremo a mezzo metro o un metro, fra le due inserzioni delle braccia. Credo che più che la descrizione così schematizzata, diano un concetto dell'arnese di pesca le Fig. 5 e 6, nonché gli altri disegni. I varii tipi di rete « a fonte ». 11 Costa nel suo lavoro sulla pesca nel golfo di Napoli, considerò (pag. 7) l’agugliara e la castaurellara come reti di circuizione (egli le chiamò false paranze, non so perchè) (pag. 13) e la lampara come tipo a se (della ra- gostina o raostina non parla). Io non credo che egli do¬ vette avere una cognizione esatta delle reti in parola , perchè tutte debbono riferirsi al medesimo tipo avente per caratteristica la fonte: le dimensioni, il differente sviluppo delle varie parti delle reti, il differente modo di manovrarle , se fanno dar loro nomi diversi e le fanno adibire a pesche diverse, non perciò ne modificano il tipo fondamentale. Accennerò a queste diverse reti a fonte , riserbandomi di estendermi in particolar modo sulla lampara che è la più importante ed è quella che qui in particolar modo c' interessa. La nomenclatura che io adopererò è quella usata a Napoli. I galleggianti adoperati per queste reti, detti cortici (i cuòrtece ) sono sugheri rotondi o quadrati di 10 cm. di lato e con un foro nel mezzo per il passaggio della corda che li collega. I piombi (chiutnme) sono pezzetti quadrati di piombo ripiegati ad anello intorno alla corda che li porta. Nella fonte considereremo il letto, il quale rappresenta il fondo della fonte medesima; le pareti della fonte, che circondano il letto; la coppa di raccolta che è la porzione, posteriormente chiusa, della fonte, la quale in generale fa ernia (e la cui maggiore o minore ampiezza è data dalle mag¬ giori o minori dimensioni delle pareti della fonte), e nella quale si accumula il pesce raccolto: inoltre le braccia o bande. Per le misure, i pescatori napoletani , adoperano ancora le — 268 — antiche misure : la canna; il passo, il palmo. Ogni canna è m. 2,64; ogni passo è m. 1,85. Ogni canna è 10 palmi, per modo che un palmo è m. 0,264. Le reti a fonte sono: l’Agugliara, la Castaurel- lara, la Ragostina e la Lampara. Agugliara. (Tavola 3, Figura 1, 2). Da non confondersi con 1’ Agugliara descritta dal For¬ tini (pag. 41), che si adopera nella marina di S. Elia (Palermo), la quale è una rete da posta. ' E una piccola rete , caratterizzata dal fatto che le pareti della fonte hanno un grande sviluppo rispetto al letto. Infatti, il letto misura metri 4 (canne 1 e mezzo) di lunghezza con maglie da 18 mm. mentre l’altezza della parete misura circa 15 metri (8 passi) con maglie di 12 mm. Complessivamente quindi la lunghezza della fonte, compreso il letto è di circa _0 metri. Questa maggiore ampiezza dell’ altezza della parete della fonte si spiega per il fatto che questa deve formare ernia, onde costituire un’ ampia conca di raccolta. Infatti il margine supe¬ riore della fonte (quello che porta i corti ci) viene sostenuto da una corda che è di lunghezza inferiore al margine inferiore della parete della fonte, per modo, che il margine superiore rag¬ grinzandosi fa acquistare alla fonte la forma di una specie di borsa, nella quale viene raccolto il ricavato della pesca (Tav. 3, Fig. 1). L’ inserzione delle braccia al margine del letto , avviene la¬ sciando libero nel tratto centrale soltanto un piccolo spazio, della lunghezza di 1 a 2 metri , e che si dice g o la {vola o vólachiummo = gola del piombo). Le braccia comprendono due parti: un pezzo di me- naide e i raroli. Il pezzo di m e n a i d e , che si collega con le pareti della fonte, è lungo m. 34 (13 passi), altezza m. 16,65 (9 passi), con maglie di 11 mm. I raroli sono lunghi circa 30 metri (16 passi), di altezza m. 16,65 (9 passi), con maghe di 2 citi. Dopo i raroli in generale si aggiungono m. 3,70 (2 passi) di — 269 — una rete con maglie da 4 cm., le quali aumentano di diametro a misura che si allontanano dai raroli, fino a divenire del dia¬ metro di mezzo metro. Questo pezzo aggiunto si chiama stazza o scotta o stazzarella. Alla stazza si lega un cavo di 10-12 cm. di circonferen¬ za, della lunghezza di mezzo metro che si dice vracale, e, ripiegato ad anello, servirà all’attacco della corda per la mano¬ vra della rete. Complessivamente, le braccia quindi sono lunghe circa 54 metri, esclusa la stazza. Riassumendo, ecco le misure della rete : (Ietto, lunghezza metri 4, maglie da 10 mm., lar¬ ghezza m. 4. parete della fonte, altezza metri 15, maglie I da 12 mm. \ g o 1 a, m. 1-2. pezzo di menai de, lunghezza metri 24, altezza i m. 16,65, maglie 11 mm. raroli, lunghezza metri 30, altezza m. 16,65; ma¬ glie 2 cm. | stazza, lunghezza metri 3,70, maglie da 4 cm. a metri 1 '/2. Queste dimensioni possono variare, aumentando leggermente, e le modificazioni si portano sopratutto sulla lunghezza delle braccia. I piombi del margine inferiore della rete, nell'insieme pesano circa 25 kgr. I cortici sono sugheri per lo più quadrati delle dimen¬ sioni di 10 cm. di lato; essi sono molto numerosi al margine superiore della fonte: sono in numero di 400. Ciò perchè debbono mantenere la parete molto alta perchè i pesci (Aguglie, Costardella si mantengono molto a galla e possono sfuggire fa¬ cilmente. Le braccia poi portano circa 600 sugheri : 300 per braccio. Fino a 10 o 12 metri di profondità la rete tocca il fondo, a profondità maggiore è completamente pelagica. Fonte Braccia — 270 — Manovra. — L'Agugliara si manovra con due barche. Una di queste porta la rete a bordo e va innanzi, l’altra la segue. La prima con la prora innanzi, la seconda con la poppa. Allorché hanno scorto una compagnia di pesci, la se¬ conda barca (la quale ha a bordo una delle due cime della rete) resta ferma, manovrando un poco con i remi indietro per man¬ tenere tesa la cima, la quale sta legata ad una delle due stazze della rete. La prima barca comincia a mollare la rete mo¬ vendosi in giro lentamente in modo da mollare prima un braccio, poi la fonte indi l'altro braccio. Allorché ha finito di immettere a mare tutta la rete si trova a contatto con la 2a barca, la quale è stata ferma. Questa ha pronte due cime che gitta alla prima barca {una da poppa e l’altra da prora) in modo che le due barche restano collegate fianco a fianco. In tal modo la rete costituisce un cerchio chiuso dalle due barche, che si trovano proprio di rimpetto alla fonte. Allora cominciano ad alare la rete. Qui notiamo che mentre per la lampara, come vedremo, la bar¬ ca che la manovra gitta il ferro ancorotto per ancorarsi, nella pesca con l’agugliara, le due barche non hanno alcuna ancora, e allora per ogni barca vi è un uomo con due remi il quale spinge sempre un po’ indietro la barca per vincere la resistenza della rete. Così come nella marina di Catania si opera per la rete detta pulica. La rete viene alata dalle due barche contemporaneamente, fino a che arrivano alla fonte. E anche la fonte viene ti¬ rata metà a bordo di una barca e metà a bordo dell’altra, sic¬ ché la fonte resta aperta frammezzo alle due barche. Allora da una delle barche (la prima) con una coppa, (retino a mano) si prende il pesce raccolto e si gitta nella barca. Prima che s’inizii l’alaggio della rete, i pescatori gittano a mare, verso la parte esterna della rete, delle pietre in modo che i pesci spaventati fuggono verso l’interno della rete medesima. Inoltre alla poppa di ognuna delle due barche (parte che guarda la rete) vi è un uomo fornito di un bastone di legno lungo circa 5 metri e di 10 cm. di diametro (che i pescatori chiamano mi- gnole), che spinge violentemente e perpendicolarmente (con mo¬ vimento tutto particolare, come se fiocinasse) a mare : il bastone risale a galla anche perpendicolarmente (per il modo come è — 271 — stato spinto) e fa un rumore nel tempo stesso che rimuove l’ac¬ qua ; ciò allo scopo di spaventare i pesci e non farli sfuggire al disotto delle barche, ma farli restare nel perimetro recinto dalla rete. E ciò fino a che la rete non viene del tutto alata. Nell’epoca adatta i pescatori vanno in perlustrazione : allor¬ ché veggono che in un tratto di mare vi sono Aguglie ( Belone acus ), vi accorrono con la rete. Il Fortini, a proposito della pesca con 1’ Mugghiarci a Pa¬ lermo (pag. 42), dice : " Da noi non si conosce alcun sistema per accertarsi della presenza del Belone prima di calare la rete. Può essere interessante riferire quanto fanno , al riguardo i pescatori provenzali che usano però una a g u g 1 i a r a alla deriva „. “ Avant de jeter les filets on s' assure de la présence des Belones par un procédé curieux. On met à la mer un morceau de roseau ou une canne que l'on laisse aller à la derive et par dessus lequel ces poissons sautent. Dés que l’un d’eux a franchi une canne, on s'empresse de mouiller les aiguillères... „ (Gour- ret, pag. 196). Allorché ho parlato di questo sistema ai nostri pescatori, eglino mi hanno assicurato (e poi mi hanno mostrato diretta- mente un giorno che ero a pesca con loro) che non c'è bisogno della canna, ma che, allorché vi sono , le Aguglie si veggono guizzare sull’acqua. Essi le riscontrano in tutte le località, talora presso la co¬ sta, talora al largo. Allorché le hanno scorte gittano a mare una manata di Mysis ed altri piccoli Crostacei (presi con lo sciabi- chello con sacco di tela) i quali funzionando da esca trattengono le Aguglie nel tratto del mare nel quale si fa la pesca. Di talché con questa rete si può pescare in tutte le località ed a tutte le profondità, poiché quando la rete non tocca il fondo pesca lo stesso. C’è un periodo di tempo (agosto, settembre ed ottobre) nel quale le Aguglie si pescano al largo perfino alla profondità di 40 passi d’acqua (74 metri), ovunque si vedano. Ma da novembre a febbraio (perchè dopo febbraio non si veggono più) si pescano in vicinanza delle coste a profondità di non oltre 14 passi d’ac¬ qua (da 23 a 25 metri di profondità) in modo che la rete tocca — 272 — e non tocca il fondo. A meno di 12 o 13 passi d’acqua (a 20 o 22 metri di profondità) la rete tocca sempre il fondo. Sul fondo scoglioso questa rete non può pescare a meno di 25 metri, altrimenti si rompe. Allorché nel momento della pesca costiera c’è vento, oppure è di mattina presto prima dell’alba e non si vede il pesce, allora, conoscendo intuitivamente le località, si pesca successivamente in ambienti vicini, fino a che si fa il buon raccolto. Un tipo di agugliara descrive il Piaggio per la marina di S. Margherita ligure ( A g o n a r a , poiché in genovese Agu- glia si dice Aguin). Egli la mette (pag. 18) fra le reti a strasci¬ co. Egli la dice costituita dalle bande e dalla manica; ma per il modo come l’autore dice che la rete pesca (lavorando non al fondo, ma in tre metri d’acqua di profondità dal pelo d’acqua, galleggiando tutto il bromo di sopra) e da una figura nella quale si scorge la parete inferiore del sacco sporgente come un letto, credo che si tratti proprio dell'agugliara napoletana. Fondamentalmente 1’ agugliara serve per la pesca delle Aguglie , che viene esercitata , come ho detto , da agosto a febbraio. Però con essa si possono esercitare anche pesche di altri animali. Anzitutto la pesca dei Castavielli o Costardelli (. Scomberesox saarus Flem), che in un periodo si può fare an¬ che con l’agugliara e in un altro con la castaurellara. Una delle pesche che più facilmente capita di fare con que¬ sta rete è quella dei Cefali (Mugil), dei quali se ne possono rac¬ cogliere tutte le specie. Particolarmente allorché dopo la piog¬ gia s’intorbida l’acqua ed i Cefali vengono a galla (con essi si pescano allora anche i Gamberi, i quali vengono fuori dagli sco¬ gli). Non è però che si faccia una pesca di Cefali in epoche speciali: si va a pesca delle Aguglie, se si incontra una com¬ pagnia di C:fali, si cinge. Come del resto si possono catturare anche altre specie di pesci : Spinole (Labrax lupus Cuv.), Orate ( Chrysophrys aurata Cuv.) : si pescano molto vicino alla costa ; talora per la troppa vicinanza della costa, che impedirebbe la libertà di manovra, si — 273 — sopprime il secondo battello e lo si sostituisce con un uomo che lavori da terra. Triglie di scoglio ( Mullus surmuletus L.) : se ne possono raccogliere in vicinanza delle coste, sui cigli (praterie di Po- sidonie), ma in piccola quantità, al più 5 o 6 kgr. Talora si rac¬ coglie anche fragaglia (novellarne) di Triglia. Calamari ( Loligo vulgaris Lam.) , Seppie ( Sepia officinalis Lam.) : sempre in vicinanza delle coste, ma in pochissima quan¬ tità , solo pochi chilogrammi, e anzi di Seppie se ne raccoglie addirittura solo qualcuna. Acciughe ( Engraulis eticrasicholus L.) e Sarde ( Clupea pil- chardus Art.) : si cingono, più come si cinge con la menaide, anzicchè come si cinge con la lampara. Scombri ( Scomber scomber L.) e Bisi ( Auxis bisus Bp.) : si prendono con faciltà con 1’ agugliara allorché mangiano le pic¬ cole Acciughe (Alicelle). Nell'agosto del 1927 ho visto prendere con l' agugliara 7 quintali di Bisi piccoli , non più grandi di grosse Sarde. Ombrine ( Urnbrina cirrosa L.). Talora qualche Spicaro (Smaris alcedo Cuv.) ecc. Un gigantesco Pesce mola ( Orthagoriscus mola L.) che si conserva preparato nel museo Zoologico della R. Università di Napoli, fu preso con l' agugliara. Mi sono intrattenuto con qualche dettaglio su questo tipo di rete perchè poco conosciuto mentre meriterebbe di essere più diffuso , dappoiché è una rete di piccole dimensioni, di facile manovra e che permette la pesca in tutti gli ambienti. Ad esso mi riporterò parlando del tipo di rete che seguirà. Voglio qui notare che nessuno l’aveva mai illustrato, l'accenno del Costa essendo completamente errato ed insufficiente. - 18 - — 274 — Castaurellara. La castaurellara è costruita sullo stesso tipo dell ’ a- gugliara, ne differisce per le dimensioni, trattandosi qui di rete più ampia. 11 letto e la fonte sono di dimensioni doppie : il primo an- zicchè avere le dimensioni di 3 metri (1 canna e mezza) , come l’agugliara, misura 8 metri di lunghezza (3 canne) ; le pareti della fonte anzicc’nè essere alte 15 metri (8 passi), sono alte 30 metri (16 passi) ; la gola da 2 a 3 m. le braccia anzicchè essere lunghe 54 metri (30 passi) sono lunghe circa 110 metri (60 passi); l'altezza delle braccia anzicchè di m. 16,65 (9 passi) è di circa 85 metri (20 passi). Peritai modo tutta la castaurellara è di dimensioni doppie dell'agugliara. Ecco riassunte queste dimensioni : I fonte , letto, lunghezza m. 8, maglie di 10 mm. parete della fonte, altezza m. 30, maglie da 12 mm. gola, m. 2-3. braccia pezzo di menaide, lun¬ ghezza m. 50, maglie da 11 mm. caroli, lunghezza m. 60 , ma¬ glie da 2 cm. altezza m. 35 stazza, lunghezza da m. 4 a m. 8, maglie da 4 cm. a V2 m. La manovra di pesca è la stessa che per l’agugliara. Anche qui si adoperano due battelli : però mentre con l' agugliara si cinge lentamente, con la castaurellara bisogna manovrare più ra¬ pidamente. E allorché si cinge, per non fare sfuggire gli animali si fa ancora più chiasso e si produce più movimento nell'acqua, non solo gittando pietre e battendo con le mignole, ma in alcuni casi perfino gittandosi dei pescatori a mare per spaven¬ tare di più i pesci e farli andare nella rete. — 275 Con la castaurellara si pescano solo Costardelli ( Scomberesox saurus Flem). Si cinge solo quando si scorgono i pesci e li si inseguono dovunque, perfino nei canali. In estate, siccome i Costardelli sono più a galla, si possono pescare anche con 1' agugliara. In inverno, siccome stanno più in fondo si pescano con la castaurellara che pesca più profon¬ damente. Con compiacimento ho veduto lo scorso anno , questa rete adottata anche in Calabria nella marina di Corigliano. Ragostina ( Raustina ). (Tav. 3, Fig. 3). A detto dei pescatori, questa rete piglia le sue origini nella marina di Sorrento, nel golfo di Napoli. La fonte è come quella dell’ agugliara, ne differisce per¬ chè è perfettamente rotonda e non vi è il restringimento del margine superiore, come nell'agugliara e nella castaurellara, per modo che la conca della fonte nasce dalla conformazione della stessa rete, come nella lampara. Il perimetro superiore della fonte è di m. 2ó,40 (10 canne). 11 letto è fatto da un pezzo di rete della lunghezza di m. 8 (3 canne) ed ha la lunghezza di m. 4 (canne 1 e mezzo) con ma¬ glie di 10 mm, Nella parte centrale del letto vi è un tratto di rete lungo m. 3,70 (2 passi), largo mezzo metro, con maglie da 2 cm. detto mantesino. Il suo margine libero o gola porta i piombi. Ai lati di questa gola si inseriscono al letto le braccia. In giro al letto, vi è un pezzo di rete della lunghezza di m. 26,40 (10 canne) alto m. 18,30 (10 passi) con maglie da 7 mm Questo pezzo di rete forma le pareti della fonte, che costituiscono così un ampio cercine circolare che va a for¬ mare la concavità della fonte. Braccia. - Queste sono un poco più complicate , non¬ ché molto più lunghe che non siano state nelle reti precedente- mente descritte Ogni braccio complessivamente è lungo metri 171,70 ed è alto m. 18,50 (10 passi). 11 primo tratto, che si attacca alla fonte, lungo m. 52,80 (20 canne), per la metà superiore che porta al suo margine i sugheri (cortici), per l'altezza di m. 9,25 (5 passi) — 276 è fatto da un pezzo di menaide, con maglie da 12 mm. (rete da 24: cioè a dire 24 nodi per ogni palmo); la metà inferiore che porta i piombi, invece, per altri m. 9,25 (5 passi) di altezza è fatta di rete di palamidara. Cosicché dei 10 passi di altezza di questo primo tratto del braccio, 5 sono di menaide e 5 di pa¬ lamidara. 11 secondo tratto del braccio, per la lunghezza di m. 26,40 (10 canne), per i 5 passi superiori (m. 9,25) è fatto di raro li (maglie da 3 cm.) e per i 5 passi inferiori anche di palamidara. 11 terzo tratto del braccio, per la lunghezza di m. 92,50 (50 passi), vien detto parete ed è fatto tutto di palamidara; il parete della ragostina differisce quindi dal parete delle altre reti a fonte perchè ha la maglia della palamidara, cioè a dire di 55 m. Cosicché queste braccia per circa 80 metri (30 canne) sono fatte di rete a maglie, superiormente di 12 mm. (menaide) e di 2 cm. (raroli) e, inferiormente, di 4 cm. mentre per i restanti m. 92,50 (parete) sono fatte tutte di maglie di 55 mm. (maglie di palamidara). È necessario che la metà delle braccia sia a maglie più larghe, perchè siccome la rete si ala da terra, come la sciabica, allorché si tira viene più leggiera poiché attraverso le maglie più larghe passa più facilmente l’acqua. La ragostina pesca nelle acque superficiali , deve andare quindi sempre a galla, epperò è fornita di numerosi cortici (su¬ gheri) al margine superiore e di pochi piombi al margine inferiore. Le caratteristiche della ragostina, rispetto alle reti sopra no¬ minate, sono le seguenti : La fonte è armata un poco più larga deH’agugliara ; le braccia sono più lunghe e più basse della ca- staurellara e un poco più alte deH’agugliara, e inoltre, a differenza di tutte e due, portano maglie più larghe nella metà inferiore. Riassumo le dimensioni delle principali parti della ragostina. letto lungh. in. 8, maglie 10 mm. largh. m. 4. pareti della fonte altezza m. 18.50, ma¬ glie 7 mm. perimetro della fonte m. 26.40. gola metri Vo¬ tante — 277 — 1° tratto, m. 52.20 braccia I 2° tratto, m. 26.40 3° tratto, rii. 92.50 | lungh. totale delle braccia . . . m. 171.10 porzione superiore (altezza m. 9.25): menaide, maglia 12 mm. porzione inferiore (altezza m. 9.25): palamidara, maglia 55 mm. porzione superiore (altezza m. 9.25): raroli maglia 30 mm. porzione inferiore (altezza m. 9.25): palamidara, maglia 55 mm. parete : palamidara (alt. m. 18.50) maglia 55 mm. Al parete si attacca un vr acale, come nell’agugliara, al quale viene collegato il cavo per alare la rete. Manovra. — La ragostina si manovra come la sciabica: si mette una cima a terra ; un battello, con la rete a bordo, prende l’altra cima. Le cime si fanno di lunghezza differente a secondo della distanza dalla costa della località nella quale si esercita la pesca e che varia a secondo dei fondi adatti o della compagnia di pesci trovati. Queste cime, quindi, possono avere la lunghezza di 200, 300 e più metri. Giunto al punto stabilito il battello che porta la rete comincia a mollare un braccio in linea retta, poi m o 1 1 a la fonte, ìndi l’altro braccio. Mentre si fa questa manovra i pescatori da terra cominciano a tirare pian piano la cima che è in mano loro ; ma la tirano in modo tale da fare sì che il braccio già disteso si pieghi leggermente ad angolo, per modo che allorquando la compagnia di pesci, spaventata dal rumore della barca e dei remi, tenta di fuggire, s’incontra col braccio ripiegato. Dopo aver finito di mollare l'altro braccio, al quale fa pigliare anche una posizione ad angolo, porta a terra anche l’altra cima. Cominciano a tirare allora da terra, come si fa per la scia¬ bica, aiutandosi col collare 4). Otto persone sono sufficienti per alare la rete. ') Il collare è fatto da una fascia di tela robusta, che si mette a tracollo ed è chiusa da un pezzo di legno semiovoidale , detto p e r e s t i 1 1 o . Dal — 278 Si pesca per lo più di notte, indifferentemente con lo scuro o con la luna : meglio però quando non vi è nè plenilunio nè completamente scuro, ma quando vi è il primo o l’ultimo quarto lunare. Con questa rete si può pescare tutto, perchè la rete rac¬ coglie tutto quello che si trova nel tratto di mare nel quale essa pesca. Possono così capitare Cefali (Mugil), Spinole ( Labrax lupus Cuv.), Orate ( Chrysophys aurata Cuv.) Palamiti ( Pelamys sarda Bl.), Aluzzi (Sphyraena vulgaris Cuv.), Sarde ( Clupea pil- chardus Art.), Acciughe ( Engraulis encrasicholus L.) ; Calamari (Loligo vulgaris Lam.) Specialmente, però, raccoglie molte Aguglie ( Belone acus Risso) e Sarde. È necessario pescare o sopra spiagge sabbiose o dove vi siano praterie di Posidonia, cioè a dire bisogna che non vi siano scogli sul fondo, altrimenti non è possibile tirare la rete, perchè questa si romperebbe. In qualche caso i pescatori manovrano nella pesca con la ra- gostina completamente da mare, affidando la cima che d’ordinario viene lasciata a terra ad un gozzo che si ancora, come nella pesca con la lampara e cingendo come in questa. I nostri pesca¬ tori, però, ritengono che questo sistema sia scomodo e preferi¬ scono manovrare questa rete da terra. Viceversa in Sicilia, dove anche questa viene adoperata, come riferisce il Fortini (pag. 107) essa viene manovrata compietamente da mare con una barca per la rete e un gozzetto che resterà fermo con una delle cime (stazza in Siciliano). I pescatori siciliani adoperano questa rete anche per la pesca di giorno. 11 Fortini classifica questa rete (Raustina o Ravasti- na o Rabastina), come la lampara, fra le reti a strascico; neanche qui egli mette in rilievo il concetto della fonte, mentre la descrive perfettamente allorché dice che (pag. 103) " il sacco è formato rimboccando alquanto la vasta rete orizzontale a cui sono centro della parte piana di questo perestillo, parte una corda che si chiude ad anello ed é detta rizze. A questo anello si collegano due staffe anche di corda, dette stan felle, ognuna delle quali si attacca ad uno dei due estremi della fascia di tela. — 279 - cucite le ali. Cosicché, il sacco resta poco profondo ; la parete inferiore di esso prosegue allo scoverto per qualche tratto La parte che corrisponde alla fonte, vien detta in dialetto siciliano naca. Piccole differenze esistono fra la rete adoperata in Sicilia e quella di Napoli, pur restando fondamentalmente la stessa come struttura generale. Le braccia sono di poco più lunghe in Sicilia, e inoltre " La ravastina in ogni sua parte è guarnita, inferiormente e supe¬ riormente da due fascette di rete (fasciuneddi) di cinque maglie di altezza nei lateri (braccia); di 10 maglie nei cazzar iti e nella parte superiore (s u m m u) del sacco „. La ragostina, dopo la lampara, è la rete a fonte più diffusa. Infatti, essa, con maglie più chiare e di refe più robusta, oltrec- chè in Sicilia, l’ho vista adoperare sulle coste della Calabria (a Bagnara ed a Scilla) per la pesca dell’Alaionga. Ed anzi a Bagna- ra, con vecchi pezzi di palamidara, costruiscono una rete che chiamano alalungara conformata con una fonte, sullo stessa tipo della ragostina. Fra le reti a fonte, mi pare debba essere compresa la rete che il Gourret (pag. 172) chiama " Bourgin o Bregin „. È prin¬ cipalmente fondandomi sulla Fig. 75, che io faccio questa sup¬ posizione, perchè l'autore non parla di fonte. Nella figura, però si vede la parete inferiore di quello che egli chiama “ poche, cui - de - pin, corpou „ sporgere come il letto di una fonte. Inoltre le braccia (“ lei bando „) anzicchè attaccarsi lateralmente, si at¬ taccano al margine del letto. Inoltre nella sua descrizione il Gourret dice che nel “ sac „ " les flancs ou pointes faisant dé- faut „ appunto come nelle reti a fonte, d’onde la prominenza del letto. Questa rete si manovra da terra, come la ragostina. E viene usata in varie marine della Francia meridionale mediter¬ ranea. Non sarebbe strano che si trattasse proprio della ragostina, poiché in queste marine si sono avute frequenti migrazioni di pescatori di Sorrento, nella cui marina pare siasi originata que¬ sta rete. — 280 — Lampara È la più ampia e la più importante fra le reti a fonte. Da Na¬ poli, dove ha trovato le sue origini si è diffusa non solo in tutta Italia, ma in tutto il mondo, particolarmente per l'applicazione che ha trovata nella pesca con fonti luminose. Nelle varie marine essa ha subito delle modificazioni, le quali principalmente riguar¬ dano le dimensioni della rete ; ma fondamentalmente essa resta nella sua struttura quale è l'originaria del golfo di Napoli. Epperò. io descriverò la rete quale viene usata in questo Golfo. Dirò, che anche quivi si adoperano due tipi di rete, uno che viene usato dai pescatori di Napoli-città e l'altro che viene adoperato nelle restanti marine del Golfo (principalmente Ischia, Procida, Pozzuoli, Capri, Massa). Comincerò dalla descrizione della rete adoperata in questo secondo gruppo di marina, appunto perchè essa è la lampara tipica. Lampara adoperata dai pescatori delle isole del Golfo. (Tipo isole d’ Ischia e di Procida). (Tav. 4, Fig. 5-6). Come in tutte le altre reti a fonte, in questo tipo di reti distinguiamo la fonte e le braccia ( vanne — bande); e nella fonte distinguiamo il letto e le pareti della fonte che nella parte posteriore della conca pigliano maggiore ampiez¬ za formando il cosiddetto pezzate. 11 letto è formato da un pezzo di rete, detto piezzo ’e miezo (pezzo di mezzo) largo 50 m. (27 passi) e lungo m. 18.48 (7 canne), con maglie di 10 - 12 mm. Ai lati del letto, si estendono per 27 passi (rn. 50) da ciascun lato le pareti della fonte con maglie anch’esse da 10 - 12 mm. In tal modo tutto il fondo della fonte (letto e pareti) misura una larghezza di 150 metri, cioè a dire un terzo di più della larghezza delle due braccia prese insieme. Si mette a parte il pezzo di rete costituente il letto, con le maglie orientate differentemente, appunto per dare l’esatto — 28 1 funzionamento, nella manovra, a tutta la fonte, la cui profondità, per l’altezza delle pareti, raggiunge i 50 metri. Nel tratto mediano, in rapporto alla gola (vola), alla quale serve di rinforzo, vi è un pezzo della lunghezza di m. 9.25 (5 passi) e della larghezza della gola (2 metri). Esso è fatto di refe più resistente ed ha maglie da 25 a 27 mm. Al margine centrale del letto, cioè a dire nel tratto centrale di questo pezzo, vi è uno spazio libero per due metri e mezzo di lunghezza al quale sono attaccati i piombi e vien detto vola (gola) o vólachiummo (gola del piombo). Ai due lati della gola vengono attaccate le braccia, per modo che questo vóla¬ chiummo rappresenta la sola parte libera del margine del letto, come nelle altre reti a fonte. Le due braccia, quindi, non distano tra loro nella loro in¬ serzione al letto che di due metri e mezzo (e talora anche meno, perfino mezzo metro, come nella lampara adoperata sul litorale di Napoli - città). Il fatto di essere così ravvicinate nel loro col- legamento col letto, acquista particolare importanza nel funzio¬ namento della rete, poiché nel salpare la medesima, nell'ultimo periodo della manovra , le braccia si avvicinano talmente da for¬ mare quasi come un proseguimento del letto, pur lasciando un tratto mediano longitudinale, aperto dalla pressione dell’acqua. La larghezza delle braccia (larghezza allorché sono vedute in piano, altezza allorché scendono verticali nell'acqua nel primo tempo della manovra della rete) è di m. 5l) (27 passi) , mentre la larghezza di tutta la fonte è di m. 150 (81 passi). Questi metri di maggiore larghezza della fonte vengono divisi in 50 metri per ognuno dei lati del letto per formare le pareti della fonte, le quali per il modo come è costruita la rete iniziano la formazione della conca di raccolta. Più indietro queste pareti della fonte si aumentano di altri 22 m. (12 passi) dando maggiore ampiezza alla fonte, la quale là dove posteriormente si chiude (formando una semplice concavità senza particolare coppa di raccolta estroflessa) vien detta pezza le. La parete superiore del pezza le sporge per metri 8.35 (passi 4 e mezzo). Le maglie del pezzale sono molto piccole: misurano da 8 a 5 mm. di larghezza (lunghezza di lato). 11 refe con cui è co- — 282 - struito il pezzale è più resistente di quello con cui è costruito il resto della fonte. Ciò perchè nel tempo terminale della mano¬ vra della rete tutto il pesce raccolto si raduna in questo pez¬ zale. L'intero perimetro della fonte misura circa 200 m. In media la fonte ha una profondità di 50 metri. Le braccia, dai pescatori dette vanne (bande) hanno ognuna la lunghezza di m. 210. 90 (114 passi) e sono divise in: mappo, contromappo, r e a 1 i e Ilo, * i a 1 e e parete. I! mappo è il tratto delle braccia che si collega con la fonte. Esso è lungo m. 22.20 (12 passi) ed è fatto di due pezzi ognuno lungo 6 passi, e differenti per l'ampiezza delle maglie. 11 pezzo più interno (quello collegato con la fonte) ha maglie di 14 mm. ; il pezzo più esterno ha maglie di 18 mm : il primo si indica come mappo minuto, il secondo come mappo chiaro benché oggi in generale si faccia un mappo unico. In alcune reti, principalmente nella marina di Pozzuoli, il mappo contribuisce ad aumentare la fonte, cioè a dire che i due mappi non sono separati dalla gola, ma questa si forma dopo i mappi aumentando così la lunghezza del letto. 11 contromappo è anche esso lungo m. 22.20 (12 passi) ed ha maglie di 63 mm. 11 r i a 1 i e 1 1 o è lungo m. 55.50 (30 passi) , con maglie di 15 cm. Il ri al e ha la medesima lunghezza del rialiello, m. 55.50 (30 passi), però ha maglie molto più ampie : 27 cm. di lato. Il parete anche esso è lungo m. 55.50 (30 passi), ma ha maglie assai più larghe : 54 cm. di lato. Esso è la parte della rete a maglie più ampie, epperò, più che entrare nel funziona mento della rete per la raccolta del pesce, esso aiuta nella disten¬ sione delle braccia e nell’alaggio delle medesime. L'altezza minima delle braccia è di tn. 50 (27 passi) come la profondità della fonte, poiché siccome questa rete pesca sempre in alto mare (a differenza della lampara del litorale di Napoli - città la quale spesso pesca vicinissimo alla costa), quindi a forti profon¬ dità, essa è quasi sempre pelagica, ha quindi bisogno di ampie braccia, per poter racchiudere ii maggiore tratto possibile di mare in profondità. — 283 Nelle grandi lampare le braccia raggiungono perfino 1' al¬ tezza di 60 metri (35 passi). L’estremo delle braccia, al limite trasversale dal parete, è sostenuto da un bastone in legno detto stazza. A questa si attaccano due corde riunite a V, costituendo la cosidetta mani¬ glia alla quale si attacca la corda che serve ad alare la rete e che vien detta s à u 1 a . Al margine superiore di tutta la lampara sono attaccati i su¬ gheri detti cuortici, i quali sono quadrangolari più larghi e più radi sul parete, più piccoli e circolari lungo il resto delle brac¬ cia aumentando di diametro di nuovo al centro della fonte. Infatti in questo tratto ultimo essi sono anche circolari e misurano il diametro di 15 cm. a misura che dal margine vanno verso la periferia della fonte diminuiscono di diametro, degradando fino a 5 cm. di diametro. Ed hanno altresì il diametro di 5 cm. quelli posti sul mappo, contromappo e rialiello. 11 maggiore addensa¬ mento di cortici si ha alla periferia della fonte, dove essi sono perfettamente accollati gli uni agli altri ; sulle braccia essi si distanziano di circa 15 cm. runo dall’altro, o meglio una coppia dall'altra, poiché vanno riuniti due a due. Alla corda che segna il margine inferiore della rete sono attaccati i piombi ( chiumme ), posti alla distanza di circa 40 cm. l’uno dall’altro, del peso complessivo di 15 a 33 kg. Una lampara delle dimensioni accennate può costare da 6 a 7 mila lire. Riassumendo, le dimensioni della lampara descritta come tipo di quelle adoperate nelle isole del golfo di Napoli, sono letto: largh. m. 50 (27 passi), lungh. m. 18,40 (7 canne) maglie di 12 mm. di lato. pareti della fonte: largh. m. 50 (27 passi) per lato; maglie da 12 mm. p e z z a 1 e : maggiore altezza m. 22, maglie da 8 a 5 mm. di lato. perimetro della fonte: m . 200. profondità della fonte: m. 50. (27 passi). le seguenti : fonte — 284 — mappo : lungh. m. 22,20 (12 passi) ; di cui la metà interna con maglie di 14 mm. e la metà esterna con maglie di 18 mm. contromappo: lungh. m. 22.20 (12 passi), ma¬ glie di 63 mm. braccia riali elio: lungh. m. 55.50 (30 passi), maglie di (vanne) \ 15 Cm. (r i a 1 e : lungh. m. 55.50 (30 passi), maglie di 27 cm. parete: lung. m. 55.50 (30 passi), maglie di 54 cm. lungh. complessiva di ogni braccio : m. 210.90. altezza delle braccia : m. 50. (27 passi). Le dimensioni sopraesposte sono quelle di una lampara di grosse dimensioni, quali ordinariamente vengono usate oggi dai pescatori delle isole del Golfo. Esse, come già ho accennato, vengono costruite così ampie per poter abbracciare il maggior tratto di mare , particolarmente in profondità, poiché, pescando esse in mari profondi, sono completamente pelagiche. Vengono anche usate, però, reti di dimensioni minori e ta¬ lune perfettamente di dimensioni metà di quelle accennate. La lampara adoperata sul litorale di Napoli -città. (Tav. 3, Fig. 4). Le differenze principali di questa rete dalla lampara adoperata nelle isole, sta nella fonte, la quaie , come vedremo, presenta delle modificazioni. 11 letto, è lungo m. 33.30 (18 passi). Di questi, i primi dieci passi (m. 18.50) hanno maglie di 8 mm. di lato e i restanti 8 passi (m. 14.80) portano maglie di 6 mm. di lato. Anteriormente il letto è largo m. 55.30 (30 passi); man mano, però, va restringendosi posteriormente fino a m. 37 (20 passi). Ai lati del letto si innalzano le pareti della fonte, le quali si ricavano dalla larghezza del letto medesimo, il quale finisce, così, con l’aver lungo tutta la sua lunghezza la larghezza di m. 55.30 (30 passi) , soltanto che posteriormente e gradatamente a misura che il letto assume dimensioni minori si sviluppano di più le pareti laterali della fonte, per modo che là dove il lett0 285 — misura 20 passi, gli altri IO passi sono divisi in 5 passi da un Iato e 5 dall'altro a costituire le pareti della fonte. Le maglie di queste pareti sono le stesse di quelle del letto, cioè a dire nel primo tratto di 8 mm. e nel secondo di ó mm. È cosi che nell'innalzarsi graduale delle pareti laterali, tutta la fonte della lampara di Napoli si ristringe posteriormente. Nel centro del margine del letto anche qui vi è un tratto libero fornito di piombi detti vola o vólachiummo; que¬ sta gola della lampara misura circa mezzo metro di lunghezza. Per tutta la lunghezza del letto, e per la larghezza di circa 2 metri, vi è una fascia detta sperone , la quale ha la stessa maglia della restante superficie del letto, però è di cotone più resistente e serve di rinforzo. Fin qui, tranne piccoli dettagli, nelle linee generali, la fonte è la stessa di quella della lampara adoperata nelle isole; ma nella porzione posteriore si notano le differenze, cioè a dire che nella parte posteriore della fonte , la lampara di Napoli si estroflette in un sacco, il quale viene denominato scappuccio o manica. La larghezza di questa manica è, come 1’ ultimo tratto del letto di m. 37 (20 passi) la profondità é di 1 passo (circa 2 m.) le sue maglie vanno da 7 a 5 mm. di lato. Le pareti laterali della fonte vanno a fondersi con questo scappuccio. Le braccia o vanne (bande) complessivamente misurano m. 125.80 (63 passi) di lunghezza. Esse si inseriscono al letto, lasciando libero solo il mezzo metro di gola (vólachiummo). Ognuna di esse misura tn. 27.75 (15 passi) di larghezza, entrambe quindi occupano tutta la larghezza del letto. Mentre nella lam¬ para delle isole cominciano a formarsi le pareti della fonte fin dal principio del letto, in quella di Napoli, il letto all'inizio non ha pareti laterali e queste si vanno formando a misura che si procede all’indietro. Le braccia della lampara di Napoli , differiscono da quelle delle lampare delle isole, sia perchè sono alquanto più brevi nel loro insieme, sia anche per il differente sviluppo delle parti co¬ stituenti e per le differenti denominazioni. In esse si distinguono : raroli, schettone, realiello o riale e parete. — 286 — I r a r o 1 i , sono la porzione che segue immediatamente alla fonte, sono lunghi m. 33.30 (18 passi) e sono alti m. 27.75 (15 passi). La loro maglia è di poco più di 3 cm. In generale, per rinforzo ai rarolì viene aggiunto un mezzo metro (in altezza) di rete a maglie più forti, di refe più resistente (parete). Lo schettone è breve ; è lungo m. 2.70 (2 passi), è alto da 13 a 12 passi, in media 24 m. circa; la sua maglia è larga 8 cm. II riale o rialiello è di poco più lungo dello schet¬ tone : m. 5.55 (3 passi) ; esso misura m. 25.90 (14 passi) di al¬ tezza ; le maglie misurano 17 cm. di larghezza. Il parete forma la massima parte delle bande; poiché è lungo m. 83.25 (45 passi); altezza m. 27.75 (15 passi); esso ha maglie ampie, larghe 27 cm. L’ampiezza delle maglie mostra che esso non ha importanza che come guida delle restanti parti della rete. I cortici ed i piombi sono come nella rete adope¬ rata nelle isole. L'altezza massima delle bande o braccia, come ab¬ biamo visto, si riscontra al principio del parete ed è di m. 27.75 (15 passi), diminuisce gradatamente nel riale e nello schettone fino a m. 22.20 (12 passi) per risalire di nuovo nei raroli a m. 27.75 (15 passi). L'altezza del parete, non ha impor¬ tanza nel funzionamento della rete, poiché data l'ampiezza delle sue maglie , allorché esso viene tirato si riduce dell’ altezza di un passo. Ecco, riassunte, le dimensioni delle varie parti della lampara adoperata a Napoli-città : (letto: lunghezza, m. 33.30; larghezza, anteriormente m. 55.50 e posteriormente m. 37; maglie da 8 a 6 mm. fonte pareti della fonte: altezza da m. 0, grada- ! tamente fino a circa m. 10, maglie da 8 aómm. I scappuccio o manica: larghezza m. 37 ; pro¬ fondità m. 1.85; maglie da 7 a 5 mm. — 287 — raroli: lungh. m. 33.30; altezza m. 27.75; ma¬ glie 3 cm. s c h e 1 1 o n e : lungh. m. 3.70 ; altezza m. 24 ; ma¬ glie 8 cm. r i a 1 e: lungh. m. 5.55; altezza m. 25.90, maglie 17 cm. parete: lungh. m. 83.25; altezza m. 27.75; maglie 37 cm. lunghezza complessiva , m. 125.80. Anche qui 1' estremo di ognuno dei due pareti è soste¬ nuto da una sbarra in legno detta stazza o vracale. Dalla stazza partono più corde le quali si riuniscono a ventaglio e co¬ stituiscono la capezza o capezzale. Nel punto di riunione delle corde della capezza si attacca la corda che guida la rete o s à u 1 a , come nella staffa della lampara delle isole. Comparando la iampara adoperata a Napoli con quella usata nelle isole del Golfo, le differenze principali si riscontrano nella fonte: la quale nella lampara di Napoli è più stretta ed inoltre si va restringendo a misura che va verso la parte posteriore per dare sviluppo alle pareti laterali della fonte. Ma la differenza prin¬ cipale sta nel fatto che la lampara di Napoli porta posteriormente alla fonte una breve coppa di raccolta a sacco (scappuccio o manica) mentre quella delle isole non porta questo sacco e soltanto la porzione posteriore della fonte è aumentata in al¬ tezza di sei passi per aumentare la capacità di questo tratto della fonte che vien detto pezzate. D’altronde per il modo come si manovra e pesca la lampara, io ritengo che questa appendice sacciforme usata dai pescatori di Napoli è perfettamente inutile. Il sacco è utile nella rete a strascico , che strisciando a lungo sul fondo del mare può raccogliere del materiale che gradata- mente si accumula e si conserva nel fondo del sacco; ma nella lampara, come vedremo, la raccolta del pesce viene fatta in un momento solo e, vi sia o non vi sia il sacco, essa non può mai sfuggire dalla fonte. Per quello che riguarda le braccia, nell’insieme, pro¬ porzionalmente, le braccia della lampara di Napoli sono alquanto braccia o vanne 288 — più lunghe di quelle della rete delle isole, siccome, però, questa maggiore lunghezza è sviluppata principalmente nel parete, essa non ha influenza sulla struttura generale della rete, poiché, come ho già detto, il parete non ha grande importanza nel funzionamento di questa (salvo che la sua lunghezza permette alla rete di cingere uno specchio d’ acqua più o meno ampio). Ed appunto, perciò, anzi il parete ha poco sviluppo nella lampara delle isole, nella quale più razionalmente si è dato maggiore svi¬ luppo alle parti aventi maglie di minore larghezza. Bisogna dire, però, che se nella lampara di Napoli il parete è molto svi¬ luppato ; in essa sono anche molto sviluppati i raroli che rappresentano la parte delle braccia che hanno maglie di minore diametro, per modo tale che in media la lampara delle isole ha le braccia con maglie più chiare di quella della lampara di Napoli. In tutti i casi queste braccia sono caratteristiche della lam¬ para sia per la lunghezza (da 100 a 125 m. e più) sia per le maglie di cui il primo tratto (raroli per la lampara di Napoli e rnappo e contromappo insieme per la lampara delle isole) lungo da 22 a 23 metri porta maglie delle dimensioni da 3 a 6 citi, di lato , e il restante tratto di 80 o 70 metri porta maglie che gradatamente vanno crescendo da 8 a 40 cm. di lato. Epperò sono molto sorpreso dal fatto che i pescatori di Palermo (Fortini pag. 99) adoperano per braccia della lampara le stesse di quelle del tartannone a volo : “ Quindi alle testate inferiori di essa (della fonte) si incusturano le ali : queste sono in tutto e per tutto, quelle, già descritte dei tartannoni a volo. Stantocehè, spesso, si levano i lateri di quest’ultimo attrezzo e si uniscono, senz’altro alla lampara Ora ecco le parti, le dimensioni e le maglie delle ali (braccia) del tartannone a. volo (Fortini, pag. 72): c a z z a r i t i lunghezza m. 24, nappi ti ed di alti » m. 16, nappitieddi vasci » m. 15, stazzuni » m.14, lunghezza totale ali m. 69. maglie 6 cm. » 114 mm. » 114 mm. » 10 cm. — 289 — Avremmo così, che a questa lampara sarebbero attaccate delle braccia lunghe 69 m. con maglie da 6 a 11 centimetri. Ma allora non è più una lampara, ma una rete a fonte sui generis, con le braccia rachitiche, poiché anche le altre reti a fonte (tranne 1’ a- gugliara che è tutta più piccola) hanno le braccia più lunghe. I due tipi di rete lampara che si adoperano nel Golfo di Napoli, hanno probabilmente indotto il Mancini ad accentuare la differenza estendendola anche al loro modo di funzionare in rapporto alla pesca con fonti luminose. Infatti egli dice (pag. 107) " La rete impiegata dai battelli che pescano con fonte luminosa e che ordinariamente è chiama¬ ta lampara in Tirreno si differenzia dalle reti lampare con le quali (fin da remoti tempi) i pescatori napoletani cingevano e cingono di giorno uno stuolo di pesci. Egli ripete ciò che comunemente dicono oggi i pescatori na¬ poletani, i quali, poiché innanzi al litorale della città per un con¬ cordato fra i pescatori locali dedotto da misure di ordine pubblico, è proibita la pesca con le sorgenti luminose, pescano quivi con la lampara senza luce ed hanno presa l’abitudine, parlando della lampara di Napoli, di denominarla " lampara senza luce „. Anzitutto, con fonti luminose o pur no, con la lampara i nostri pescatori non pescano mai di giorno, ma sempre di notte. Inoltre la lampara adoperata sul litorale di Napoli -città (e che potremmo chiamare lampara con lo scappuccio o col sacco) con tutta probabilità non è la lampara originaria, la quale è quella nata nella marina di Massa e che è dello stesso tipo di quella adoperata nelle isole del Golfo. Ancora, se le lampare del lito¬ rale di Napoli -città pescano oggi senza luce perché innanzi ad esso litorale è oggi proibita la pesca con fonti luminose, un tempo queste lampare medesime di Napoli pescavano anche esse con fonti luminose sul mare innanzi alla città e anche oggi si recano a pescare con fonti luminose ad Ischia o sulla spiaggia di Cu- ma, dove tale pesca è permessa. Quindi non vi è una lampara per la pesca con la luce ed un'altra per la pesca senza luce. La lampara come tipo generale è unica ed è quella adoperata sia a Napoli che negli altri punti del Tirreno e anche fuori del Tirreno. 1 pescatori di Napoli-città - 19 - — 290 — adoperano una lampara con alcune modificazioni ; la quale, però come tutte le altre, può servire per la pesca con la luce e per la pesca senza luce, inquantocchè la lampara rete, è nata molto tempo prima che sorgesse la pesca con fonti luminose. Come si manovra la lampara. La manovra della pesca della lampara, è stata brevemente accennata dai varii autori che hanno studiato la rete. Ecco come il Mancini descrive questa manovra (pag. 107) : "La seconda imbarcazione, che chiameremo di manovra ha una ciurma variabile dai sei agli otto uomini distribuita in parte ai remi, in parte alla manovra del mestiere e al timone. Al se¬ gnale dell’uomo di vedetta l'imbarcazione di manovra lascia l'or¬ meggio e si diparte dopo aver dato volta ad una corda (cima) sul segnale stesso al quale mantenevasi assicurata a voga a forza di remi gira il battello guardiano dal lato opportuno per avvolgere nella rete tutto il lampo di animali raccolto alla luce. Essa maggiore imbarcazione lascia cadere così in mare rapidamente tutta la corda che unisce il segnale d’ormeggio alla banda della rete del lato di partenza e, proseguendo, mette in mare la prima banda anzidetta filandola successivamente libera di avvolgimenti. Intanto il padrone della barca governa in modo che la parte centrale del mestiere cada in centro allo specchio di pesca in guisa che nel secondo ramo delhavvolgimento, quando cioè la prora della imbarcazione si dirige con successive accostate nuovamente sul segnale di partenza l’estremo della seconda banda della rete cade in corrispondenza del punto ove da parte opposta è caduto il primo. " Raggiunto il segnale di partenza tutti gli uomini dell’arma- mento si dispongono per trarre rapidamente a bordo gli estremi della rete operando abilmente perchè le parti ai due lati siano ricuperate simultaneamente ed il sacco centrale si distenda con¬ venientemente in senso verticale come una parete sotto la pres¬ sione della corrente, la quale come si è detto, deve dirigere per la posizione prescelta da chi presiede alla pesca, verso il centro del sacco della lampara. L’operazione di distesa e recupero del mestiere, che deve svolgersi con rapidità, senza rumori di voci — 291 nè di remi, nè di scafi, sottintende l’impiego di una imbarcazione svelta e non comporta uso dt motore. Anche in questo caso per le necessità della pesca il tipo della barca ed il numero delle persone di armamento vengono esattamente precisate dall'espe¬ rienza. Anche in questo caso l’imbarcazione napoletana scelta per la pesca costiera nelle spiaggie centrali del Tirreno per le manaidi e per i tramagli è stato confermato per l'ordinaria lampara. In questo tipo d’imbarcazione che contiene la rete e che misura dagli otto ai nove metri di lunghezza (32-36 palmi) occorrono almeno sette uomini di armamento Ed ecco ancora come questa manovra viene descritta dal Fortini (pag. 100) : “ La pesca si deve effettuare nelle notti senza luna. (Egli parla della pesca della lampara con l'ausilio delle fonti lumino¬ se). Le tiue barche partono : la grande porta la rete, la piccola una lampada ad acetilene. Giunti sul posto si accende detta lampada : i pesci ordinariamente risalgono verso la superficie. Qualora ci sia pesce, il gozzetto sta fermo ; caso mai non se ne vedono esso va remando lentamente. Quando il marinaio adibito all'acetilene vede pesce in abbondanza sotto la luce , fa un se¬ gnale alla barca grande. 11 capobarca esamina la direzione della corrente col bugliolo o con la sabbia ed ordina di calare colla fonte in poppa alla corrente. La barca grande allora , avendo cura di calare da diritta verso sinistra, lascia il cavo di diritta ormeggiato ad un barile, cinge rapidamente ed interamente il gozzetto, va a riprendere il barile e così, avendo i due capi, inizia subito il salpamento. Arrivata alle gole la barca piccola esce dal cerchio e sta sul sommo, sollevandolo alquanto in modo che i pesci non scappino dall'alto. Quando, poi la rete è bene stretta la si svuota con un retino ( cuoppu ). " La cala occupa 5 minuti circa ; per salpare ci vuole mez¬ z'ora ed in una notte si possono ripetere anche 12 calate,,. L’Albertini, più recentemente, riassume così questa manovra : " Dès que le poisson révèle sa présence , le bafeau annexe allume sa lampe pendant que le " lampare „ se dispose à caler le filet. “ A cet effet, on mouille le grappiti et on jette à la mer la bouée, à laquelte est amarrée une petite aussière. — 292 — " Une estremité du filet est reliée à l'aussière. Dès que cette operatimi est terminée les pècheurs mouillent le filet , en con- tournant le bateau porte-lampe et rejoignant le point de départ où ils reprennent l'extrémité du filet laissé attaché à la bouée. Le halage qui commence aussitòt est exécuté par 6 homtnes (3 à chacun des bouts du filet) „. 10 aggiungerò quei dettagli necessarii alla giusta interpreta¬ zione del funzionamento della rete. Relativamente alle dimensioni e all’importanza della rete, la manovra è semplicissima. Basterebbe a comprovare ciò che essa, che ha un perimetro di oltre 300 m. ed ha una conca di raccolta (fonte) capace di contenere parecchi quintali di pesce, viene manovrata da un batte' lo solo equipaggiato da 7 persone, e talora anche da un numero minore, come tal'altra (allorché vi è abbon¬ danza di pesca, sopratutto per l’aiuto a ritirare la fonte allorché è troppo piena) anche da 8 a 9. 11 battello è un gozzo (vuzzo) da 32 a 36 palmi (8 a 9 in.) di lunghezza. Le sette persone dell’equipaggio sono rappresentate dal pa¬ drone e 6 pescatori ai quali si aggiunge il ragazzo di bordo. La prima operazione è quella di sondare la profondità della località nella quale pescano, ammenocchè non si tratti di località precisamente conosciuta. Lo scandaglio adoperato è molto sem¬ plice : un grosso pezzo di piombo legato all’estremo di una fune della quale conoscono la misura. In generale i pescatori parano la rete ( mollano in termine tecnico dialettale) ad oltre 30 m. di profondità, come già ho detto che capita per le lampare delle isole, le quali sono quasi esclu¬ sivamente pelagiche ed in rapporto a ciò aumentano l'altezza delle braccia; ma i pescatori di Napoli-città la tendono anche a profondità minori. Ricordo una volta di aver visto parare la rete a meno di 30 m. di profondità e per giunta su fondo scoglioso, per modo che ci volle tutta l’abilità dei provetti pescatori che la guidavano per non ridurla a brani. Lino a 50 m. il margine inferiore delle bande (braccia) e quello del letto toccano il fondo; oltre questa profondità la rete è perfettamente pelagica. S'intende che parlo delle reti della mi- - 293 — sura grande da me descritta, mentre le reti di minori dimensioni toccano il fondo a profondità minori. Dopo di avere scandagliata la profondità, il padrone esamina la direzione delle corrente, per potere poi parare la rete secondo le regole d'arte in rapporto a questa. Nel tendere la rete viene mollato prima un braccio, poi la fonte, indi l’altro braccio, e siccome manovra una sola barca ed essa deve seguire la rete a misura che viene distesa per di¬ sporla in giro, così il primo braccio parato non viene abbando¬ nato a se stesso fluttuante, ma viene affidato ad un’ancora Cfier- ro = ferro) legato alla sàula, cioè a dire alla fune di canape che va ad attaccarsi alla maniglia o capezzale della rete. Per tal modo, la prima operazione che si fa, dopo di avere stabilita e scandagliata la località della pesca, è quella di affon¬ dare 1' ancora con la s à u 1 a . Questa operazione è riservata al ragazzo di bordo, onde il primo comando del padrone che segna l’inizio della pesca è: “ Quagliò molla 'a saula! „. Alla distanza di tre o quattro metri dalla maniglia o capezzale di destra è legato un barile, che mantiene così galleggiante l’estremo superiore della sàula che è fissata me¬ diante l'ancora sul fondo. Immediatamente prima della mani¬ glia, però, è legato un grosso pezzo di sughero quadrangolare (di poco più di mezzo metro di lato) che vien detto nzignale (segnale). Questa precauzione permette di avere tutto un tratto di corda, posto fra il segnale e il barile perfettamente galleggiante alla superficie del mare. La rete si distende da destra a sinistra. S’incomincia col mollare il braccio destro affidato all’an¬ corotto. A misura che si molla esso viene lasciato libero, mentre il punto in cui esso comincia viene segnalato dalla pre¬ senza del barile. Il gozzo, intanto sotto la guida, seria e parca di parole, del capobarca, muove in giro in modo da circuire con la rete distesa circolarmente il tratto di mare nel quale è raccolto il pesce. Le braccia vengono mollate con movimenti cadenzati che imprimono alla rete dei leggieri scuotimenti che fanno sì che essa non si rivolga su se stessa, ma venga perfettamente a di¬ stendersi a misura che si immerge nell’acqua, mentre i piombi, — 294 — posti inferiormente ed i corti ci posti al margine superiore fanno sì che essa si mantenga verticale per tutto il suo percorso; e, se la profondità del tratto di mare non supera l’altezza delle braccia, queste poggiano sul fondo con i piombi. È appunto nella distensione di queste braccia che si notano principalmente i fenomeni di fosforescenza della rete che, pro¬ babilmente, le hanno fatto dare il nome di lampara. Questi fe¬ nomeni si avvertono principalmente nelle notti aluni e, quando si pesca senza fonti luminose; essa in alcuni punti è maggiore, in altri è minore. Talora, però, anche nella pesca con le fonti lu¬ minose si nota fosforescenza delle pareti della rete. Ricordo così una notte a Napoli pescando al Molo San Vincenzo con la lampara con luce si notava una spiccata fosforescenza delle braccia della rete. Ma senza luce , la fosforescenza è notevolis¬ sima : quella stessa sera pescando ai Granili (Napoli) senza fonti luminose, tutta la rete pareva un enorme lenzuolo biancastro. Questa fosforescenza con tutta probabilità è dovuta a batterii fosforescenti o a piccoli animali marini (Anellidi, Celenterati, Protozoi) eccitati dai movimenti della rete. Anche i pesci danno luogo a fenomeni di fosforescenza, nella pesca con la lampara senza luce, nell’ acqua circuita dalla rete, allorché muovono T acqua quando sono spinti verso la fonte. Questo fatto ha dato luogo alla denominazione di un lampo di pesci, per in¬ dicare appunto un insieme di pesci che nella pesca con la lam¬ para senza luce, movendosi provocano fosforescenza dell'acqua. L'insieme di pesci che si raccolgono sotto la luce non vieti detto un lampo di pesci, ma una compagnia di pesci. La perfetta distensione delle braccia è condizione essenziale perchè la fonte, allorché viene distesa anche essa, possa prendere la disposizione naturale insita alla costruzione della rete mede¬ sima, e il letto sporgere col suo margine nell’interno del circolo limitato dalla rete distesa. Passata la fonte, si molla l’altro braccio, il quale in tal modo si distende in senso inverso del primo ; cioè a dire che, mentre per il primo era stato alato prima il p a r e t e e poi le altre parti del braccio ; per il secondo braccio viene alato prima il m a p p o (o i raroli , 3e si tratta della lampara di Napoli) e poi le altre parti, in ultimo il parete. — 295 Siccome il gozzo ha camminato sempre in giro da destra verso sinistra manovrando in modo da far descrivere alla rete un circolo, esso viene a fermarsi sul tratto di corda galleggiante fra il b a r i 1 e e il s e g n a 1 e . Allora si afferra il segnale, si scioglie dalla corda legata al barile (che viene salpata con l’an corotto) e si tira nella barca il segnale e dietro di esso il capezzale con la stazza. S’ incomincia allora a tirare nella barca la rete. Per eseguire questa operazione, due pescatori remano se¬ guendo gli ordini del padrone che dirige la manovra. Gli altri sono disposti in due gruppi messi ai due lati della prora della barca : ogni gruppo tira un braccio. I movimenti con i quali vengono tirati, sono ritmici e simultanei, per modo che grada¬ tamente si vengono a raccorciare in eguale proporzione in en¬ trambe le braccia e si viene a restringere simmetricamente lo spazio compreso fra esse. I movimenti impressi alla rete tendono fin dall'inizio ad im¬ primere al braccio dei moti propagativi che si trasmettono pro¬ gressivamente fino alla fonte, in modo che nel tempo stesso che scuotono dalle braccia i pesci che potessero esservisi impigliati tendono a spingere verso il letto la preda racchiusa nel tratto di mare circuito dalla rete. Giunti al letto, allorché il margine di questo affiora esso viene afferrato ai due lati dai due gruppi di pescatori e scosso in modo che tutto il raccolto venga spinto nel fondo della fonte o pezzaje (o nello scappuccio, se si tratta della rete usata a Napoli). Dal pezzale, poi, si raccoglie o scuotendolo, op¬ pure, se il pesce è in grande quantità , raccogliendolo con una coppa o retino a mano. Molti pesci restano immagliati (nchiavate) nelle maglie delle braccia : i più grandi in quelle del riale, rialiello e con- tromappo (o riale e schettone se si tratta della rete del litorale di Napoli) e i più piccoli in quelli del m a p p o (o dei r a r o 1 i ). Tutta la manovra della pesca della lampara si fa rapidamente : essa dura il tempo di distendere la rete ed immediatamente ri¬ tirarla. - 296 — Come funzione la rete. Perchè la lampara non è una rete a strascico. (Tav. 5, Fig. 7-10 e 7 bis -10 bis). Ho già detto che prima di mollare il mestiere il padrone scruta la profondità della località scelta e si assicura della direzione della corrente. Quest’ultimo fattore è di rilevante importanza. E ben fa il Mancini, a richiamare l'attenzione su di esso : (pag. 109) " L’ effetto della corrente deve essere sfruttato nel miglior modo perchè non diventi dannoso e la mancanza di pratica del padrone, in tal riguardo, compromette sempre la pesca e può addirittura far perdere il mestiere. Le forti correnti sono pericolose ed in qualunque caso richiedono sveltezza ed abilità in tutti gli uomini della ciurma E a pag. 107 egli fa notare che la corrente “ deve dirigere per la posizione prescelta da chi presiede alla pesca, verso il centro del sacco della lampara Indubbiamente il Mancini ha perfettamente ragione allorché parla dei danni che potrebbero produrre le forti correnti, le quali possono magari far sommergere il segnale e costringere a mo¬ dificare radicalmente la manovra di alaggio con pericolo non solo di perdita del raccolto, ma perfino della rete. Ma in questi casi il danno è dovuto all’ imperizia del capobarca o alla sua audacia temeraria. E non sempre ciò succede. Piuttosto è più importante richiamare l’attenzione sulla seconda osservazione da lui fatta a proposito della corrente , cioè a dire che essa deve essere diretta verso la fonte della lampara. In altri termini senza parlare di forti correnti , le quali si riscontrano in condizioni eccezionali , dobbiamo richiamare la nostra attenzione sulle piccole correnti, le quali sono la condi¬ zione normale, be allorché la rete è distesa la corrente va dalla parte posteriore della fonte, questa si ripiega in dentro e scom¬ pare la conca di raccolta formata dalla fonte medesima ; è ne¬ cessario quindi che la corrente contribuisca a mantenere la rete nella sua posizione normale, contribuisca, cioè a dire, a mante¬ nere la fonte distesa. Epperò è cognizione elementare del capobarca che guida la ciurma dei pescatori di lampara di far distendere la rete dopo di essersi assicurato del decorso della corrente, per modo che — 297 — egli possa calare il mestiere secondo arte, cioè a dire che 1 a lampara viene calata contro corrente, per essere ritirata con la corrente, o " con la fonte in poppa alla corrente „ come dice il Fortini. Supposto quindi che la corrente favorisca e non disturbi la pesca, studiamo il modo di comportarsi della rete nelle varie manovre. 11 primo braccio disteso, scende verticalmente, tirato dai piombi in basso e mantenuto dai sugheri in alto , esso quindi si distende verticalmente in tutta la sua altezza, e se la profondità dello specchio d’acqua non supera l'altezza del braccio medesimo (oltre 50 m. per una grossa lampara, circa 30 m. per una rete di medie dimensioni) esso toccherà il fondo. La fonte, che viene calata immediatamente dopo il primo braccio, incontrerà anche essa il fondo con il margine libero del suo letto, corri¬ spondente alla gola. Siccome, però, la rete a misura che si di¬ stende nell’ambiente liquido, per la sua costruzione, piglia la sua forma a conca, così il letto non incontrerà il fondo proprio verticalmente, ma formerà con esso un angolo acuto più o meno accentuato, poiché il letto sporgerà verso lo spazio centrale della rete (Tav. 5, Fig. 7 bis). In tale stato la rete circonda perfettamente lo specchio di acqua nel quale è raccolta la preda ; in questo momento quindi funziona perfettamente da rete di circuizione e molti pesci ven¬ gono immagliati nelle varie parti delle braccia. Un altro fatto che mi piace di mettere in rilievo è che, al¬ lorché si pesca a piccola profondità, sia il margine inferiore delle braccia, sia il breve tratto libero del letto, (vola = gola) non strisciano sul fondo ma si poggiano semplicemente. E la quistione dello strisciamento viene completamente eliminata dalia conoscenza esatta della costituzione della rete, inquantocchè il margine del letto che dovrebbe strisciare sul fondo non misura più di mezzo metro o un metro di lunghezza, mentre ai restanti 32 metri , e più, di lunghezza del letto, sono attaccate le b le quali tendendo così a mettersi nella stessa posizione orizzontale del letto , in vicinanza della fonte, non sono capaci di alcuno strisciamento. E allorché si inizia la manovra di alaggio della rete, a misura che si tirano le brac- 298 — eia (Tav. 5, Fig. 8, 9, 10 e 8 bis, 9 bis, 10 bis), il margine del letto, anzicchè strisciare sui fondo si solleva sempre di più, facendo fare ernia sempre più accentuata alla fonte, e per essa al pezzale, per modo che nella lampara -tipo senza sacco, ma con fonte con pezzale, solo in questo mo¬ mento si forma una borsa , sia per la conformazione generale della rete, sia pel modo come viene alata, sia pel materiale di raccolta che si accumula nel suo interno. Cosicché il funzionamento della rete nel vero senso della parola comincia allorché sono stati alati i due pareti che hanno maglie molto ampie e servono principalmente per il retto stira¬ mento delle altre parti delle braccia allorché vengono distese per circuire lo specchio d'acqua. A misura che si alzano le altre parti delle braccia gli ani¬ mali raccolti nel mezzo si riducono in uno spazio sempre più ristretto, nel tempo stesso che il letto sollevandosi dal basso in alto, si dispone man mano orizzontalmente. A ciò bisogna ag¬ giungere che, dato il fatto che le braccia si inseriscono al letto tendono anche esse a prendere la posizione orizzontale, e dato ancora che esse sono inserite al letto a breve distanza l’una dall’altra (cioè a dire che distano fra loro soltanto la lunghezza della gola) e vista la loro larghezza (50 m. ognuna) e la breve lunghezza della barca dai cui due estremi sono tirate, esse si ac¬ cavallerebbero formando una chiusura completa nel fondo, se la pressione dall’acqua non tendesse a divaricarle (Fig. 8, 8 bis, 9, 9 bis). Pur tuttavia, però ; giunge un momento in cui l'apertura longitudinale fra le due braccia è così stretta che è impossibile che attraverso di essa possa sfuggire la preda (v. Fig. 10 e 10 bis). Data la rapidità della manovra della rete, sia il margine in¬ feriore delle bande, sia quello del letto , anche allorché questa rete tocca il fondo , non restano poggiati su di esso che po¬ chi minuti , dopo di che vengono gradatamente sollevati, quindi non strisciano mai sul fondo, per modo che non abbiamo nessun diritto di denominare la lampara rete a strascico, come vollero il Vinciguerra, Lobianco e gli altri ; nè possiamo dire che essa tagli la zona in cui si raccoglie il pesce , come affermò il Da¬ vanzo, perchè essa rinchiude questa zona prima lateralmente in giro e poi inferiormente sollevando gradatamente il letto. 299 - Una rete si può dire a strascico soltanto allorché per un certo tratto trascina il margine inferiore del suo sacco sul fondo del mare ; ora qui, anzitutto, non vi è sacco e quello che lo sostituisce, la f o n t e , ha libero solo un tratto minimo di un metro e poco più (gola) il quale poggia per un momento sul fondo (poggia e non si trascina) per rialzarsi immediata¬ mente dopo. Il dire che le lampare siano delle " veritables sennes, (scia¬ biche) manoevrées par un seul bateau „ come vuole il Viguier (pag. 43) mostra che questo autore non conosceva l'esatto fun¬ zionamento della lampara benché egli si riferisca più alla rete volante anzicchè alla lampara propriamente detta ; ma, come, mostrerò in seguito, la rete volante funziona perfettamente come la lampara. D’altronde anche a proposito della lampara propria¬ mente detta adoperata a Napoli egli sostiene che (pag. 83): “ Il peut évidemment pèchcr entre deuxeaux: mais drague souvent le fond „. Come se toccare il fondo fosse lo stesso che dragarlo. E francamente erano più nel vero coloro che avevano formulato (Viguier, pag. 83) " les arrètes ministeriels du 5 „ che parlavano di “ certains engins de pèche, destinés à capturer des espèces ichthyologiques , de passage , et dont le lamparo est le prototype „. Ecco che cosa dice , a prova della sua asserzione che si tratti di rete a strascico, il Viguier (pag. 86) : “ C’est un erreur de croire que, seuls, les poissons voyageurs sont ainsi retenus. La plupart des espèces còtières, sauf les adultes des poissons habitant les fonds rocheux, peuvent ètre pris. Dans un seul coup de lamparo , pour une seule espèce migratrice : sardine, j’ ai trouvé des jeunes de dix espèces litorales : saurei, sole, liche, sarran, bazouge, pageot , rouget de vase , rouget de roche, bogue, gouiou (je donne les noms locaux) représentés. par d'assez nombreux échantyllons ; et beaucoup d’animaux n'avaient pas plus de 3 ou 4 centimètres de long. " Les mémes constatations ont été faites à Naples, par le Dr. Lobianco, cornine on le verrà tout à l’heure. “ L’engin, qui n’avait nulleinent souffert, avait trainé sur un fond de sable vaseux, et ramenait, outre des fraginents d'algues et de posidonies, des animaux de fond : étoiles de mer, crabes — 300 — et mcllusques. La ralingue plombée drague donc le fond de la manière la plus efficace Non comprendo perchè per il semplice fatto che la lampara raccolga anche animali di fondo, debba dragare il fondo : Essa raccoglie tutto ciò che si trova nel perimetro della zona di mare circuita, sia esso costituito da animali pelagici o da animali che si sollevano dal fondo, e ciò senza strisciare, nè dragare il fondo, ma semplicemente raccogliendo per il suo modo di funzionare. E regolarmente raccoglierà anche qualche alga o qualche Posi- donia spostata dalle braccia nel posarsi sul fondo. Questo modo di raccogliere " tutto „, come dicono i pescatori, costituisce ap¬ punto l’importanza caratteristica della lampara. Intanto sulle coste francesi dell’Africa del Nord, dove si interessano della pesca costiera molto più di quanto non suc¬ ceda da noi, continua la proibizione della lampara fino ad alcune date profondità e sulle coste algerine non è autorizzata che al di là della profondità di 50 metri e sulle coste della Tunisia al di là di 40 metri. E ancora recentemente all'XI Congrès National des Péches et Industries Maritimes, tenutosi a Parigi nel 1929, è stato for¬ mulato un voto in questo senso. Ecco come lo riferisce il Seurat (pag. 191) : " Un èchange de vue entre M. Le Danois, directeur de l’Office des péches, M. Vilarem, administrateur de l’Inscrip- tion maritime du quartier maritime de Philippeville et M. Seurat, délégué du Gouvernement général de l’Algérie, a suivi la lecture de cette intéressante communication. Les personnalités présentes ont été unanimes à reconnaitre que le " lamparo „ ne peut devenir un engin nuisible que quand, opérant sur des fonds de faible prò fondeur, il se transforme en un art trainanti par suite, l’usage de ce filet ne peut ètre autorisé qu’à partir d’une certame pro- fondeur. " Un voeu en ce sens a été adopté en séance de section et dans la séance général de clóture Ora, mi pare di aver chiaramente mostrato che la lampara non è mai un " filet trainant „ nè quando pesca a piccola profon¬ dità nè quando pesca a grande profondità e che quindi il limite della profondità è una precauzione superflua. — 301 Riassumendo: la lampara in un primo momento cinge in giro (Fig. 7 e 7 bis), come una rete di circuizione, con le braccia disposte verticalmente ; ma a misura che vengono alate le braccia, la rete si costruisce un fondo il quale essenzialmente è costituito dal letto, il quale gradatamente s’innalza (Fig. 8 bis) , e dalle braccia le quali a misura che si raccorciano tendono ad accollarsi fra di loro, formando tutto un piano con il letto al quale sono collegate (Fig. 9, 9 bis, 10, 10 bis). 1 movimenti impressi dai pescatori alle braccia nell’ alarle, nel tempo stesso che tendono a spingere il pesce raccolto verso la fonte, tendono anche ad avvicinare le braccia, le quali pur essendo alquanto allontanate nella linea mediana dalla pressione dell’acqua, tendono sempre, per la loro inclinazione a spingere il raccolto nella fonte. La rete volante. (Tav. 6, Fig. 1 1 - 12). La rete volante, indubbiamente è la più importante fra le modificazioni alla lampara, appunto perchè essa, al m o- mento della raccolta del pesce, forma una lam¬ para. Il Lobianco (2, pag. 92) nota che la volante " non è che una fraudolenta sostituzione della lampara che i pescatori hanno ideata per sfuggire alle conseguenze del divieto. La sola dif¬ ferenza che vi è tra l’una e l’altra sta nei letto della volante, il quale da un sol pezzo è fatto da due strisce di reti, poste come appendici al bordo inferiore delle pareti laterali. Le due strisce riunite da una cordicella che passa alternativamente ai loro margini inferiori formano il detto letto. Al tempo del divieto, quando i pescatori si accorgono dell’appressarsi di persone so¬ spette, tirano la cordicella che riunisce le due strisce ed imman- tinenti sparendo il letto, restano le strisce sospese „. Ed infatti questa " sostituzione fraudolenta „ della lampara è nata nel golfo di Napoli all’epoca (1909) nella quale la lampara fu proibita per alcuni mesi dell’anno (dal 1° giugno al 30 settem bre). Oggi che questa proibizione è stata abolita la rete volante non viene più adoperata nel golfo di Napoli. Ed il parlarne qui 302 — avrebbe valore di un semplice ricordo storico , se in varie marine essa non venisse ancora adoperata perchè più semplice e sopratutto più facile nella manovra che non la lampara propria¬ mente detta. La rete volante, o semplicemente volante, è una rete verticale la quale ha la medesima lunghezza del perimetro della lampara (braccia e fonte insieme) (circa 300 m. di lunghezza complessiva) ed ha l'altezza delle braccia della lampara medesima (da 30 a 50 m.). In un tipo di essa (credo oggi non più adoperato) vi era come una rete pendente posta nella parte centrale corrispondente alla fonte, detta m a n t e s i n o (grembiale) il quale sollevandosi al momento opportuno mediante apposita cordicella costituiva il letto della fonte. Ma ordinariamente oggi la volante, là dove viene adoperata, si costruisce senza questa appendice a grembiale ; viene soltanto delimitato un tratto centrale di essa corrispondente al letto ; a uno degli estremi di questo tratto vi è una cordicella, all’altro un anello nel quale passa la corda medesima. Al momento op¬ portuno, cioè a dire, allorché la rete è stata cinta in giro come la lampara , vien tirata la corda , la quale passando attraverso l’anello restringe il margine inferiore del tratto mediano della rete per modo che questa viene a formare una conca che sarà la fonte formatasi al momento della raccolta del pesce. Talora si legano due corde ai due estremi dei tratto mediano della rete ; tal' altra lungo il margine inferiore di questo tratto mediano si mettono più anelli in fila nei quali viene guidata la corda. Riccamente fornita di sugheri (cortici) al margine superiore la rete volante è sfornita di piombi nel tratto mediano, al quale ora ho accennato per lo spazio di circa bò metri (36 passi), portando piombi soltanto nel restante perimetro inferiore. Questi 36 passi di rete centrale ripiegandosi pei restringimenti del margine inferiore formano la conca perfettamente simile alla fonte della lampara con un letto un pò più concavo. Le dimensioni delle maglie della volante, corrispondono a quelle delle varie parti della lampara : larghe oltre mezzo metro di lato nel tratto corrispondente al parete, vanno man - 303 — mano restringendosi fino a raggiungere da 8 a 5 min. nel tratto corrispondente al letto ed al pe zzale. Talora però le braccia della volante hanno maglie dif¬ ferenti e talora sono interamente fatte di maglie da raroii, tutte della stessa dimensione, talora solo di due pezzi con maglie dif¬ ferenti. La volante è quindi una lampara della quale la fonte si costruisce soltanto allorché la rete, tutta distesa con le sue pareti verticali nell’acqua, deve raccogliere l'insieme degli animali circuiti. Con la rete volante, cosi, si cinge in giro come con la lampara e al momento opportuno si tira il cavo e si forma la fonte. La manovra è più facile, nel senso che nel parare la lampara ci vuole una abilità particolare per far distendere la fonte in modo che il letto venga in dentro e la conca sia esat¬ tamente formata, invece nella volante la fonte si forma al mo¬ mento e dal lato di dove vieti tirato la corda e il letto si di¬ stende perfettamente anche senza tener conto della direzione della corrente. La rete volante, quindi funziona del tutto come la lampara e la sostituisce con i medesimi risultati. È questa la ragione per la quale all'epoca nella quale parla il Viguier (1906) sulle coste di Algeria era più diffusa la vo¬ lante sotto il nome di " lamparo „ anzicchè la lampara pro¬ priamente detta, che era adoperata solo da qualche pescatore, in proporzioni ridotte e sotto il nome di " lamparello „. Del resto anche oggi in Algeria la rete volante è utilizzata da 164 battelli su 309 (Albertini, pag. 83). 11 Boutan descrive una pesca e parla (pag. 195) di un " filet du genre lamparo „ il quale, però, sarebbe manovrato da due bar¬ che le quali “ tournent en entrainant chacune une des ailes du lamparo et en décrivant un demi-cercle en sens opposé, jus- qu’à ce qu’elles se rejoignent. Eiles tirent alors les ailes du lam¬ paro et La corde qui seri à re'lever le fond du filet „. Ora la corda non si adopera nella lampara, ma nella rete volante, quindi egli intende per lampara appunto la rete volante ; e questo tipo al quale egli accenna avrebbe l’inconveniente di doversi manovrare con due battelli, anzicchè con uno, benché ta¬ lora, come egli stesso dice, si manovri anche con un battello solo. — 304 L’Albertini trova ipag. 83) che la lampara è “ moins ma- niable et plus difficile à faire sécher à cause de la poche, à demeure, formée par la ralingue plombèe „ mentre la volante " au contraire, va plus vite à l’eau lorsque il est en action et offre plus de facilitè pour le sechage Veramente non mi sembra che la volante vada " plus vite à l’eau „ della lampara, essendo la manovra la medesima ed il tempo necessario al suo svolgimento perfettamente lo stesso, ammenocchè per incuria o maldestrezza dei pescatori la rete non sia bene ripiegata. Ne quello del “ sèchage „ è un argomento valevole, disseccandosi benissimo e facilmente la lampara con la fonte e certo con maggiore facilità delle reti a sacco. La lampara invece offre nella pesca il grande vantaggio che il letto si rialza gradatamente a misura che la rete si manovra usando minore azione di spavento sui pesci radunati e favoren¬ done quindi meno la fuga. 11 solo vantaggio della volante sulla lampara è che nella sua manovra si può non tenere molto conto dell’orientamento della fonte verso la corrente. In altri termini è di più facile manovra ; ma i pescatori che sono provetti nel mestiere preferiscono la lampara alla volante, tanto vero che nel golfo di Napoli e di Salerno , dove sono i due gruppi di più valorosi pescatori di lampara italiani, la volante è completamente abolita. La pulica. — Debbo ancora accennare ad un altro tipo di rete, il quale è una modificazione della volante e che viene adoperata nella marina di Catania, sotto il nome di pulica, per la pesca con le sorgenti luminose. Essa viene descritta dal Geremia nel lavoro del Russo sugli effetti della pesca con le sorgenti luminose a Catania (pag. 18). " La rete è di forma ret¬ tangolare , lunga ordinariamente 252 metri e larga 30 metri, quando viene misurata allo asciutto. Essa si compone di due parti laterali, in ciascuna delle quali la maglia è 14x14 min. e da una parte centrale con maglia di 12x12 mm. Le parti late¬ rali sono dette latera, la parte centrale fonte. " La rete, allorché è calata in mare si situa verticalmente, grazie ai sugheri posti al suo margine superiore ed ai piombi posti al suo margine inferiore. — 305 " Al centro del margine inferiore della fonte è legata una fune abbastanza lunga, detta tirapiombo , che si lega con l'altro capo al margine inferiore di uno dei due la ter a e propria¬ mente alla distanza di 48 metri „. La rete si manovra con due barche " avendo ogni gruppo di marinai, posti in ciascuna delle due barche, affidato un capo della rete. Cominciano così a tirare contemporaneamente i due latera " Quando si è giunti al tirapiombo che , come si è detto, ha l’estremo opposto legato al centro della fonte, invece dei latera, viene tirata la fune, cosicché la fonte, resta solle¬ vata inferiormente, ed essendo essa fissa superiormente, perchè l’uomo, posto nella barca con la lampadara, tiene ferma la sugherata, si forma una specie di coppa, entro cui trovasi il pesce, che si era raccolto sotto la luce della lampadara,,. Particolari su questa manovra aggiunge anche il Monterosso. Dall’organizzazione generale di questa rete si scorge facil¬ mente che essa è fatta sul tipo della volante, soltanto che men¬ tre nella rete volante il tratto mediano, nella manovra si ripiega unendo i suoi lembi inferiori per costituire il letto, nella pu- lica il letto verrebbe a formarsi per il semplice rialzamento del tratto mediano ad opera del tirapiombo. Questo letto, rialzato solo nel punto mediano, mi pare che non formi una fonte molto regolarmente organizzata ; e se a ciò si aggiunge che la rete è manovrata da due bat¬ telli , i quali mantengono abbastanza discoste le due braccia (latera), si vede come il rendimento della rete deve essere inferiore a quello che può rendere la lampara o la rete volante organicamente costruita e funzionante. Ammenocchè la cordicella mediana anzicchè rialzare semplicemente il punto mediano della fonte, non lo ripieghi come nella volante, passando attraverso appositi anelli. Il Russo, in altro suo lavoro recente (1930) dice che questa p u 1 i c a vieti detta anche r a g o s t i n a . Mi pare che la cosa ingenererebbe un po’ di confusione con la ragostina pro¬ priamente detta, la quale ha caratteri a sé, con la fonte già pre¬ formata, mentre la p u 1 i c a (Russo 2, pag. 652) " è una rete verticale, di forma quasi rettangolare , costituita da una parte - 20 - — 306 — centrale, a maglia stretta, detta fonte, e da due parti laterali, a maglia più larga, dette lati. Nel centro del margine infe¬ riore della fonte è legato lo estremo di una fune di canape, detta tirapiornbo, che ha l’altro estremo legato al margine supe¬ riore di uno dei lati La pulica viene anche adoperata per la pesca deU'Alalonga nello Stretto di Messina, regolarmente con maglie più chiare e di refe più robusto. Questa pesca si fa di giorno e la rete si manovra con tre barche di cui una più grande (40 palmi di lunghezza) la quale porta la fonte ed un lato, mentre l’altro lato è portato da una delle due altre barche. La pulica, come appare da quanto si è detto, non viene ancorata come la lampara, da ciò la necessità di almeno due barche, le quali disposte lateralmente, debbono vogare forte per trattenere la rete. Essa avrebbe quindi il vantaggio di potersi parare indipendentemente dalla forza della corrente (come la vo¬ lante) amtnenocchè questa non sia vorticosa. Ha, però l’incon¬ veniente di richiedere un maggior numero di battelli per la ma¬ novra e conseguentemente un maggior numero di personale. Dalla struttura generale e dal modo di manovrarla, la pulica appare come un tipo di rete volante, la quale non si àncora, ma viene manovrata da due battelli anzicchè da uno. Altre modificazioni alla volante. Una modificazione alla lampara che a me pare affine alla rete volante , è quella che viene usata nel compartimento ma¬ rittimo di imperia (Oneglia , Laiqueglia , Alassio , Bordighera, Ventimiglia) e descritta dal De Rossi. In Liguria fu introdotta la prima volta la lampara , per la pesca con le fonti luminose nel 1921, ad Oneglia, da pescatori di Ischia, i quali, però, presto dovettero abbandonare quei luo¬ ghi, sia per l’ostilità dei pescatori locali , sia anche , a quanto riferisce il De Rossi, per la scarsità del raccolto. Però, più tardi, nel 1922, molti marittimi del posto, che avevano imparato a ma¬ novrare il nuovo attrezzo, cominciarono ad usarlo e diffonderlo. Pare, però, che essi non adoperassero la lampara napoletana, ma un ordegno modificato. Ecco come in proposito si esprime il — 307 — De Rossi (pag. 6>: " In realtà - è bene avvertirlo subito - la lampara tipica napoletana non ebbe gran successo fra i pescatori imperia- lesi , i quali - seguendo 1' esempio di un attivo ed intelligente capobarca di Oneglia - si costruirono con la comune rete da " manaita „ un attrezzo sostanzialmente diverso per la forma, ma simile nell'uso, a quello napoletano. Tale rete “lampara,, modifi¬ cata prese rapidamente il sopravvento ed è ora la sola ad essere largamente usata in questa regione, nella quale le reti di forma originaria, oggi ancora in armamento, si possono contare sulle dita di una mano sola. Si tratta, in sostanza, di un panno verticale lungo un cen¬ tinaio di metri, ed alto, in genere, 2100 maglie da 21 nodi a palmo (lato della maglia min. 12 circa) terminante lateralmente con due bande o ali, lunghe una trentina di metri ognuna, simili in tutto (salvo le dimensioni) alle comuni bande delle sciabiche. Il cavo o breme superiore porta i sugheri, quello inferiore i piombi e inoltre, ripartiti con intervalli di un braccio (m. 1,77) e poco più, una cinquantina di anelli metallici misuranti 7 o 8 centimetri di diametro, entro i quali scorre un cavo detto anche questo breme. Pel De Rossi “la manovra di questa rete non differisce gran che da quella conosciutissima delia rete tipi¬ ca. Il salpamento, a circuizione avvenuta, si fa alando da poppa e prua del battello grande, che porta l' attrezzo, il breme degli anelli, in modo da chiudere la rete ad imbuto, pre¬ cludendo ogni via di uscita al campo di pesci raccolto sotto la luce del battello guardiano,,. " Questa lampara richiede una manovra certamente meno faticosa di quella necessaria per la rete napoletana e dà un ri¬ sultato, in queste acque almeno, sicuramente superiore, forse per le differenti condizioni deH’arnbiente marino, più probabilmente per l'incapacità dei pescatori locali a manovrare il più compli¬ cato attrezzo originale, che non riuscivano mai a calare bene, aperto e disteso e che trovavano troppo pesante,,. Questa lampara modificata sarebbe sempre pelagica, non dovendo mai il breme degli anelli toccare il fondo. Il De Rossi osserva che questa rete ricorda molto da vicino un' altra rete alla quale accenna il Fortini (pag. 102) e che avrebbe voluto provare l’armatore Davì di Isola delle Femmine. — 308 — Questa sarebbe il cosiddetto cianciolo, usato negli Stati Uniti. Questo attrezzo sarebbe composto “ con due pezzi di tratta da 17. Lungo il breme inferiore, a due braccia di di¬ stanza l’uno dall'altro, si trovano degli anelli di ferro del dia¬ metro di cm. 6 dentro i quali passa un cavo di lunghezza mag¬ giore di quella della rete. Il cianciolo si cala col barile , come la lampara, al momento opportuno, quando la barca con la luce ha già espletato la sua funzione, si tira il cavo e la rete si chiude formando un imbuto ,,. La rete si ala sui sommi. 11 Fortini osserva che questa rete non è altro che la snur- p e n o t di cui si servono i norvegesi per accerchiare i banchi di aringhe. E il De Rossi aggiunge che somiglia ancora al g u i r g u i r turco e forse al c o 1 i n c h e spagnuolo. A me sembra , però che la lampara modificata (per usare il termine del De Rossi) adoperata ad Imperia, abbia molto poco che vedere col cianciolo di cui parla il Fortini. La rete usata nella marina ligure ha un panno centrale ed è fornito di due ali o bande, mentre il cianciolo è fatto solo da due pezzi di tratta. Quest’ultimo quindi sarebbe una specie di v o 1 1 a r o , il cui perimetro inferiore sarebbe suscettibile di essere chiuso mediante il cavo che passa negli anelli posti lungo il breme inferiore, tanto che si deve alare dal sommo, mentre la rete fornita di braccia si ala con le braccia. Io credo piuttosto che la rete adoperata in Liguria sia qual¬ cosa di diverso : il De Rossi riferisce che questa porta al breme inferiore soltanto una cinquantina di anelli (nei quali scorrerebbe il cavo) disposti alla distanza di m. 1,77, cioè a dire che questi anelli starebbero soltanto su di tratto della rete (certamente il centrale) per la lunghezza di poco più di 88 metri, mentre tutta la rete (fra panno verticale e bande) misura un perimetro di circa 160 metri. Onde allorché vien tirato il cavo, non si restringe tutto il perimetro inferiore della rete (come nel cianciolo, il quale non ha bande) ma solo il tratto mediano, formando così un letto ed una fonte estemporanea, come nella lampara. In altri termini questa rete inventata dal capobarca onegliese , sa¬ rebbe una rete volante a scartamento ridotto, cioè a dire con braccia brevi come quelle delle sciabiche , anzicchè lunghe come quelle della lampara. — 309 — Come una rete volante deve considerarsi anche la lampara descritta da Piaggio per la marina di S. Margherita ligure (pag. 22). Questa è una rete verticale, la quale nel tratto mediano (rete della morte) porta al breme inferiore "degli anelli di ferro, attraverso ai quali passa un cavetto di canapa che è fissato alle testate inferiori delle "bande,, nel punto ove si con¬ giungono con gli spessetti ,,. " Quando i pescatori hanno ricu¬ perato tutte e due le bande a bordo, ricuperano subito il cavettto che passa attraverso gli anelli, in modo che la rete della morte, nel bremo di sotto, va restringendosi mentre viene salpata e viene a formare come un grande grembiule spiegato ,,. E ancora una rete volante ho visto adoperare a Milazzo, in Sicilia, sotto il nome di lampara. Quello che è curioso è che questo arnese di pesca venne importato a Milazzo dall' Algeria, cioè a dire : che i pescatori napoletani l'avevano portato in Algeria e quivi i pescatori di Milazzo l'avevano conosciuto. Altre modificazioni alla lampara. La maggior parte delle modificazioni apportate alla lampara, ho mostrato non essere che variazioni della rete volante. Di mo¬ dificazioni radicali non dovrebbe esservi , che quella accennata dal Davanzo. " I fratelli Troian di Isola ampliarono, studiando l’attrezzo, il suo rendimento. Lo modificarono in modo che tutto il pesce raccolto sotto la luce deve restare catturato, ciò che la lampara solita non fa, perchè nell’essere tirata a bordo taglia la massa radunata (?). Essi portarono così il reddito a più del doppio delle lampare napolitane. Anzi quest’anno ci furono dei giorni in cui essi pescarono più che tutte le altre lampare di Isola assieme. " In questa loro iniziativa, che fu portata a compimento dal nocchiero di pesca Riborich, costruttore della rete e uomo pre¬ zioso per la pesca dell'alto Adriatico, furono appoggiati dal Mi¬ nistero dell’Economia che diede il sussidio di L. 10.000 per la costruzione dell'attrezzo. Denari bene spesi perchè hanno spinto altri all'emulazione ed hanno aperto nuova strada alla pesca sardellare ,,. — 310 — Tolta l'importanza data alla rete, non vi è alcuna descrizione del sistema, nè io ho avuto occasione di leggerne altrove, nè di osservare l’apparecchio, nè conosco se abbia incontrata fortuna la sua diffusione. In tutti i casi sarebbe importante la modifica¬ zione che permettesse di poter raccogliere tutto il pesce radu¬ natosi sotto la luce. Per fare ciò sarebbe necessario che il mar¬ gine superiore della rete non fosse al livello dell’acqua, mantenuto dai sugheri, ma uscisse fuori dell’acqua, poiché la lampara non taglia la massa radunata, come ho avuto occasione di mostrare innanzi, ma la gran parte del pesce riunito che sfugge alla rete, scappa al di sopra della rete prima che il suo margine venga sollevato dall'acqua. Se a ciò si aggiunge il fatto che questa rete Ribarich, come la chiama il Davanzo, verrebbe a costare 25000 lire, mentre la lampara ne costa da 6 a 8000 , e anche meno, non so se i vantaggi potrebbero essere tanto apprezzabili. In tutti i casi, ripeto, non ne discuto non avendo cognizione del¬ l’apparecchio. La lampara e la pesca del novellarne. La lampara , come rete , è dannosa per la pesca del no¬ vellarne ? La quistione fu messa a Napoli fin da molti anni fa e l'ac¬ cusa fu energicamente portata innanzi, tanto che il Governo delle Due Sicilie vietava la pesca con tale rete nell’art. 9 della “ Nuova statistica delle reti da pesca del golfo di Napoli dalla Punta della Campanella a quella di Miseno , sanzionata con sovrano rescritto del 7 agosto 1847 ,,. La ragione della proibizione era che la rete lavorando presso la costa ed essendo munita di maglia assai stretta (5 mm. cat¬ turava grandi quantità di novellarne. Però, nel regolamento del 1882 la lampara non era compresa fra le reti proibite. Da ciò numerosi reclami che promossero l'intervento della Commissione consultiva per la pesca, la quale incaricò di studiare la quistione il Vinciguerra ed il Lobianco e furono presentate relazioni negli anni 1899 , 1903 e 1906. In seguito a queste relazioni, con R. D. 17 giugno 1909 veniva vietata la pesca con la lampara nel golfo di Napoli, dal l°giu- — 311 gno al 30 settembre, prescrivendo inoltre che negli altri mesi la maglia della rete avesse un diametro non inferiore ai 16 mm., così come aveva proposto nel 1 899 il Vinciguerra per le reti a strascico. Ecco in che modo il Lobianco scriveva nel 1906 su tal proposito al Viguier, che gli chiedeva il suo parere in seguito ai reclami che sorgevano contro la rete in Algeria : (Viguier pag. 88) : “ L'inchiesta ha provato che la lampara è un arnese di pesca estremamente efficace, e che, nei mesi di estate a cagione de! suo sacco a maglie molto strette , raccoglie una quantità di pesci estremamente piccoli, tali Smaris, Sargus, Box , Pagellus, ecc. che volgarmente vengono detti " fragaglia “ In seguito al mio rapporto, si è molto discusso in seno alla Commissione consultiva per la pesca del Regno ; su mia proposta, si è promulgata un'ordinanza che porta il divieto del¬ l’uso di questa rete dal 1° giugno al 1° settembre, soltanto nel golfo di Napoli e acque adiacenti. Dimodocchè , per evi¬ tare la distruzione dei giovani pesci, la lam¬ para non può essere impiegata durante i tre mesi d’estate „. E il Viguier , contento del parere del valoroso biologo na¬ poletano, propone per l’Algeria (pag. 89) o il divieto assoluto della rete, o il divieto dal 1° o dal 15 marzo fino al 1° settem¬ bre, o per lo meno al 15 agosto. E si badi che allora non si parlava di accoppiamento della lampara con le fonti luminose. Per chi è pratico di pesca, si conosce, che così come con la lampara e forse anche di più, la distruzione del novellarne vien fatta dai numerosi sciabichelli che con numerose cale, ma¬ novrati da terra e da mare, pescano tutta la giornata. La qui- stione del novellarne, non è quindi particolare alla lampara, ma comune a tutte le altre reti che possono pescare piccoli pesci, sciabiche , sciabichelli , tartane , non escluse le paranze , (e oggi anche le reti a divergenti manovrate dai pescherecci meccanici) le quali assai sovente pescano novellarne di triglie, di merluzzi, ecc. D’altronde, in seguito, con la diffusione della pesca con fonti luminose, il danno per la pesca del novellarne , dai nemici della lampara venne diviso in parti uguali fra la lampara e la luce ; ma non perciò la quistione venne spostata dalle sue linee — 312 — fondamentali e soltanto noi possiamo aggiungere che la quistione del novellarne non è una quistione particolare nè della lampara, nè della pesca con le fonti luminose ma è una quistione comune a molte altre reti. E che anche se si dovesse ricorrere, come in Algeria a limitare a 10 mm. il lato minimo della maglia della fonte della lampara, questa misura dovrebbe essere estesa anche alle reti a sacco. D'altronde la pesca del novellarne è regolata dalle leggi che guidano la pesca nei nostri mari. Qui mi piace di notare che per chi ha pratica della pesca con la lampara, la dimensione delle maglie della fonte potrebbe forse avere una importanza relativa per la pesca del novellarne. Ho ricevuto tale impressione sia dal fatto che col rapido alare della rete ho visto restringere maglie anche più larghe di 10 mm. sia perchè con rammassarsi di grande quantità di pesce nella fonte, la maglia, anche di 10 mm. di lato viene ad ostruirsi. Non è certamente qui il caso di trattare la quistione della pesca del novellarne in generale, lo mi occupai di essa or sono molti anni (Police 3), nè credo opportuno ritornare a discutere in questo lavoro dettagliatamente deH'argomento. Purtuttavia, tenuto conto che oggi come sempre molti (biologi e non biologi) affermano che la pesca intensa fatta dall’ uomo abbia decisa in¬ fluenza sullo spopolamento delle regioni marine, voglio accennare ad alcuni fatti, d'indole biologica e pratica insieme, i quali var¬ ranno a dimostrare che la quistione è tutt’altro che risoluta, e che le affermazioni in parola sono ancora molto da discutersi, e che assai spesso debbono considerarsi come opinioni personali di carattere più o meno sentimentale. Regolarmente non accennerò neppure al danno prodotto dalle reti a strascico sulle uova dei pesci rastrellate da esse sui fondi marini : questa è cosa rimasta soltanto patrimonio degl'i¬ gnoranti, poiché oggi è conoscenza vecchia come il salterio che le uova della maggior parte dei pesci non restano sul fondo, ma vanno a galla subito dopo fecondate, dove restano nel plancton. E quelle delle poche specie che depongono sul fondo, sono fuori delle zone delle grandi strascicanti. E se taluno ancora oggi tira in ballo questo argomento, gli è che di questa benedetta pesca — 313 — si vuole occupare troppa gente che non ne capisce nulla, ma che in cambio ha l’incoscienza di credersi competente. I fatti a cui voglio accennare riguardano principalmente la distruzione che avviene tra gli animali marini medesimi, o la capacità che possono avere i nostri arnesi di pesca a produrre esaurimento ittico di date zone marine. La mia attenzione è stata attratta anzitutto dagli Smaris : Rotunni ( S/naris rnaurii ) e Spicari Smaris alcedo) , che si pe¬ scano abbondantemente nel golfo di Napoli (almeno 100 quintali di ognuna delle due specie) principalmente nei mesi di aprile e magg'°) e de* quali, nei mesi da aprile a luglio, si pesca abbon¬ dantemente anche il novellarne (il novellarne in napoletano si dice fragaglia, specificando la specie : fragaglia di S pi¬ caro, fragaglia di Rotunni, fragaglia di Triglie, fragaglia di Merluzzo, ecc. ). Questi animali nell'epoca della fecondazione si ammucchiano in grossi cumuli, le femmine sopra e i maschi sotto (ogni cumulo formato da 10 a 15 q.li di pesci, e non di rado anche molto di più, per¬ fino di 50 q.li). 11 loro stomaco è stato riscontrato ripieno di uova (Lobianco, pag. 751). Ho esaminato il contenuto gastrico di N. 60 individui di Smaris rnaurii nell'epoca della riproduzione (maggio) ; esso era interamente costituito da uova della stessa specie. Contate queste uova, esse risultavano, per ogni stomaco, in numero da 1200 a 600. Sopra 60 individui, soltanto due furono riscontrati a sto¬ maco vuoto, o meglio, contenente sostanze in avanzato grado di digestione, delle quali non mi fu possibile distinguere la natura. Ora se si tien conto che nel golfo di Napoli si pescano ol¬ tre 200 q.li di questi Smaris rnaurii, e che ognuno di essi pesa in media 50 grammi, si può calcolare esservene 20 per kg., pari a 2000 per quintale. Per fare un calcolo su di un minimo sup¬ pongo che se ne peschino soltanto 1U0 q.li. Questi quindi, rap¬ presentano 200.000 indivìdui. Calcolando su di un minimo di 150.000 individui, con una media di 800 uova per uno, si avrà per risultato che 100 q.li di questi pesci distruggeranno 120.000.000 delle loro proprie uova. Secondo i protezionisti essi dovrebbero corrispondere a 120.000.000 di futuri individui del peso di 50 gr. l’uno, complessivamente 6.000.000 di kg. di pesce, pari a 60.000 — 314 — q.li (sessanta mila q.li). Cioè a dire una cifra iperbolicamente su¬ periore a quella della quantità che se ne raccoglie normalmente nel Golfo (200 q.li). E ciò calcolando su di un numero di indi¬ vidui al disotto della metà di quanti annualmente se ne pescano. 11 novellarne di Smaris è uno fra i più abbondanti che si raccoglie nel nostro Golfo, da aprile a tutto luglio e supponendo che di esso se ne peschi 200 q.li, e che per ogni kg. vi fossero 300 individui di poco più di 3 gr. ognuno (in generale se ne pescano di molto più grandi) , si avrebbe la distruzione di 6.000 000 di individui. Se questi restassero liberi nel mare in gran numero sarebbero mangiati da altri pesci ; ma supponendo che avessero la probabilità intera di venire tutti a luce, noi avrem¬ mo commesso il delitto di distruggere 6.000.000 di futuri indi¬ vidui adulti. Ma che cosa rappresenterebbero questi modesti sei milioni rispetto ai centoventi milioni di uova distrutti dagli Sma¬ ris stessi? (Che poi sarebbero 240 milioni, poiché ho fatto i cal¬ coli su metà del raccolto annuo del Golfo). Questo è un esempio della distruzione che i pesci che de¬ pongono le uova sul fondo producono da loro stessi per sem¬ plice autoovofagia (e non sono soltanto gli Smaris ad avere questa abitudine, ma anche altri pesci). Ma una distruzione enormemente maggiore avviene delle uova dei pesci che producono le uova galleggianti (e sono la grande maggioranza) le quali vanno ad arricchire la gran massa del plancton che serve di nutrimento alla gran massa dei pesci grandi e piccoli. Ma passiamo ad un altro tipo di distruzione sul quale è anche possibile di fare approssimativamente dei calcoli : quella che operano i grossi animali marini sopra pesci giovani e adulti. Anni fa ebbi occasione di seguire le pesche che i nostri pe¬ scatori di Napoli fanno avvalendosi dei Delfini (Fèr e = Delphinus delphis) ; vidi questi animali divorare con una voracità sorpren¬ dente quantità enormi di Acciughe ( Engraulis encrasicholns) e, in altra occasione, di Costardelli ( Scomberesox saarus). Calcolo senza tema di errare che ognuno di quegli animali mangiò per lo meno sei kg. di pesci. Ma voglio calcolare che ne mangi sei kg. in tutta la giornata. Nel golfo di Napoli vivono oltre 1000 Delfini fra D. delphis e Tursiops tursio ) i quali complessiva¬ mente mangerebbero per 6000 kg. di pesce al giorno, cioè a dire 315 60 q.li. In un anno consumano in tal modo 21.900 q.li. Ora, il mercato di Napoli consuma dai 33.000 ai 45.000 q.li di pesce all'anno, dei quali almeno due terzi vengono importati da località estranee al Golfo : calcolando sulla cifra massima (45.000), il mer¬ cato di Napoli consuma 15.000 q.li all’anno di pesce raccolto nel Golfo, e se a questi aggiungiamo altri 6000 q.li consumati negli altri piccoli centri del Golfo, avremo che nel golfo di Na¬ poli, in media, si raccolgono 21.000 q.li di pesce: Un poco meno di quanti ne consumano i soli Delfini. Ho scelto i Delfini come costituenti un piccolo gruppo di animali, il cui numero poteva essere facilmente calcolato ; ma che dire dei grossi pesci, i quali in numero enormemente superiore, e voraci quanto i Delfini, vivono o passano pel nostro Golfo ? A Napoli si fa una pesca abbondante dei Tonni all'amo: essi si trattengono nel nostro Golfo per mangiarvi le Acciughe nell’epoca nella quale la pesca di questi animali è più abbon¬ dante e ne divorano in quantità enorme. Altri grandi divoratori di Acciughe sono gli altri scomberoidi più piccoli che periodi¬ camente compaiono nel Golfo : Pelmays , Scomber, Auxis, divo¬ randone essi soli assai più di quello che i pescatori possano pe¬ scarne in un anno. Per quello che riguarda la capacità dei nostri arnesi di pesca a provocare esaurimento di date zone di mare, citerò l’esempio dei laghi. Ricordo che, allorché ero molto ragazzo, mio nonno mi con¬ dusse a vedere i lavori di svuotamento del lago di Agnano presso Napoli. Era stato costruito un canale di comunicazione col mare e il livello delle acque si,vedea scendere gradatamente. A misura che le acque scendevano si vedevano i pesci brulicare sul fondo. Fin d’allora mi sono rimaste sempre impresse nella memoria le parole di un vecchio pescatore: — Come è possibile che vi siano ancora tanti pesci, se noi pescando insistentemente e con tutti i mezzi non riuscivamo a prenderne che pochissimi ? Mi sono ricordato delle parole del vecchio pescatore recen¬ temente, allorché mi sono occupato dei fenomeni di morìa, e ne ho seguite le vicende, nei laghi di Fondi, Patria e Fusaro. Ecco quali furono i risultati della morìa nel lago di Fondi — 316 — (Police 6, pag. 36): " Nei primi giorni il fenomeno si presentò sotto una forma che non faceva prevedere il seguito , poiché si ebbe un'abbondanza straordinaria di pesca. Nei giorni successivi l'attenzione dei pescatori fu richiamata dal fatto che molti pesci venivano a galla e restavano immobili pur non essendo morti. In due giornate si pescarono 18 q.li di pesce (e si badi che si tratta di un lago di 459 ettari). In seguito era pesce morto che veniva a galla, e allora (a detto dei pescatori) ne furono raccolti centinaia di quintali. Furono pescati degli animali di dimensioni mai viste fino allora nel lago: Spinole e Cefali del peso da 7 ad 8 kg. “ La maggior parte di questi animali non poteva essere rac¬ colta e restava a putrefarsi nel lago e nei pantani producendo un fetore insopportabile che appestava l’aria per largo tratto alla periferia del lago ,,. E dire che nel lago di Fondi la pesca veniva esercitata molto intensamente da pescatori locali e forestieri. Pescatori di Sper- longa, con i quali feci dei tentativi di pesca nel lago allorché mi vi recai per studiarlo, vi avevano perfino pescato con la lampara e le fonti luminose. Come per Fondi, anche nel Lago di Patria, dopo la morìa (1926), per ampia distesa del lago si notavano quantità enorme di pesci morti, rigonfii, col ventre rivolto in alto. Si può calco- are che vi fu un minimo di 800 q.li di pesce morto , mentre normalmente il lago permetteva la raccolta di solo 300 q.li di pesce all'anno. La morìa nel Lago Fusaro avvenne nel 1927. Dapprima si videro venire a galla una certa quantità di pesci morti e crostacei, nonché vari molluschi (Seppie) ; ma nei due giorni successivi i pesci venuti a galla aumentarono in numero fino a raggiungere la quantità di circa 300 q.li. Fu, però in un periodo ancora poste¬ riore, alcuni giorni dopo di quello al quale ho accennato, che si ebbe la grande morìa: circa altri 800 q.li di pesci furono rac¬ colti morti. Anche qui, come a Fondi, comparvero molti pesci di notevolissime dimensioni. Complessivamente nella morìa del 1927 nel Lago Fusaro si è avuta una perdita di circa 1100 q.li di pesce , mentre normalmente in esso se ne pescano circa 250 q.li all’anno. — 317 — Ora, se in piccoli specchi d'acqua, sfruttati in tutti i modi possibili, (a Fondi, come ho detto, pescavano perfino con la lampara e le fonti luminose), usando i sistemi più varii e perio¬ dicamente quello della rete chiusarana (come vien chiamata a Napoli) che abbraccia tutta la periferia dello specchio d'acqua e ne chiude anche il fondo, (sistema che secondo i pescatori do¬ vrebbe raccogliere tutto) sfugge alla mano dell'uomo tanta quantità di pesce che in una sola volta ne appare il doppio o il triplo della quantità che normalmente se ne pesca in un anno, che cosa possono fare gli arnesi di pesca anche più perfetti, nella grande vastità del mare? Come ho detto, i nostri pescatori fanno una strana pesca, nella quale fanno ricercare i campi di pesca dai Delfini ( Delphinus delphis , in napoletano F'era ). Per lo più questa pesca si fa di inverno e allorché non riesce facile, nè alle menaidi nè alle lam¬ pare, di fare delle pesche abbondanti di Acciughe, fio visto una flotta di Delfini, precipitarsi nelle profondità del mare, là dove l’uomo non riusciva nè a vedere nè a prendere pesci, e risalire a galla trasportando venti o trenta quintali di pesci : tanti quanti forse non riuscirà mai a pigliarne una lampara nell’epoca e nei periodi eccezionali di pesca. Riusciremo mai noi a pescare nel mare fino ad esaurimento di esso anche in zone limitate ? È il caso di ripetere adesso questa domanda. Chi, come me, ha osservato e considerato di questi fatti non può accettare le affermazioni recise dei protezionisti per i quali la pesca non disciplinata porterebbe allo spopolamento del mare. Dobbiamo molto pensarci su prima di fare di tali affermazioni e tener conto che vi sono cause di impoverimento della pesca indipendenti dalla piccola distruzione di animali da noi fatta ; queste cause probabilmente sono da ricercarsi in fattori biologici ed abiologici che noi ignoriamo. È fuori di dubbio che la di¬ struzione di animali nelle acque del mare avviene ad opera degli animali medesimi fra di loro in quantità molto superiore a quella che possano produrre gli arnesi dei nostri pescatori, tanto più che questi arnesi non ne possono raccogliere che in quantità molto parziale, come dimostra all’evidenza l’esempio delle morìe nei — 318 — laghi, a le quali ho accennato, nelle quali in una volta sola ve¬ niva a galla una quantità di pesce molto superiore a quella pe¬ scata in un intero anno, allorché i pescatori credevano di avere raccolto tutto, essendo lo spazio di pesca nettamente limitato e gli arnesi di pesca creduti perfetti. Nella lotta possente che avviene fra gli organismi che pul¬ lulano nelle profondità del mare , 1' un organismo vive a spese dell'altro, conservando 1’ equilibrio delle specie , senza produrre distruzione di esse. I fatti sopra esposti mostrano che la piccola distruzione di organismi fatta dalla mano dell' uomo (che pur esso vive nella natura) non è tale da permetterci di affermare che essa possa turbare questo equilibrio. La lampara nella pesca con le sorgenti luminose. Non mi occuperò qui della pesca con le sorgenti luminose in modo particolare, ma, incidentalmente solo per quel tanto che possa interessare il suo connubio con la rete lampara. Oramai lampara e sorgenti luminose sono talmente collegate tra di loro che da molti si fonde insieme e rete e sistema di pesca. Indub¬ biamente il secondo ha acquistato valorizzazione appunto perchè connesso con la rete ; e rete e sistema diffondendosi in tutto il mondo rappresentano il maggiore progresso moderno della pesca costiera. Mi piace di riportare il parere del Novella. Questi , am¬ ministratore principale dell’Inscrizione marittima capo del quar¬ tiere di Orati, non è un biologo che abbia particolare vedute teoriche nè un pescatore che abbia speciali interessi, per modo che il suo parere spassionato acquista maggior valore. Egli dice (pag. 104) che l'impiego della luce ha sopra tutto il vantaggio di facilitare - raggruppandole come fa la rogne nello Atlantico - la cattura delle specie di passaggio; riducendo, per questo fatto, la durata del soggiorno dei battelli a mare ; di¬ minuendo le fatiche del pescatore, permettendogli nel tempo stesso, in proporzione minore di quello che vogliano alcune esa¬ gerazioni, di aumentare l’importanza dei prodotti catturati nel corso d'una stessa pesca. — 319 — Ed io sono lieto dello sviluppo avuto da questo sistema di pesca, considerandomene un poco il padrino, inquantocchè sono stato il primo, in Italia ed all'estero a valorizzarlo (Police 1, 2, 4). A tal proposito mi piace di ricordare che il Boutan, in un lavoro nel quale passa in rivista i risultati ottenuti dagli studiosi in prò deila pesca con fonti luminosi, cita biologi francesi come il Fage, spagnoli come il De Buen e italiani come il Russo ed il Sanzo, senza ricordare le mie osservazioni ; eppure esse rimontano al 1910-11 allorché nessuno levava la voce in favore di questa pesca e quando, anzi si era recisamente contrari ad essa. Fin d’allora io potevo stabilire in base alle mie osservazioni che la pesca con le fonti luminose era un sistema più perfetto che permetteva di fare una pesca più abbondante ; che l'opinione diffusa che essa potesse produrre dei gravi danni non era soste¬ nuta da alcuna dimostrazione pratica ; che le mie esperienze tendevano a farmi credere che la pesca con le sorgenti luminose non produceva spopolamento (Polige 2, pag. 48) , studiavo inol¬ tre l'azione della luce sui principali pesci, dando un primo saggio di tal genere di osservazioni. 11 Boutan riporta a pag. 189 le seguenti parole del Fage: “ Fe seul reproche qu'on ait fait à ce genre de pèche est à son honneur ; on l’ accuse d' ètre trop efficace , de permettre des captures trop abondantes „. Or bene ecco quanto dicevo io varii anni prima del Fage (Police 2, pag. 48) " Sopratutto apparrebbe che essa potesse produrre dei danni materiali in rapporto al maggiore rendimento di pesca; in questo caso, guardando la que¬ stione nelle linee generali si potrebbe forse osservare che i 1 metodo più perfetto meriterebbe di essere sostituito all’altro che lo è meno. Dopo di me gli altri studiosi hanno aggiunto nuove osser¬ vazioni a quelle da me fatte. Dal punto di vista conclusivo però nessuno è venuto a risultati differenti da quelli ottenuti dai miei studii. Perciò ho voluto richiamare su di essi l’attenzione del Boutan che li ignorava , ciò che è strano perchè le mie osser¬ vazioni furono da me comunicate al V Congresso internazionale di pesca tenutosi a Roma nel 1911 e pubblicati negli Atti del Congresso medesimo. — 320 — Aggiungerò che altre numerose osservazioni sull’argomento furono da me fatte in seguito in compagnia del Prof. Cerruti, per incarico del Ministero di Agricoltura, ma benché fosse stata inviata al Ministero una succinta relazione con i risultati delle nostre osservazioni, i numerosi appunti da me raccolti non an¬ cora sono stati riordinati e pubblicati. L’Albertini poi, fra gli studiosi della quistione della pesca con fonti luminose cita soltanto il De Buen, Boutan, Fage, trascurando addirittura gli Italiani. Purtuttavia la lampara è nata in Italia, in Italia è stato ad essa applicato il sistema con le fonti luminose e in Italia sono stati fatti gli studii fondamentali sull’argomento. Come dicevo la lampara ha acquistato particolare importanza nella pesca con le sorgenti luminose. Prima che questa pesca si fosse diffusa, l’uso di tale rete era limitata al Golfo di Napoli e a quelle marine nelle quali migravano pescatori napoletani. In seguito, l’ importanza del sistema di pesca con le sorgenti lumi¬ nose mise in rilievo l’importanza della rete ed entrambi presero il posto che loro spettava nell’ esercizio della pesca in tutto il mondo. L’ importanza dell'applicazione della lampara alla pesca con fonti luminose fu messa in rilievo a Napoli nel 1908. In tale anno si ebbe nel golfo di Napoli una straordinaria abbondanza di Trachurus trachurus ( Savarielli o Sauri), della lunghezza di 14 a 17 cm. Dal maggio al settembrre si calcola che nel golfo di Napoli furono pescati non meno di 1.800.000 chilogrammi di tali animali che si vendevano a pochi soldi. Questi animali dotati di squisita fototassi positiva , sotto l'azione della più modesta fonte luminosa accorrevano alla super¬ ficie del mare numerosissimi , per modo che si potevano rac¬ cogliere con un semplice retino a mano (cuoppo). Regolarmente per questa pesca si utilizzava la lampara, ser¬ vendosi come sorgenti luminose dapprima del focone di legno di pino bruciato e poi dell'acetilene. Fu appunto questo sistema (che per primi adoperarono a Napoli i pescatori Salvatore Granato e Raffaele Scuotto) che dette risultati magnifici. Si facevano addirittura delle pesche miracolose : la massa fittissima di Sauri — 321 era tale che dopo quattro o cinque retate le barche erano così colme che dovevano lasciare il luogo della pesca per non correre il rischio di affondare, come dice il Lobianco. Non che per la pesca con le sorgenti luminose venga ado¬ perata soltanto la lampara: anzi sono svariate le reti usate per tale genere di pesca : la tratta nell'Adriatico nord, la menai- de in varie marine, e perfino adoperano lo sciabichello, tirato da mare o da terra, oltre altri tipi speciali di reti. Discuterò in seguito sulle principali di esse in comparazione con la lampara. La pesca con le fonti luminose, adoperando come fonte di luce il legno resinoso bruciato è di data antichissima. 11 Gourret (pag. 122) riferisce che i pescatori greci , avendo notato che all’alba le sardine e le acciughe vengono alla superficie, avevano immaginato la pesca al " flambeau „ durante le notti oscure. La luce ingannando questi pesci attirati dalla sua chiarezza e prendendola per le prime luci dell’alba, venivano ad imma- gliarsi nelle reti. Lo stesso espediente riusciva anche per la rac¬ colta di alcuni pesci " saxatiles „, nei quali lo splendore del fuoco eccitava la curiosità e che divenivano la preda del pescatore, il quale li aggrediva con la sua fiocina o li circondava con le sue reti. I Romani accendevano una torcia di legno di pino o impie¬ gavano una lanterna di " come amincie „ nella quale era una lampada la cui luce attirava i pesci. I pescatori del golfo di Napoli , particolarmente quelli di Capri, Massa ed Ischia, adoperavano questo sistema da tempo lontano per la pesca con la lampara, e chiamavano questa sorgente di luce il focone. 11 Davanzo, il Ninni notano che la pesca con fonte luminosa è antichissima, ma coi secoli andò svanendo lungo le coste italiane e greche e rimase invece costante fra i pescatori dalmati e del Quarnero. La sorgente di luce anche qui era data dal legno di pino e di ginepro e veniva adoperata con la tratta. Tentativi fatti in varie epoche, sia in Dalmazia, sia in altre regioni per sostituire al focone (o al faggio, come vieti chiamato nel veneto) la luce de! petrolio riuscirono infruttuosi. Ma la luce dell’acetilene fu quella che dette i migliori risultati, sia per la sua intensità sia per il poco costo del carburo di calcio. 11 Lorini, ispettore per la pesca dell’ex impero austriaco, - 21 - — 322 — fin dal 1898 introdusse sulle coste dell’ Istria e della Dalmazia i fanali ad acetilene. E più tardi (1910) egli sosteneva che essi fra i fanali superacquei, erano da preferirsi ai fanali a petrolio ed anche a quelli elettrici perchè la luce di acetilene è la più ricca di raggi attillici derivati dall’esuberanza del colore violetto ed hanno quindi maggiore forza di penetrabilità nel mare (ripor¬ tato da Davanzo e da Mazzarelli . In tutti i casi, però, l’importanza della pesca con fonti lu¬ minose fu dovuto al connubbio lampara-acetilena, per primo usatosi a Napoli nel 1908. Quello che non ha avuto fortuna è stata l'illuminazione sub-acqua, della quale furono fatti molti tentativi particolarmente al tempo della guerra per ragione di opportunità tattica. Furono costruite lampade elettriche subacquee dal Prof. Russo di Catania e dal Prof. Sanzo di Messina ; il capitano Coacci, costruì anche una lampada ad acetilene sub-ac¬ qua, ma il sistema non incontrò la simpatia dei pescatori, probabil¬ mente per ragioni pratiche. Ma il sistema merita ancora di essere studiato e apprezzato. 10 recentemente ho avuto occasione di fare delle prove con lampada elettrica subaquea tipo Russo, nella marina di Soverato in Calabria (Police 7, pag. 61) e potetti notare dei vantaggi i quali se bene studiati e valorizzati potrebbero apportare uno spic¬ cato progresso alla tecnica della pesca con fonti luminose. Ecco di che si tratta : piazzandosi con un battello con lampada elettrica fra due altri battelli - luce (posti a dovuta distanza) uno a petrolio e l’altro ad acetilene, la lampada elettrica attirava i pesci raccolti, da un lato e dall’altro, dalle altre due fonti luminose. Il fenomeno fu notato dal capitano Arcidiacono insegnante di nautica delle Scuole professionali marittime di Soverato e Catanzaro, il quale ne fece a me la dimostrazione pratica allorché mi recai in quella marina. Indubbiamente questo sistema, allorché si saranno eliminate alcune difficoltà pratiche e sopratutto allorché i nostri pescatori si saranno abituati a vincerle, nonostante finora abbia avuto scarsa applicazione, in avvenire avrà una parte importante nei progressi della pesca con sorgenti luminose. 11 sistema del gas di petrolio adoperato dapprima in Adria¬ tico ora viene adottato anche a Napoli e nella maggior parte delle marine italiane e straniere. — 322 — Il petrolio viene a costare circa lire 2,50 al chilogrammo e con una lampada da 800 candele, tipo Petromak, ben funzionante, consuma un litro e mezzo di petrolio durante la notte. Con due di queste lampade da 800 in una notte si ha la spesa di sole lire 7,50. Il carburo costa lire 1.60 al chilogrammo; però in una notte, pescando con due fanali ad acetilene, se ne consumano in media circa 35 chilogrammi, pari alla spesa di lire 56. La diffe¬ renza di spesa è quindi sensibile. In alcune località vengono adoperate lampade francesi della marca Columbus da 4000 candele nominali : forse non sono quelle meglio apprezzate dai nostri pescatori per la faciltà con cui si rompe e il vetro e il retino. In Calabria ho visto molto adoperare lampade tedesche tipo Petromak da 800 candele, con buoni risultati per la resistenza del vetro e del retino e la facilità di manutenzione. Ottimi risultati si hanno ancora da una lampada di marca italiana , quella dei fratelli Vauthier di Napoli , che è quella più comunemente adoperata nelle nostre marine. L’Albertini nota (pag. 86) che il processo di illuminazione ordinariamente adoperato è quello ad acetilene e che la luce ad essenza di petrolio non ha ancora trovato partigiani fra i pescatori algerini. Dice che qualcuno ha tentato 1’ uso d'una lampada di fabbricazione italiana (forse quella Vauthier) ma non ha insistito. Quei pescatori riconoscono intanto che l’apparecchio è meno ingombrante, più igienico e che la luce che fornisce è molto viva. Lo trovano tuttavia più complicato, fragile e più caro nonostante il consumo del petrolio sia meno oneroso di quello del carburo. Pescatori della marina di Cetara, i quali periodicamente si recano a pesca in Algeria, e che ho avuto occasione di vedere recentemente, mi assicurano, però, che anche colà, come in Ita¬ lia, la sorgente luminosa a gas di petrolio negli ultimi tempi si andava man mano diffondendo. Per quanto riguarda l’illuminazione ad elettricità, I’Albertini riferisce che in Algeria essa è stata timidamente praticata qual¬ che anno fa nel quartiere di Bòne. Egli rileva che le cure neces¬ sarie per l’esercizio di questo sistema non sempre sono compa¬ tibili con le abitudini dei pescatori, nè crede che abbia grande probabilità di divulgazione. Egli, però, è di opinione che questo — 324 — sistema di illuminazione sembra la sola fonte luminosa verso la quale si rivolgeranno in avvenire le preferenze dei pescatori. Per oggi, in Algeria come in Italia, la lotta e fra il gas acetilene e il gas di petrolio. C'è da chiedersi, però, la luce del gas di petrolio è perfet¬ tamente sostituibile a quella dell'acetilene ? Ebbene, no. Nelle piccole marine, dove non vi è la grande perfezione del sistema di pesca ; il pescatore di lampara con fonti luminose si contenta della luce del gas di petrolio ; ma nelle marine dove il valore dei pescatori si connette col rendimento abbondante, la luce di questo gas non è sufficiente e ad essa viene accoppiata quella dell’acetilene. Questo connubbio fu escogitato a Procida fin da quattro o cinque anni fa e dopo di allora non solo si è diffuso nelle nostre marine da pesca (Ischia, Massa, Pozzuoli), ma anche fuori : così 10 l'ho vista adoperare nelle più importanti marine della Calabria come Roccella, Ciro, Rossano, ecc. Si adoperano, in generale due lampade a petrolio e due ad acetilene. Le due a petrolio, di 800 candele, sospese a due ferri di sostegno sono poste più in alto ; le due ad acetilene sono poste in basso, a livello del bordo della barca, anch’esse ognuna della potenza di 800 candele. Complessivamente quindi 1600 can¬ dele a petrolio e 1600 ad acetilene. In un primo momento si accendono le lampade a gas di petrolio. In un secondo momento alla luce delle prime si aggiunge quelle dell’acetilene. Secondo i pescatori, con la lampada a petrolio 11 pesce si raccoglie ma non viene a galla ; l’acetilene, invece lo porta a galla. La verità vera è che l'acetilene, come ho avuto occasione di notare più innanzi, con le sue ricchezze in raggi attinici penetra più profondamente nell’acqua del mare, che non le radiazioni del gas di petrolio. Tanto vero che nella pesca invernale, allorché i pesci si riscontrano a profondità maggiori, non è possibile ado¬ perare la sola luce di petrolio, con la quale si farebbe una pesca meschina. E la pesca intensa invernale è stato uno dei più gran¬ di vantaggi apportati dall’applicazione delle fonti luminose a questa industria. In conclusione la luce a gas di petrolio non ha scacciato la — 325 — luce ad acetilene, che è la più adatta per questa pesca ; e se in un primo momento d’entusiasmo la lampada a petrolio si è an¬ data diffondendo principalmente grazie al piccolo costo del con¬ sumo, essa man mano resterà soltanto allo stato di coadiutrice, poiché l’acetilene continuerà a formare la base delle sorgenti luminose per l'industria della pesca. E ritorniamo alla rete. Nella pesca con fonti luminose la lampara si manovra fon¬ damentalmente come in quella senza luce, con la differenza che anzicchè cingere allorché si scorge una compagnia di pesci, si cinge allorché un numero sufficiente di pesci si sono raccolti sotto la fonte luminosa. Per questa pesca, allora, non è più sufficiente soltanto il battello che porta e manovra la rete , ma altresì un altro battello detto battello della luce o battello guardiano, il quale porta la sorgente luminosa. Talora di battelli guardiani se ne adoperano due e anche tre con una rete sola, la quale cingerà successivamente intorno ai tre battelli o soltanto intorno a quello che avrà visto raccogliersi sotto la sua lampada maggior quantità di pesce. 11 gozzo che porta la luce resta fermo con la lampada accesa nella località scelta. In esso sta un pescatore, il quale, oltre a sorvegliare il funzionamento della lampada, sia essa ad acetilene sia a petrolio, sta attento a scorgere quando il pesce si raccoglie sotto la sorgente luminosa. Allorché ne ha visto raccogliere un numero sufficiente avvisa i compagni i quali, a dovuta distanza, aspettano nella barca con la rete. Questi pescatori sorveglianti hanno un'abilità tutta particolare a scorgere non solo le specie di pesci che accorrono sotto la luce, ma anche la loro quantità, e con la massima sicurezza rispondo¬ no ai compagni che, dalla barca della rete, di tanto in tanto li interrogano. Quando è stato avvertito un numero sufficiente di pesci nello specchio di acqua illuminata dalla sorgente luminosa, allora la barca con la rete si muove, e con la manovra solita ricinge e battello guardiano e specchio d' acqua illuminato. Allorché il circuito della rete sì è ristretto, cioè a dire allorché gran parte 326 — delle braccia è stata alata e letto e braccia hanno formato un fondo perfettamentè chiuso alla conca della fonte, il battello con la sorgente di luce si allontana dal luogo di pesca passando al di sopra della linea dei cortici. Cioè a dire abbandona il campo della pesca soltanto allorché lo specchio d'acqua illuminato è stato rinchiuso non solo lateralmente ma anche inferiormente e non c’è più bisogno di trattenere colla luce i pesci radunati. Comparazione ccn le altre reti adoperate nella pesca con fonti luminose. Accenno ai principali criterii differenziali fra la lampara e le altre reti adoperate nella pesca con le sorgenti luminose. Tratta (sciabica) e lampara. — La tratta è la rete principale che viene adoperata dopo la lampara per la pesca con le fonti luminose. Essa, propriamente, viene adoperata per un tipo di pesca che diremo a luce mobile, mentre quella esercitata con la lampara si può dire a luce fissa. La differenza consiste in ciò. Nella pesca con la tratta (sciabica), il pesce raccolto sotto la luce si trasporta lentamente verso terra spostando la sorgente di luce, la quale trasporta seco lo sciame di pesce ra¬ dunato, il quale viene poi raccolto con la tratta, la quale, come si sa, viene manovrata da terra. Con la lampara, invece, il pesce si raccoglie sul luogo stesso dove io ha radunato ia sorgente di luce, la quale così è fissa, non ha bisogno di spostarsi. La pesca con la tratta e la luce è diffusa principalmente sulle coste dell ’lstria e della Dalmazia, ma viene anche usata in alcuni punti della Sicilia ed anche sulle coste calabresi, dove adoperano anche lo sciabichello. In queste ultime marine, però viene usata la sciabica e lo sciabichello con le fonti luminose non perchè venga trovato il metodo più redditizio della lampara ma solo da quei pescatori i quali non hanno mezzi per acquistare la lampara medesima. Per un paragone fra tratta e lampara lascio la parola al Davanzo (2) che ha particolare competenza per la pesca nell’alto Adriatico (pag. 142) : " Mentre la tratta è una rete da chiusa che si tira a terra e si raccoglie in barca, la lampara è una rete di aggiramento che funziona là dove il fanale ha raccolto il pe ce 327 — sotto di se. In tal modo la lampara è molto più pescosa della tratta, essendo più leggera, di più facile maneggio, non avendo bisogno di condurre il pesce dal sito di raccolta al sito dove deve essere chiuso e che così non corre l’alea di essere perduto per via per rincontro di correnti di acqua torbida, come suc¬ cede lungo tutta la costa dal Quieto al Po. Può essere calata quattro ed anche cinque volte in una notte, mentre assai rara¬ mente una tratta vi pesca due volte dovendo attendere l’arrivo del fanale che va a raccogliere il pesce al largo fino a tre miglia. Prima della guerra , lungo le coste della Venezia Giulia, esistevano 88 tratte (sciabiche) che pescavano con fonti luminose, nel 1925 le tratte erano 152. Le lampare introdotte nel 1924 nel golfo di Trieste, si sono rapidamente diffuse (Davanzo (1) pag. 7). Non ho nulla da aggiungere, a quanto dice il Davanzo, in favore della lampara, comparata con la tratta. Economia di per¬ sonale, economia di tempo, un raccolto maggiore, fanno sì che questa rete sia da preferirsi, come del resto ha mostrato la sua rapidità di diffusione nella Venezia Giulia. Menaide e lampara. — La lampara indubbiamente ha sostituito su larga scala la menaide che era l’arnese di pesca oiù caratteristicamente adibito alla pesca delle acciughe e delle sardine. Oggi nelle marine nelle quali è penetrata la lampara, la menaide va man mano eliminandosi e i pregi offerti da questa seconda rete col permettere di raccogliere pesce meno sciupato non com¬ pensano la perdita maggiore di tempo ed il numero maggiore di personale e di battelli necessairi nella pesca con essa. E ciò non soltanto nelle marine italiane, ma anche in quelle straniere nelle quali viene usata la lampara. Ecco quanto dice in proposito I’Auffret in una relazione sui risultati della pesca in Algeria durante il secondo semestre del 1929 (pag. 204) : " L'emploi du sardinal tend à disparaitre; son rapport est moindre que celui du lamparo et les conditions d’emploi plus onéureuses. Toutefois quelques port cornine Castiglione et Cherchel utilisent encore ce filet d' hiver quand les nuits ne sont pas favorables pour la pòche au feu „. — 328 — Purtuttavia dei tentativi per far ritornare in auge la menaide sono sorti con l’applicazione ad essa delle fonti luminose. Diamo uno sguardo a questi tentativi. Ho visto adoperare la pesca con menaide e luce in due modi: 1° Parando la menaide diritta, come si para or¬ dinariamente. Essa viene calata abbastanza profondamente di fronte alla zona d’acqua sulla quale è stata accesa la luce. Al¬ lorché veggono accorrere i pesci, e talora anche senza vederli accorrere,, tendono la menaide. Dopo tesa la rete, però, il battello con la luce passa dal lato della rete opposto a quello dove era precedentemente per modo che questi attirati dalla luce vanno direttamente ad immaginarsi. A Roccella, in Calabria, ho visto prendere da 3 a 4 quintali di pesci senza che sia stata notata la loro presenza nella zona illuminata ; cioè a dire che o essi si erano già radunati a profondità tale che non erano percepibili dall'occhio del pescatore, oppure che a misura che venivano at¬ tratti nella zona luminosa venivano immagliati, chiavati (inchiavati) come dicono i pescatori napoletani. 2° Parando la menaide circolarmente. Ho veduto usare questo sitema nel golfo di Napoli, presso 1’ isola di Procida. Si accende la luce, che si fa restare un certo tempo, indi si cinge in giro con un pezzo di menaide corrispondente a due poste (ogni posta è uguale a m. 218.80 = (60 canne). Si forma così come una rete circolare, un v o 1 1 a r o , nelle cui pareti restano immagliati i pesci. 11 Fusco ha visto adoperare la menaide con luce a S. Mari¬ nella. Ecco come egli ne parla (pag. 390): " Qualche anno ad¬ dietro fu tentato a Terracina di adoperare , pescando con le menaidi, un gassogeno ed una lampada a petrolio, come per la lampara. Questo esperimento dette buoni risultati ed oggi si diffonde sempre di più. Questa pesca con l’ausilio della luce viene fatta nella seguente maniera : " Si accende la luce sul battello e dopo poco tempo, anche se non si vede lo stuolo di pesce raccolto sotto la sorgente luminosa, si calano le reti circondando la luce ad una distanza di poche centinaia di metri. Non appena i mestieri sono calati in mare, il battello col fanale sempre acceso, comincia a muo- — 329 — versi in tutte le direzioni dirigendosi verso le reti tese in ag¬ guato. 11 pesce raccolto sotto la sorgente luminosa, per seguire la luce resta ammagliato nella rete „. Anche in Algeria è stata tentata la pesca della menaide con l’ausilio delle sorgenti luminose. Ne riferisce I'Albertini (pag. 90): Dopo di aver calato il " sardinal „ (due pezzi soltanto di cento metri ognuno) il battello guardiano porta la luce a destra e a sinistra della rete. 1 pesci attirati dalla luce si immaginano dai due lati della rete. 1 saggi fatti sono stati soddisfacenti ; I’Alber- tini dubita della generalizzazione del sistema in ragione dello sforzo che esso esige dapprima dal personale del battello-porta lampada e in seguito dagli altri pescatori per smagliare le sardine. L’Albertini aggiunge una considerazione che io non com¬ prendo chiaramente ; cioè a dire che la sorgente luminosa utiliz¬ zata in questo modo non porta alcun pregiudizio allo sviluppo normale della fauna ittiologica. Il sistema delle menaidi offre due vantaggi : il primo che il pesce essendo preso immaginato viene a non essere sciupato daH'ammassarsi nella fonte della rete e quindi resta più pronto e può essere meglio valorizzato pel mercato o per la salagione; il secondo che si può iniziare la pesca prima che si sia veduto raccogliersi una quantità sufficiente di pesce sotto la luce. Sono sufficienti questi due vantaggi a fare sostituire la menaide alla lampara nella pesca con fonti luminose ? Prescindente dal fatto che con una sola parata di rete, non si può prendere con la menaide la medesima quantità di pesce che si può prendere con la lampara ; questa ultima rete offre un altro vantaggio, il quale è di una importanza non disprezzabile: il tempo, che si perde nella pesca con la menaide per smagliare ad uno ad uno tutti i piccoli pesci (perchè si tratta solo di Acciughe o Sarde) raccolti ; tempo, che si guadagna con la lampara per la rapidità della manovra, la quale permette di fare tre o quattro voli (v u o 1 e) nel tempo che sarebbe necessario per parare la menaide e raccoglierne il ricavato. Poiché la ma¬ novra di salpamento della menaide occupa sempre moltissimo tempo, si prenda pesce o pur no. Mentre con la lampara, pur raccogliendo 60 quintali di pesce , la manovra è sempre più rapida. A me pare quindi che la pesca con la menaide e le fonti — 330 — luminose possa farsi soltanto allorché vi è poca abbondanza di prodotto ; mentre, allorché vi è abbondanza di pesca conviene usare la lampara. La prova di quanto asserisco è data dal fatto che la pesca con la menaide e luce non si è generalizzata, nè ha potuto so¬ stituire la lampara, neanche in quelle marine (come in Calabria) dove gli stessi pescatori sono contemporaneamente proprietarii delle lampare e delle menaidi. In conclusione : parata diritta o in giro, la menaide non sostituisce la lampara ; il vantaggio avuto dal raccogliere il pesce non desquamato e meglio conservato pel mercato, non compensa la perdita del tempo che permette, con la lampara, di fare altre raccolte con un vantaggio economico molto superiore. Senza dire che con questo sistema si raccolgono soltanto i pesci che capitano nelle maglie (Acciughe e Sarde, nelle nostre menaidi ; Scomberoidi in un altro tipo di rete verticale, la palamidara la quale nel golfo di Genova è stata usata anche per la pesca con fonti luminose) mentre con la lampara si raccoglie quasi tutto ciò che si circuisce, solo una piccola parte potendo sfuggire al disotto delle alte braccia o al disopra del margine superiore. Lampara e rete volante. Ho già detto come la rete volante funziona perfettamente come la lampara e che anche strutturalmente, allorché essa cinge, si conforma come una lampara (Fig. 12). Epperò nella pesca con le fonti luminose, essa ha i medesimi vantaggi della lampara, alla quale si sosti¬ tuisce del tutto, offrendo, ai pescatori meno pratici, una maggiore facilità di manovra, potendosi parare anche senza troppo preoc¬ cuparsi della corrente Quindi allorché nella pesca con sorgenti luminose si parla di lampara in termine generico, si deve intendere parlare anche della rete volante e delle reti che sono una modi¬ ficazione di questa, includendovi, forse la pulica, usata in Sicilia [Catania, Riposto, Siracusa, Augusta, Messina (villaggio Pace], nonché della rete a c a p p a , di cui parla il Mazzarelli • (pag. 6). La pulica, però, per il suo modo di manovrarsi (con due battelli senza ancoraggio) richiede un maggior numero di personale. — 331 La volante, però, rispetto alla lampara, ha lo svantaggio che ogni volta che si salpa bisogna nuovamente allestirla, cioè a dire prepararla nuovamente distesa, per poter poi chiudere il letto al tempo opportuno. Anche in rapporto ad essa, quindi la lampara ha il vantaggio del tempo. Non faccio comparazioni fra la lampara e gli altri tipi di rete che ho già nominati, quali il cianciolo o la rete dei fratelli Troian dell’Istria: perchè non ho notizie precise su que¬ ste reti; per discuterle quindi aspetto che esse si diffondano, perchè possa prenderne cognizione. Non discuto neanche dell'applicazione delle sorgenti lumi¬ nose alla rete quadra, quale il trabucco e la mugginara ado¬ perata in Adriatico, essendo esse adatte per pesche troppo spe¬ ciale e quindi non paragonabili con la lampara. Ciò che si pesca con lampara. - La sua diffusione. Come ho avuto occasione di già accennare, se si domanda ad un lamparoto (pescatore di lampara): " Che animali si pescano con la lampara? „ vi risponderà " Tutto „. E realmente, credo che nessuna rete si presti a pesche così svariate come la lampara (e allorché dico lampara , intendo parlare anche della rete volante). E se con essa si pescano principalmente alcune specie di pesci, ciò non è dovuto al fatto che essa principalmente raccoglie di tali animali ; ma, al fatto che di questi se ne trovano più abbondantemente nei mari in cui si esercita la pesca. Oggi, poi, che principalmente la pesca con la lampara viene accoppiata con le fonti luminose, si finisce col pescare con questa rete gli animali che si raccolgono sotto la luce. Principalmente la lampara viene adoperata per la pesca delle Acciughe {Engraulis encrasicholus L.) e delle Sarde (Clupea pii- chardus Art.), che sono i pesci che più abbondantemente si pescano nei mari del Mediterraneo, dove viene raccolto con que¬ sta rete. Dopo di questi vengono i Sauri (Trachurus trachurus L.) e le Bope ( Box boops L.), nonché i Costardelli (Scornberesox salir us Flem.) i Beloni ( Belone acus Risso), ed il loro novellarne. — 332 - Magnificamente agisce altresì nella raccolta di alcuni Scom- beroidi : 11 Lacerto o Scombro ( Scomber scomber L.) e lo Scortone (Scomber colias L.) si pescano in grande quantità con la lampara. Il Biso (Auxis bisus Bp.)t allorché è giovane parti¬ colarmente, può essere pescato abbondantemente. Meno facilmente viene raccolto il Palamide {Pelamys sarda Bl.). Può altresi rac¬ cogliere dei giovani Letterati ( Thynnus thunnina, C. V.) e dei giovani Tonni ( Thunnus thynnus L.) Possono , poi , essere pescate con questa rete svariate altre qualità di pesci in quantità minore, tale da non poter dire che di essi si faccia una pesca speciale. Così l’Alaccia ( Clupea aurita Gunth.) l'Occhiata ( Oblata melanura L.), la Salpa ( Box salpa L.). Possono capitare altresì il Luvaro (Pagellus erithrinus L.) il Marmolo ( Pagellus mormyrus L.). Talora anche lo Sparo (Sargus annularis L.) , il Merluzzo ( Merluccius vulgarls Flem), il Trachino ( Trachinus draco Cav.) , gli Scorfani ( Scorpaenav scrofa L.), la Triglia (Mullus barbatus L.) ecc. Fra i Molluschi, principalmente raccoglie Calamari ( Loligo vulgaris L). talora piccole Seppie ( Sepia officinalis L.), Totani ( Todarodes sagittatus Lam.) , e il Polpo muschiato {Eledone muscata Lam). S’intende bene che le specie pescate, variano a secondo dell’ambiente nel quale viene esercitata la pesca. In appoggio a ciò dò degli esempii, citando delle pesche da me fatte nel golfo di Napoli : Napoli -Costa di Posillipo - Distanza dalla costa m. 10- Profondità m. 6 - Pesca con lampara senza luce : piccole Bope, Triglie, Luvari, Marmoli, Trachino, Spari, piccoli Spicari (Smaris alcedo Cuv.), Beloni, Calamari. Napoli - Costa di Posillipo - Distanza della costa m. 200 - Profondità m. 30. -Pesca con lampara senza luce: Sauri, Bope, piccoli Tonni, Lavone ( Atherina hepsetus L.), Calamari, qualche Sepiola. Napoli - Costa di Posillipo - Distanza dalla costa tri. 200 - Profondità m. 45 - Lampara con luce : Sauri, Beloni, Sarde, Lavone, piccole Triglie, piccoli Mugli , Aluzzi ( Sphyraena vul¬ garis Cuv.) Calamari. — 333 — Spiaggia di Bagnoli (località Abbadessa) 300 in. dalla costa - Profondità m. 30 - Lampara con luce. Essenzialmente novellarne di Bope (23 settembre 1014). Ischia - Porto - Distanza della costa km. 1 - Profondità m. 50. Lampara con luce - Acciughe, Sarde, Bope, Sauri, Lacerti, Rondini marine ( Exocoetes volitans L ), Calamari, Polpo mu¬ schiato. Ischia - La medesima località - Lampara senza luce. Pescati principalmente Bope e Sauri, ma in quantità enormemente in¬ feriore a quelli 'pescati con la luce. Ischia - a ponente dalla punta di S. Pancrazio - A 200 m. dalla costa - Profondità m. 40. Lampara con luce. Pescato : Ac¬ ciughe, Sauri, Beloni (abbondanti), Scopelus caninianus, Rondini, Totani, Polpo muschiato, Sepiola. Ischia (14 ottobre 1913). Ad un klm. di distanza dalla costa a 50 m. di profondità, furono pescati con la lampara con luce 1600 Bisi ( Auxis bisus ); però la fonte della lampara si ruppe ed a stento fu salvato il raccolto. Lacco ameno (Ischia) (15 agosto 1913) - Fuori la secca di Lacco, a l/2 klm. dalla costa, a 39 m. di profondità, le lampare con la luce pescarono fino a 3 Q.li di Lacerti ( Scotnber scomber) per notte. Credo, così, di aver dato un concetto delle specie di ani¬ mali che può pescare la lampara nei varii ambienti. Mi mancano i dati statistici per poter stabilire con esattezza il numero delle lampare che oggi vengono usate (intendendo per lampara anche la rete volante). Accennerò ai dati di alcuni lo¬ calità delle quali ho nozione; essi più o meno, possono dare un concetto della diffusione della rete. Tenendo conto che la diffusione della lampara va di pari passo con la diffusione della pesca con le fonti luminose, la penetrazione di questa rete é più difficile là dove questa veniva già esercitata con altri arnesi, così nella Venezia Giulia al 1927 vi erano 152 tratte con fonti luminose fino al Quieto e 19 lampare pescavano nel golfo di Trieste (Davanzo p. 142), e se ne trovano a Pola, a Sansego, a S. Pietro dei Nembi, a Rovigno. A Isola nel 1925 se ne crearono 12 (Davanzo pag. 7). — 334 Viceversa nel Golfo di Napoli pescano N. 178 lampare così distribuite : Napoli (Marinella) N. 18 Capri N. 4 Napoli (Mergellina) 10 Procida » 65 Torre del Greco » 5 Ischia » 35 Sorrento » 2 Pozzuoli » 20 Massa » 15 Bacoli » 4 Nel golfo di Salerno , già al 1923 (Forcellini) pescavano 106 lampare, così distribuite : Castellabate N. 4 Amalfi N. 24 Agropoli » 4 Conca » 10 Cetara » 24 Praiano » 7 Atrani » 7 Positano » 10 Nerano N. 16 Oggi però, nel golfo di Salerno è aumentato il loro numero e vi pescano circa 150 lampare: nella sola marina di Cetara ve ne sono 30. In Calabria sono N. 219 così distribuite : Scalea N. 2 Melito N. 25 Diamante » 5 Bova Marina » 3 Cetraro » 5 Siderio » 2 Fuscaldo » 8 Gioiosa » 6 Paola » 4 Roccella » 8 S. Lucido » 2 Soverato » 1 Fiumefreddo » 3 Montauro » 4 Belmonte » 2 Catanzaro marina » 7 Amantea » 18 Crotone » 4 S. Eufemia » 2 Ciro marina » 12 Pizzo » 9 Cariati » 4 Tropea » 4 Mirto » 2 Nicotera » 7 La Fossa » 1 Gioia Tauro » 18 Porcile » 1 Taureana » 3 S. Angelo di Rossano » 30 Palmi » 1 Corigliano calabro » 10 Bagnara » 4 Trebisacce » 2 — 335 Nelle marine del circondario di Milazzo, in Sicilia, vi circa 100 lampare, , così distribuite Milazzo N. 8 Oliveri - Sangiorgio N. Caldera » 4 Torre Ciavola -Torre Pas¬ Tonnarelle » 4 sero - Piraino - Brolo - Falcone » 8 Capo d’Orlando » Spadafora N. 50 Sono dolente di non avere dati precisi per le altre marine italiane, per le quali ho solo qualche notizia sporadica. Così , pel circondario marittimo di S. Margherita ligure , il Piaggio riporta che vi sono N. 28 lampare, così distribuite: Camogli N. 24 S. Margherita ligure N. 2 Portofino N. 2 Non ho altri dati statistici, ma come è a conoscenza di tutti coloro che si interessano delle cose di pesca, la lampara si ado¬ pera oggi, in numero più o meno notevole, in tutte le marine d’Italia e ancora è causa di dissidio fra i pescatori in alcune di esse. Ma essa è altresì adoperata in molte marine estere, ordi¬ nariamente esportata da pescatori italiani emigrati. In gran numero (sotto forma di lampara propriamente detta o sotto forma di rete volante) viene usata nelle marine dell’Africa settentrionale francese : in Algeria e in Marocco portatovi dai pescatori napo¬ letani, della costiera d'Amalfi o Siciliani : alcuni dei quali ritor¬ nano periodicamente ogni anno in Africa e altri hanno preso dimora stabile in quelle contrade acquistando anche sventurata¬ mente la nazionalità francese. Su queste coste dell’Africa l'applicazione della lampara è stata fatta su vasta scala : nella sola Algeria vi sono circa 300 lampare. L'Albertini riporta (pag. 81) che la pesca con sorgenti luminose e lampara (o anche rete volante) diviene sempre più importante sulle coste d’Algeria. Essa è praticata da 309 battelli equipaggiati con 2000 pescatori, così ripartiti : Quartiere di Oran (Nemours, Beni-Saf, Mer-el-Kebir, Oran , Arzew, Mostaganem) 117 battelli e 762 pescatori. — 336 — Quartiere di Alger (Ténès , Cherchel , Alger , Castiglione, Courbet, Dellys) 119 battelli e 783 pescatori. Quartiere di Philippeville (Bougie, Djidjelli, Collo, Philippeville) 59 battelli e 357 pescatori. Quartiere di Bòne (Bòne, La Calle) 14 battelli e 98 pescatori. La pesca dei Clupeidi con le fonti luminose e lampara su queste coste è molto importante. Accenno alle quantità dei principali di questi pesci pescati nel secondo semestre del 1929 quali sono riportate dall’AuFFRET (pag. 202): Sardine . Kg. 2.004.585 Acciughe .... » 1.119.930 Alaccie . » 1.623.647 Complessivamente Kg. 4.74S.162, solo di questi pesci. Sulla presenza di questa rete negli Stati Uniti di America, ecco quanto dice il Radcliffe (pag. 152) " Lampara nets were used in S. Francisco, Monterey, Los Angelos and Orange Countries. This net is said to have originated in Italy and was introduced into California by fishermen from that country „. E credo che queste notizie, per quanto incomplete, valgano a dare un concetto della diffusione di questa rete. — 337 — L’applicazione del motore nella pesca colla lampara e le fonti luminose. Il motore fu applicato ai battelli da pesca con la lampara nell’Algeria fin dal 1924; ma nelle nostre marine fu applicato soltanto nello scorso anno, ed il merito dell’iniziativa è dovuto ai pescatori della marina di Cetara sulla costiera d'Amalfi, ed io mi aguro che si trovi la forma per incoraggiare anche l’impianto dei piccoli motori, onde aiutare i valorosi pescatori costieri nelle cui mani è riposto l'avvenire della pesca nei mari d’Italia. 11 motore nella pesca con la lampara e le fonti luminose permette il rapido spostamento da una costa all’altra ciò che ha il vantaggio non lieve se si tien presente la enorme lunghezza delle nostre coste. E se si tien conto ancora che la lampara è principalmente atta alla pesca delle Acciughe e delle Sardine, e che questi animali rappresentano i due terzi del raccolto nella enorme maggioranza delle marine d’Italia, mentre il raccolto delle grandi strascicanti nei nostri mari rappresenta appena un terzo, si vede quale importanza ha la diffusione della pesca con la lampara e le fonti luminose connessa con il rapido spostamento del battello dovuto al motore. S’intende bene che al momento di cingere la rete, si spegne il motore e si manovra con i remi. E lampara con fonti luminose e motore avranno importan¬ za non solo nei nostri mari ma ancora nei mari della Libia. Questi si trovano nelle medesime condizioni dei mari dell'Algeria, della Tunisia e del Marocco nei quali si è visto che la pesca con la lampara e le fonti luminose rende in enorme misura, come ho accennato più innanzi, e, salato dai pescatori medesi¬ mi e rinchiuso in barili , viene spedito dapertutto ed anche in Italia. E quel ch’è peggio è che questa pesca sulle coste dell'Africa settentrionale è stata iniziata dagli Italiani e ancora oggi viene in buona parte 'esercitata da Italiani i quali o sono obbligati a naturalizzarsi francesi o a lavorare con capobarca francese. E il prodotto da loro raccolto allorché viene in Italia, vi entra come merce straniera e quindi gravata di relativo dazio. Epperò io proponevo al Ministero di incoraggiare i pescatori nostri pratici - 22 - — 338 — della pesca nei mari d'Algeria i quali sono disposti a recarsi in Libia per provare la pesca in quelle regioni e magari impiantarvi delle colonie come le hanno impiantato nell’Africa francese. Mi auguro che tale proposta nella stagione di pesca del¬ l’anno venturo possa trovare attuazione. Conclusioni. Anzitutto, in questo lavoro ho voluto stabilire che nelle nostre marine da pesca vengono usate delle reti , le cui carat¬ teristiche, non ben definite finora dai cultori di pesca, ho potuto precisare, ciò che mi ha permesso di riunirle tutte in un gruppo solo che deve dirsi delle " reti a fonte „. A questo tipo appar¬ tengono 1’ A g u g 1 i a r a , la Castaurellara, la Rago- stina e la Lampara. La fonte che caratterizza queste reti, differisce essenzialmente dal sacco delle reti a strascico, oltrecchè per la mancanza della parete superiore (che nel sacco si riscontra e qui no), anche per il fatto che le braccia, anzicchè, attaccarsi solo lateralmente, si attac¬ cano anche al margine della parete inferiore della fonte (letto), margine il quale si presenta libero soltanto per un tratto minimo posto fra le due inserzioni delle braccia, e che talora non supera la lunghezza di mezzo metro. Cosicché la struttura della rete è connessa col suo funzionamento : essa nella sua manovra di pe¬ sca circuisce gli animali adunati in un dato specchio d’acqua, e allorché si cominciano ad alare le braccia, essa non striscia sul fondo marino , ma il letto si solleva gradatamente formando un fondo il quale rinchiude dal disotto il tratto circuito, e la chiu¬ sura inferiore diviene sempre più completa a misura che si alano le braccia. La più piccola e la più maneggevole di queste reti a fonte è 1’ a g u g 1 i a r a, la quale, di facile manovra, pesca in tutti gli ambienti e meriterebbe di essere più diffusa. La r a g o s t i n a , la quale, dopo la lampara, è quella che è più conosciuta, ha il vantaggio di potersi alare da terra, come la sciabica. Ma la rete a fonte più importante è la lampara. Essa può assumere grandi dimensioni, con un perimetro totale (braccia — 339 — e fonte) di circa 400 metri, con ampie braccia (fino a oltre 50 m. di altezza), le quali contribuiscono con il letto a chiudere inferior¬ mente la rete allorché vengono alate, con una capacità comples¬ siva della fonte di oltre 250 mila metri cubi. All'inizio di questo lavoro, per dare un concetto della fonte l'ho paragonata ad una stanza mancante del soffitto e della parete anteriore ; ora si immagini una stanza con le pareti alte 50 metri ed il pavimento largo 100 e si avrà un concetto dell’ampiezza della conca di raccolta della rete lampara. Questa rete così ampia viene manovrata da un battello solo equipaggiato con 7 persone. Tutta la manovra è di grande semplicità: essa non richiede altro che la perizia dei pescatori, e non dura che pochi minuti. La lampara, come tutte le reti a fonte, funziona circuendo il tratto di mare nel quale è raccolto il pesce da catturare, ed indi, a misura che vengono alate le braccia, restringe sempre più questo tratto di mare chiudendolo inferiormente col letto che lentamente si solleva. Per questo modo di funzionare la rete può toccare il fondo (sul quale non striscia mai) o può essere completamente pelagica raccogliendo ogni specie di animali che possano radunarsi nel tratto di mare circuito. Credo che di reti che abbiano tale capacità e contemporanea¬ mente vengano manovrate da sì poca gente, con un solo battello e in sì poco tempo non ve ne siano altre; onde io nel 1922 (Police 4, pag. 29) dissi che " per la semplicità di manovra e per la costruzione generale, messe in rapporto con la vastità della rete ed il rendimento in condizioni adatte, la lampara co¬ stituisce uno dei tipi di rete meglio ideati in tutto il mondo E tale concetto confermo oggi, dopo di avere a lungo parlato di essa. Aggiungendo che fra i metodi finora usati per la pesca con le fonti luminose, nessuno è superiore alla lampara, la rete volante e le sue modificazioni identificandosi con la lampara. Sistemi più complicati nella manovra e più costosi per la loro costruzione , non riescono a riunire l' insieme di vantaggi che offre questa rete. La pesca con la lampara e le fonti luminose ha particolare importanza nelle marine d'Italia visto che con questo sistema — 340 essenzialmente si pescano Acciughe e Sardine che formano i due terzi del raccolto della enorme maggioranza delle marine da pesca italiana. La pesca del novellarne non è una quistione speciale alla lampara ma è comune a molte altre reti, non va quindi trattata in modo particolare per essa ; ciò che possiamo dire però è che i fatti ci insegnano che noi non possiamo asserire che la pesca del novellarne possa produrre spopolamento del mare. Napoli - Dall’lst. d'istologia e Fisiologia gen. della R. Università. Giugno 1931 - IX. Riassunto L’Autore fa uno studio sulla rete lampara, che è il più importante arnese di pesca usato nella pesca costiera del nostro Paese. Essa ori¬ ginaria del golfo di Napoli, viene oggi usata con successo dapertutto. L'A. trova che le caratteristiche della lampara si riscontrano an= che in altre reti che vengono sparse qua e là fra le reti a strascico o le reti di circuizione. Egli le riunisce in un gruppo che chiama delle « reti a fonte» o reti a conca ». Dopo una rapida esposizione delle caratteristiche di queste varie reti, s’intrattiene in particolar modo sulla lampara: ne fa la descrizione dettagliata, e ne espone il modo di funzionare, dimostrando che essa non è una rete a strascico, come viene sostenuto. Ne fa la comparazione con le altre reti usate per le medesime pesche, rilevandone la superiorità. Accenna quindi, a propo¬ sito di questa rete, alla quistione della pesca del novellarne mostrando con un nuovo corredo di fatti, che non abbiamo il diritto di asserire recisamente che l’opera dell'uomo abbia il potere di produrre spopo lamento delle acque del mare. Tratta quindi dell’argomento dell'applicazione della lampara alla pesca con le fonti luminose, ne mette in rilievo il rendimento e l’importanza, il cui indice è rappresentato dalla grande diffusione che rete e sistema hanno avuto in tutto il mondo. LAVORI CITATI 1927. ACCINNI, F. — La pesca con la lampara. Risv. pesca, anno 4. 1929. Albertini, M. — La péche au feu , sorr évolulion. Bull. Stat. Aquic. Pèche de Castiglione, année 1929. 1929. Auffret, M. — Résaltat de la pèche en Algerie pendant le 2' semestre de l’ année 1929. Bull. Stat. Aquic. Pèche de Castiglione, année 1929. 1927. BOUTAN, L. — La pèche au feu sur les cótes d' Algerie et le transport du poisson bleu dans l’ interieur de l’ Algerie. Bull. Stat. Aquic. 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Candura (Tornata del 1 agosto 1931) Ho trovato che la camomilla e altre piante medicinali secche sono attaccate in natura nell’ Italia meridionale da tre insetti : Ptychopoda herbariata F. , Ephestia e Iute Ila Hb. e Sito dr epa panicea L. La biologia e i danni , che questi insetti svolgono a spese della camomilla secca, non sono stati studiati ; non per tanto la camomilla è uno dei rimedi casalinghi più comuni , essendo note le sue virtù medicinali da tempo remotissimo , come atte¬ stano opere antiche, tra cui quelle di Ezio e di Galeno. I Greci avevano in pregio la camomilla , che chiamavano '/«[icniiqXov perchè risente dell’odore delle mele. In effetti, la camomilla fa sentire, almeno in alcuni organismi come il mio, azione benefica, in molti disturbi. La camomilla è anche oggi usata con fiducia in diverse parti del mondo, nelle quali viene esportata in certa quantità dall’Italia. Non poche persone, specialmente all’Estero, prendono la camomilla dopo i pasti, in luogo del caffè. Ptychopoda herbariata F. Ln insetto comune nella camomilla secca dell'Italia meridio¬ nale e specialmente del Napolitano, è la Ptychoooda herbariata F., che appartiene alla famiglia Geometridae. — 344 — Allo stadio adulto, esso è una farfallina di colore fondamen¬ tale cannella, la cui apertura di ali può misurare da 10 a 16 mm. Sulla Ptychopoda herbariata F. o tignola del fieno non era siato compiuto finora nessuno studio morfologico e biologico, nè in Italia, nè all’Estero. Fio fatto ‘) in circa 15 pagine la descrizione minuta dell’inset¬ to in tutti i suoi stadi ed ho accompagnato tutte le descrizioni con 10 gruppi di figure grandi e originali. In detto lavoro non ho trattato dei rapporti della Ptychopoda herbariata F. con la camomilla secca ; e però me ne occupo in seguito. Biologia. — Nell'Italia meridionale, le farfalle compaiono ogni giorno, dalla fine di aprile fino a tutto ottobre, nei locali dove si conservano erbe secche. Gli adulti si accoppiano lo stesso giorno che sono sfarfallati. L’accoppiamento dura molte Fig. I. - Ptychopoda herbariata F. : femmina. ore. Le uova sono deposte sopra le erbe secche. La ovideposizio- ne comincia dopo 24 o 30 ore dallo sfarfallamento. Muovendo le erbe, le uova molto spesso cadono sul fondo del recipiente o sul pavimento del fienile. Ogni femmina depone in media un centinaio di uova e tutto il periodo di ovideposizione dura il più delle volte una settimana. Le uova schiudono dopo 4 a 15 *) Candura, G. S. — Studio sulla tignola del fieno (Ptychopoda herba¬ riata F.). Bollettino del Laboratorio di Zoologia generale e agraria del R. Isti¬ tuto Superiore Agrario di Portici, voi. XXIV, pp. 233-266. — 345 giorni dalla deposizione. Le larve preferiscono nutrirsi delle foglie più tenere e dei fiori ; esse si confondono con il colore delle erbe secche e si collocano su le medesime in modo da rassomigliare più o meno perfettamente a piccoli steli secchi. La durata della vita larvale varia molto, a seconda delle piante nutrici e anche a seconda della qualità e quantità di una stessa pianta nutrice: così, è stato osservato che il periodo larvale può durare da 60 a 333 giorni. Le larve mature si trasformano in un bozzoletto di fili seri¬ cei radi, spesso attaccato agli steli, verso gli strati inferiori dei mucchi di fieno, oppure sul pavimento o in nascondigli diversi. La vita crisalidale dura, a seconda della temperatura, da 9 a 25 giorni e più spesso da 18 a 20 giorni. Gli adulti normalmente non prendono cibo e vivono di solito da una a due settimane. La Ptychopoda herbariata compie di ordinario a spese del fieno derivato da diverse erbe secche due generazioni annuali, i cui sfarfallamenti avvengono di solito nel maggior numero alla fine di maggio e ai primi di settembre. Se nel fieno esiste una prevalenza di leguminose, si possono avere tre generazioni an¬ nuali; quando, invece, la larva si nutre di una sola pianta essiccata, si possono avere generazioni in numero variabile da una a tre. Riporto appresso 1' elenco delle piante, che la Ptychopoda ha attaccato nei miei allevamenti. Aggiungo a fianco di esse il numero delle generazioni che si sono susseguite in ogni annata di esperimento. 1. Sulla . Hedysarum coronarium L. 2. Trifoglio pratense .... Trifolium pratense L. 3. Trifoglio agrario . Trifolium agrarium L. 4. Erba medica . Medicago saliva L. 5. Trigonella . Trigonella corniculata 6. Loto corniculato. . •. . . Lotus corniculatus L. 7. Piantagine . Plantago Psyllium L. 3 2 oppure 3 2 2 2 2 2 oppure 3 - 23 - 8. Margherita campestre . . . Chrysantemum segentum 1 4. Rosolaccio . Papaver Rhoeas L. 2 oppure 3 10. Olivo . Olea europeae L. 1 0PPure 2 11. Origano . Origanum vulgate L. 1 12. Cedronella o erba limoncina. Lyppia citriodora L. 1 13. Camomilla . Matricaria Charnomilla L. 2 di raro 3 rarissimamente 1 14. Fieno di più piante ... 2 oppure 3 La Ptychopoda attacca, però, moltissime altre piante secche ; sono preferite le leguminose e sono meno accette le graminacee. A spese di queste sole piante le larve non si sono mai potuto sviluppare completamente. Sono risultate maggiormente preferite le piante di sulla e di trifoglio pratense. Nell’Italia meridionale è molto attaccata in natura la camomilla secca, che si può tro¬ vare brulicante di larve di tignola del fieno. È accaduto che le larve sgusciate lo stesso giorno e intro¬ dotte tutte insieme in un unico recipiente per nutrirsi della medesima pianta essiccata, si siano trasformate in crisalidi talune in settembre avanzato dello stesso anno e tal’altre nella succes¬ siva primavera. Infatti, la tignola del fieno sverna allo stadio di larva, che è spesso vicina ad essere matura e può compiere a spese di ognuna delle piante che ho sopra citato una o due gene¬ razioni annuali o anche una, due o tre generazioni in un anno. Generazioni annuali della Ptychopoda herbariata F., a spese della camomilla secca. — Dalla camo¬ milla fuoriescono gli adulti, sfarfallanti in numero maggiore, per la prima volta nell’annata, alla fine di maggio e ai primi di giu¬ gno. Ho seguito le generazioni negli anni 1926, 27, 28 e 29. Ri¬ ferisco qui appresso i risultati : le date indicano i giorni dei primi sfarfallamenti dei discendenti : 29 aprile 1926 — 11 luglio 1926 11 luglio 1926 — 22 ottobre 1926 22 ottobre 1926 — 13 giugno 1927 13 giugno 1927 — 8 settembre 1927 8 settembre 1927 — 15 maggio 1928 15 maggio 1928 — 10 agosto 1928 10 agosto 1928 — 1 maggio 1929. — 347 — Ho seguito, inoltre, le seguenti generazioni : da adulto sfar¬ fallante a discendente adulto sfarfallante. 11 giugno 1927 — 7 settembre 1927 18 giugno 1928 — 5 settembre 1928 19 giugno 1926 — 2 ottobre 1926 — 20 maggio 1927 1 luglio 1927 — 10 ottobre 1927 17 luglio 1927 — 13 luglio 1928 1 1 agosto 1926 — 27 ottobre 1926 — 8 giugno 1927 7 settembre 1927 — 14 maggio 1928. La Ptychopoda herbariata F. compie in un anno molto spesso due generazioni annuali, di raro tre e rarissimo una sola. La temperatura è stata sempre quella naturale ; gli alleva¬ menti sono stati fatti in una stanza esposta a settentrione mai riscaldata, dove le condizioni di ambiente e di clima sono state simili a quelle di un fienile. La tignola del fieno compie più rapidamente il suo sviluppo nella camomilla fresca e più ricca di fiori ; viceversa, ritarda lo sviluppo nella camomilla vecchia, piena di steli e povera di fiori. Danni. — Durante l’ inverno, le larve, molto avanti nello sviluppo, si confondono con gli steli della camomilla, la quale può essere risparmiata in quella stagione, solo se la temperatura ambientale si mantiene assai bassa. In marzo, le larve riprendono a nutrirsi, e fanno il danno più grave. Dopo una ventina di giorni di vita crisalidale , che si compie di solito nella seconda quindicina di maggio, si hanno ordinariamente gli adulti nei primi giorni di giugno. Ho raccolto nella prima quindicina di giugno molta camo¬ milla nel Parco Oussone, annesso al R. Istituto Superiore Agra¬ rio di Portici, e l' ho messa a disseccare in gabbie, dove le geometre del fieno o altri insetti non potevano giungere. Ho potuto constatare che la camomilla ancora in piedi sui campi e fresca, non viene inquinata con le uova della farfalla, la quale, invece, deposita le sue uova sopra la camomilla secca o che sta per divenire tale. Le larve allora divorano, a preferenza delle foglie, i fiori della camomilla, i quali vengono sminuzzati. Muovendo la camo- — 34S — milla attaccata, si possono vedere, se si fa attenzione, le larve, le quali si lasciano cadere verso il fondo dei recipienti, in cui ruzzolano anche i cacherelli. Quando le larve sono numerose, già nell'autunno, la camo¬ milla viene ridotta ai soli steli. Occorre allora fornirsi nuovamente di camomilla. 1 recipienti devono essere puliti e disinfettati, poiché possono contenere uova e anche larve di Ptychopoda herbariata F. Ricordo che questa specie si diffonde soprattutto perchè la camomilla di nuova produzione viene comunemente introdotta nei barattoli, senza che prima siano puliti. Ho trovato camomilla naturalmente attaccata , oltre che nel Napolitano, nella Sicilia centrale. Gli escrementi degl'insetti nella camomilla e i danni che ne possono derivare alla salute degli uomini. — Nel fondo dei recipienti in cui sono state allevate le larve di Ptychopoda herbariata F. con la camomilla, si sono trovate quantità considerevoli di rosura, di rimasugli di fiori e di cacherelli. Visti al microscopio, i cacherelli si presentano sotto forma di piccole massarelle, frequentemente allungate e spesso subovali, compresse ai poli. Ognuna di queste minuscole masserelle è dapprima alquanto friabile, ma poi , disseccandosi, prende consistenza, indurisce e resiste a una certa pressione. Con l' indurimento, una grandissima quantità di escrementi, di¬ viene nerastra; alcuni, però, restano giallastri e per metà nerastri. Gli escrementi quando sono in una certa quantità , tramandano un distinto odore di camomilla. Messi nell’ acqua, i cacherelli assumono, tutti, dopo pochi minuti, il colore giallastro; presi dall’acqua e messi ad asciugare all 'aria, avviene che molti escrementi divengono di nuovo nerastri. Messi pochi cacherelli nell’acqua fredda, essi si gonfiano a poco a poco, mentre si scioglie lentissimamente la parte superficiale nerastra di ciascun escremento: l’acqua viene colorata similmente all infuso di camomilla ; aumentando a poco a poco la quantità di escrementi, l’acqua assume un colore fulvo tendente all’oliva¬ stro, sempre più intenso, finché diviene bruna e quindi nera. 349 — Nell'acqua bollente, gli escrementi si sciolgono meglio e più ra¬ pidamente ; l'acqua colorata intensamente tinge la carta con di¬ verse gradazioni persistenti di olivaceo. Nell’alcool a 95° e a freddo , i cacherelli si sciolgono poco e lentissimamente, colorando il liquido, dapprima di un giallo ce¬ drino che diviene, via via, sempre più intenso. Accade spesso in natura che la camomilla conservata sia infetta; ma non è frequente che si trovi attaccata dalle larve in quantità tale da far notare alle massaie 1'esistenza dell'infezione, e consigliare loro di non usare la camomilla. Infatti, le larve si con¬ fondono con gli steli e i cacherelli stanno nella grande maggioranza sul fondo del recipiente ; inoltre, larve ed escrementi in piccola quantità insieme con la camomilla, colorano l’acqua bollente al solito modo del noto decotto, per cui molto spesso sfugge ogni cosa all'osservazione delle massaie. Pertanto, è interessante cono¬ scere se un decotto fatto con camomilla attaccata, in cui siano cotte le larve e disciolti anche escrementi di Ptychopoda, può o non può far male ; potrebbe darsi che i residui suddetti, supe¬ rando una certa quantità, possano fare male alla salute degli uomini. Per questo, è innanzi tutto necessaria l’analisi chimica accurata degli escrementi delle spoglie e dei corpi della tignola del fieno nei diversi stadi Questa analisi bisognerebbe estenderla anche agli altri insetti che attaccano la camomilla secca e alle loro deiezioni. Danni nei fienili e rimedi. — 11 fieno può essere deprezzato in modo considerevole, perchè le larve della tignola divorano di preferenza le parti migliori dei foraggi , consistenti nelle foglie e nei fiori. Venendo a mancare queste parti del fieno, aumentano progressivamente gli steli, che costituiscono, invece, quella parte dei foraggi meno gradita agli animali e che ha il minore valore nutritivo e digestivo. Con il progredire dell'attacco, vanno accumulandosi sempre più, tra gli steli e le foglie rosicchiate, i bozzoletti fatti di fili sericei radi, 'tra cui si trovano le spoglie delle crisalidi; influiscono, poi ancora a rendere il fieno meno appetito dagli animali le spoglie larvali, i corpi degli adulti morti e le deiezioni delle farfalle, che solidificano e restano attaccate alle foglie, agli steli o dovunque 350 — cadano. I foraggi così alterati, possono avere una influenza no¬ civa sulla salute degli animali. Occorre pulire bene il fienile prima di depositarvi il nuovo prodotto, secondo le consuete norme igieniche e razionali. Appena si nota una infezione, è opportuno, quando è possi¬ bile, di consumare al più presto il fieno : infatti, oggigiorno non è possibile consigliare per ragioni economiche e pratiche una disinfezione del fieno. La pratica della insilazione dei foraggi, qualora fosse ritenuta efficacemente utile e consigliabile dai com¬ petenti, potrebbe essere il migliore rimedio preventivo. Danni nell’economia domestica e rimedi. — - jMolte piante secche che si conservano nelle case per diversi usi possono essere deteriorate o rovinate dalla tignola erbariata. Occorre tenere ben chiusi i barattoli contenenti le erbe secche e specialmente le camomilla: prima di introdurre in essi la prov¬ vista della nuova produzione, bisogna pulirli accuratamente. Danni nelle farmacie, nelle erboristerie e ri medi. — Le piante medicinali secche possono essere grave¬ mente danneggiate e lo stesso può accadere per le grandi quan¬ tità di piante che attendono di essere distillate per ricavarne es¬ senze e profumi. Si raccomanda ai farmacisti di visitare spesso 1 barattoli contenenti le erbe secche. La tignola erbariata si diffonde comunemente per mezzo del materiale usato neH'imballaggio, degl’involti, dei pacchi, dei colli, ecc. Occorre perciò , specialmente nelle spedizioni di medicinali che l’imballaggio sia fatto con materiale sano e non attaccato dagl’ insetti, come la Phytchopoda herbariata F. e la Sitodrepa punicea L., che ho visto essere gl’insetti, che maggiormente si sviluppano nelle farmacie. Danni negli erbari, nelle collezioni bo¬ taniche e rimedi. — Le tignole del fieno possono trovarsi anche comunemente nelle raccolte scientifiche di piante disseccate dove possono produrre danni enormi o distruggere addirittura interi erbari di grande valore scientifico e anche intrinseco se non si hanno le cure necessarie, che, però, tutti i Direttori di Istituti botanici conoscono. - 351 Ephestia elutella Hb. L 'Ephestia elutella Hb. è una farfallina della famiglia Pyra- lidae, di colore fondamentale grigio, di apertura di ali da 12 a 18 mm. Il bruco vive a spese di moltissime provviste alimentari del¬ l’uomo e degli animali domestici e anche d’insetti non comple¬ tamente disseccati. Io l’ho trovato naturalmente nella camomilla f nel tabacco secco , nelle castagne secche e nella farina di esse, nel grano e negli arachidi. Ho rinvenuto durante il mese di settembre 1925, nella camo¬ milla secca, insieme con moltissime larve di Ptychopoda herba- riata F., alcune larve di Ephestia elutella Hb., che si sono sviluppate e hanno passato l’inverno senza nutrirsi ; esse si sono trasformate in primavera e si sono avuti gli adulti negli ultimi giorni di maggio e nei primi di giugno. L' Ephestia elutella Hb. compie ordinariamente a spese della camomilla secca e del tabacco, secondo le mie osservazioni, due generazioni in un anno. Non mi costa che altri AA. abbiano ricordato 1’ Ephestia elutella Hb. come dannosa al tabacco secco e alla camomilla. Il tabacco attaccato mi fu portato dal R. Istituto sperimentale per la coltivazione dei tabacchi di Scafati (Salerno). Nel tabacco ho trovato, anche in settembre, larve di E. elutella. Le larve , che hanno passato l’ inverno , erano più o meno avanti nello sviluppo. I bruchi sono poi molto voraci in prima¬ vera ; essi s’ incrisalidano in buon numero al principio della seconda decade di maggio. Il maggior numero degli sfarfalla¬ menti si ha negli ultimi giorni di maggio e nei primi di giugno. Le uova schiudono ordinariamente dopo una o due settimane. Le larghe foglie di tabacco umide e già conciate per farne sigarette , possono essere sostituite da una massa di cacherelli nerastri; ugualmente rovinata rimane la camomilla. — 352 Sitodrepa panicea L. La Sitodrepa panicea L. , piccolo coleottero Anobiidae , è comune dappertutto perchè si sviluppa a spese di moltissime sostanze commestibili e non commestibili. Ho trovato estremamente comune nella camomilla secca — più ancora della Ptychopoda herbariata F. — la Sitodrepa pa¬ nicea L. , la quale è stata vista allo stadio adulto quasi tutto l'anno. Gli adulti, che possono essere numerosissimi, imbrattano con le loro deiezioni liquide, che solidificano presto, la camomilla. La Sitodrepa panicea L. compie due generazioni annuali a spese della camomilla, che viene divorata e danneggiata gravemente dalle larve. Queste sono frequenti nelle farmacie , in cui si nutrono di molte altre erbe medicinali secche. Durante l’ inverno si trovano numerosissime larve e sono meno frequenti gli adulti. Riassunto Sono riportate osservazioni sulla vita dei seguenti tre insetti : Ptychopoda herbariata F. , Ephestia elutella Hb. e Sitodrepa panicea L. Essi attaccano e danneggiano nell’Italia meridionale la camomilla e altre piante medicinali disseccate. La Ephestia elutella HB. ha attaccato naturalmente il tabacco secco e ha compiuto due generazioni a spese di esso. Finito di stampare il 20 settembre 1931. Osservazioni biologiche sulla Tephroclystia pu - milata Hb. , lepidottero geometnde che fa seccare 1 boccioli di rose del socio Dott. G. S. Candura (Tornata del 1 agosto 1931) Letteratura, piante attaccate e distribuzione geografica. La Tephroclystia pumilata Hb. , allo stadio adulto , è una farfalla di colore nocciola più o meno pallido , che misura da 14 a 16 mm. di apertura di ali. Il bruco, che ha colore più o meno rossastro, è stato accu¬ sato di arrecare danni soprattutto ai fiori di agrumi (Citrus sp.)\ però, la specie è stata detta polifitofaga, perchè la larva è stata trovata a danneggiare fiori e frutti delle seguenti piante : Glo- bularia alypurn , Genista Corsica, Erica arborea, Buxus setnper- vivens, Rosmarinus officinalis , Clematis fiammata , Odontites lutea, Arbutus unedo e molte altre piante di diverse famiglie. 11 Mabille riferisce di avere vista la larva danneggiare i chicchi delle pannocchie di granturco ( Zea mays L.) in Corsica e di avere allevate larve con fiori di Genista , di Vitex agnus - castus, di Mercurialis annua, di Passerina irsuta e di altre. Riguardo alla distribuzione geografica è indicata 1’ Europa centrale, tutto il bacino circummediterraneo e l’Asia occidentale. 11 Penzig ha studiato la Tephroclystia pumilata Hb. e l’ha accusata di gravi danni ai fiori di agrumi, a spese dei quali l'in¬ setto compie tre generazioni all'anno e poi sverna allo stadio di crisalide nel terreno. - 24 - — 354 — Dopo il Penzig, molti Autori hanno ripetuto le stesse os¬ servazioni biologiche e hanno lamentato danni agli agrumi, fin¬ che il Silvestri trovò le larve della Tephroclystia pumilata Hb. viventi sull'olivo, ( Olea earopaea L.), dove, oltre ai fiori , esse divorano anche le larve e le crisalidi di altri insetti. Perciò, il Silvestri ha messo in evidenza, per il primo , il costume entomofago delle larve di Tephroclystia pumilata Hb., le quali sono state allevate con larve della tignola dell' ulivo {Prays olellus F.). Nel lavoro del Silvestri è descritta morfologicamente la Te¬ phroclystia pumilata Hb., in tutti gli stadi. Il De Stefani di Palermo ha scritto la seguente nota a pro¬ posito della Tephroclystia pumilata Hb. : "In giugno, n el l’apri re una capsula di Papever sonniferum son venuti fuori, cinque e - semplari della notata farfallina allo stato perfetto; inoltre, incuneate alla base di un setto e l’altro, trovai due crisalidi senza bozzolo, ma racchiuse in una rivestita di se¬ mi del papavero, legati con sottili fili; in altre bacche trovai dei bruchi erranti della stessa specie e due, forse di altra, da cui non ottenni l’insetto perfetto e che sin oggi non ho rinvenuto in ulteriori ricerche. Pertanto, non mi consta che la Tephroclystia pumilata Hb., sia stata accusata, prima di ora, come dannosa alle rose, lo ho visto fin dal 1924 nei dintorni di Portici boccioli di rose ram¬ picanti disseccati. Avendoli raccolti, trovai dentro di essi bruchi misurini che accrebbero le loro dimensioni, nutrendosi di petali di rose secche ; poi, si trasformarono e diedero gli adulti , dai quali fu riconosciuta la specie Tephroclystia pumilata Hb. La determinazione, però, fu confermata dal distinto lepidot- terologo Conte Emilio Turati, cui rendo vive e pubbliche azioni di grazie. — 355 — Ricerche sul ciclo vitale della Tephroclystia pumilata Hb. vivente a spese dei boccioli di rose. Gli adulti compaiono nell’Italia meridionale , per la prima volta nell'annata, nei primi giorni di marzo e stanno di giorno nascoste nei cespugli o, appoggiate con le ali aperte, sugli alberi o sui muri delle case. Essi sono comuni in tutta Italia: sui piani, sui colli e sui monti. Il Conte Emilio Turati ha raccolto adulti di Tephroclystia pumilata Hb. nella seconda quindicina di marzo in Lombardia sui tronchi e sui muri. Secondo le mie osservazioni , la femmina di Tephroclystia pumilata Hb. , si accoppia in primavera ordinariamente qualche giorno dopo dello sfarfallamento e depone le uova durante un periodo di tempo variabile di ordinario da cinque a nove giorni. Le uova schiudono dopo 3 a 12 giorni dalla deposizione, a se¬ conda della temperatura. Le larvette neonate s’introducono den¬ tro i boccioli di rose, rodendo i petali alla base. Giunte dentro i fiori, le larve si nutrono anche degli or¬ gani riproduttori e specialmente delle antere e della parte su¬ periore degli stami. In questo frattempo, i petali cominciano a seccare e le larve fattesi grandette, attaccano allora i petali. Quando questi sono completamente secchi, le larve sono mature e s' incrisalidano o dentro i boccioli o nel terreno, su cui si fanno cadere per mezzo di un filo sericeo. Alla fine di maggio, ho raccolte da alcune piante di rose dell’Orto botanico del R. Istituto Superiore Agrario di Portici trenta boccioli disseccati. Esaminati accuratamente , ho trovato soltanto dentro nove di essi crisalidi vive o spoglie di crisalidi: una per bocciolo. Quasi tutti gli altri boccioli presentavano ro- sicchiature ; però, le larve erano andate via, avendo preferito per l’incrisalidamento un altro posto più sicuro. Infatti , non pochi boccioli disseccati sono fatti cadere dal vento ; inoltre, alcuni dei boccioli caduti sono trasportati lontano. — 356 — Sempre nel clima di Portici, il periodo di crisalide dura di ordinario, alla fine di maggio e ai primi di giugno, distintamente, da dodici a nove giorni ; in luglio, dura sei giorni ; e nella se¬ conda quindicina di agosto, nove giorni. Si hanno quattro generazioni durante l’annata : i primi adulti compaiono in marzo e i discendenti adulti si mostrano nei pri¬ missimi giorni di giugno. Di poi, durante la prima decade di luglio, si hanno gli adulti della terza generazione, i cui discen¬ denti sfarfallano alla fine di agosto e in settembre. Queste far¬ falle si riproducono ancora per dare poi gli adulti della prima generazione entro il mese di marzo dell’anno successivo. Intanto, le generazioni s’incrociano, per cui l'insetto si può trovare in tutti gli stadi nello stesso tempo, specialmente in giu¬ gno ed in luglio, quando tutto il periodo larvale dura da ló a 19 giorni. In alcuni boccioli di rose, io ho osservato qualche volta larve di lepidotteri di specie diversa da quella della Tephrocly- stia. È possibile che la larva della Tephroclystia abbia rapporti con dette larve, essendo anche, come ora è noto, carnivora. Danni. Le larve della Tephroclystia pumilata Hb. attaccano soprat¬ tutto le rose gialle e bianche e fanno seccare moltissimi boccioli, arrivati quasi alla grandezza necessaria per schiudersi. Perciò, i danni possono essere gravissimi dove la rosa si coltiva su larga scala a scopo industriale : per la produzione dei fiori o per la estrazione della preziosa essenza. Nemici naturali. Ho visto alcuni ragni, rimasti indeterminati, aggirarsi dove sono boccioli con larve di Tephroclystia. Spero, in seguito, di poter compiere osservazioni più precise in riguardo a questi predatori. 11 prof. Silvestri ha trovato un imenottero braconide endo- fago della Tephroclystia , riferibile forse al gen. Rhogas. Ogni larva di questo parassita vive dentro una larva della — 357 — tignola dei boccioli di rosa. La larva parassita si trasforma in pupa dentro il corpo della larva ospite, la quale dissecca e si mummifica; il braconide - divenuto, poi, adulto - si apre un foro sulla parte posteriore della larva mummificata ed esce. Il parassita adulto è lungo nove mm. ed ha colore ferru¬ gineo uniforme, eccettuati gli occhi, che sono neri. Mezzi di lotta. In riguardo alla lotta artificiale, si raccomanda di vigilare continuamente le piantagioni. Occorre, innanzi tutto, cotn’è chia¬ ro, che non vegetino vicino ai roseti le altre piante attaccate dall’insetto, che ho sopra ricordato. Credo che oggigiorno, la lotta curativa migliore cioè la più sicura e la più economica— sia quella di raccogliere in pri¬ mavera, assai per tempo, i boccioli che mostrano il primo segno di deperimento. Alla base dei petali possono vedersi alcune ro- sicchiature. In ognuno di questi boccioli, destinati a seccare, deve tro varsi ordinariamente una sola larva. Si possono , poi , distrug¬ gere, nel modo come si crede più opportuno, le larve dei boc¬ cioli raccolti, che possono essere messi dentro un sacco , fatto di tessuto fitto. Si può, tra l’altro, immergere ogni cosa nell'ac¬ qua bollente, oppure buttarvi dentro solo i boccioli. Riassunto È stato osservato che la Tephroclystia pumilata Hb. — farfalla della famiglia Geometridae — si è sviluppata a spese di boccioli di rose, coltivate nel Napolitano. È stata seguita la biologia e sono de¬ scritti anche i danni, i nemici naturali e i mezzi di lotta. BIBLIOGRAFIA 1928. 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Considerato allo stato attuale il gruppo dei Campi Flegrei è rappresentato da un insieme di monti e di colli, che si appog¬ giano e si elevano sopra un’ampia piattaforma sottomarina e con¬ tinentale la quale, da una massima profondità di circa 500 m. sotto il livello del mare nei pressi dell'isola d’Ischia, gradatamente si eleva verso il continente sino all' anfiteatro campano. Questa piattaforma ha la stessa costituzione geologica del vicino Appen¬ nino l): in profonde rocce cristalline antiche su cui si ammassano le dolomiti e i calcari triasici, giuresi e cretacei che costituiscono la piattaforma propriamente detta, che è qua e là ricoverta di sedi¬ menti eomiocenici e da mantelli di argille plioceniche e pleistoceni- che. Sovra si addensano i diversi materiali eruttivi che, col loro suc¬ cessivo accumularsi hanno costruito i monti ed i colli dei Campi Flegrei. 11 succedersi di tante conflagrazioni, eruzioni ed esplosioni ha creato la caratteristica topografia dei Campi Flegrei che viene spesso paragonata ad un pezzo della superficie lunare per la molti¬ tudine dei crateri che la compongono : Soccavo, Pianura, Fuori- ') Majo, E. — / fenomeni vulcanici della Grotta del Cane ( Campi Fle¬ grei) in rapporto alle variazioni atmosferiche. Bull. Vulcanologique de l’ Union géodesique e géophysique internationale, 1927. - 25 - - 362 — grotta, Piano di Quarto, Nisida, Gauro, Miseno, Astroni, Agnano, Solfatara, Campana, Fossalupara, S. Teresa, Cigliano, Averno ecc. Manifestazioni di attività endogena si hanno alle stufe di Nerone, al rione delle Mofete, a Monte Nuovo, alla Solfatara e ad Agnano. Presso il lago Lucrino sono i bagni di Tritoli o Stufe di Nerone: una serie di piccole gallerie, su corridoio a ferro di cavallo, riempite di vapore prodotto da una sorgente termale a circa 90°. Nella vicina e sottostante spiaggia , anche sotto l'acqua del mare l’arena raggiunge i 65° J). 11 rione delle Mofete presenta una serie di fuma- role ad est del lago Fusaro , fumarole che emettono vapore e anidride carbonica e raggiungono temperature sui 99°. Sopra lo scomparso villaggio di Tripergola nel 1538 sorgeva Monte Nuovo che ha forma di cono tronco di circa 140 m. di altezza e diametro di base di 1300 metri, aperto al sommo da un ampio cratere di cui la bocca misura più di 400 metri e circa 200 metri ha il fondo che viene a trovarsi a 120 m. sotto l’orlo e a 20 metri appena sul livello del mare. Vi sono due fumarole che emettono vapore e anidride carbonica e raggiun¬ gono temperatura sui 41°. Agnano è un ampio e basso cratere, ricolmo di acqua, dal Medio-Evo al secolo scorso, ed ora prosciugato e verde come ai tempi romani, segue la Solfatara fumante e biancheggiante sull’appoggio dei Colli Leucogei. Dalla sua ultima eruzione verso il 1198 sono passati più di sette secoli e dà ancora segni consi¬ derevoli di attività endogena. E nofo che a 12 metri di profondità si raccoglie acqua termo-minerale e che vi sono numerose fuma¬ role sulle pareti, tra cui quella chiamata " Bocca Grande,,. Il cra¬ tere della Solfatara ha quasi forma ellittica (Fig. 1, Tav. 7) con l'asse maggiore SE - NO di m. 770 e l’asse minore NE - SO di 580 m. 11 piano del cratere è compreso fra 96 e 100 m. sul livello del mare ; circondano il cratere alture varie: la parte più elevata si avvicina a 193 m. Il cratere comprende terre boschive, poche in cultura e ') Majo, E. — Sulla temperatura delle sabbie della plaga flegrea e con¬ tributo allo studio mineralogico. Atti XIX Congr. Ass. I tal . di I dr . , Clini ecc. Napoli, 1928. — 363 — nel piano biancheggiante vi è la " piombina „, L'orlo verso Sud è meno elevato, cioè la Solfatara presenta, come tutti i crateri dei Campi Flegrei una slabbratura nel fianco meridionale. Entrando nel cratere dall’ apertura verso ovest si trova il pozzo di acqua termo-minerale, e, a SO del pozzo , a circa 50 metri di distanza il vulcanetto fangoso dove ribolle una poltiglia fangosa con un rumore che cessa di essere udito a misura che ci si allontana; verso SE, poco lontana dalla parete interna formata di trachite decomposta vi sono le fumarole più forti esistenti nel cratere. E denominata " Bocca Grande „ la principale dalla quale escono vapori con sibilo caratteristico e con forte pressione. Un piccolo gruppo di fumarole esistenti ad ovest della Bocsa Grande in vicinanza della parete del cratere e anche sulla parete stessa fin presso l' orlo superiore viene indicato col nome di " Piccola Solfatara „. Cessata, com’è noto, nel 1193 la fase eruttiva, continuò l’at¬ tività sismica a tenere agitato il territorio puteolano per cui si eb¬ bero scosse violenti nel 1488, 1538 e 1554; inoltre Pozzuoli par¬ tecipò agli stessi terremoti esocentrici che urtarono Napoli, mentre dalla fine del XVI secolo poche sono le notizie di scosse vera¬ mente corocentriche quasi tutte lievi ad eccezione di quella del 1832 che scosse il territorio sino a Napoli. Venne riferito dagli abitanti circostanti e dal personale di guardia che, alla Solfatara, durante il terremoto del 23 luglio 1930 vi fu sospensione dell'attività propria controdistinta dal sibilo della Bocca Grande e dal ribollimento della fangaia , attività ripresa al cessare della scossa con maggiore intensità. Dopo circa 24 ore il pseudo vulcanetto fangoso lanciò spruzzi di fango bollente a oltre due metri di altezza e a notevole di¬ stanza con accumulo di materiale fangoso, lungo 1’ orlo, che si elevò di circa un metro. Dovunque nei Campi Flegrei si manifestò aumentata attività. Mi recai da vicino ad osservare i fenomeni : riporto alcune fotografie e le osservazioni eseguite. Le misure di temperatura furono rilevate dopo il terremoto con termometro a massima fino a 200°, opportunamente campionato prima e dopo l’uso. Per dedurre la pressione del vapore feci uso di un mulinello Fuess con graduazione corrispondente a velocità di corrente di vapore in metri a secondo. I risultati furono ridotti in Kg. per tnq. 364 LOCALITÀ Tempe¬ ra Iure prece¬ denti già note Misure al 28 luglio e 8 arrosto 1930 Misure al 13 e 26 agosto 1930 Tempe¬ rature Press. Kg./mq Tempe¬ ra ture Press. Kg. mq Solfatara Perforazione tubo di ferro Pozzo di acqua termominerale 71 o 73o — 70» — Fumarole circostanti %o.5 980-99» — 96o.5 — Pseudo vuìcanetlo fangoso 99», 5 I04o,5 4S 99o,4 43 sabbia che bolle 159o 54 1 56o 50 Grande ) soffione 162o.5 1 63». 8 68 162o 62 Solfatara \ minerali 161» — 1 58» — ■ fornello 1 57o — 1 52o — Pietra Spaccata 9S« 1 0 1 o.5 — 98o.2 — / i bocca 21 4-1921 143o.5 145°. 5 44 1 45o.3 38 Piccola Solfatara 1 » 1898 90o.0 92o.5 — 90». 2 — bocche a nord j del pseudo-vulcanetto / j, 1907 99o.5 101 o.O 99« 8 Rione Mofete 93» 95» — 92o.8 - Stufe Nerone 92» 98» — 93» — Arena sottostante 52o 68» — 51» — Agnano Grotta del Cane (m. 7 in lunghezza) 84» 85». 5 — 84». 2 — — 365 — Intanto il 12 agosto 1930 alle ore 1, minuti 27 e secondi 54 si ebbe a Pozzuoli una scossa locale che che fu avvertita sino ad Agnano e Bagnoli e registrata a Napoli come scossa strumentale. Perciò le misure furono da me ripetute nei giorni successivi. Si ebbe cioè un sensibile aumento nelle temperature: nel pseudo vulcanetto fangoso si riscontrò l' aumento di 5° e alle Stufe di Nerone l'aumento fu di 6°, mentre nelle altre fumarole e per l'acqua termo-minerale variò da 1°,5 a 2°, 5. Dopo la scossa locale le misure di temperatura effettuate dettero presso a poco ritorno dei valori precedentemente rilevati da altri osservatori. Si ebbe lieve diminuzione per 1’ acqua termo-minerale , per il pseudo vulcanetto, per il soffione della Solfatara, per le Stufe di Nerone e per il Rione delle Mofete. Lieve aumento si riscontrò, rispetto alle temperature prece¬ denti, per la Piccola Solfatara, Pietra spaccata e per la Grotta del Cane. Per le variazioni di pressione, dopo il terremoto locale, si ebbe una diminuzione di 4 a 6 Kg./mq. Dalle osservazioni eseguite sull’ andamento dei fenomeni ri¬ sulta un' aumentata attività vulcanica per un periodo brevissimo, cioè una ventina di gior¬ ni, susseguenti il terremoto del 2 3 luglio 193 0. Dopo il leggero terremoto pu teola no del 12 agosto 1930 l’attività ritornò entro quei li¬ miti già noti. Riassunto Dopo il terremoto irpino del 23 luglio 1930 si riscontrò aumento di attività endogena nei Campi Flegrei, di cui si parla con cenno de¬ scrittivo : in particolare per la Solfatara di Pozzuoli. Da misure ter¬ miche e di portata del vapore eseguite alla Solfatara, al Rione delle Mofete, alle Stufe di Nerone e alla Grotta del Cane dopo il terremoto irpino e dopo il terremoto puteolano del 12 agosto 1930 risultò un’au- mentata attività vulcanica per un periodo brevissimo, cioè per una ven¬ tina di giorni susseguenti il terremoto del 23 luglio 1930, ma dopo il leggero terremoto locale del 12 agosto 1930 l’attività ritornò entro i limiti già noti. pinito di stampare il 19 novembre 1931, Spiegazioni: delle Tav. 7 e 8. 1. — Veduta d'insieme della Solfatara presa dall'alto (R. Aeronau¬ tica, Idroscalo di Nisida). Si distinguono le varie bocche nel piano biancheggiante , il pozzo di acqua termo-minerale , le fu¬ marole della «Piccola Solfatara». Verso il fondo: a destra al « Bocca Grande » e a sinistra le «Stufe». 2. — La « Bocca Grande della Solfatara » al 13 agosto 1930 -Vili. 3. — La « Bocca Grande » in maggiore attività, al 28 luglio 1 930— Vili. 4. — La « Fangaia » o « pseudo ville anetto fangoso » al 13 agosto. 5. — La « Fangaia » al 28 luglio in maggiore attività e con l’orlo rialzato per circa 1 metro. 6. — Interno della « Fangaia » al 26 agosto. 7. Interno della « Fangaia » all’ 8 agosto nel periodo di aumentala attività. 8. — Bocca « 21 aprile 1921 » al 13 agosto. 9. - Bocca « 21 aprile 1921 » al 28 luglio. Una guida che spiega dopo aver mostrato il fenomeno della «ionizzazione gassosa» a mezzo della torcia. 10. — « Fumarole della Piccola Solfatara • al 13 agosto (In fondo dietro il casotto si scorge la - Bocca Grande della Solfatara»). Nella fotografia è riprodotta la «mia piccola aiutante». 11. — « Fumarole della Piccola Solfatara » al 28 luglio nel periodo di maggiore attività. Studi sui rapporti fra anomalie e rigenerazione. I. Ricerche su alcuni esemplari di Olindias Mulleri del socio Prof. Giuseppe Zitpolo (Tornata del 22 febbraio 1931) È risaputo che le Meduse sono gli animali che vanno più facilmente soggetti a lesioni, data la grande labilità del corpo, ed è anche noto che queste lesioni vengono più o meno rego¬ larmente rimarginate. Accade talvolta che le lesioni si producono in tal maniera che la regione subisce alterazioni più o meno profonde. Alterazioni che apportano tali modificazioni nella sim¬ metria dell’ animale da dare origine a forme irregolari. Si nota però quasi sempre un rapporto di dipendenza fra i processi di rigenerazione e le forme anomale : queste sono, generalmente, conseguenza dell'altra. Non si tratta evidentemente di rigenera¬ zioni regolari, che pur tante volte si verificano mascherando per¬ fino il processo rigenerativo avvenuto , ma delle rigenerazioni iperti piche o ipotipiche derivanti da lesioni varie che si produ¬ cono nel corpo dell’animale. Su questo argomento non molti sono stati gli Autori clie si sono occupati. Harqitt (1898), Morgan (1899), Neppi (1918), ecc. hanno studiato in modo particolare le anomalie nelle idro¬ meduse, come conseguenza di lesioni e successive rimarginazioni o rigenerazioni parziali di parti lese. Nel 1919 Neppi studiò esemplari anomali di idromeduse del Golfo di Napoli e notò che le anomalie sono più numerose fra le lepto che non fra le antomeduse, e che ciò è spiegabile con la minore resistenza della mesoglea nelle prime, onde le lesioni avvengono con una grande facilità. La Neppi descrisse anomalie - 368 — riscontrate in esemplari di Rathkea fasciculata Kòlliker , in Hydractinia carnea Sars. var. med. Neppi, in Mitrocoma Annae Haeckel in Eirene plana Neppi , in Tima Lacullana (Delle Chiaje), in Obelia, in Phialidium variabile Claus, in Geryonia proboscidalis Eschscholtz, in Aurelio aurita , ed in Olindias phosphorica (Delle Chiaje). Durante la mia permanenza alla Stazione Zoologica di Na¬ poli ho potuto rinvenire tempo fa, fra circa 200 esemplari di Olindias Miilleri normali , cinque individui che presentavano anomalie notevoli dei canali radiali. Ho creduto di qui riferirne non solo tenuto conto della rarità dei reperti, ma anche perchè essi mi danno l'occasione di studiare quei rapporti di dipendenza che esistono fra anomalia e rigenerazione e che orientano meglio lo studioso nella inter- petrazione delle anomalie che, con certa frequenza, si riscontrano in questi animali. Descrizione degli esemplari. 11 primo esemplare (Fig. 1) presenta tre canali radiali nor¬ mali, lungo ognuno dei quali si notano le gonadi, regolarmente sviluppate : il quarto canale presenta verso la regione terminale una biforcazione c lungo i due rami di questa vi sono le go¬ nadi che accompagnano i canali fin verso 1’ estremità. I canali adradiali o radiali accessorii sono in numero vario, da otto a undici ed uno si presenta anche biforcato nella direzione del centro del corpo. Fra i due rami del canale radiale biforcato si sono formati anche cinque canali adradiali, di cui tre hanno rag¬ giunto quasi la base dei canali radiali biforcati. Una simile ano¬ malia fu riscontrata da Neppi in un esemplare di Philiadiun va¬ riabile del diametro di 6 mm. nel quale uno dei canali radiali presentava una biforcazione distale, con gonadi ; il prossimo ca¬ nale era privo di gonadi. Nell'esemplare, di cui mi occupo, invece, ambo i rami del canale biforcato presentano le gonadi. Così pure in Hydractinia carnea Sars var. med. Neppi trovò un esemplare con quattro canali radiali, di cui uno biforcato già alla base dello stomaco ed in Eirene plana un’ anomalia simile. — 369 — Queste anomalie si possono ben spiegare quando si com¬ piano esperienze al riguardo. Difatti facendo un taglio lateral¬ mente ad uno dei canali si può notare che, in quel punto, nella zona che rimargina si forma un altro canale che si innesta al primo ed a seconda della profondità del taglio si possono avere biforcazioni di canali partenti da punti più o meno profondi. Iti Obelia geniculata, infatti, la Neppi potette compiere una serie di esperienze positive, dimostrando come le anomalie sono, gene¬ ralmente, dovute a lesioni che si possono facilmente verificare in questi organismi così delicati. Un altro esemplare (Fig. 2) del diametro di 57 mm. pre¬ senta anche un canale radiale biforcato verso la regione ter¬ minale. Questa biforcazione, però, è accompagnata da un’anastomosi che si è verificata fra i canali interradiali, in modo che, come si vede nella figura riportata, si è formato una specie di canale in forma circolare che ha congiunto fra di loro i canali radiali con - 26 - — 370 — quelli interradiali. Un' altra biforcazione esiste nella regione di sinistra (quarto inferiore sinistro della Fig. 2) , però questa è molto profonda. Le gonadi non accompagnano il canale radiale fino all’estremo, bensì per circa la metà. Un’altra breve anomalia si riscontra nel quadrante superiore di sinistra, dove due canali radiali pigliano un’unica origine e poi si allontanano fin verso la regione profonda dell'ombrella , in prossimità dello stomaco. Anche in questo esemplare si è verificato un fenomeno analogo a quello studiato nell’esemplare precedente : qui sembra che la lesione sia avvenuta poco regolarmente, per cui si sono generate anomalie più numerose fra il canale radiale e gl’inter- radiali, tanto che anche due canali interradiali del quadrante inferiore di destra sono congiunti con il canale radiale supe¬ riore corrispondente. Un altro esemplare del diametro di 30 mm. (Fig. 3) pre¬ senta anomalie varie sia nei canali radiali che interradiali. In¬ nanzi tutto lo stomaco non occupa la regione centrale , ma è spostato verso una regione laterale, che indicherò come supe¬ riore, in modo che la regione inferiore è due volte più grande di quella superiore. Nella regione, dirò così inferiore della figura (per chi guar¬ da) il canale radiale è biforcato, ma oltre la biforcazione prin¬ cipale, dovuta evidentemente a lesione laterale, si nota, alla base del ramo di destra un’ulteriore più piccola biforcazione , i cui rami s’innestano col canale radiale. In questo stesso ramo s’in¬ nestano due canali radiali, uno inferiore ed uno superiore, anzi quello superiore si potrae fino a innestarsi col canale radiale superiore di destra. Nel quadrante inferiore di sinistra, uno dei canali interra- diali è biforcato nella regione centrale. Nella metà superiore si scorgono due canali radiali ravvicinati fra di loro uno dei quali porta le gonadi e 1’ altro ne è privo. Ma questo, a sua volta, per un piccolo canale si anastomizza con l’altro canale radiale. Evidentemente qui la lesione è avvenuta quando 1’ animale era nel suo sviluppo, onde la regione lesa, per regolarsi, si è svi¬ luppata maggiormente, mentre l’altra ha proceduto nel suo svi¬ luppo regolare. Il quarto esemplare (Fig. 4) presenta la maggiore irregola¬ rità. 1 canali radiali sono appena due. Nessuno esemplare fi- — 372 — nora descritto , ed a mia conoscenza , presenta questa strana anomalia. I due canali radiali presentano le gonadi mature e tutti i canali perradiali sono regolarissimi, fatta eccezione per qualche piccola irregolarità nella disposizione, in quanto alcuni sono più ravvicinati fra di loro. Una tale anomalia è spiegabile pensando ad una lesione che ha diviso l'animale in due parti uguali, asportando compieta- mente due canali radiali, onde gli altri due rimasti, per la suc¬ cessiva rigenerazione deH’ombrella, si sono spostati, in modo da Fig. 4. presentare una linea regolare, giacché, in questo esemplare si nota una perfetta forma circolare e le due gonadi sono disposte lungo un asse rettilineo, regolarissimo, e lo stomaco è anche molto sviluppato. Sperimentalmente, in Obelia geniculata, Neppi ottenne , ta¬ gliando l'animale in due metà, un esemplare con due soli canali radiali, ma l’animale non giunse a regolarsi completamente, al¬ meno nella forma esterna. Ma il dato sperimentale può spiegare il caso qui descritto, tanto più che anche la metà di Obelia non — 373 — contenente lo stomaco, secondo Neppi, lo rigenerò, ma i canali radiali restarono due. 11 quinto esemplare (Fig. 5) misura mm, 28. È forse l'unico esemplare che presenta una caratteristica molto importante nei rapporti fra canali radiali, stomaco e canali interradiali. Qui si può notare che la regione stomacale è molto larga e lunga in confronto degli altri esemplari studiati e di quelli normali. Le gonadi si trovano solamente lungo i canali radiali. Si può ve¬ dere, inoltre, che tutti i canali interradiali pigliano origine dalla regione stomacale e si innestano al canale circolare. Nella regio¬ ne di sinistra, per chi guarda la figura, vi sono nove canali che si originano dalla regione centrale stomacale e nella regione di destra otto canali. Tutti gli altri canali interradiali, partendo dal canale circo¬ lare, si protraggono nella regione media del corpo, alcuni rag¬ giungendo quasi il canale centrale. — 374 Da quanto sopra è stato esposto circa le anomalie riscon¬ trate in questa trachimedusa si può dedurre che mentre esse allargano le nostre conoscenze sulPargomento, presentando nuovi casi osservati e studiati, portano anche un contributo alle cono¬ scenze dei rapporti che esistono fra rigenerazione ed anomalie. 11 materiale del quale io mi sono occupato è piuttosto raro, tanto vero che nella bibliografia non si trovano molti autori che si siano occupati dell’argomento. Agassiz, Woodwarth, Morgan, Neppi, Stiasny e pochi altri hanno descritto esemplari irregolari, rinvenuti o ottenuti in seguito a processi rigenerativi. Lo studio è tanto più interessante in quanto esso ci per¬ mette di studiare i processi di variazione dei quali non si può dare sempre una spiegazione soddisfacente. Quelle che noi chia¬ miamo variazioni sono delle forme così sorte naturalmente sin dall’inizio dello sviluppo e non sono piuttosto forme irregolari che derivano da lesioni o da mancate rigenerazioni o da iperri- generazioni ? Tante volte sono così regolari le rigenerazioni che si possono trovare esemplari che sembrano normali. Negli Aste¬ roidi io ho rinvenuto numerosi esemplari esameri e tetrameri ed ho potuto molte volte constatare che è un fenomeno dovuto ad un processo rigenerativo. Sebbene negli animali adulti, quando il fenomeno si verifica, è cosa possibile constatarlo a chi ha pratica del materiale, pure ciò non non si può dire per quelli più piccoli, e per i quali si potrebbe giungere ad ammettere un’anomalia congenita nelle forme che si allontanano dalle nor¬ mali. Ma quando noi pensiamo alle lesioni verificatesi sul corpo degli animali, nelle prime fasi della vita, è facile dedurre se, du¬ rante il corso dello sviluppo del corpo, 1’ animale abbia avuto o no la possibilità di regolarsi perfettamente. Queste ricerche, quindi, sono tanto più interessanti quanto più numerose, perchè presentandoci il maggior numero possibile di esemplari così formati ed il maggior numero di esperienze che confermino i fatti studiati, ci permettono di venire a conclu¬ sioni che possono spiegare le variazioni e sulle quali il Przibram ha cosi sapientemente esposto le sue vedute nel suo interessante volume sulle rigenerazioni. Napoli - Stazione Zoologica, giugno 1931. — 375 — Riassunto L’A. studia le anomalie verificatesi in alcuni esemplari di Olindius Mallevi in seguito a rigenerazione. Ne deduce che esistono rapporti di dipendenza fra anomalie e rigenerazione che sono degne di studio, perchè danno la possibilità di spiegare alcune forme anomale che si riscontrano in natura. BIBLIOGRAFIA 1896. Agassiz , A. - Woodworth , M. — Some variation in thè genns Encope. Bull. Mus. Harward Coll. Voi. 30, p. 119. 1881. DAVJDOFF, M. — Ueber Teilungsvorgdnge bei Phialidium va¬ riabile. Zool. Anz. 4, Jahrg., p. 620. 1898. HARGITT, Ch. W. — Recent experiments on regeneration. Zool. Bull. Voi. 1, p. 27. 1899. — — Experimental studies upon hydromedusae. Biol. Bull. Woods Hole. Voi. 1, p. 35. 1902-03. HARGITT, G. F. = Notes on thè regeneration oj Gonionema. Ibidem, Voi. 4, p. 1. 1902-03. — — Notes on thè regeneration op Gonionema. Ibidem, Voi. 4, p. 7. 1899. MORGAN, T. H. — - Re generation hi thè hydromeduse Gonione- mus vertens. Amer. Nat. Voi. 33, p. 939. 1909. NEPPI, V. — Ueber anomalien der Medusen der Gattung Irene und Tima. Arch. Entw. Mech. Bd. 28, p. 368. 1913. NEPPI, V. u. STIASNY, G. — Adriatische Hydromedusen. Arb. Z. Inst. Wien. Bd. 20, p. 23. 1913. — — Zar Kenntnis der Teilungsstudien bei Phialidium variabile. Zool. Anz. Bd. 41, p. 241. 1918. — — Sulla rigenerazione nelle idromeduse. Ricerche spe¬ rimentali. Pubbl. Staz. Zool. Voi. 2, p. 191. 1919. — — Notizie riguardante alcune id-romeduse anomale. Boll. Soc. Nat. Voi. 31, p. 1 18. 1909. PRZIBRAM, H. — Experimental Zoologie. - 2. Regeneration. Leipzig und Wien. 1 Voi. Finito di stampare il 30 ottobre 1931. Il terremoto ìrpino del 23 luglio 1 930- Vili del socio Dott. Ester Ma j o (Con le Tav. 9 - 26) (Tornata del 12 agosto 1930) Nella notte dal 22 al 23 luglio 1930 -Vili alle lh 8m 44s del meridiano 15° E Gr. un terremoto disastroso venne a scuotere le alte valli del Calore, del Biferno, del Cervaro e dell' Ofanto coi loro terreni eocenici, pliocenici e quaternari e a propagarsi, oltre i baluardi calcarei dell'alto Appennino sino al Vesuvio e ai Campi Flegrei da un lato, oltre il bassopiano della Capitanata dall’altro, con un raggio medio di 100 Km. e con superficie for¬ temente scossa di oltre 36000 Kmq. I luoghi colpiti ebbero la visita di S. M. il Re, di S. A. R. la Duchessa d'Aosta, dell’ Inviato Pontificio, di S. E. il Ministro dei LL. PP., pronti soccorsi e più di tutto rapidi ed efficaci mezzi di ricostruzione. L’intensità e l’estensione del movimento, che anche in Napoli produsse considerevoli danni, mi ha persuasa a farne 1’ oggetto di una indagine alquanto estesa. Per il mio studio mi sono avvalsa, oltre che delle mie perso¬ nali osservazioni e delle notizie raccolte, dei grandi rilievi foto¬ grafici eseguiti nei voli di ricognizione ordinati da S. E. Balbo Ministro dell’ Aeronautica. Mi sembra però utile premettere un cenno geologico e descrittivo della regione. Nella storia geologica tre furono i sollevamenti principali delle nostre terre. Il primo si verificò verso la fine dell’èra primaria o paleozoica e quel moto fu accompagnato dalla formazione delle rocce granitoidi e porfiroidi della Calabria. Dopo di allora, — 27 - — 378 — sopragiunta l’èra secondaria o mesozoica, il mare occupò le nostre plaghe e nel fondo di esso si accumularono sedimenti triassici, giuresi, cretacei ed eocenici ; finché, verso la fine del periodo eoce¬ nico, tutta questa pila di circa otto chilometri di spessore, costituita da dolomiti, calcari, marne, argille, arenarie e conglomerati, comin¬ ciò a muoversi, sollevarsi, curvarsi, spezzarsi, mentre contempo¬ raneamente sgorgavano dal suo interno le rocce eruttive verdi, caratteristiche del cosidetto fleisch eocenico; e così venne a co¬ stituirsi l’impalcatura fondamentale del nostro Appennino. Su questo sali ancora una volta il mare, sino a più di 1000 metri di altezza e solo verso la fine dei periodo pliocenico cominciò l’ultimo movimento accusato da manifestazioni vulcaniche e rive¬ lato da terremoti regionali che scuotono ogni tanto le nostre contrade. 1 fattori essenziali della tettonica sono le fratture e le dislocazioni in senso verticale : rotture e sprofondamenti che si verificarono nel periodo terziario e nel quaternario più antico che precedette l’ultimo sollevamento deH'Appennino. Sull’interno mar¬ gine di rottura dell’Appennino, lungo le fratture periferiche secon¬ do cui s’inabissarono nel Tirreno i frantumi dell’ antica terra, in corrispondenza delle sinclinali e dei punti d’incrocio delle fratture marginali con quelle radiali, si sviluppò una grandiosa attività vulcanica. Nei punti in cui s’incontrano una frattura periferica ed una radiale il mantello roccioso della terra ha la minima resistenza ed ogni qual volta agisce una causa deformatrice, che può essere la contrazione dovuta al secolare raffreddamento deila terra, op¬ pure un’azione meccanica della massa pastosa sottostante, allora si verificano movimenti sismici. Nel caso attuale la linea di frattura periferica segue a un dipresso la dorsale dell’Appennino, passando per il Vulture, e la frattura radiale principale viene allo stesso Vulture, passando per il Vesuvio dal centro di inabissamento C del Mar Tirreno, alla profondità di circa 3700 in. a oltre 150 Km. al largo del Golfo di Napoli (Tav. 10, big. 2). A questo sistema di fratture sono dovuti tutti i terremoti che hanno interessato principalmente i settori verso Potenza Avellino, Benevento o Foggia. Le isole di Ponza e le Lipari poi si trovano verso il mezzo dell’avvallamento tirrenico : esse stanno nel punto di concorso d’un — 379 — sistema di fratture che s’incrociano presso l'isola principale delle Lipari, la Lipari ricca di crateri. Da quest’ isola centrale le frat¬ ture sembrano irradiarsi in tre direzioni principali indicate dagli allineamenti delle isole stesse: una per Stromboli va a finire verso la costa calabrese, un’altra procede parallelamente alla costa set¬ tentrionale della Sicilia, mentre la terza, perpendicolare alla costa medesima, la incontra al capo Calavà e prosegue verso 1' Etna. A questo sistema di fratture si devono i terremoti della Calabria e della Sicilia. Se poi si considera la ripartizione delle masse alla superficie della terra, è utile rilevare che sull'asse Gargano-Capri proprio sul punto più elevato dell’asse, si trova Ariano ed ivi vi è una debole anomalia positiva di gravità, anomalia che cresce sia verso l’Adriatico sia verso il Tirreno l). Lo spartiacque dell'Appennino meridionale consta per lunghi tratti di terreni pliocenici che raggiungono i 1000 metri, senza offrire notevoli disturbi nella loro stratificazione rimasta quasi sempre orizzontale, a differenza degli strati eocenici su cui si posano, sempre corrugati e a pieghe rovesciate verso la piatta¬ forma cretacea delle Puglie. Una vasta distesa di terreni cristallini emersi e di conglomerati composti di ciottoli granitici va, da Campobasso, intorno ad Aqui- lonia e al Vulture, sino a Vallo di Lucania. Dal pianalto di Cam¬ pobasso elevatesi a circa sette ottocento metri si stendono le colline formate di argille, argille scagliose, arenarie, molasse, marne ecc. del fleisch eo-miocenico nelle alti valli del frigno, del Biferno, del Tammaro, del Toppino e di altri affluenti del Fortore. A questo pianalto si attacca verso SO quello di Ariano, a circa sei-settecento metri, nel quale nascono il Fortore, il Cer- varo, il Misciano e 1’ Ufita, affluente del Calore. Le maggiori elevazioni, sulla pianura pugliese, oltrepassano i 1100 m. (Monte Cornacchia m. 1151 e Monte Crispiniano m. 1105). Tutti i paesi sono quindi molto alti. Ariano è costruita a circa 800 metri sopra un dorso pianeggiante di argille, sabbie e conglomerati pliocenici a strati orizzontali che l’erosione ha ristretto e ridotto ad orli ripidi. Quest’altura determina lo spartiacque fra i due 0 Rizzo, Q. B. — Lezioni di Fisica terrestre. Napoli, 1930. — 380 — mari : l'Adriatico e il Tirreno ; ed è scavalcata dalla strada fra la Campania e la Puglia, mentre la ferrovia l’attraversa a circa 550 metri in galleria. A SO di Ariano il bacino deH’Ufita forma una larga conca nella quale sorgono paesi distribuiti sulle alture: a questa conca convergono le strade da Avellino e da Benevento e salgono ripide verso la posizione dominante di Ariano. La sola valle del Cervaro dà adito, da Ariano, al piano quaternario della Capitanata. A diversa altezza, su arenaria miocenica, sono distri¬ buiti gli abitati di Panni. Greci, Bovino. Più a sud di Ariano si estende un vasto piano quaternario su cui l’Ofanto raccoglie le sue acque in una conca valli va, piatta, a quattro-cinquecento m. Lo spartiacque è formato da dorsi pianeggianti così verso il Calore come verso il Seie, oltre il quale si elevano ripide le masse do¬ lomitiche e calcaree mesozoiche deH’Appennino Campano, del Matese, del Taburno, del Partenio, del Terminio. del Celica, del Cervialto e del Polveracchio, da 1500 a 2000 metri sul mare, generalmente dirette da NO a SE , mentre vanno a congiungersi verso S coi monti della Lucania. Gli abitati di Lacedonia , Bisaccia e Aquilonia sono cir¬ coscritti alle maggiori elevazioni. Sulle colline eoceniche e plio¬ ceniche, presso il medio corso dell’Ofanto, s’erge solitario l’estinto vulcano quaternario del Vulture, che culmina al monte Pizzuto di Melfi con 1330 metri e domina il pianoro ondulato che co¬ stringe l’Ofanto a fare un largo giro a nord. L'area ricoperta dai prodotti delle eruzioni di questo antico vulcano è notevolmente più fertile del terreno di arenarie e di scisti argillosi da cui si eleva. I tufi vulcanici giallo-scuri si riscontrano fin presso Venosa. Tra i paesi che circondano il Vulture si notano: Rapolla, Barile, Rionero, Afelio e Melfi, che è il maggiore centro abitato e giace sopra un piccolo cono. La regione dell’ Appennino Meridionale è notevole per fre¬ quenza e intensità sismica. Tra i dati storici è utile ricordare il terremoto del 4-5 dicembre 1456 con grande area mesosismica da Aquila ad Acerenza; poi quelli ad area più ristretta del San- nio e dell’ I rpinia del 5 giugno 1688, 8 settembre 1694, 14 mar¬ zo 1702, 29 novembre 1732, del 26 luglio 1805 nel Matese e Molise; del 14 agosto 1851 del Vulture, del 16 dicembre 1857 in Lucania ‘). ') Baratta, M. — I terremoti d'Italia. Torino, Bocca, 1901 — 381 Già fu rilevato *) che qui a Napoli in un primo tempo cad¬ dero oggetti situati nel piano Est - Ovest e in un tempo suc¬ cessivo caddero oggetti situati presso a poco nel piano Nord - Sud e così furono avvertiti gli urti. Una interessante osservazione poi mi ha permesso dedurre la direzione della scossa e 1' accelerazione massima del movimento sismico a Napoli. Lungo le scale di accesso, all'Istituto di Fisica terrestre della R. Università di Napoli, al Largo S. Marcellino, 1' arena, prece¬ dentemente caduta durante il trasporto a spalla per lavori di asfalto ai solai, venne a disporsi in un particolar modo per effetto del movimento sismico. I granellini di sabbia , col loro allinea¬ mento sugli scalini individuarono un parallelogramma perfetto le cui misure sono riportate nella Tav. 9, Fig. 1. Con semplici considerazioni geometriche, relative alla variazione di lunghezza esistente tra le diagonali del rettangolo interno e le diagonali del parallelogramma esterno, riportate nel centro 0, con proce¬ dimento di composizione, ho rilevato la direzione IL che è risul¬ tata di: N Ò9C E, mentre il valore numerico, rilevato graficamente per l'accelerazione massima, dato da 01 risulta di cm. 19. 11 ricchissimo materiale fotografico della R. Aeronautica di cui ho potuto disporre mi ha dato la possibilità di eseguire una analisi accurata ed oinogena e quindi una sintesi comparativa prima sui rilievi pianimetrici, poi sui panoramici e infine sui prospettici. In tal modo e con l’integrazione delle altre osservazioni e notizie raccolte, ho potuto assegnare ad ogni località il grado corrispon dente all'intensità della scossa. La raccolta del materiale fotogra¬ fico è stata completata con alcune fotografie prese da me, con quelle rilevate per disposizione del Sovraintendente all' Arte Medioevale e Moderna per la Campania e con quelle dell’Istituto Nazionale l. u. c. e. Inoltre sulla scorta delle notizie ufficiali ho calcolato, per ogni località, la percentuale dei morti (°/0 M), e da tutto il complesso ‘) De Lorenzo, G. — U terremoto. “Gerarchia,, n. 8, agosto 1930. Oddone, E. — IL terremoto dell’ Irpinia del 23 luglio 1930. " L' Uni¬ verso „ n. 2, febbraio, 1931. Alfano, G. B. — Il terremoto irpino del 23 luglio 1930. Pompei, Tip. Longo, 1931. 382 — i valori percentuali delle case crollate (°/0 cr), delle case lesionate C70 les), di quelle che hanno resistito (° 0 res ). Per avere un mi¬ gliore criterio comparativo ho anche espresso il rapporto, tra le case lesionate e quelle crollate ( les cr) e 1’ altro tra le case che hanno resistito e quelle lesionate ( res les). 1 ali valori sono riportati nelle Tabelle che seguono con l’in¬ dicazione dell’ altitudine. 11 trasporto di tali valori sulla carta 1 : 500000 mi ha permesso tracciare le isosisrne indicate dalla Tav. 10, Fig. 2. Nell’ intento di seguire un criterio, per quanto è possibile oggettivo, ascrivo le scosse ai diversi gradi della scala Mercalli, quando le percentuali dei morti e delle case crollate o lesionate risultano comprese prospetto : fra i limiti che sono indicati nel seguente Grado Mercalli “/o M 7„ cr 7 „ les X da 10 a 4 da 75 a 25 da 25 a 75 (lesioni Erravi i IX da 4 a 0,1 da 25 a 5 da 75 a 25 lesioni sgravi) Vili < 0,1 da (cr< 5 a 1 )lli parziali' da 80 a 20 lesioni oonsid.) VII — - da 50 a 5 (lesione numerose) VI — — < 5 (lesioni leggere) 383 — Località Altitu¬ dine in metri 0/ / 0 M 0/ 0 cr 01 1 O Ics 0/ / 0 res les cr res les Intens. Scala Mf.bcai.li Villanova 731 Gl 65 35 _ 0 5 _ X Aquilonia 670 8.2 75 25 — 0.3 - » Lacedonia 734 3.7 42 58 — 1.4 — » T revico 1090 25 38 62 — 2.1 — IX S. Sossio 660 1.4 20 80 — 4 0 — » S. Nicola Baronia 610 1 1 21 64 15 3.0 0 2 » Vallata 870 0.1 8 60 32 7 5 0.5 » Castelbaronia 638 0.1 8 82 10 10.3 0.1 » Caritè 740 0 1 20 70 10 35 0.1 » Bisaccia 973 0 2 6 57 37 9.5 0.7 » Monteverde 740 0.4 9 60 31 6 7 0 5 » Melfi 498 1 2 22 72 6 3.3 0.1 » Rapolia 519 0.5 6 54 40 9 0 0 7 » Barile 600 0 4 8 58 34 7 3 0.6 » Zungoli 600 0.5 8 65 27 8.1 0.4 » Rionero 662 0.3 6 70 25 117 0 3 » Rocchetta S. Antonio 610 0 5 20 70 10 3.5 0 1 » S. Agata 760 0.2 7 78 15 11.1 0.2 » Accadia 624 0.8 14 72 14 5. 1 0 2 » Monteleone 850 0.2 10 72 16 7.2 0 2 » Anzano 760 0.1 12 55 26 1.6 0.4 » Montecalvo 623 1.2 23 77 — 3.4 - » Ariano 817 0.5 8 66 26 8.3 0.4 3> F'iumeri 638 0.4 16 72 12 4.5 0.2 » Benevento 135 — 1 40 43 40 0 1 5 VII! Apice 250 0.1 2 70 28 35 0 04 » Bonito 510 — 2 71 27 35 5 0 4 » Melito 240 — 4 70 26 17.5 04 > 384 — Località Altitu¬ dine i n metri O j M O 0 cr 0 ! 0 les 0 / / O res Ics cr res les Intens. Scala Mercalu Grottaminarda 405 _ 60 48 30.0 0.8 Vili .Mirabella 377 04 4 45 50 11.3 1.1 > Frigento 911 — 3 66 21 22.0 0.3 2> Calitri 530 - l 35 54 35 0 1 .5 » Ruvo 630 — 5 54 41 10.8 0.8 » S. Fele 962 0 1 3 63 34 2 1 .0 0.5 » Atella 500 0.1 3 82 1 5 27.3 0.2 » Faenza 836 — 1 18 SI 18.0 4.5 !> Rivacandida 620 — 4 80 16 20.0 0 2 » Venosa 412 — 1 14 85 14.0 6.1 » Palazzo S. Gervasio 400 — 1 19 80 19.0 4.2 >' Candela 515 0 1 3 65 32 21.7 0 5 » Ascoli Satriano 410 04 b 79 18 26 3 0.2 » Dcliceto 560 0.3 2 48 50 24 0 1.0 > Bovino 647 — 2 24 74 12 0 3.1 » Panni soo — 3 49 48 16.3 1.0 » Alontaguto 720 — ~ 6S 30 34 0 0.4 » Sa vignano 718 — 2 78 20 39.0 0.3 » Greci S25 - 2 62 36 31.0 0.6 * Castelfranco 760 — 2 64 34 32 0 0 5 » Buonalbergo 525 0.2 4 81 15 20.3 0.2 » S. Giorgio la Molara 663 — 2 26 62 13 0 2 4 » Pescolamazza 393 — i 40 59 40 0 1 5 > Paduli 350 — 2 72 26 360 0.4 J> S. Giorgio la Montagna 3S0 _ i 01 38 38 0 0.6 VII Montefusco 550 — — 53 47 — 0.9 » Montemiletto 576 — — 48 52 — 1 1 » Chiusano 620 — — 4 i 59 — 1 4 » Volturara irpina 687 29 71 — 2.4 » — 385 - Località Altitu¬ dine in metri 0 / / 0 M 0 / / 0 cr °/o les °/o res les cr res les Solofra 400 _ — 25 75 — 3.0 Atripalda 280 — — 24 76 — 3.2 Avellino 351 - — 48 52 - LI Montella 144 — - 36 64 — 1.8 Paternopoli 490 — 1 58 41 58.0 0.7 S. Angelo de’ Lombardi S70 — 1 48 51 480 1 1 Andretta 850 - — 58 42 - 0.7 Pescopagano 954 — — 48 52 — 1 1 Muro Lucano 415 — - 43 57 — 1 3 Acerenza 933 — — 52 48 — 1.0 Tolve 630 — — 53 47 — 0.9 Genzano 588 — — 71 73 — 2.7 Minervi 140 — — 45 55 — 1.2 Cerignola 124 — — 41 59 — 1 4 T roja 430 — — 33 67 — 2.0 Orsara 650 — — 38 62 — 1.6 Castelluccio 630 — — 39 61 — 1 6 Colle Sannita 748 — — 35 65 — 1.9 Pontelandolfo 525 — — 37 63 — 1.7 Cusano Mutri 500 — — 33 67 — 2.0 Guardia Lombardi 300 — 1 40 59 400 1.5 Telese 60 — — 33 67 — 2.0 Solopaca 200 — — 31 69 — 2.2 Caserta 80 — — 33 67 — 2.0 S Agata de’ Coti 159 — — 38 62 — 1.6 Airola 272 — — 37 63 — 1.7 Montesarchio 295 — — 41 59 — 1 4 Arienzo 250 - — 38 62 — 1 6 Cervinara 234 — — 26 74 — 2.8 Arpaise 350 — — 25 75 — 3.0 Intens. Scala Meiìcalli VII » » » > » » » » » » » » » » » » » » > y> » » » » » » » 386 — Località Altitu¬ dine in metri O l 0 M °/o cr o ! 10 les 0 / / 0 res les cr res les Intens. Scala Mercalli Conza Campania 608 — — 27 73 — 2.7 VII Altavilla 340 — — 53 47 — 0.9 » T a u ra s i 300 — — 49 51 — LO > Pratola Serra 300 - — 5S 42 — 0.7 » Aversa 39 — — 25 75 — 3.0 VI Sa rno 35 — — 25 75 — 3.0 > Baronissi 205 — — 22 78 — 3.6 » Napoli — — 20 so — 4.0 » Salerno — — 22 7S — 3.6 J) Castellammare Stabia — — 18 S2 - 4.6 » Sorrento 50 — — 12 SS — 7.3 » Pozzuoli 50 — — 20 80 — 4.0 T) Bagnoli irpino — — 24 76 — 3.2 » Campagna 350 — — 12 88 — 7.3 » Potenza — — LI 89 — 8.1 > Lucerà 240 — — 14 S6 — 6.3 » Poggia 74 — — 22 78 — 3.6 » Campobasso 730 — — 21 79 — 3.7 » — 387 Riassumo quindi i valori medi dei valori e dei rapporti con siderati nelle Tabelle in corrispondenza dei gradi della scala Mercalli : Scala Mercalli % M 7o er % les % res les/cr res jles Grado X 6.00 60 40 — 0.7 — - „ IX 0.60 13 68 19 5.2 0.3 „ Vili 0.04 3 55 42 18.3 0.8 „ VII — — 41 59 — 1.4 VI — — 19 81 — 3.3 Le isosisme indicate nella Tav. 10 , Fig. 2 sono ellissi deformate. Dove è stato possibile la direzione e il senso della scossa è indicata dalla freccia. A questo punto è utile rilevare che a Villanova , Ariano, Melfi e Benevento il senso fu ESE, a S. Nicola Baronia e ad Avellino NE, a Vallata E-O, a Napoli NE-SO. Al difuori dell’area epicentrale, avente l'asse principale pres¬ so a poco nella direzione ESE-ONO, e la lunghezza di circa 33 Km. , ho osservato che, nella direzione quasi perpendicolare SSO-NNE, le località : Trevico, San Sossio, San Nicola Baronia, Castelbaronia, Vallata, Flumeri, Carife e poi via via Mirabella Frigento ecc. da un lato e dall'altro Anzano, Accadia, S. Agata, Deliceto ecc. davano valori percentuali e valori dei rapporti an¬ zidetto tester e res\les nel senso di una maggiore intensità sismica in quella direzione. Tenendo conto anche della direzione princi¬ pale della scossa in alcune delle dette località , ho potuto con¬ cludere che il movimento sismico di maggiore in¬ tensità ebbe direzione ESE-ONO, ma che si produsse successivamente e si sviluppò all’uni¬ sono col precedente un altro movimento sismico di minore intensità e con direzione NNE-SSO. Dal movimento risultante l’impressione riportata in alcuni paesi : Accadia, Montecalvo, Ariano, S. Nicola Baronia, Calitri e Candela di scosse vorticose. Ad Accadia alcune case coloniche furono contorte. Ad Ariano, S. Sossio non una tegola dei tetti rimase a posto nell’ intonaco. Le ellissi disegnate sono quindi ellissi deformate nel senso che al sistema di ellissi che più o meno avrebbe potuto aversi 388 — per le isosisme relative al movimento principale si è sovrapposto il sistema minore di ellissi che avrebbero potuto aversi per le iso¬ sisme relative al solo movimento secondario, e tenuto conto anche di qualche particolare fattore locale sono pervenuta al siste¬ ma complessivo di isosisme come è indicato dalla Tav. 10, Fig. 2. L’asse maggiore del movimento secondario, che dà lo slar¬ gamelo della zona epicentrale nella direzione detta, è di km. 8 1 2. Complessivamente l’area epicentrale è rappresentata da una striscia lunga 33 Km. e larga Km. 5 lj2 con superficie di circa 182 Kmq. Molti crepacci si sono rilevati, paralleli alla catena appen¬ ninica e radiali, in particolare presso Villanova, Flumeri, Ariano, Vallata, Trevico, Bisaccia, Aquilonia, Melfi, Rocchetta S. Anto¬ nio, S. Giorgio di Puglia, Tocco Gaudio, ecc. Ho corredato il mio lavoro di una chiara documentazione fotografica atta ad illustrare quanto ho esposto. Seguì, com’è noto un importante periodo di repliche e si ebbero interessanti fenomeni. Diverse sorgenti ebbero un au¬ mento di portata : così per le sorgenti minerali di Telese e per le sorgenti potabili di Caposele *) che alimentano l'acquedotto Pu¬ gliese (aumento del 3 °/0 circa) mentre nei Campi Flegrei venne ad aumentare per breve periodo 1 attività endogena 2). Riguardo poi alle condizioni atmosferiche antecedenti al terremoto è utile rilevare che la distribuzione barica, da princi¬ pio irregolare , ebbe in poche ore una brusca diminuzione :J). Sapendo che la variazione barometrica di un centimetro supera il carico di centomila tonnellate per Kmq. è ovvio pensare che una variazione di carico su estesa superficie, ovvero agendo con diverso valore del gradiente su regioni co ntigue a fratture possa favorire la rottura dell 'equilibrio e quindi essere la causa conco¬ mitante !) del movimento sismico. l) Celentani Ungaro, P. — Effetti del terremoto irpino del 23 luglio 1930 -Vili, sulle opere dell' Acquedotto Pugliese. L’Ingegnere. Riv. Tecn. Settembre 1931. -) Majo, E. — / fenomeni geofisici flegrei susseguenti al terremoto irpino del 23 luglio 1930 -V III . Boll. Soc. Natur. voi. 43, Napoli, 1931. ) Boll. Meteor. e Aer. dell' Ufficio Presagi del Ministero dell' Aeron. 24 luglio 1930 -Vili, N. 206. ’) Omori, F. — Notes of secondar y causes of Earthquak.es. Builetin of thè Imp. Eart. Inv. Comm. Voi. II, N. 2, 190S. 389 — Riassunto Dopo un cenno geologico e descrittivo della regione scossa il 23 luglio 1930- Vili vengono riportate alcune osservazioni atte a determinare la direzione e l’intensità della scossa a Napoli. Uno studio analitico particolareggiato è stato eseguito sui grandi rilievi fotografici eseguiti nei voli di ricognizione della R . Aero¬ nautica e integrato con le notizie raccolte allo scopo di pervenire al tracciamento delle isosisme. Sulla scorta delle notizie ufficiali vennero calcolate per ogni lo¬ calità le percentuali dei morti, dei crolli, degli edifici lesionati e di quelli che resistettero e inoltre i due rapporti : les/cr e reslles coi relativi limiti e valori medi in corrispondenza dei gradi della Scala Mercalli. Si perviene alla conclusione che il movimento sismico di mag¬ giore intensità ebbe la direzione ESE-ONO, e a questo ne successe immediatamente un altro, di minore intensità, con direzione NNE- SSO. Si accenna pure aU’aumento dell’attività endogena dei Campi Flegrei per effetto del terremoto e alla variazione barica come causa concomitante del terremoto stesso Spiegazione delle Tav. 9-26. Fig. 1. — Pianta della scala di S. Marcellino con orientamento. II paralle¬ logramma di contorno al rettangolo del corpo centrale di fabbrica è dato dall'allineamento dei granellini di sabbia. Graficamente è rilevata la direzione della scossa: N68".8F e il valore dell’ ac- celerzione : 01 = OI’ = cm. 19. „ 2. — (Cartina piccola). Sistemi di fratture a cui si devono i movimenti sismici dell’ Italia Meridionale e della Sicilia Settentrionale. (Cartina grande) Le isosisme del terremoto irpino del 23 luglio 1930- Vili. Sono rappresentate da un sistema di ellissi deformate. L’ area epicentrale ha 1’ asse principale presso a poco nella dire¬ zione ESE-ONO e la larghezza di circa 33 km. Lo slargamento nella zona anzidetta nella direzione SSO-NNE è di km. 8 1/2. Alcuni rilievi pianimetrici della R. Aeronautica. Si rileva l’entità dei crolli. Fig. 3. — Aquilonia. „ 4. — Bisaccia. „ 5. — Flu meri. „ 6. — Rapolla. „ 7. — S. Nicola Baronia. „ 8. — Monteverde. Alcuni rilievi panoramici della R. Aeronautica. Crolli sugli appicchi - frane - scoscendimenti, scalature del terreno. Fig. 9. — Aquilonia. „ 10. — Lacedonia. „ 11. — Rocchetta S. Antonio. „ 12. — Monteverde col suo Castello. „ 13. — Melfi col suo Castello. „ 14. — Rapolla, in fondo è Barile. Alcuni rilievi prospettici della R. Aeronautica. Con la visione dei crolli. Fig. 15. — Ariano. ,, 16. — Flumeri. „ 17. — S. Sossio. Le piccole piramidi. Sono gli accampamenti provvisori. „ 18. — S. Sossio. — 391 Fig. 19. — Castelbaronia. „ 20. — Vallata. La copertura della Chiesa è crollata. „ 21. — (R. Sopraìntendenza) Aquilotiia. Portichetto seicentesco, avente già muratura di tompagno alle arcate Notevole dissesto nella parte superiore delle colonne e sul cornicione. „ 22. — Lacedoma. Alcune rovine. Opera di sgombero e di salvataggio. „ 23. — (R. Sopraìntendenza) S. Nicola Baronia - Chiesa madre. Volta e parete sono completamente crollate. La costruzione era fatta di malta e cosiddette « mummarelle », specie di pietre arrotondate. „ 24. — Melfi. Altre rovine. „ 25. — (R Sopraìntendenza) Montecalvo Irpino - Chiesa madre. Portale cinquecentesco della Cappella del Sacramento. Oravi lesioni e danneggiamento. „ 26. — Melfi. Alcune rovine. „ 27. — (R. Sopraìntendenza) Ariano Irpino - Cattedrale. Facciata cinque. centesca con scalinata e tre portali sormontati da bassorilievi. A destra il Campanile. „ 28. — (R. Sopraìntendenza) Vallata. 11 portale della Chiesa (v. fig. 20), dissesto dell' arcata. „ 29. — Arienzo. Chiesa dell' Annunziata. Spostamento della Cupola per cedimento di un pilastro di sostegno. „ 30. — (l. u. c. e.) Aquilonia. Panorama e primi soccorsi. „ 31. — (l. u. c. e.) Ariano. Panorama, primi lavori. „ 32. — (l. u. c. e.) Villanova. Panorama : ricostruzione. Finito di stampare il 24 novembre 1931. Studi sulla bioluminescenza batterica. X. - Azione dei batteri luminosi sulla germinazione dei semi del socio Prof. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 6 giugno 1931) Introduzione. Allo scopo di compiere ulteriori ricerche sulle proprietà dei batteri luminosi, dei quali mi occupo da varii anni , ho voluto studiare l’azione da essi esercitata sulla germinazione dei semi. Possono i semi sotto l'azione della luce dei fotobatteri germinare? È degna di rilievo questa germinazione? È identica la germi nazione nei semi sottoposti alla luce dei fotobatteri ed a quella dei raggi solari , o alla luce diffusa ? I varii problemi che venivo man mano proponendomi ho cercato di affrontarli come meglio ho potuto. Dopo una lunga serie di esperienze , durate due anni , son potuto venire alla conclusione che la luce dei fotobatteri agisce sulla germinazione dei semi, ma per una serie di esperienze di controllo, collaterali, ho dovuto anche prospettarmi la presenza di altri fattori che entrano in gioco nell'esperienza ; fattori che si riconnettono alle più recenti ricerche di biologia sperimentale, voglio dire a quelle del Gurwitsch e dei numerosi biologi che si sono occupati dell'argomento. Le difficoltà che si incontrano durante le ricerche non sono lievi e varii sono i dubbi che sorgono sulla natura dei fenomeni che si presentano alla osservazione. Esporrò in questo lavoro tutte le ricerche compiute, tutta la tecnica adoperata e riporterò i riassunti dei protocolli , confidando che essi possano portare nuova luce sui problemi, dei quali ho fatto avanti cenno. - 28 - — 394 — Materiale di studio e tecnica adoperata. Ho adoperato i semi di Eruco sativa , Raphanas sativus, Brassica rapa , (Crocifere) ; Lactuca sativa , Cichoriurn intybus, (Composite) '). 1 batteri luminosi sono quelli ricavati dall’organo luminoso di Sepiola intermedia Naef e propriamente il Bacillus pierantonii Zirp. Ho usato anche il Bacillus sepiae Zirp. isolato dal mantello di Sepia officinali L. Le culture dei fotobatteri adoperate sono di varia età: da quelle di poche ore a vecchie culture di varii giorni. 1 semi delle varie piante venivano accuratamente scelti ed, in numero determinato, messi in vaschette di 62 mm. di dia¬ metro ed alte 12 mm. In queste vaschette mettevo sul fondo del cotone idrofilo imbevuto di acqua potabile e poi al disopra un disco di carta bibula. Su di questa spargevo i semi delle varie piante. La carta bibula era messa allo scopo di evitare che le radici delle piantine s’infiltrassero nel cotone idrofilo , onde sarebbe stato difficile prendere in seguito le relative misure. Al di sopra di queste vaschette, così preparate, capovolgevo le placche di Petri, contenenti le culture dei bacilli luminosi, to¬ gliendo, naturalmente, il coperchio della scatola di Petri. La di¬ stanza della cultura luminosa dalla superficie dei semi era di circa 8 mm. all’inizio delle esperienze, ma, nei giorni successivi, come si verificava l’accrescimento delle piantine, era necessario, con speciali dispositivi, portare le placche sempre più in alto, onde mantenere le distanze ed evitare anche che gli estremi delle piantine toccassero le culture luminose. Le vaschette venivano tenute in luogo semibuio o alla luce diffusa del sole. Non tutti i semi hanno avuto sempre lo stesso sviluppo, nè nello stesso numero di giorni si è potuta constatare l’azione dei bacilli luminosi sulle singole specie in germinazione. Un minimo di cinque giorni per i semi di Eruco sativa ed un massimo di dodici giorni per quelli di Raphanus sativus sono stati necessarii per ottenere lo sviluppo confrontabile con i semi tenuti come controllo, senza risentire l'azione dei batteri luminosi o all’oscuro, o alla luce diffusa, o sotto l’azione di sostanze luminescenti. ') Già in un altro lavoro ho dato alcuni risultati preliminari. Le ricerche sono state ripetute, allargate e controllate e riferite per esteso nel presente scritto. - 395 — Ricerche personali. Esperienze eseguite su Eruca sativa. Eruco sativa. — 22 esperienze sono state eseguite con i semi di Eruco sativa e propriamente sono state fatte osservazioni su circa 1100 semi. Di questi circa 500 sono stati sottoposti alla luce dei fotobatteri , circa 250 sono stati tenuti alla luce diffusa del sole, circa 250 in camera semibuia e circa 10<> sotto l’azione di sostanze luminescenti. I semi di questa pianta si sviluppano facilmente. Sotto l'a¬ zione dei batteri luminosi essi hanno dimostrato di sentirne su¬ bito gli effetti. Infatti il loro accrescimento medio è stato di mm. 14,52, dopo appena 5 giorni dalTinizio dell'azione dei bat¬ teri luminosi. Nei dieci lotti di semi sottoposti all' esperimento in 49 semi c’è stato un accrescimento in media di mm. 14,9 ; in 99 di mm. 14,7 ; in 149 di mm. 14,6; in 50 di mm. 14,5; in 50 di mm. 14,4; in 51 di mm. 14,3; in 48 di mm. 14,2. Riporto nella seguente tabella i valori in mm. delle singole piantine sviluppate. In questa come nelle altre tabelle che seguiranno, la prima co¬ lonna indica il numero progressivo, e le altre successive i valori in mm. delle piantine sviluppate sotto l'azione dei batteri luminosi. Semi di Eruco sviluppatisi sotto l’azione dei batteri luminosi. N. 1. lotto 2. lotto 3. lotto 4. lotto 5. lotto 6. lotto 7. lotto 8. lotto 9. lotto 10. lotto d'orci 111 ITI. mm. mm. mm. mm. mm. mm . 111 111 . mm. mm. 1 23 20 20 21 20 20 21 25 oo 21 •> 22 20 20 20 20 20 20 19 20 20 3 21 20 20 20 19 20 19 18 19 20 4 20 19 20 19 19 20 19 18 19 19 .) *20 19 20 19 19 20 19 18 18 18 6 20 19 20 18 19 19 18 17 18 18 / 20 18 19 18 18 19 18 17 18 18 8 20 18 19 18 18 19 18 17 18 18 9 20 18 19 17 18 19 18 17 18 10 19 18 18 17 18 18 17 17 17 18 11 19 18 18 17 18 18 17 16 17 17 12 19 18 17 17 18 18 17 16 17 17 - 396 — N. 1 1. lotto 2. lotto 3. lotto 4. lotto 5. lotto 6. lotto 7. lotto 8. lotto 9. lotto IO. lotto d'ord. min. min. min. mm. mm. mm. mm. mm. mm. mm. 13 18 18 17 17 17 17 16 lo 17 17 14 18 17 17 17 17 17 16 lo 17 17 15 18 17 17 16 17 17 16 16 lo 17 16 17 17 16 lo 17 17 lo 15 lo 17 17 17 17 16 16 17 17 16 15 16 17 18 17 17 16 16 17 16 16 15 16 10 19 17 17 16 10 16 10 15 15 16 16 20 Ir» lo 16 16 16 lo 15 15 lo 16 21 15 16 16 16 16 16 15 15 10 16 •>o 15 16 15 15 lo 16 15 15 15 10 o o 15 16 15 15 16 15 15 15 15 16 24 14 16 15 15 16 15 15 15 15 16 25 li 16 15 15 16 15 15 15 15 lo 20 14 16 1 1 15 16 15 15 15 15 15 27 1 1 lo 1 4 15 16 14 14 15 14 15 28 14 10 14 15 15 1 4 14 15 14 15 29 14 15 14 14 1 1 14 14 15 14 15 30 14 15 14 1 1 1 1 14 14 15 14 15 31 14 15 14 14 1 1 14 1 4 15 14 14 32 14 15 14 14 1 1 13 12 1 1 14 14 33 12 15 13 14 14 13 12 1 4 14 1 4 34 12 14 13 14 12 12 12 14 13 12 35 12 14 12 14 12 12 12 1 4 13 11 36 12 14 12 14 12 12 12 12 13 11 37 12 13 12 12 12 12 12 12 12 11 38 12 12 12 12 12 lì 12 12 12 1 1 39 12 12 12 12 11 11 12 12 10 11 40 11 11 11 12 1 1 11 12 12 10 11 41 11 11 11 12 11 11 12 12 10 11 42 11 11 10 11 11 11 12 12 9 11 43 11 11 10 11 11 11 12 12 9 11 44 10 11 9 10 10 10 12 11 7 11 15 10 10 9 10 10 10 10 10 7 11 46 10 9 9 10 10 9 10 10 7 10 17 9 9 9 10 10 9 10 9 6 10 48 8 9 6 9 10 9 10 9 0 9 49 / 8 9 9 8 10 9 9 50 l 8 8 9 9 6 51 6 8 — 397 — Come si vede , nella surriferita tabella sono stati segnati prima i valori più alti e poi gli altri minori. In alcune esperienze, come quelle del lotto 8° qualche seme si è sviluppato in modo straordinario. Ciò evidentemente dipende da quella forza insita nel seme, per cui, molte volte, noi vediamo che alcuni semi, an¬ che nei terreni comuni , possono avere uno sviluppo più vigo¬ roso di altri. Ma, in generale, in tutte le altre esperienze si vede che i semi hanno avuto notevolissimo sviluppo. Esperienze di controllo sui semi di Eruco. Tre serie di esperienze di controllo ho eseguito per vedere se l'accrescimento dei semi sotto l'azione dei fotobatteri avesse subita o no una influenza qualsiasi. Una prima serie di esperienze 1’ ho compiuta facendo svi¬ luppare i semi di Eruco , messi nelle stesse condizioni speri¬ mentali, in camera semibuia, senza l'azione dei fotobatteri, anzi lontani da questi. Un'altra serie di esperienze di controllo 1' ho eseguita facendo sviluppare i semi alla luce diffusa del sole ed una terza tenendo i semi sotto l’azione di sostanze luminescenti. Quest’ultima esperienza era forse la più importante e conclusiva. Infatti si sa dalle esperienze di Harvey, di Munerati e di altri '). che i semi tenuti sotto l'azione continua della luce si sviluppano più rapidamente. Ciò forse dipende dal fatto che la continuità e persistenza della luce facilita lo sviluppo dei semi. Ed allora, dato che i batteri emettono luce continua, era facile pensare che lo sviluppo maggiore notato nelle piantine, sottoposte alla loro azio¬ ne, dovesse dipendere dalle radiazioni luminose, più che da altri fattori di natura differente e dei quali ho già avuto occasione di parlare. Ecco perchè l’esperienza compiuta con sostanze lu¬ minescenti, che emettono continuamente la luce, era un’esperienza non trascurabile , per meglio stabilire la natura e la causa dei fenomeni in esame. 1 ) Cfr. Zirpolo Q. — L' influenza della luce artificiale sullo sviluppo delle piatite. Riv. Fis. Mat. Se. Nat. Voi. 5, fase. 4, 1931. — 398 — Semi sviluppati in ambiente semibuio senza l’azione dei fotobatteri. In cinque lotti comprendenti 263 semi sono state eseguite esperienze contemporaneamente. L’ accrescimento dei semi di Eruco è stato rispettivamente di mm. 11,0; 10,7; 10,3; 9,7; 9,3. In media si è avuto un accrescimento di mm. 10,20 , mentre sotto l’azione dei fotobatteri si è avuto un accrescimento medio di mm. 14,52 ; si tratta di uno sviluppo maggiore di mm. 4,5. Riporto anche qui la tabella nella quale come nella prece¬ dente, si possono seguire le variazioni di accrescimento. ]. 2m 3. 4. 5. ì. 2_ 3. 4. 3. N. lotto lotto lotto lotto lotto i\ . lotto lotto lotto lotto lotto d'ord. mm. mm. inni. mm. timi. d'ord. mm. mm. inni. mm. 111 111. 1 19 20 18 17 19 30 ii io 8 8 - ') 19 19 18 lo 18 il li 10 8 8 7 ;» 18 19 17 10 18 >■> io io 8 8 7 4 17 17 17 ! 5 15 >3 io 9 8 8 - 5 17 10 17 15 15 34 9 9 8 8 / (i 10 16 15 15 \ò "> ) 9 ! 1 8 8 7 i 16 10 1 5 1 1 1 1 0 9 9 7 / <; 8 10 10 15 14 13 37 8 8 7 7 0 !» 10 15 15 13 13 18 8 8 ì ( 0 10 16 li 1 1 13 13 19 8 8 l 7 0 11 1.5 14 li 13 13 40 8 8 / i 0 12 15 14 13 13 12 il 8 8 7 0 . ) 13 1 1 14 13 12 12 12 8 8 i 0 5 14 14 14 13 12 12 43 l / / 0 . i 15 14 14 13 11 11 44 / 1 li 5 7) lo 14 li 13 11 11 45 7 i 0 5 5 17 14 13 12 11 11 40 / 7 0 7) 7> 18 14 13 12 11 11 47 7 / 11 , > 7) 19 13 12 11 10 1 1 48 6 t 7) 4 4 20 13 12 11 10 10 49 0 i 5 4 4 21 13 12 11 10 10 50 0 0 7) 1 4 22 13 12 11 10 10 51 0 11 — — — oo 12 11 li 9 10 52 0 0 — — — 24 12 11 11 9 9 53 0 0 — — — •) *5 12 11 9 9 9 54 5 0 — — — 20 1 1 1! 9 9 9 55 ,) 0 — — — 97 ~ i 11 11 9 9 9 50 5 4 — — — 28 11 11 9 9 / 57 — 4 — — — 29 11 11 8 8 é - 399 — Semi di Eruco sviluppati in ambiente a luce solare diffusa. In cinque lotti furono divisi 255 semi, e posti a germinare in ambiente a luce solare diffusa. I semi si svilupparono rispet¬ tivamente di mm. 7,9; 8,0; 8,0; 8,1 ; 8,3. In media si ebbe un accrescimento di mm. 8,06. Come si vede l’ accrescimento dei semi alla luce diffusa è stato inferiore anche a quello dei semi sviluppati all’oscurità. Ciò dimostra che neppure la luce naturale agisce allo stesso modo come quello dei batteri luminosi. Riporto nella seguente tabella i singoli valori di accresci¬ mento dei semi in mm. M i. 2_ 3. 4. 5. N. 1. 2. 3. 4. 5. cT ord. lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto d' ord. mm. mm. mm. mm. mm. 111 111. mm. mm. min. min. ì 13 1.3 13 13 12 29 8 8 8 8 7 •> 1 *> 13 13 12 11 10 8 8 8 8 7 3 12 12 12 12 11 ! 1 8 8 l 8 7 ì 11 12 12 12 11 ><•) 8 8 7 8 / 5 11 12 11 11 11 )• » 8 ( 7 8 i 0 11 11 11 11 10 il 8 7 / i t i 11 11 1 1 j i 10 35 8 i 7 7 i 8 11 11 11 io 10 3(j 8 / < t 6 1) 10 11 10 10 9 > / i 7 7 n 6 10 10 10 10 10 9 >8 7 i 0 7 6 11 10 10 10 10 9 19 7 7 0 7 6 12 10 10 10 lo 9 40 / 7 0 6 6 1:; 9 9 10 9 9 11 i 0 6 6 6 14 9 9 9 9 9 42 i 6 0 6 0 15 9 9 9 9 9 13 i 6 6 (i 6 lo 9 0 9 9 9 14 7 0 0 0 7) 17 9 9 9 9 9 45 i 5 6 5 5 18 9 9 9 9 8 16 7 5 5 5 5 19 9 9 9 9 8 17 0 5 7) 5 5 20 9 9 9 9 8 18 0 5 5 5 5 21 0 9 8 9 8 49 6 r> 5 5 4 O ) 9 8 O 8 8 50 () — ,) .1 — 2:{ 8 8 8 8 8 51 6 — i — — •) 1 8 8 8 8 8 52 6 — — — 25 8 8 8 8 8 53 6 — — — — 2« > 8 8 8 8 8 54 6 — — — — - i . 28 8 8 8 8 8 8 8 8 8 ò5 5 — 400 — Semi di Eruco sviluppati sotto l’azione di sostanze luminescenti. Oltre cento semi furono divisi in due lotti e sottoposti con¬ tinuamente all' azione di sali luminescenti. L’ esperienza aveva lo scopo di eliminare il più che possibile una causa di errore. Studiare se l’effetto osservato nelle prime esperienze, allorché i semi erano sottoposti all’azione dei fotobatteri, fosse dovuto alla continuità della luce o ad altro fattore. Era quindi necessario utilizzare una luce che non fosse molto intensa, ma che si equi¬ valesse per il colore e per l’intensità a quella dei batteri lu¬ minosi. La sostanza luminescente venne acquistata a Parigi presso 1’ “ Agence Générale des Sels de Zinc Phosphorescents „ e spal¬ mata sul fondo di capsula di Petri, onde adoperarla più facil¬ mente nelle esperienze in corso. I risultati sono stati dirò decisivi, perchè lo sviluppo dei semi ha raggiunto una media di 9,9 mm. Come si vede molto lontana da quella ottenuta nei semi sottoposti ai batteri lumine¬ scenti (14,52 !). N. d’ ord. i. lotto 2# lotto N. d' ord. ì. lotto mm. 2# lotto N. d’ ord. i. lotto mm. 2 lotto mm. mm. mm. mm. 1 18 17 19 12 li 37 8 / 6 } 17 lo 20 12 li 38 8 7 3 17 10 21 11 il 39 8 i 4 16 15 •>) 11 10 10 7 7 5 10 15 23 11 10 41 7 / 0 ir, 15 24 11 io 42 r7 7 / 15 14 25 11 9 43 7 / 8 15 1 1 26 10 y 44 0 7 9 1 1 14 27 10 9 45 6 6 10 14 li 28 10 9 40 6 0 11 14 13 29 10 9 47 0 0 12 1 1 13 30 10 8 48 5 6 In li 12 31 9 8 49 5 6 14 18 12 32 9 8 50 5 5 ir. 13 12 33 9 8 51 5 5 ir, 13 12 3 4 9 8 52 — 5 17 12 11 35 8 8 18 12 11 36 8 / — 401 Riassumendo, quindi, quanto avanti è stato detto si deduce che l’accrescimento dei semi sottoposti all'azione dei fotobatteri è stato di mm. 14,52, in quelli fatti sviluppare al buio di mm. 10.20, in quelli sviluppati alla luce solare diffusa di mm 8,06 ed in quelli sottoposti alle sostanze luminescenti di mm. 9,9. Se quindi si volesse pensare al fenomeno del maggiore accrescimento come causato dalla continuità della luce emanata dai fotobatteri, dalle esperienze di controllo con sostanze luminescenti appare evidente che almeno questa causa è da escludersi, altrimenti non si sarebbe dovuto avere una differenza di ben mm. 4,62 di dif¬ ferente accrescimento. Esperienze eseguite su Lactuca sativa. Oltre cinquecento semi di Lactuca sativa furono adoperati per esperienze comparative. Essi furono divisi in quattro lotti: alcuni sottoposti alla luce di batteri luminosi, altri tenuti in ambiente semibuio senza irra¬ diazione di batteri , altri alla luce diffusa del sole ed altri sotto T azione delle sostanze luminescenti. Lo sviluppo dei semi di questa pianta è stato più lento : dopo sette giorni dall'esperienza ho potuto fare le misure con i seguenti risultati : i semi sottoposti alle radiazioni di batteri lu¬ minosi sono cresciuti in media di mm. 11,87. Quelli tenuti in ambiente semibuio, senza l'azione dei fotobatteri, di mm. 10,1 ; quelli tenuti alla luce diffusa ed anche senza 1’ azione dei foto¬ batteri di mm. 10,2 e finalmente quelli tenuti sotto l’azione di sostanze luminescenti di mm. 9,9. Come si vede anche i semi di Lactuca sativa risentono sen¬ sibilmente l’azione dei fotobatteri. Semi sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri. Oltre duecento semi furono divisi in quattro lotti. L'accre¬ scimento dei semi è stato in media rispettivamente di mm. 12,2; 12,1 ; 11,50, 11,1 per i quattro lotti ed in media si è avuto un accrescimento di mm. 11,87. Devo aggiungere che nei due ul- — 402 — timi lotti si è avuto un accrescimento minore perchè essi furono sottoposti a batteri vecchi di sei giorni. Il che starebbe a dimo¬ strare che la diminuita vitalità di essi, riferibile anche alla mi¬ nore luminosità, spiega il più lento accrescimento notato. \T ì. 2. 3. 4. N. ì. 2, 3. 4. d’ ord. lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto d’ ord. mra. min. min. mm. mm. mm. mm. mm. 1 17 17 15 15 32 li io 12 li 9 16 15 15 15 33 io io 12 li 3 IO 15 15 15 34 io 10 12 il 4 lo 15 15 15 35 10 10 12 il 5 15 15 15 15 36 io 10 12 n 6 15 13 15 15 37 10 10 12 li 7 14 13 15 11 38 10 9 12 il 8 11 13 15 14 39 10 9 12 li 9 14 12 lo 1 1 40 10 9 12 li 10 13 12 11 1 l 41 9 8 12 io J 1 13 12 li 11 42 9 8 11 10 12 13 12 11 14 43 9 8 11 IO 13 13 12 14 14 44 9 7 11 10 14 12 12 14 13 45 9 7 11 10 lo 12 12 11 13 46 8 7 11 lo 10 12 12 11 13 47 8 — 11 10 17 12 12 1 1 13 48 8 — 11 9 18 12 12 14 13 49 7 — 11 9 19 12 11 11 12 50 / 10 9 20 12 11 13 12 51 — — 10 — 21 12 11 13 12 52 -- — 10 — 22 12 11 13 12 53 — — 10 — 23 12 11 13 12 54 — — 10 — 24 11 11 12 12 55 -- — 10 — 25 11 11 12 12 56 — — 10 — 26 11 11 12 12 57 — -- 10 — 27 11 11 12 12 58 — — 9 — 28 11 11 12 12 59 — — 9 — 29 11 11 12 12 60 — — 8 — 30 11 11 12 12 61 — — 8 — 31 11 11 12 12 — 403 — Semi sviluppati in ambiente semibuio senza l'azione dei fotobatteri. Due lotti comprendenti 100 semi sono stati tenuti in am¬ biente semibuio , lontani dai batteri luminosi. Si è notato un accrescimento medio di mm. 10,0 e 10,3 ed in media di 10,15. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. ord i. lotto mm. 2. lotto mm. 1 Il 12 2 11 12 3 13 12 4 13 12 5 12 12 (i 12 12 / 12 12 8 12 12 9 12 12 10 12 12 11 11 11 12 11 11 13 11 11 14 11 11 15 11 11 1G 11 li 17 II II N. ord. i. lotto mm. 2. lotto mm. 18 Il li 19 IO II 20 IO li 21 10 11 22 10 II 23 10 li 24 10 IO 25 10 10 26 10 IO 27 10 IO 28 IO 10 29 10 10 30 IO 10 31 IO 10 32 9 10 33 9 10 34 9 10 N. ord. 1. lotto mm. 2. d’ ord mm. 35 9 IO 30 9 io 37 9 9 38 9 9 39 9 9 40 9 9 41 8 9 42 8 9 13 8 9 44 8 9 45 8 9 40 8 !) 47 1 9 48 7 8 49 7 8 50 7 8 Semi sviluppati alla luce diffusa del sole senza l’azione dei foto batteri. Oltre 100 semi furono divisi in due lotti e tenuti in am¬ biente a luce solare diffusa. L’accrescimento medio per ciascun lotto è stato di mm. 10,4 e 10,0. In media si è avuto un accre¬ scimento di mm. 10,2. — 404 Nella tabella che segue sono dati i singoli valori trovati. N. d’ ord. ì. lotto 2# lotto N. d’ ord. ì. lotto 2. lotto N. d’ ord. ì. lotto 2. lotto mm. mm. mm. mm. mm. mm. 1 14 13 21 n il 41 9 9 2 13 13 OO 1 1 10 40 9 9 3 12 12 23 il 10 43 9 9 4 12 12 24 n 10 44 9 9 5 12 12 25 u 10 45 9 8 0 12 12 26 il 10 4i) 9 8 7 12 12 2? n 10 4? 9 8 8 12 12 28 io 10 48 9 8 9 12 12 29 io 10 49 9 — 10 12 12 30 10 10 50 9 — 11 12 12 31 10 10 51 9 — 12 12 11 32 10 10 52 9 — 13 12 11 33 10 10 53 9 — 14 12 11 34 10 10 54 8 — 15 18 11 35 10 9 55 8 — 16 12 11 36 10 9 56 8 — 1? 12 11 3? 10 9 57 8 — 18 12 1 1 38 10 9 58 8 — 19 12 11 39 10 9 59 8 — 20 12 11 40 10 9 Semi sviluppati sotto l’azione delle sostanze luminescenti. Cento semi furono divisi in due lotti e sottoposti alle stesse sostanze luminescenti adoperate per i semi di Eruco. Si ebbe un accrescimento per ciascun lotto di mm. 10,0 e 9,8 ed in me¬ dia di mm. 9,9. 405 — Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori trovati. Riassumendo, si può, dalle tabelle precedenti, dedurre che i semi di lactuca sativa dimostrano anch’essi, sebbene un po’ più limitatamente, l'azione dei fotobatteri. Difatti mentre sotto l’azione di questi si ha un accrescimento medio di mm. 11,87 ; in quelli sviluppati al buio di mm. 10,15; in quelli sviluppati alla luce solare diffusa di mm. 10,2 ed in quelli sottoposti all’azione delle sostanze luminescenti di mm. 9,9. C’ è quindi una differenza, non molto notevole, ma pur evidente, ai fini delle nostre ricerche. Esperienze su Brassica rapa. 1 semi di Brassica rapa mostrano una grande sensibilità ai fotobatteri. Dopo circa sette giorni dall’inizio delle esperienze essi hanno avuto uno sviluppo tale da poter fare le misure. Oltre cinquecento semi di Brassica rapa furono divisi in cinque lotti. Quelli sottoposti alla luce di fotobatteri crebbero di mm. 20,9, quelli fatti sviluppare in ambiente semibuio senza l’azione dei fotobatteri crebbero di mm. 12,7 ; quelli fatti sviluppare alla luce ordinaria, senza l'azione dei fotobatteri di mm. 16,7 e quelli — 406 — sottoposti all’azione di sostanze luminescenti crebbero di mm. 12,05. Come si vede esiste una notevole differenza fra i semi sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri da tutti i controlli ; anzi i semi sviluppati sotto l’azione di batteri poco luminosi si sono sviluppati alquanto più, il che sta a provare che il fattore luce non può sempre invocarsi come l’acceleratore dell’accrescimento dei semi, ma che cause differenti devono provocare il fenomeno. Semi sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri. Oltre duecento semi furono divisi in quattro lotti e sotto¬ posti all’azione dei fotobatteri. L’accrescimento è stato in media di mm. 21,0; 19,8; 21,5; 21,5, ed in media di mm. 20,9. 1 due ultimi lotti furono sottoposti a batteri luminosi a luce alquanto fioca. Ciò dimostra che la luce non ha un’ importanza grande come fattore determinante lo sviluppo dei semi. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. J. 2. 3. 4. N. 1. 2. 3. 4. lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto lotto d’ ord. mm. min. mm. mm. d' ord. mm. mm. mm mm. 1 30 29 31 35 29 20 21 21 21 2 29 27 30 30 30 20 20 21 21 3 28 27 28 29 31 20 20 20 21 4 27 26 27 28 oO 20 20 20 21 5 27 25 2(3 27 33 20 20 20 21 6 25 25 2(> 26 34 20 20 20 21 i 25 24 25 26 35 19 20 20 20 8 24 24 25 25 36 10 19 20 20 9 24 24 25 25 37 19 19 20 20 10 24 24 24 25 3S 19 19 10 19 1 1 24 24 24 25 39 18 18 19 19 12 23 23 21 24 40 18 18 19 19 13 23 O'J 24 24 41 18 16 19 18 14 23 90 23 24 42 18 1(3 18 18 15 23 Oo 23 24 43 18 16 18 18 1(3 23 23 23 22 44 16 15 18 18 17 22 22 22 22 45 16 14 18 18 18 22 22 22 22 46 16 14 18 IX 19 oo 22 22 22 47 16 1 l 17 18 20 22 22 22 48 15 14 17 18 21 *>•} •>o 22 22 49 15 14 15 18 22 21 22 21 22 50 15 14 15 18 23 21 22 21 22 51 — 13 — 18 24 21 22 21 21 52 — 12 — 15 25 21 2Ì 21 21 53 — 12 — 15 2(3 21 21 21 21 54 — 12 — 11 27 21 21 21 21 ! 55 — ! 1 — — 28 20 21 21 21 ! — 407 — Semi sviluppati in ambiente semibuio. Oltre cento semi furono divisi in due lotti e tenuti in ca¬ mera semibuia. L’accrescimento medio avuto per i singoli lotti è stato di mm. 12,6 e 12, 9 ed in media di mm. 12,7. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. J’ord. ì. lotto min. 2. lotto mm. N. d’ord. ì. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. ì. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. ì. lotto mm. 2. lotto mm. 1 20 20 14 16 16 27 12 12 40 8 10 o 20 19 15 15 16 28 12 12 41 8 9 3 20 lo 16 15 15 20 12 12 42 8 9 4 18 18 17 15 15 30 12 12 43 8 9 5 18 18 18 14 14 31 12 12 41 8 9 0 18 18 lo 14 14 32 1 1 1 1 45 7 8 7 18 17 20 14 lt 33 1 1 1 1 46 7 8 X 17 17 21 14 14 34 1 1 1 1 47 8 9 17 17 22 14 14 35 1 1 1 1 18 7 8 10 17 17 28 13 13 36 1 1 1 1 49 / 7 11 17 16 24 13 13 37 1 1 1 1 50 6 12 17 16 25 12 13 38 9 10 51 6 — 13 17 16 26 12 12 39 9 10 Semi sviluppati alla luce solare diffusa. In due lotti furono distribuiti cento semi e tenuti alla luce diffusa del sole. L’accrescimento medio per ciascun lotto è stato di mm. 16,2 e 17,3. In media di mm. 16,7. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. — 408 — N. J'ord. 1. lotto mm. lotto mm. N. d’orci. i. lotto mm 2. lotto mm. N. d’ord 1. lotto mm. 2. lotto mm N. d'ore!- 1. lotto mm. 2_ lotto mm. 1 25 20 14 18 18 / lo io 49 14 U o 25 24 15 18 18 28 lo io 4 1 13 li o 21 oo 16 18 17 29 lo io 12 12 13 4 21 21 17 17 17 30 15 10 43 12 13 5 20 21 18 17 17 31 15 15 41 12 13 6 20 20 19 17 17 32 15 15 45 12 13 / 20 20 20 17 17 33 15 15 40 1 1 12 8 20 20 21 17 16 34 15 15 47 10 12 9 20 20 22 16 16 35 15 15 48 10 12 10 20 19 OO 10 16 36 15 15 49 8 10 1 1 19 19 24 lo 10 3 / 15 14 50 7 10 12 19 19 25 10 16 38 14 14 18 18 18 20, 10 10 39 14 14 Se m i s v i 1 u p p a t i sotto 1 ’ a z i o ri e d i s 0 stanze luminescenti. In due lotti furono divisi 100 semi e sottoposti alle stesse sostanze luminescenti usate per i precedenti semi. L’accrescimento medio per ciascun lotto è stato di mm. 12,0 a 12,1 ed in media di mm. 12,05. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. J’ord ì. lotto mm. 2. lotto mm. N. i’orrì ì. lo ttc m ni. lotto mm. N. d’ord. 1. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. 1. lotto mm. 2. lotto m m . ì 19 li) 14 15 15 27 12 il 40 8 9 2 18 19 15 15 15 28 12 il 41 8 8 3 18 18 10 1 1 14 29 11 il 42 / 8 4 18 13 17 li 14 30 11 il 43 / 8 K 18 18 18 1 1 14 31 11 il 44 / 6 17 17 19 14 13 32 11 il 45 / i 17 17 20 13 13 33 11 io 40 0 l 8 17 17 21 13 13 34 11 10 47 0 1 9 17 17 *» 13 12 35 9 10 48 0 0 10 17 10 23 12 12 30 9 10 4!) 6 0 11 10 10 24 12 12 37 9 9 50 0 6 12 10 10 25 12 12 38 8 9 13 15 15 20 12 12 39 8 9 — 409 — Riassumendo : anche per Brassica rapa si sono verificati analoghi effetti che per i precedenti semi. Difatti sotto l’azione dei fotobatteri si è avuto un accresci mento medio di mm. 20,9 ; per i semi sviluppati alla luce solare di mm. 16,7 ; per quelli sviluppati al buio di mm. 12,7, e per quelli sviluppati sotto l' azione delle sostanze luminescenti di mm. 12,05. Come si vede vi è una differenza fra la prima e l'ultima esperienza di mm. 8,85; e fra la prima esperienza e quella della luce solare di mm. 4,2. Evidentemente non è la luce dei fotobatteri quella che provoca l’accrescimento, bensì un altro fat¬ tore che ha un’importanza ben più notevole nelle esperienze in corso. Esperienze su Cychorium intybus. Circa cinquecento semi di questa pianta furono divisi in quattro lotti. Quelli sottoposti ai fotobatteri sono cresciuti di mm. 21,95; quelli tenuti in ambiente semibuio senza l’azione dei fotobatteri di mm. 14,2; quelli fatti sviluppare alla luce dif¬ fusa del sole senza l’azione dei fotobatteri di mm. 10,5 e quelli sottoposti alla radiazione delle sostanze luminescenti di milli¬ metri 11,95. Le misure furono prese dopo 9 giorni dall’inizio dell’e¬ sperienza. Come si vede dai dati medii su riportati l'accrescimento dei semi di questa pianta è stato notevolissimo e sopratutto appare evidente la grande differenza che passa fra i semi sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri e le esperienze di controllo. Nelle tabelle che seguono riporto i dati singoli così come ho proceduto per le precedenti esperienze. Semi sviluppati sotto l'azione dei fotobatteri. Circa duecento semi furono divisi in quattro lotti e sotto¬ posti all'azione dei fotobatteri. L' accrescimento medio per cia¬ scun lotto fu di mm. 22,4; 21,8; 21,8; 21,8 ed in media di mm. 21,95. - 29 - — 410 — Anche questi semi , come si vede, subirono un ritmo acce¬ lerato nel loro accrescimento. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. d’ ord. ì. lotto ratti 2. lotto mm. 3. lotto rum. 4. lotto mm. N. d' ord. 1. lotto mm. 2. lotto mm. 3. lotto mm. 4. lotto mm. 1 29 29 28 27 26 22 22 22 21 2 28 28 97 27 27 22 22 21 21 3 28 27 27 27 28 22 22 21 21 4 27 27 26 26 29 22 21 21 21 5 27 26 26 26 30 21 21 21 21 6 26 26 26 25 31 21 21 21 21 7 26 26 25 25 32 21 21 21 21 8 26 25 25 25 33 21 21 21 21 9 25 25 25 25 34 21 21 21 21 10 25 25 24 24 35 21 21 20 20 11 25 25 24 24 36 21 21 20 20 12 25 25 24 24 37 21 21 20 20 13 25 25 24 24 38 21 21 20 20 14 24 24 24 24 39 20 21 20 70 15 24 24 23 23 40 20 21 20 20 16 24 24 23 23 41 20 20 18 19 17 24 23 23 23 42 20 20 19 18 18 23 23 23 22 43 19 20 19 18 19 99 22 99 22 44 19 20 19 18 20 23 22 22 22 45 19 18 18 18 21 23 99 22 22 46 18 18 18 17 22 22 99 99 22 47 18 18 18 16 23 22 >2 99 22 48 18 18 17 16 24 99 22 | 22 22 49 17 18 17 — 25 99 2 9 j 22 1 22 50 17 15 10 — — 411 Semi sviluppati in ambiente semibuio. Cento semi furono divisi in due lotti. L’ accrescimento me¬ dio per ciascun lotto è stato di 14.2. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. d'ord ì. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. i. lotto mm. 2. lotto miri. N. d'ord. 1. lotto min. 2. lotto mm. N. d’ord. i. lotto mm. 2. lotto mm. 1 21 20 14 •16 16 27 14 14 40 12 12 2 19 19 15 16 16 28 14 14 41 12 12 Q O 19 19 16 16 16 29 14 14 42 11 11 4 19 18 17 16 16 30 13 13 43 11 11 5 18 18 18 16 16 31 13 13 44 11 11 6 18 18 19 15 15 32 13 13 45 11 10 i 17 17 20 15 15 33 13 13 46 11 10 8 17 17 21 15 15 34 13 12 47 11 9 9 17 17 22 15 15 35 12 12 48 10 8 10 17 17 23 15 14 36 12 12 49 10 8 11 16 17 21 15 14 37 12 12 50 9 i 12 16 16 25 1 1 14 38 12 12 13 16 16 26 14 1 1 39 12 12 Semi sviluppati alla luce solare diffusa. Cento semi furono tenuti in laboratorio , alla luce diffusa del sole e divisi in due lotti. L’accrescimento medio per ciascun lotto è stato di mm. 11,0 e 10,0 ed in media di 10,5. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. — 412 — N. d’ore! . ì. lotto mm 2. lotto mm. N. d’ord 1. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord i. lotto mm. 2# lotto mm N. d’ord ì. lotto mm. 2. lotto mm. 1 il 15 14 12 12 27 11 ii 40 10 9 2 14 14 15 12 12 28 11 il 41 10 9 3 1 1 li 16 12 12 29 11 il 42 10 9 4 14 13 17 12 11 30 11 il 43 10 9 ;) 13 13 18 12 11 31 11 io 44 19 8 o 13 13 19 12 11 32 11 10 45 9 8 7 13 13 20 12 1! 33 11 10 40 1) 8 8 13 12 21 12 11 34 11 10 47 9 8 (j 13 12 •» 12 11 35 11 10 48 7 t 10 13 12 90 ■Co 12 11 36 11 10 49 i t 11 12 12 24 11 11 37 lo 10 50 1 1 12 12 12 25 11 11 38 10 9 13 12 12 20 11 11 39 10 9 Semi sviluppati sotto l’azione delle sostanze luminescenti. Cento semi furono divisi in due lotti e sottoposti alle stesse sostanze luminescenti usate per i precedenti esperimenti. L'accre¬ scimento medio per ciascun lotto fu di mm. 12,0 e 11,9 ed in media di 11,95. Nella tabella che segue riporto, al solito, i singoli valori. N. d’ord. 1. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. 1. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. ì. lotto mm. 2. lotto mm. N. d’ord. i. lotto mm. 2, lotto mm. 1 io 10 14 13 13 27 12 12 40 10 io 9 16 15 15 13 13 28 12 12 41 10 10 3 15 15 10 13 13 29 12 12 42 10 10 4 15 15 17 13 13 30 12 11 43 10 10 5 15 15 18 12 13 31 11 11 44 10 10 6 14 14 19 12 13 31 11 1 1 45 10 10 / 14 14 20 12 12 33 11 11 46 10 10 8 14 14 21 12 12 34 11 11 47 9 9 9 14 14 22 12 12 35 11 11 48 9 9 10 14 14 23 12 12 30 11 11 49 9 9 11 14 14 24 12 12 37 11 11 50 9 8 12 13 13 25 12 12 38 11 11 13 13 13 20 12 12 39 11 10 — 413 — Riassumendo : anche per i semi di Cychoriiitn intybus si sono verificati notevoli fenomeni di accrescimento. I semi tenuti sotto l’azione dei fotobatteri sono sviluppati di mm. 21,95; quelli tenuti sotto l’azione delle sostanze luminescenti di mm. 11,95. Vi è quindi una differenza di mm. 10 : ciò che conferma sempre più ciò che ho detto nelle pagine precedenti. Anche per i semi sviluppati alla luce diffusa si è avuto un accrescimento di mm. 10,5 con una differenza in rapporto a quelli sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri di mm. 11,90! Esperienze sui semi di Raphanus sativus. Anche il Raphanus sativus dimostra sensibilità all’azione dei fotobatteri. Oltre trecento semi furono divisi in tre lotti. Quelli sottoposti all'azione dei fotobatteri crebbero di mm. 19.1. Quelli fatti sviluppare alla luce diffusa di mm. 17,5 a quelli sviluppati sotto l’azione di sostanze luminescenti di mm. 16.0. Le osserva¬ zioni furono fatte dodici giorni dopo l' inizio delle esperienze. Sotto l’azione dei fotobatteri si è avuto un accrescimento mag¬ giore, anzi, come si vedrà dai risultati particolari, in un’esperienza si ebbe un accrescimento di mm. 21,9. Nelle tabelle che seguono sono riportati i singoli dati. Semi sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri. Oltre centocinquanta semi di Raphanus sativus furono di¬ visi in tre lotti. La media di accrescimento per ciascun lotto fu di mm. 21,9; 18,3 e 17,1 ; in media si ebbe un accrescimento di mm. 19,1. Nella tabella che segue sono riportati i singoli dati di ac¬ crescimento. 414 N. d’ ord. ]. lotto 2. lotto 3. lotto N. d’ ord. ). lotto 2 lotto 3. lotto min. rara, mm. mm. mm. in m. 1 33 31 29 27 22 18 15 •> 32 29 28 28 22 18 15 3 32 28 28 29 22 18 15 4 32 28 27 30 22 17 15 5 31 27 27 81 22 17 15 6 29 27 25 32 22 17 15 i 29 27 23 33 20 16 15 8 27 25 23 34 20 16 15 9 27 25 23 35 20 16 1 1 10 27 24 22 36 18 15 14 11 26 23 •>2 37 18 15 13 12 26 23 22 38 18 15 12 13 20 22 22 39 17 14 12 14 26 22 21 40 16 12 12 15 25 20 20 41 16 12 12 16 25 20 20 42 16 12 12 17 25 20 20 43 15 12 12 18 25 20 20 44 15 10 10 19 25 20 19 45 14 10 10 20 25 19 18 40 14 10 10 21 24 19 18 47 14 10 10 22 24 18 17 48 14 9 10 23 24 18 17 49 14 9 10 24 24 18 16 50 12 8 9 25 24 18 15 51 12 — — 26 22 18 15 52 12 _ _ — 415 — Semi sviluppati alla luce solare diffusa. Oltre 100 semi furono divisi in due lotti. L' accrescimento medio di ciascun lotto fu di mm. 17,8 e mm. 17,2. In media si ebbe un accrescimento di mm. 17,5. Nella tabella che segue sono riportati i singoli valori. N. ì. 2 N. ì. 2. N. ì. 2. N. ì. 2# lotto lotto d’ord lotto lotto d’ord lotto lotto lotto lotto d’ord. d’ord. mm. mm. mm. mm. mm. mm. mm. mm. 1 31 32 15 19 20 28 17 17 41 13 1 4 2 29 28 10 19 20 29 17 17 42 12 14 3 29 27 17 19 18 30 17 17 43 12 14 4 28 25 18 18 18 31 16 16 44 12 12 5 27 24 19 18 18 oo 16 16 45 11 12 (j 27 24 20 18 18 33 15 16 46 11 11 25 24 21 18 18 34 15 16 47 11 11 8 25 24 22 18 18 35 15 15 48 11 11 9 25 21 23 17 17 36 15 15 49 9 11 10 24 21 24 17 17 37 14 15 50 9 10 11 21 20 25 17 17 38 14 15 51 — lo 12 21 20 26 17 17 », 1 1 14 52 — 9 13 21 20 27 17 17 40 13 14 53 — 9 14 19 20 ì i Semi sviluppati sotto l’azione delle sostanze luminescenti. Oltre cinquanta semi furono sottoposti all’esame delle so¬ stanze luminescenti già dette. L' accrescimento medio fu di mm. 16,0. Nella tabella che segue sono dati i singoli valori. — 416 — N. ì. N. 2 Torci lotto mm. cVord lotto mm. 1 22 15 18 o •» 16 18 o 21 17 18 4 21 18 18 ,j 21 19 18 0 20 20 18 / 20 21 17 8 20 22 17 9 19 23 17 10 19 24 17 11 19 25 17 12 19 26 17 13 19 27 17 14 18 N. Torci. 3. lotto mm. N. d’orci. 4. lotto mm. 28 16 41 14 29 16 42 14 30 16 43 14 31 16 41 13 32 16 45 13 33 16 46 11 34 15 47 11 35 15 48 10 36 15 49 10 37 15 50 9 38 15 51 9 39 15 52 8 40 li 53 ! 8 Riassumendo : per quanto le esperienze sul Raphanus sativus siano state più ridotte, pure i risultati ottenuti non si discostano molto dagli altri precedenti. Difatti l'accrescimento dei semi di Raphanus è stato di mm. 19,1 per quelli sviluppati sotto l'azione dei fotobatteri, e di mm. 15,0 per quelli sviluppati sotto l'azione delle sostanze luminescenti, esiste quindi una differenza di mm. 3,1. Ciò che conferma quanto sono venuto esponendo nelle precedenti pagine. — 417 — Discussione dei risultati ottenuti. Le ricerche finora compiute sull’ azione che gli agenti chi¬ mici e fisici esercitano sulla germinazione dei semi sono nume¬ rosissime. Non dirò dei varii sali adoperati, che la bibliografia in proposito è ricca di lavori interessanti. Basti scorrere un po’ i trattati e gli Atti di Riviste di Botanica per poter vedere l'im- mensa serie di publicazioni. In questi ultimi anni le ricerche sono state sopratutto con¬ dotte sull’azione dei raggi X, dei raggi ultravioletti, sulle correnti indotte, sulla luce naturale dispersa, sulla luce artificiale di varia potenza, sui circuiti oscillanti alla Lakowsky, sull’ azione delle onde corte... Dopo la scoverta delle radiazioni mitogenetiche, dovute al biologo russo A. Gurwitsch e delle quali già mi sono occupato in varii lavori di sintesi e originali , ho creduto estendere le ri¬ cerche in quel senso. Alcuni Autori (I. M. Magrou, Choucroun, Baroni, Sewertzowa) hanno adoperato culture di Saccaromiceti o di B. tamefaciens ed hanno osservato che la loro azione su altri organismi è sensibile. Io ho voluto studiare se i batteri luminosi esercitassero una qualche azione sugli altri organismi. Già ho descritto in un pre¬ cedente lavoro i fenomeni che si verificano allorché si mettono a contatto i batteri luminosi con uova di Echinodermi fecondate artificialmente. Io ho dovuto escludere che la maggiore attività nello sviluppo dei blastomeri fosse dovuta dalla luce , e ciò in base alle esperienze di controllo e per le quali rimando i lettori a quel lavoro. Nel presente studio, del quale ho già dato un cenno nel succitato scritto, ho voluto vedere se i batteri luminosi eserci¬ tassero un’azione qualsiasi sullo sviluppo dei semi. Dichiaro su¬ bito che le ricerche non sono state eseguite nel senso di vedere se la luce da essi emanata agisse in quanto tale o come feno¬ meno di fototropismo *). Queste ricerche già sono state compiute l) Questo fototropismo potrebbe forse meglio chiamarsi b i o f o t o - tropismo per distinguerlo da tutti gli altri come eliotropismo, se¬ ie notropismo. — 418 ed anche in trattati di Botanica non mancano belle illustrazioni in proposito *). lo ho voluto prescindere dalle radiazioni luminose , ma ho voluto studiare, in particolar modo, altri fenomeni, ho voluto cioè vedere se da questi batteri si sprigionassero radiazioni di altra natura e propriamente le mitogenetiche. Questa ricerca mi è stata suggerita da una serie di considerazioni che credo qui esporre per giustificare il mio lavoro. Innanzi tutto si trattava di batteri da me isolati dagli organi simbiotici di Sepiola inter¬ media. Noi sappiamo che negli organi luminosi di questo sepio- lide di profondità vi si annidano questi batteri e vi si accrescono. Noi crediamo che la loro funzione sia quella di illuminare l'am¬ biente, di difendere l’animale, ecc. Ma è proprio questo solo il fenomeno simbiotico? Se fosse così non si saprebbe spiegare come mai altri animali che pur vivono in profondità non sem¬ pre sono luminosi. C’è da pensare che da questi microrganismi debbano — oltre questi fenomeni finora a tutti così apparsi — sprigionarsi altre radiazioni, di ben altra natura che arrechino altre attività alle cellule. Noi non possiamo entrare nell’intimo del fenomeno, che è troppo complesso, ed i nostri mezzi di ri¬ cerca non sono ancora nella possibilità di metterlo in evidenza, ma se le cose sono a determinato scopo adattate, bisogna pur pensare che questi batteri che sono annidati in questi organi e che si trasmettono ereditariamente, debbano pur avere funzioni ben determinate. D’altra parte il fenomeno simbiotico, dopo le ricerche fon¬ damentali del Pierantoni, ha oggi preso un così largo svi¬ luppo da far pensare alla sua generalità , ciò che orienta le nostre cognizioni in altro senso e verso altre mète. Quando noi pensiamo a tutta la sterminata serie di insetti che ha organi simbiotici , nei quali si annidano forme di organismi che com¬ piono funzioni così svariate, quando pensiamo che non c’è grup¬ po di animali che non presenta qualche specie fornita di questi organi, dobbiamo realmente ritenere che si tratta di complesse ') Cfr. il bel libro del Vaccari L. — Come vivono le piante, p. 279, fig. 630, 8a Ediz., Lattes, Torino 1931. 419 cause che fanno convivere organismi così disparati, ma che pur si perpetuano nello spazio e nel tempo. Noi sappiamo che, se diminuisce la flora batterica nel no¬ stro organismo, esso va soggetti a malanni gravi. La convi¬ venza è una necessità, si dice, ma dopo la scoverta delle radia¬ zioni mitogenetiche noi possiamo anche pensare all’attività non solamente chimica, ma anche fisica che questi organismi eserci¬ tano sugli altri e sui tessuti in contatto dei quali essi vivono. 11 problema delle radiazioni mitogenetiche è posto da pochi anni, ma già la bibliografia è imponente e nonostante alcune ri¬ serve o alcuni lavori negativi e tutte le critiche che si vogliano fare, pure noi non possiamo estraniarci da alcuni fenomeni e non possiamo non considerarli nell’ambito delle nostre ricerche, per poter trovare sempre nuovi legami fra i varii fatti che si presentano al nostro studio ed alla nostra considerazione. Ora nel caso in particolare dei batteri luminosi, ho pensato, tenuto conto delle considerazioni precedenti, di vedere se da essi si sprigionassero radiazioni tali da attivare cellule in accresci¬ mento. Ottenuti risultati positivi per le uova di Echinodermi, volsi il mio studio allo sviluppo dei semi. Le obbiezioni che mi andavo presentando via via, durante la preparazione del mio studio, erano non lievi, ed io ho cercato di mettermi nelle mi¬ gliori condizioni sperimentali eseguendo una serie di esperienze di controllo. Io ho pensato pure se la luce fosse la causa principale dell'ac- crescimento maggiore dei semi tenuti sotto l’azione di fotobatteri. Ed allora in esperienza di controllo ho tenuto semi alla luce diffusa del sole. I risultati appaiono evidenti. Nei semi di Eruco sativa, dopo cinque giorni dall’inizio dell’esperienza, mentre quelli sot¬ toposti all’azione dei fotobatteri si erano sviluppati di mm. 14,52, quelli fatti sviluppare alla luce diffusa del sole si erano accresciuti di appena mm. 8,06. C’è quindi una differenza di mm. 6,46. Anche i semi sviluppati in ambiente semibuio hanno avuto un accrescimento di mm. 10,20. Nè questi risultati si sono avuti solamente per Eruco sativa. Per Lactuca sativa si sono avuti i risultati rispettivi di mm. 12,15 per i semi sviluppati sotto l’a¬ zione dei fotobatteri e di mm. 10,2 e 10,2 per quelli sviluppati alla luce diffusa o in ambiente semibuio. Così parimenti in — 420 — Brassica rapa , dopo sette giorni, ho potuto notare i seguenti accrescimenti medii : mm. 20,4 per i semi sottoposti di batteri, mm. 16,7 per quelli sviluppati alla luce diffusa, e mm. 12,7 per quelli sviluppati in ambiente semibuio. Per Cychorium intybus si sono avuti rispettivamente i valori di 21,95, 10,5 e 11,95, a se¬ conda che i semi si sono sviluppati sotto l’azione dei fotobatteri o della luce solare diffusa o delle sostanze luminescenti e per Rap/ianus sativus di mm. 19,1 , 16,0, a seconda che i semi si sono sviluppati sotto l’ azione dei fotobatteri o delle sostanze luminescenti. Come si vede non si può dire che sia l'azione della luce, sebbene scialba, quella che ha azione sullo sviluppo dei semi. Ma un’obbiezione ') grave mi veniva però dalle ricerche di Harvev, di Munerati e di altri botanici. Questi avevano otte¬ nuto un accrescimento notevolissimo di piante sottoponendo i semi alla luce artificiale continua. Data la scialba luminosità che si emette da culture di foto¬ batteri, luce viva in sè, ma scialba in rapporto a quella naturale ed a quella artificiale, io non ho potuto sottoporre i semi a luce artificiale continua. Ho dovuto pensare ad una luce continua che avesse la stessa intensità luminosa ed anche il colore di quella emanata dai batteri luminosi. Ho adoperato così , dopo molte prove, delle placche sul cui fondo spalmavo le sostanze lumi¬ nescenti, quelle che si adoperano per illuminare i quadranti degli orologi, o immagini varie. La luce verdina rispondeva perfetta¬ mente allo scopo. Ho sottoposto varii lotti di semi a questa luce e contemporaneamente sottoponevo gli altri lotti alla luce diffusa del giorno o a quella dei fotobatteri. 1 risultati sono stati quanto mai conclusivi. I semi di Eruco sativa sono cresciuti di mm. 9,9 sotto l'a¬ zione delle sostanze luminescenti, mentre sotto l’azione dei bat¬ teri sono cresciuti di mm. 14,52. 1 semi di Lactuca sativa di mm. 9,9 sotto l’azione delle sostanze luminescenti, mentre sotto l’azione dei fotobatteri di mm. 12,15, quelli di Brassica rapa rispettivamente di mm. 12,05 e 20,4. Quelli di Cychorium in - 1 ) Dei lavori del Munerati e di altri già mi sono occupato in un lavoro di sintesi e rimando a quello per ulteriori notizie. — 421 tybus di mm. 11,95 e 21,95. Quelli di Raphanus sativus di mm. 16,0 e 19,1, Come si vede anche qui le differenze sono notevoli. Nè può invocarsi il fattore chimico, cioè lo sprigionarsi di sostanze vo¬ latili capaci di compiere tali fenomeni. Come appare da ricerche molto recenti della scuola del Castaldi gli agenti chimici inibi¬ scono e non favoriscono talvolta i fenomeni in esame. Le esperienze sono state variate in tanti modi e sono state eseguite anche con vecchie culture emananti odori caratteristici, ma esse non hanno infirmate le ricerche. I batteri luminosi che io vado studiando da oltre due lustri e sui quali ho potuto compiere le più varie esperienze dimo¬ strano una vitalità non comune. Tenuti per circa nove mesi fuori il contatto dell’ossigeno sono vissuti benissimo e quando ii ho rimessi di nuovo in presenza di questo gas hanno ripigliato la luce. Sottoposti alle più basse temperature finora possibili nei nostri laboratorii hanno perduto la luminosità durante il tempo dell' azione del freddo , ma poi 1’ hanno ripigliata. Sottoposti a quantità determinate di bromuro di radio hanno attivata la loro luce. Con i più svariati sali hanno dimostrato una resistenza straordinaria, specialmente con quelli di magnesio. È possibile che questa loro grande attività si possa esplicare anche meglio con emissione di onde , del genere di quelle di Gurwitsch paragonate ai raggi ultravioletti di A = 2000 Ang. e che siano capaci di produrre quei fenomeni dei quali ho fi¬ nora discorso. Conclusioni. Da quanto è stato esposto nelle precedenti pagine si de¬ sume : 1. — I semi di Eruco sativa , Lactuca sativa , Cychoriunt intybus, Brassica rapa, Raphanus sativus risentono notevolmente l’azione dei fotobatteri, in quanto essi hanno maggiore sviluppo in confronto dei controlli, cioè di semi fatti sviluppare o in ambiente luminoso o sotto l’azione di sostanze luminescenti. 2. — In base alle esperienze di controllo si deduce che non è la luce dei batteri da invocarsi come fattore determinante — 422 il maggiore sviluppo dei semi tenuti sotto la sua azione, bensì altre radiazioni emanate dai batteri stessi , radiazioni che pos¬ sono bene identificarsi con le radiazioni mitogenetiche di Gur- witsch. Napoli - Stazione Zoologica , giugno 1931. Riassunto L'A. descrive gli esperimenti compiuti sull’azione dei batteri lu¬ minosi sulla germinazione dei semi di alcune piante. Egli ha potuto constatare che i semi tenuti sotto 1’ azione della luce solare, o sotto quella di sostanze luminescenti o all'oscuro germinavano meno di quelli tenuti sotto l’azione dei fotobatteri. L’A. ritiene che dai batteri fotogeni si emanino radiazioni di natura tale da accelerare i processi di cariocinesi , radiazioni che si possono ritenere simili a quelle stu¬ diate dal Gurwitsch. BIBLIOGRAFIA 1926. BARON, M. — Ueber Mito gene fische Strahlung bei Protisten. Arch. Entw. Mech. Bel. 108, p. 617, 3 figg. 1929. — — j Rine mitogenetische Makroeffect. Naturwiss. Bel. 17, p. 541. 1931. CASTALDI, L. — Ulteriori studii sulle radiazioni «mitogene¬ tiche ». I. Bibliografia. Pubbl. Staz. Biol. S. Bartolomeo in Cagliari. N. 25, pp. 12. (Cfr. in questo lavoro la bibliografia quasi completa sull’argomento). 1931. GURWITSCH, A. — Die Intensitàt mitogenetischer Strahlung und das Zustandekommen des mitogenetischen Effekts. Naturwiss. p. 423. 1931. — — Die Fundamentalen Gesetze der mitogenetischen Erre gang. Arch. Exper. Zellforsch. Bd. 11, p. 3. 1932. — — Die mitogenetische Strahlung. 1 Voi. pp. 381, 70 figg. Berlin, Spinger. (Questo volume m’ è pervenuto mentre davo il «si stampi » ed in esso l’A. riferisce ampiamente sulle mie ricerche). 1927. MAQROU J. — Recherches sur les radiations mitogénétiques. Bull. Hist. Appi. Tome 4, p. 253. 1928. — — Action à distarne du B. twnefaciens sur le dévelop- pement de l’oeuf d’oursin. C. R. Ac. Se. Tome 186, p. 802. 1929. Magrou J., Maqrou M. et Choucroun. — Action à dtstance du Bacterium twnefaciens sur le développement de l'oeuf d’oursin. Bull. Inst. Océanogr N. 536. 1924. MUNERATI, O. — Dal seme al seme in esctusiva luce artifi¬ ciale. Atti R. Ist. Ven. Se. lett. Art. Voi. 83, p. 751. Venezia. 1929. — — La possibilité d’ obtenir plusieurs générations de Beta vulgaris dans Vespece d’ un année. Zeitschr. Indukt. Abstamn. Vererb. Bd. 49, p. 163. 1929. Sewertzowa, L. B. — Zar Froge der Mitogenetischen Strali - len. Ueber den Einfluss der mitogenetischn Strahlen auf die Vermehrung der Bakterien. Biol. Centr. Bd. 49, p. 212. 1931. — — Influence du ruyonnement mitogénétique sur la ri¬ lesse de multiplication des Bacteries. Annales Inst. Pasteur. Tome 46, p. 337. 1918. ZlRPOLO, G. — / batteri fotogeni degli organi luminosi di Sepiola intermedia NAEF. Boll. Soc. Nat-, Voi. 30, p. 206. Tav. 6. 1920. — — Studi sulla bioluminescenza batterica. I. Azione de¬ gli ipnotici. Riv. Biol., Voi. 2, p. 10. Roma. — 424 — 1920. ZlRPOLO, G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. II. A- sione dei sali di magnesio. Boll. Soc. Nat., Voi. 32, p. 112. 1921. — — Ideili. III. Azione dei raggi emanati dal bromuro di radio. Ibid., Voi. 33, p. 75. 1921. — — Idem. IV. Azione dei sali radioattivi. Natura, Riv. Se. Nat., Voi. 12, p. 139. Milano. 1922. — - — Idem. V. Azione del nitrato di cerio. Boll. Soc. Nat., Voi. 34, p. 4e>. 1922. — — Idem. VI. Azione dei sali di chinina, caffeina, cocaina, stricnina. Natura, Milano, voi. 13, p. 70. 1923. — — Idem. VII. Azione dei sali di potassio. Boll. Soc. Nat., Voi. 35, p. 245. 1926. — — Idem. Vili. La resistenza del potere luminoso. Ibid., Voi. 38, p. 225. 1929. - — — Idem. IX. L’azione delle basse temperature. Ibid., Voi. 41, p. 137. 1929. — — Le radiazioni mitogenetiche di GURWITSCH. Riv. Fis. Mat. Se. Nat., Voi. 4, p. 134. 1930. — — L’azione delle alte e basse temperature su batteri luminosi. Boll, di Zool., Voi. 1, n. 1, p. 39. 1930. — • — Azione dei batteri fotogeni sulla ontogenesi. Ricer¬ che sugli Echinodermi. Riv. Fis. Mat. Se. Nat., Voi. 4, p. 417. 1930. — • — Ricerche sulle radiazioni mitogenetiche . Boll. Soc. Nat., Voi. 42. (Cfr. la bibliografia di questo lavoro, per la quale mi dispenso di fare qui ripetizione). 1930. — — Nuove ricerche sulle radiazioni mitogenetiche. Di¬ scussione. XI Congr. Internaz. Zool. Padova 4-11 sett. 1931. — — De actione bacteriorum luminescentium in seminimi germinationem. Nuncius radiophonicus scientiarum. Pont. Acc. Scien. Nuovi Lincei, n. 4, p. 6. 1931. — — Influenza della luce artificiale sullo sviluppo delle piante. Riv. Fis. Mat. Se. Nat., Anno 5, p. 5. 1931. — — Radiazioni mitogenetiche ed « Effetto Stempell ». Riv. Fis. Mat. Se. Nat., Voi. 6, p. 7. Finito di stampare il 3 dicembre 1931. Michele Guadagno Coni m e m ora z i o ne letta dal socio Geremia D' Erasmo (Tornata del 21 novembre 1931) Nei primi giorni del settembre 1930, la stampa napoletana divulgava la notizia della immatura e quasi improvvisa scomparsa dell'ing. Michele Guadagno. Ai colleglli, agli amici, agli estima¬ tori di lui il luttuoso annunzio giunse completamente inatteso e sembrò un colpo crudele del destino contro un uomo, che, an¬ cora nel pieno vigore delle forze, stava proprio allora per rac¬ cogliere il frutto della sua attività, intensamente ed assiduamente rivolta al progresso di questa città. A tutti erano noti infatti il lungo studio e il grande amore con cui , fino a pochi giorni prima della sua morte, il Guadagno aveva atteso alla direzione dei lavori per la nuova Galleria della Vittoria, che, attraversando il Monte Echia, ha finalmente risolto l’annoso problema delle comunicazioni rapide fra l’oriente e l’occidente di Napoli. E la grande stima ed il generale affetto, da cui egli era circondato, costituivano la prova più evidente delle elette doti di mente e di cuore, di cui rifulse sempre la sua non lunga esistenza, tutta dedicata al bene della famiglia, al vantaggio della sua città, al progresso degli studi prediletti. Più particolarmente note a noi erano queste sue qualità, a noi che lo avemmo sempre amico premuroso e leale, consocio attivo ed assiduo a queste sedute, più volte consigliere e revisore dei conti della nostra Società dei Naturalisti, e che perciò come più da vicino ne seguimmo ed apprezzammo l’opera tenace e silenziosa, con più accorato cor¬ doglio ne rimpiangiamo oggi la perdita. - 30 - — 42ó * * * Nato a Napoli nel 1878 da Gennaro e Rosa Perretti , Mi¬ chele Guadagno mostrò fin dalla prima giovinezza ima partico¬ lare predilezione per le scienze naturali, e specialmente per la botanica, raccogliendo con passione minerali, rocce, e sopratutto piante, in ripetute escursioni, che dovevano fornirgli più tardi l'argomento dei suoi primi lavori. Frequentò poi la R. Scuola Superiore Politecnica di Napoli, presso la quale conseguì , col massimo dei punti, la laurea in ingegneria civile nel 1907. Dal¬ l'anno successivo incominciò a prestar servizio, in qualità d’in¬ gegnere straordinario, presso l’Ufficio tecnico municipale di Napoli, in cui rimase fino alla sua morte , ascendendo mano a mano tutti i vari gradi della gerarchia, fino a quello di inge¬ gnere capo di divisione, che ottenne per concorso nel 19_8. La sua massima attività si svolse pertanto, per la durata di quasi cinque lustri, nel campo tecnico ed edilizio cittadino , nel quale lasciò orma vasta e duratura e nel quale il suo nome re¬ sterà legato a parecchie fra le opere più notevoli che in questo recente periodo di rinnovamento hanno contribuito alla benefica e profonda trasformazione della città che gli diede i natali. Da questa non si allontanò che durante il periodo bellico, per com¬ piere il suo dovere in qualità di tenente del Genio addetto al Comitato di mobilitazione industriale, ispezionando gli stabili- menti ausiliari, le miniere e le aziende forestali dell’ Italia me¬ ridionale. Pur senza passare in minuta rassegna gli importanti lavori da lui progettati, diretti e compiuti — ai quali l’incompetenza del commemorante non consente di dare il giusto rilievo — non si può fare a meno di ricordare che l’apertura di nuove strade la redazione del grande progetto di risanamento ed ampliamento della città, fatto nel 1910, l’assicurazione delle gallerie che attra¬ versano la collina di Posillipo, la compilazione del progetto di massima per la nuova via Litoranea, la redazione di quello ri¬ guardante la fognatura del rione occidentale, e tutta la serie di lavori più recenti, fra cui più noti al pubblico quelli di rinno¬ vazione del teatro S. Carlo e di costruzione del tunnel attraverso — 427 — il M. Echia, trovarono sempre in Michele Guadagno non solo il tecnico appassionato ed esperto che appresta i mezzi più mo¬ derni e più acconci alla soluzione di importanti problemi , ma altresì lo studioso indagatore e sagace, che con vero spirito na¬ turalistico risale alle cause dei fenomeni e le esamina e le di¬ scute per più sicuramente giungere al campo delle applicazioni pratiche. Così si spiega come molti dei suoi progetti, anche se continuati e sviluppati da altri, costituirono la base essenziale, o l’embrione, per così dire, delle opere a cui si riferiscono. Perchè Michele Guadagno ebbe sempre del vero naturalista la passione per la ricerca, l’entusiasmo per lo studio, la diligenza per il minuto e paziente esame obbiettivo di forme e fenomeni naturali. E se da una parte queste qualità a lui giovarono non poco per dare ai suoi studi tecnici quella seria base d’indagine scientifica, che ne costituisce il fondamento più sicuro, dall’altra egli ne ritrasse intima soddisfazione allo spirito e costante inco¬ raggiamento per le ulteriori ricerche. Non altrimenti si potrebbe intendere l’intenso amore per gli studi botanici, ai quali , mal¬ grado le occupazioni del suo ufficio, dedicò tanta parte della sua attività giovanile, finché gli accresciuti doveri e responsabilità dei problemi cittadini , alla cui soluzione fu preposto o chiamato a collaborare , non lo portarono a dedicare ad un nuovo campo d’indagine le sue fattive energie. Questi lavori botanici, cominciati dal 1908 e che vanno fino al 1926, non sono soltanto il frutto di osservazioni compiute durante le numerose e frequenti escursioni nelle località da lui predilette, ma rappresentano talvolta opera lunga e minuziosa di laboratorio, condotta con acume critico e larghezza di confronti ; sicché interessarono spesso specialisti di larga fama, che le giu¬ dicarono molto favorevolmente. Egli esplorò quasi tutte le regioni dell’Italia meridionale; si mantenne in continua relazione di scambi con i più eminenti botanici d’Europa, in modo da poter formare non solo uno dei più importanti erbari d’Italia, ricco di più di 30.000 esemplari , ma anche una interessante biblioteca botanica; e studiò a preferenza la vegetazione della penisola sor¬ rentina e dell’ isola di Capri e quella del M. Nuovo. Furono sopratutto queste regioni che attrassero e fermarono a lungo la sua attenzione, non solo perchè mancavano studi sulle loro flore — 428 particolari, mentre ne esistevano già per le terre limitrofe , ma anche perchè, al multiforme e continuo mutare dell’ incantevole paesaggio corrispondendo una eguale varietà di vegetazione, ne appariva interessante ricercare le variazioni che l' influsso della varia costituzione geologica e dei fattori climatici induce sulla distribuzione, in senso verticale e in senso orizzontale, delle di¬ verse specie ed associazioni vegetali. Nel 1916, accingendosi alla pubblicazione monografica della flora della penisola sorren¬ tina, così si esprimeva : " A questa terra privilegiata debbo le più calme giornate della mia esistenza, passate nelle osservazioni e nello studio interessante della vita vegetale, che, mirabilmente varia, vi si svolge con una ricchezza di forme, con una diversità di tipi che ha scarso riscontro nelle limitrofe contrade. È perciò, che nell’accingermi ad esporre questo mio studio, mi pare quasi di sciogliere un voto, di soddisfare un debito di riconoscenza per tutti i bei giorni trascorsi su questa terra ricca di incanti e di naturali bellezze „. 11 ricco materiale d’osservazione , messo insieme in quasi venti anni di escursioni e di ricerche e destinato a portare un notevole contributo alla conoscenza della nostra flora regionale, non venne completamente illustrato, perchè delle sei parti in cui, secondo lo schema primitivo, doveva essere diviso il lavoro, solo le prime quattro videro la luce nel Bollettino dell’ Orto botanico di Napoli. Queste peraltro , comprendendo rispettiva¬ mente 1 indice bibliografico, la descrizione fisica e geologica del distretto, la storia delle esplorazioni botaniche, e l’elenco siste¬ matico delle specie e varietà, sia spontanee o inselvatichite che coltivate, bastano già a dimostrare l’imponente quantità di dati raccolti e la grande passione dell’autore per la ricerca botanica. Alla stessa regione si riferiscono alcune pubblicazioni mino¬ ri, di particolare interesse fitogeografico, le quali, tenendo conto dei dati pluviometrici , considerano le vallate di Amalfi come sito di accantonamento di alcune rare specie termofile e micro¬ terme, che in parte rappresentano relitti di antiche flore auto¬ ctone, rimaste in posto per l’eccezionale perpetuarsi, in qualche sito privilegiato, di adatte condizioni climatiche anche nelle prime fasi del Quaternario, ed in parte sono invece da ritenersi come effetto di recente immigrazione , per disseminazione longinqua, — 429 - in stazioni, nelle quali esisteva, o si era venuto costituendo, un minimum od un optimum di condizioni necessarie alla loro esistenza. Lavoro molto accurato ed interessante , sopratutto per le conclusioni relative alla origine delle 355 specie riscontrate al M. Nuovo, è quello riguardante il meccanismo dell' avvento e deH’impianto della flora sopra i fianchi di questo vulcano nei quattro secoli di sua esistenza. Tre note diverse sono dedicate alla flora dell’isola di Capri, di cui egli fece conoscere quasi un centinaio di specie e varietà prima non segnalate dagli autori, e propugnò con efficacia, nel Convegno del Paesaggio dell’ anno 1922, l'utilità di proteggere la vegetazione arborea dalle frequenti manomissioni. Al Guadagno si deve ancora la prima esplora¬ zione botanica delle isole Sirenuse nel golfo di Salerno , rico¬ perte da piante xerofile analoghe a quelle della vicina costiera amalfitana e quasi del tutto identiche a quelle dell'isola di Capri; e spettano infine, fra gli altri lavori botanici, alcune note riguar¬ danti l’area di diffusione di determinate specie meridionali o de¬ stinate a questioni di nomenclatura o di sinonimia. Più recente — perche , come si è detto , frutto dei nuovi doveri che fu chiamato ad assolvere in qualità di ingegnere del- 1’ Ufficio tecnico municipale di Napoli, — è il gruppo di lavori di geologia applicata, che vanno dal 1923 al 193C e che riguar¬ dano, quasi tutti, lo studio dei tufi vulcanici del Napoletano, tanto dal punto di vista del loro sviluppo e ordine di succes¬ sione nel sottosuolo cittadino, quanto da quello della statica dei manufatti che l’attraversano in varie direzioni. È noto come le numerose gallerie cavate nel tufo della collina di Posillipo, sia per le comunicazioni tra la città e la zona flegrea, sia per la con¬ dotta di acque e di rifiuti, abbiano in questi ultimi anni manife¬ stato, in maniera sempre più preoccupante, perturbazioni statiche, con lesioni e sfaldamenti tali, che di molte di esse fu necessario procedere alla chiusura e alla inutilizzazione. Dato 1' interesse che il fenomeno presentava per il traffico e gli altri bisogni di una grande città , molti studi furono eseguiti e parecchie cause vennero escogitate, per spiegare la mancata solidità del tufo giallo della collina. Si è parlato, più o meno fondatamente, di bradisismi, di spostamenti di masse , di scarsa cementazione per originaria — 430 deposizione sottomarina, e di diversa costituzione chimica e mi¬ neralogica del tufo nei suoi vari strati. 11 Guadagno fu portato a quest'ultima ipotesi dai dati sperimentali di diversa resistenza ottenuti sui vari campioni di tufo giallo esaminati, i quali hanno dimostrata 1’ esistenza , nella collina di Posillipo , di una zona esterna ad alta resistenza , ricoprente un nucleo interno a resi¬ stenza assai debole ; sicché molto giustamente osservò come ai ripetuti e piuttosto recenti lavori di allargamento e di abbassa¬ mento del livello dell'antica galleria romana sia principalmente dovuto il rapido deteriorarsi di essa in questi ultimi secoli, e come la moderna galleria tramviaria, scavata solo cinquanta anni fa, abbia avuto scarsa solidità e vita assai breve, perchè , essendo ad un livello minore , attraversa per la massima parte il nu¬ cleo interno a bassa resistenza. Più recentemente il Dainelli, fondandosi sui dati sperimentali offerti dal Guadagno , emise una differente ipotesi , ritenendo che il diverso comportamento del tufo rispetto alle pressioni, artificiali o naturali, che si eser¬ citino sulla massa rocciosa, anziché essere in relazione con even¬ tuali differenze nella composizione chimica e mineralogica degli elementi che lo costituiscono, debba consistere nella varia imbi¬ bizione del tufo per opera dell'acqua piovana che penetra nella sua massa. Comunque si voglia scientificamente interpretare il fenomeno, certo è che il Guadagno continuò con amore ad oc¬ cuparsi di quell' interessante problema anche dal lato tecnico, collaborando attivamente nelle varie Commissioni che si occu¬ parono della questione, estendendo le relazioni ed i voti conclu¬ sivi di esse e redigendo il progetto definitivo per un nuovo ri- vestimento di quelle gallerie, per le quali assai opportunamente suggerì di modificare la sagoma preesistente , avvicinandola a quella che egli chiama di equilibrio naturale e che può rilevarsi in numerose perforazioni, antiche e recenti, eseguite nei tufi tra- chitici. L’interesse di questa conclusione sta nel fatto che la sa¬ goma d’equilibrio può servire sia a calcolare gli effettivi sovrac¬ carichi sui rivestimenti delle gallerie, sia a costruire delle gallerie in tufo tenero senza rivestimento alcuno: essa realizza pertanto un progresso nella progettazione di tali rivestimenti ; sicché venne giustamente messa in rilievo e riportata in vari trattati e manuali. — 431 Allo studio comparativo dei materiali attraversati in due trivellazioni profonde, recentemente compiute in Napoli per ri¬ cerca d’acqua, sono destinate due note, pubblicate nel Bollettino della Società dei Naturalisti , le quali contengono anche inte¬ ressanti considerazioni sul regime sotterraneo delle acque ; ed all’esame dettagliato dei tufi trachitici gialli e grigi, incontrati nei diversi scavi e sondaggi eseguiti in questi ultimi anni nel territorio napoletano, sono dedicati quattro diversi lavori. Di essi uno riguarda la descrizione del tufo verdognolo o bluastro rin¬ venuto nel cavare le vasche del nuovo serbatoio per l’acqua di Serino alla quota 100 a Santo Stefano al Vomere ; due hanno per oggetto l’esame dei terreni attraversati dalle gallerie urbane della nuova linea ferroviaria per Roma e da quella della Vittoria, sottostante al M. Echia ; ed il quarto rappresenta uno studio comprensivo, diretto a stabilire 1’ andamento del tufo trachitico giallo nel sottosuolo della nostra città. L' ordine stesso di pub¬ blicazione di queste ricerche rivela facilmente, come il Guadagno, estendendo le sue indagini ad un numero sempre più cospicuo di zone e di opere antiche e moderne, fosse gradatamente dive¬ nuto profondo conoscitore del sottosuolo napoletano : di guisa che 1’ ultimo lavoro da lui pubblicato nel 1928 su questo argo¬ mento, ricco di dati e di sezioni, rappresenta una fonte preziosa, sia per il progetto di opere che debbano eventualmente eseguirsi nel sottosuolo per le più rapide comunicazioni fra i vari nuclei abitati, sia per la risoluzione dei numerosi problemi tecnici con¬ nessi con l’edilizia, con la canalizzazione sotterranea ecc. Eu appunto in riconoscimento di tali specifiche competenze, che la K. Scuola d’ Ingegneria di Napoli , essendo alla fine di ottobre del 1928 rimasta vacante la cattedra di Geologia appli¬ cata alle costruzioni per il collocamento a riposo del professor Luigi Dell’Erba, ne affidò l’incarico d’insegnamento al Guadagno, il quale v’ imparti con efficacia e con zelo, negli ultimi due anni di sua vita, lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche , guidando gli allievi ingegneri nelle escursioni dimostrative sul terreno e contribuendo altresì al riordinamento delle preziose collezioni, che rendono quel Gabinetto, malgrado l’angustia dei locali e la deficienza del personale, uno dei più ricchi d’Italia per l’insegna¬ mento della petrologia applicata. — 432 Nello stesso biennio egli attese, con un’attività e con una abne¬ gazione che non saranno mai abbastanza messe in rilievo, alla di¬ rezione dei lavori per il nuovo tunnel sotto il Monte Echia, che, progettato da lui, studiato nei più minuti particolari ed eseguito con non comune rapidità, era ormai pressoché compiuto, allorché, poche settimane prima della inaugurazione ufficiale, il destino troncava bruscamente 1’esistenza di colui che gli aveva dedicato i suoi più assidui studi e le sue migliori fatiche. Di questa gal¬ leria il Guadagno, che già nel lavoro sulla geologia del Monte Echia aveva fornito le prime notizie sulla struttura della collina, desunte dai vari sondaggi e dalle trivellazioni praticate durante la fase di studio del progetto, aveva promesso una particolareg¬ giata descrizione ; ma 1’ immatura fine non ne permetterà più, purtroppo, la pubblicazione e lascerà in gran parte ignorate al pubblico le difficoltà tecniche, svariate e talvolta gravi, che fu¬ rono superate con geniale arditezza e adatto impiego di mezzi. Un altro lavoro, che per lo stesso motivo ancora non ha visto la luce, è quello che il Guadagno aveva presentato, pochi mesi prima della sua fine, al R. Istituto d' Incoraggiamento di Napoli sui Materiali naturali da costruzione. Ma giova sperare che almeno questo saggio bibliografico di geologia regionale possa venire pubblicato da quell’ Istituto, di cui il nostro com¬ memorato era dal 1925 attivo socio corrispondente. Egli fece ancora parte di altri sodalizi scientifici italiani e stranieri, ma sopratutto dimostrò costante attaccamento a questa Società di Naturalisti, che per un ventennio lo annoverò fra i soci più affezionati ed assidui, e che oggi, ricordandone i meriti di uomo, di cittadino, di studioso, è unanime nel mandare il suo riverente e commosso saluto alla memoria di lui , alla desolata vedova ed ai bravi figliuoli, che ne hanno raccolto con tenacia e con fede l' intemerato retaggio d' intelligente bontà e di onesto e fecondo lavoro. Napoli, Istituto di Geologia della R. Univ., maggio 1931 (IX). Pubblicazioni dell' ing. Michele Guadagno 1908. Una escursione botanica a Monte Sacro di Novi in Lucania. Boll. R. Orto Botanico, voi. Il, Napoli. 1909. Note d' Erbario. Ibid. 1910. V Epipo giura aphyllum (Schin.) Sw. nell ’ Italia meridionale. Ibid. 1911. Prime notizie sulla vegetazione delle Isole Sirenuse. Ibid., voi. III. 1912. A proposito di due specie di felci da escludersi dalla flora napoletana. Boll. Soc. Bot. I tal . Firenze 1914. Sulla nomenclatura di alcune R ubie della flora europea. Ibid. 1914. A proposito de! Thymus striatus Valli. Boll. dell’Orto Bota¬ nico, voi. IV, Napoli. 1916. La vegetazione della penisola Sorrentina , parte la, 2H e 3a. Ibid., voi. V. 1918. La Carex Grioletii Roem. nella penisola Sorrentina. Ibid. 1922. La vegetazione della penisola Sorrentina, parte 4a. Ibid., voi. VII. 1922. Note ed aggiunte alla Flora dell'isola di Capri. Nuovo Gior¬ nale Botanico Italiano, nuova serie, voi. XXIX, Napoli. 1922. Flora Caprearum nova. Vegetazione dell'isola di Capri. Inse¬ rita nel volume di E. Cerio : « Pagine dell’ isola ». Napoli, Tip. ed. Trani. 1923. La « Macchia » nel paesaggio di Capri e la sua protezione . Comun. fatta al Convegno del Paesaggio (Capri, 1922). G. Casella ed., Napoli. 1923. La vegetazione del Monte Nuovo e le sue origini. Boll. Soc. Naturai., voi. XXXIV7, Napoli. 1923. Le perturbazioni statiche dei manufatti che attraversano la collina di Posil/ipo e la loro causa. Atti del R. Istituto di Incoragg., voi. LXXV, Napoli. 1923. Sui bradisismi nella collina di Posillipo. Boll. Soc. Natur., proc. verb., voi. XXXV, Napoli. 1924. Osservazioni sulle gallerie cavate nel tufo giallo trachitico e sulle ipotesi di carico per la verifica dei rivestimenti. Atti del R. Istituto d’Incoragg., voi. LXXVI, Napoli. 1924. Notizie sul pozzo artesiano recentemente trivellato nella piazza S. Maria la Fede, in Napoli. Boll. Soc. Natur., voi. XXXVI, Napoli. - 31 - — 434 — 1924. Vivara. Bull. Club escursionisti napolitani, Napoli. 1925. Il tufo trachitico ossidianico di Santo Stefano al Vomero ( Na¬ poli) . Boll. Soc. Naturai., voi. XXXV11, Napoli. 1925. Rapporti fra pioggia e vegetazione nella Costiera amalfitana . Ibidem. 1925. La vegetazione nella penisola sorrentina. Dicotyledoneae. Boll. R. Orto Botanico, voi. Vili, Napoli. 1926. La Galleria della Direttissima. Atti del R. lstit. d’Incoragg., voi. LXXVI1I, Napoli. 1926. Il posso artesiano della Centrale elettrica del Volturno. Boll. Soc. Naturai., voi. XXXVIII, Napoli. 1928. Monte Echia Geologia ed antiche escavasioni. Atti R. Istituto d'incoragg., voi. LXXX, Napoli. 1928. Il tufo giallo trachitico nel sottosuolo della città di Napoli. Ibidem. 1930. Materiali natili ali da costruzione. Saggio di bibliografia re¬ gionale dell' Italia . In corso di pubblicazione negli Atti del R. Istituto d’incoragg. Napoli. Finito di stampare il 20 dicembre 1931. Meteorologia ed idrografia dell’ Etna. III. — Le precipitazioni atmosferiche del socio Prof. O. De Fiore (Tornata del 12 agosto 1930) Nel presente studio è il seguito della completa delineazione della climatologia etnea, basata sui dati più completi e più ac¬ curatamente vagliati e controllati, che mi è stato possibile riu¬ nire (1). Lo studio delle pioggie è stato indubbiamente il più com¬ plicato e quello che maggiormente ha esercitata la mia pazienza. Si pensi che nel 1919 (2) pubblicai le prime note sull’argomento e che soltanto adesso riesco a riunire un complesso di dati e conclusioni, scevro da errori, almeno gravi. Lo studioso che voglia confrontare le varie serie di dati fin'ora pubblicate, rimane sorpreso per le inesplicabili divergenze esistenti fra di esse. Ho trovati casi nei quali la differenza è di circa 1050 mm. per un solo mese (cfr. Paterno 1917 XI) ed ho trovati casi nei quali i dati veri di intere annate differiscono da quelli pubblicati in varie occasioni. Mi riferisco, naturalmente, alle quantità di piog¬ gia, perchè, riguardo al numero dei giorni piovosi, le differenze sono inevitabili a seconda del modo col quale si computa il totale di essi. Dato ciò, mi sono dovuto sobbarcare ad un improbo lavoro di ricerca e controllo degli originali e, frugando negli archivi ove questi sono conservati, a Catania, Acireale, Riposto, Palermo, Roma, sono riuscito a trovarli quasi tutti (meno alcuni casi) di modo che (tranne alcuni dati dei quali l’interpretazione è dif¬ ficile a causa di scritture illeggibili o dubbie ; macchie o lace- rature dei documenti ; o per la incertezza nella quale si cade — 436 — quando si incontrano due valori numerici differenti riguardanti lo stesso dato in due schede diverse) credo di avere riunita una serie sufficientemente attendibile. Logicamente, tutti i valori e le medie fin’ora accettate vengono ad essere modificate. È noto che due sono le medie fondamentali usate fin’ora : una fino al 1915, l'altra fino al 1920, sulla quale, considerandola come normale qualunque siasi la lunghezza del periodo di osservazione prece¬ dente, vengono anche attualmente (malgrado l'aggiunta di altri 10 anni di osservazione) eseguiti i confronti per gli scostamenti mensili ed annuali. Ho rifatte queste medie al 1915 ed al 1920 coi dati corretti e ne espongo i risultati nel capitolo che riguar¬ da le caratteristiche delle varie stazioni. Si vedrà come, in moltissimi casi, vengono a modificarsi tutti gli scostamenti fin’ora ammessi e pubblicati per gli anni 1921-29. Noto per incidenza che io non vedo il perchè nel 1929, si debba ancora accettare come normale una media al 1920 : mi sembra più logico che ogni nuovo anno debba essere aggiunto ai precedenti e la nuova media debba essere considerata come normale. 11 che mi sembra, sotto ogni relazione, un concetto ra¬ zionale. Una dimostrazione della cosa esce dal mio compito. Il fatto che i dati numerici da me riuniti differiscono tanto da quelli precedentemente pubblicati, mi ha obbligato ad una speciale simboleggiatura. 11 segno * che precede 1’ anno indica che i dati di questo sono stati tolti dagli originali e calcolati da me. Dove manca tale segno, nella colonna " note „ è indicata la fonte dalla quale ho tolti i dati. Le divergenze fra i miei dati e quelli delle pubblicazioni precedenti sono di due ordini : alcune riguardano la quantità di pioggia (/), altri il numero dei giorni con precipitazioni (/). Per le prime ho indicato con speciali segni le divergenze, tenendo conto solo di quelle con le pubblicazioni riassuntive deil’EREDiA (3) e con quelle delle pubblicazioni speciali degli Annali idrologici. Le prime hanno il segno * le seconde 11 segno 9. È chiaro che le divergenze cogli Annali idrologici con¬ sistano in errori di stampa, spesso corrette nell’ “errata corrige „ degli Annali stessi. Talvolta vi sono divergenze fra i dati di que¬ sti ultimi e quelli dell’EREDiA e ciò per il 1918-20. 11 segno fa comprendere quale è il valore esatto ed accettato. Avviene il caso che nelle pubblicazioni dell’EREDiA manchino 437 — alcuni dati : allora, quando li ho trovati altrove (Annali idrologici, Bollettini di Riposto ed Acireale, Annali dell' ufficio centrale di Roma; registri originali li ho (indicati col segno [ ], mentre nel caso contrario, quando non ho trovato i dati originali, ma questi figuravano nell’EREDiA, li ho indicati con ( ). Pei dati che non ho creduto accettabili, ho indicato, nelle note, il perchè della soppressione. Con tutte queste indicazioni, è facile rintracciare la provenienza dei dati. Le divergenze riguardanti la frequenza non sono indicati. Ognuno degli Autori o degli Uffici che ha pubblicato dati pluviometrici, ha seguito un modo differente di computo. Il modo più frequente è quello di escludere i giorni con precipitazioni non misurabili ; negli Annali idrologici degli anni più recenti tale concetto è stato spinto fino all'esclusione dei giorni con precipitazione inferiore ad 1.0 mm. L’ esame accurato dai dati di osservatori assai prossimi fra di loro , riu¬ niti in una superficie di pochi Km.2 (quelli di Catania) mi ha dimostrato quanto sia fallace il metodo. Avviene frequentemente che , mentre un osservatorio non registra pioggia o registra gocce, o quantità inferiori ad 1.0 mm., gli altri prossimi registrino quantità superiori. Questa considerazione è, da sola, sufficiente a farci accettare il fatto che debbano essere computati , nella frequenza, anche i giorni con precipitazioni non misurarabili. Ed in base a questa considerazione io includo nel computo, tutti i giorni con precipitazione. E chiaro che, allora, non è il caso di accennare alle divergenze. Elemento molto importante sono le forme di precipitazione. Nei quadri, con numero esponenziale a quello del numero dei giorni piovosi, ho indicato quello dei giorni con neve, ritenendo questo come un fenomeno caratteristico e dipendente dalla tem¬ peratura. Ho esclusa la grandine, come fenomeno più acciden¬ tale, ma ho riuniti, in quadri a parte, temporali e grandine. Comunemente, nelle tabelle delle pioggie, vengono sommati all’estremo della colonna “ anno „ solo quelli coi dodici mesi completamente osservati. Io ho creduto più opportuno indicare anche gli anni incompleti, chiudendo il dato in ( ); ciò agevola il controllo delle somme finali. Alla base delle colonne verticali sono le somme e le medie per ogni singolo mese, ed i massimi ed i minimi di quantità e frequenza riscontrati per quel dato — 438 — mese entro il periodo d’osservazione. Nella colonna " note „ sono indicati con * quegli anni che hanno complete le osservazioni sulla neve. Alla base delle colonne verticali (mensili) ed alla fine delle linee annue , le nevi sono indicate coi soliti numeri espo¬ nenziali, coll’avvertenza che nelle colonne mensili , essi figurano solo quando le osservazioni sono complete rispetto a quelle della pioggia. Degli altri casi, tratterò in seguito, a parte. Come anche, a parte dirò delle interpolazioni, usate molto parcamente ; della riduzione delle serie corte a serie lunghe ; delle osservazioni sui totalizzatori. li. — Elenco e caratteristiche delle stazioni. Acireale I e II (182 m.; a. u. 24.13 ; 194 m.; a. u. 21.0). Le due serie di osservazioni sono state eseguite a due dif¬ ferenti altezze , con due diverse installazioni pluviometriche. La prima è stata eseguita nel Palazzo Perniisi (182 m. livello del terrazzo) ; la seconda nel Collegio Permisi (194 m. altezza baro¬ metro). Avverto che negli A. 1. è indicata, per la serie II, l'alti¬ tudine di 177 tri. con a. u. 21.00 e che la stessa altitudine è in¬ dicata da Eredia (3 I) per la serie I. La serie I è stata già pubblicata nel Bollettino dell'Osser¬ vatorio Pennisi e, in riassunti , negli Atti della R. A. Zelanti di Acireale ; dal Marini (4), e dall’EREDiA (3 I) che la toglie da que¬ st’ultimo. Ho confrontate le varie pubblicazioni, traendone i dati dal quadro I , nel quale le differenze con le pubblicazioni citate riduconsi, per le quantità, ai mesi 1882 VI— VII I , interpolati per mezzo delle simultanee osservazioni di Catania e di Riposto (e certo con molta approssimazione) ed al 1886 XI , ricavato dal Bollettino dell’Osservatorio. Malgrado la grande saltuarietà delle osservazioni e la possibilità di interpolazioni, usando le prossime stazioni di Catania, Riposto e Viagrande, non ho creduto utile ed opportuno eseguirne. La serie II è stata tolta dai dati originali dell’Osservatorio, perchè direttamente comunicatami dal Direttore , Sac. N. Lon- GHITANO. Le differenze con le pubblicazioni di Eredia e degli A. I., come con quella dello stesso Bollettino dell’Osservatorio, sono 439 gravi, perchè dal 1913 al 1920, i dati " portano, involontariamente, un eccesso di circa mm. 10 °/0 e ciò a motivo della taratura non bene eseguita sul provino che serve da misuratore „ come fu avvertito da apposita circolare dell'Osservatorio, nel 1925. Le pubblicazioni di Eredia (3 l-IIl) e gli A. 1. dal 1918 al 1921, sono affette da questo errore , dimodoché , tutte le medie date come normali, ed utilizzate per i confronti, sono da rifiutare e vanno corrette ( b = correzione), per le quantità, come segue: 1882 -f- 1915 1S82 1920 a b a b 1 1 14.9 124.2 I 120.6 117.0 11 84.6 83.7 II 96.9 93.0 111 69.8 68.7 III 65.7 63.8 IV 58.6 58. 1 > IV 61.3 59.1 V 25.5 25.0 V 29.3 28.0 VI 7.7 7.0 VI 9.3 8.0 VII 3.0 2.8 VII 4.7 4.2 Vili 26.0 22.7 Vili 22.6 20.0 IX 55.4 53.9 IX 49.2 47.2 X 115.3 102.6 X 134.8 120.5 XI 165.9 157.0 XI 215.2 196.8 XII 100.6 99.6 XII 107.0 103.3 A 827.3 805.2 A 916.6 860.9 Oltre queste osservazioni , ne furono eseguite e pubblicate altre dal Marini (5) dal III al VI 1902. Non ho creduto utile aggiungerle alle altre, ma le riferisco qui 1902 ili IV V VI 108.7 13 79.8 14 9.9 8 1.3 3 Adernò (Adrano) (589 m.; a. u. 10.0). Le osservazioni si iniziano il 1903 IX e fino al 1929 XI 1 vi sono solo due lacune di un mese nel 1927 che, data la lunghezza della serie, ho creduto inutile colmare. I dati sono tolti da Ere- dia (3) e dagli A. I. con le pochissime correzioni riportate. Non ho potuto procurarmi le osservazioni originali, fino al 1915, malgra¬ do le più accurate ricerche negli Uffici ove esse avrebbero dovuto essere conservate, tranne che gli anni 1905-06. Riguardo alla neve, — 440 — sono complete le osservazioni per gli anni 1905-06, 1918 -29: credo però che le indicazioni siano insufficienti per mancate re¬ gistrazioni e, da ciò, valori così bassi della frequenza della neve. 11 controllo delle due annate 1905-06 ha condotto alla correzione di alcuni valori di /: è probabile che vi siano altri errori che non posso rilevare. Dato che i valori sono tolti dalla pubblica¬ zione di Eredia (31) fino al 1915 rimangono invariate le medie, mentre variano come segue quelle al 1920. 1903 - 1915 1903 - 1920 a b 1 79.1 I 77.6 77.6 II 43.9 II 43.2 43.2 III 48.2 III 50.2 50.2 IV 28.9 IV 33.3 31.4 V 26.0 V 28.2 28.2 VI 13.1 VI 12.9 12.9 VII 11.9 VII 9.4 9.4 Vili 13.1 Vili 14.2 14.2 IX 39.0 IX 34.9 34.9 X 67.0 X 65.2 65.2 XI 87.5 XI 103.0 97.2 XII 67.6 XII 76.0 69.8 A 525.3 A 548.1 534.2 Alcantara (500 m.). Eredia (3 I) riporta alcuni dati di questa stazione, ai quali ne aggiungo alcuni altri. 11 complesso è così esiguo che non se ne può tenere alcun conto. Biancavilla (512 m.). La serie di osservazioni è molto breve e saltuaria. Eredia (3 1) ha pubblicato i dati dal 1889 al 1894 , ai quali aggiungo quelli del 1888 ricavati dal Bollettino dell’Osservatorio di Riposto, dal quale ho anche tratti i dati riguardanti /, mancanti in Eredia. La serie è troppo breve per ricavarne notizie sicure sull’an- mento del fenomeno. — 441 Bronte (780 rn.; a. u. 19.0). Le osservazioni si iniziano nel 1920 1 e vanno a finire al 1929 XII con una sola interruzione in 1921 Vili -IX. La serie sembra buona, malgrado alcune singolarità che si possono rile¬ vare dal quadro. Sono corretti i dati errati negli A. I. Camporotondo (450 m.; a. u. 3.30). La serie va dal 1923 IX al 1929 XII con una sola interru¬ zione in 1924 X. Sono corretti i dati errati negli A. I. Catania - R. Università (21 m.; a. u. ? ). Per la storia delle osservazioni e dell’Osservatorio della R. U. rimando allo studio del Mendola (6) sulla pioggia a Catania. Nella tabella io riporto le prime serie di osservazioni pluvio¬ metriche eseguite all'Università: dal 1832 IX al 1840 IX (con due interruzioni: 1838 I-1X, 1839 X); dal 1845 II al 1847 XI (con una interruzione: 1845 X-X1I) dal 1857 I al 1859 XII. Di questi tre periodi di osservazioni conosciamo soltanto le somme mensili delle quantità e non il numero dei giorni piovosi. Il Mendol crede che le osservazioni dal 1857 I al 1859 XII siano affette da un errore sistematico al quale sono da attribuire i va¬ lori molto elevati di i. Molto migliori, perchè più complete e certamente più accu¬ rate, sono le osservazioni dal 18Ó5 IV al 1910 XII. Quelle dal 1865 al 1900 sono state pubblicate e discusse dal Mendola e poi ripubblicate da Eredia (31) il quale non aggiunse, alla serie, quelle dal 1901 al 1910, che perciò vengono pubblicate ora per la prima volta. I miei dati differiscono lievemente da quelli pub- cati dagli AA. anzidetto Fino al 1876 II le osservazioni sui re¬ gistri , e quasi sempre anche quelle pubblicate, sono affette da un errore che dà valori quadrupli di quelli reali. Dato ciò , ho creduto opportuno rivedere i registri e rifare i calcoli, riferendo i dati fino al 1/100, mentre nelle pubblicazioni precedenti è ri¬ ferito 1/10. Inoltre, escludo 1882 V e IX perchè i mesi sono in¬ completi (vedi note nel quadro) e 1901 IV perchè i dati riferiti sono quelli dell'Osservatorio Astronomico. Dato ciò, i dati che io riporto, dànno, fino al 1900, i valori seguenti, messi in confronto con quelli di Mendola e di Eredia. — 442 — M. E. D.F. M. E. D. F. 1 82.81 82.8 79.5 VII 2.32 2.3 2.3 II 56.95 56.8 55.4 Vili 8.50 8.3 8.1 111 50.82 50.8 49.4 IX 31.04 32.7 31.1 IV 34.17 33.2 32.5 X 66.30 67.5 66.0 V 17.48 17.0 16.8 XI 90.12 89.5 87.0 VI 6.63 6.6 6.4 XII 86.24 91.3 89.0 A 533.41 538.8 523.5 Ma queste medie hanno poco valore , se consideriamo le variazioni che in esse avvengono con 1 ’ aggiunta del decennio 1901-1910. I dati riguardanti la neve, ricavati dai registri, sono riportati e li ritengo completi. Catania - R. Osservatorio (65 m.; a. u. 24.0). Le osservazioni vanno dal 1892 I al 1929 XII, senza alcuna lacuna. Questa serie è stata ripetutamente pubblicata, per singoli periodi. Una pubblicazione annuale è stata fatta regolarmente, dai personale dell’ Osservatorio , fino al 1921 , negli Atti e nel Bollettino dell’Accademia Qioenia di Catania. Gli errori contenuti in questa pubblicazione sono tali e tanti , da renderla perfetta¬ mente inutile. La serie 1892-915 è stata ripubblicata da Eredia (3 I) il quale poi aggiunse il 1916-20(311-111). Anche qui gli errori sono numerosi e , considerando soltanto quelli riguardanti le somme mensili delle quantità di pioggia, rappresentano il 21.5 0|o della totalità dei mesi esaminati. Si noti che gli stessi anni , in due pubblicazioni differenti (3 II-1I1) hanno valori diversi e differi¬ scono da quelli pubblicati altrove [p. e. nel Bollettino dell’Acc. Gioenia (7)|. Non di rado differiscono anche dai dati simultanei degli A. I. Ho voluto rendermi conto della causa di questi nu¬ merosi errori ed ho trovato che spesso si tratta di errori di tra¬ scrizione sulle schede inviate dall'Osservatorio; talvolta di errori di somma su queste schede e tal'altra sui registri stessi dell’Os¬ servatorio. La serie che io presento e stata ricavata dai registri originali dell’Osservatorio, fino al 1927, ed è calcolata fino alla 2a deci¬ male, senza arrotondamento di cifre. Come discordanze con le altre pubblicazioni, sono indicate quelle che superano 0.1 mm. — 443 Le osservazioni dal 1 892 al 1915 sono state da me pubblicate fin dal 1919, con l’ indicazione delle discordanze con le pubbli¬ cazioni annuali dell'Osservatorio e con quella di Eredia (2). Le medie accettate fin’ ora come normali vanno così modi¬ ficate : 1892 - 1915 1892 1920 a b a b 1 98.0 97.6 I 92.9 93.7 II 49.3 49.4 II 59.3 59.6 III 50.2 50.0 III 48.1 47.9 IV 38.5 39.6 IV 38.1 36.7 V 21.6 21.8 V 21.3 21.4 VI 5.9 5.9 VI 6.4 6.4 VII 3.7 3.7 VII 3.9 3.8 Vili 16.1 16.2 Vili 15.1 15.1 IX 52.1 52.1 IX 45.4 45.5 X 90.8 93.9 X 89.6 2.1 XI 109.9 110.5 XI 122.2 123.2 XII 98.7 99.8 XII 100.4 100.8 A 634.8 640.5 A 642.7 646.2 Catania - Stazione Viticultura (168 m.). La serie di osservazioni va dal 1895 VI al 1926 III con nu¬ merose lacune specialmente nel computo de! numero dei giorni piovosi. I dati sono tratti dai registri originali dell’Osservatorio, tranne alcuni mesi del 1895 che mancano in questi, per lacerature del registro, e che ho tolti da Eredia (3 I). Questi ha pubblicati i dati fino al 1913 I. Dal 1913 III in poi , i dati sono inediti. La media fino al 1915, generalmente usata pei confronti, va cor- retta come segue : a b a b I 80.5 79.1 VII 2.1 2.2 II 42.4 37.8 Vili 10.1 13.6 III 48.2 45.5 IX 43.7 50.2 IV 32.0 32.2 X 78.9 73.0 V 19.1 18.5 XI 90. 1 87.8 VI 7.4 7.0 XII 88.8 81.0 A 543.3 527.9 — 444 — Le osservazioni sulla neve sono saltuarie e perciò sono state omesse. Catania -Genio Civile (26 m.; a. u. 22.70). La serie va dal 1918 I al 1929 XII con una lunga interru¬ zione dal 1926 Vili al 1927 I ed una il 1928 I. I dati sono tolti dagli A. I. corregendo qualche errore. Non ho trovate indicazioni sulla neve, ma a ciò si ovvia coi dati delTOsservatorio. Fieri (620 m.; a. u. 4.50). La serie va dal 1920 X al 1929 XII , senza alcuna lacuna. I dati sono stati tolti dagli A. I. Linguaglossa (560 m.; a. u. 5.70). Le osservazioni vanno dal 1888 XI al 1929 XII con forti interruzioni specialmente all’ inizio. Comprendendovi quei mesi che ho esclusi perchè con molti giorni senza osservazioni , ab¬ biamo le lacune seguenti : 1889 IV, XI— XII ; 1890 1 1— VII, X-XII; 1891; 1892; 1893 I-III; 1905 XI, 1909 X. Degli anni 1889-90 non ho potuto rinvenire le schede originali e perciò mi sono servito dei dati del Boll, di Riposto. Date le aggiunte, le corre¬ zioni e le esclusioni che ho operate per rendere la serie più attendibile, le medie fino al 1915 e 1920 vanno modificate co¬ me segue : 1888 -r- 1915 1888 1920 a b a b I 182.2 191.7 I 170.9 179.5 li 137.1 145.7 II 142.4 149.6 III 144.8 140.2 III 132.4 129.1 IV 69.0 65.9 IV 78.3 78.2 V 54.2 53.0 V 51.2 49.5 VI 13.5 12.9 VI 16.8 16.2 VII 11.1 11.3 VII 9.3 9.5 Vili 15.8 14.5 Vili 16.5 15.4 IX 95.1 91.6 IX 88.0 85.4 X 143.6 154.0 X 151.0 159.3 XI 163.5 161.6 XI 193.5 191.8 XII 173.4 177.0 XII 176.6 179.4 A 1203.3 1219.4 A 1226.9 1242.9 — 445 — Le osservazioni sulla neve si iniziano nel 1893, perchè, come ho detto, non ho trovati gli originali degli anni precedenti. Pel 1918-1924 ho confrontati i dati delle schede dell’ U. C. di Roma e del G. C. di Palermo ; per gli anni anteriori mi sono servito delle prime e per quelli 1925-29, delle seconde. Maletto (1000 m.; a. u. 16.75). La serie va dal 1920 X al 1929 Xll senza lacune. Le cor¬ rezioni apportate sono molto numerose , perchè una accurata revisione degli originali mi ha dimostrato che quasi tutti i mesi con neve sono stati errati nei calcoli degli A. I. Perciò i dati della mia tabella sono molto diversi da quelli degli A. 1. 1 dati sulla neve sono tolti dagli originali di Palermo. Maniace (670 m.; a. u. 16.0). Le osservazioni vanno dal 1894 I al 1929 X11 con una lacuna dal 1920 III al 1923 VII. Negli anni 1894 1903 furono ese¬ guite solo misure sulla quantità di pioggia. Ho potuto controllare soltanto gli originali degli anni 1904-1911, esistenti, allora, al¬ l'osservatorio di Catania. Ricercandoli nel 1919, trovai che erano stati distrutti dalle termiti. Per inavvertenza non pensai di con¬ sultare quelli esistenti a Roma per gli anni 1912-20. Nel mio controllo, ho riscontrate le differenze più notevoli nel numero dei giorni piovosi. Le osservazioni dal 1923 al 1929 sono state rilevate dagli originali esistenti a Palermo. Sono buone le osser¬ vazioni sulla neve. Le mie correzioni portano alle differenze seguenti riguardo alle medie al 1915 ed al 1920 : a 1894 b 1915 a b I 90.4 90.8 VII 22.0 21 5 li 76.6 76.6 Vili 21.2 21.1 III 66.9 67.1 IX 56.6 54.3 IV 59.0 59.0 X 84.4 86.3 V 42.2 42.2 XI 86.0 86.6 VI 25.1 25.0 XII 109.8 108.4 A 738.3 738.9 — 446 — 1894 - 1920 a b a b I 86.0 86.4 VII 21.3 20.0 11 70.5 70.4 Vili 20.6 20.1 III 64.5 63.0 IX 52.2 50.3 IV 59.7 59.7 X 85.0 86.7 V 42.6 42.7 XI 89.9 90.5 VI 28.8 27.6 XII 114.4 113.2 A 735.5 730.6 lotta S. Anastasia (275 m. a. u. 11.00). Le osservazioni vanno dal 1923 VII al 1929 XII , e sono tolte dagli A. I. con il controllo sugli originali. Nicolosi (698 m.; a. u. 2.85). Le osservazioni che utilizzo, sono quelle raccolte a cura del G. C. dal 1920 X al 1929 XII, con qualche correzione. Esistono anche delle osservazioni anteriori a tale data, ma esse sono di¬ sgraziatamente inutilizzabili perchè molto sospette. Di queste sono utilizzabili solo i dati riguardanti le nevicate. Questa stazione ha una eccezionale importanza per la sua posizione topografica e per le osservazioni simultanee eseguite al totalizzatore, del quale ho studiato il comportamento di una nota preliminare (8). Passomartino (21 m.; a. u. 10.0). Le osservazioni vanno dal 1911 III al 1929 XII senza alcuna interruzione: soltanto, nel 1911 non sono notati i valori di /. 1 dati sono tolti da Eredia (3 l-il) fino al 1917 e dagli A. I. dal 1918 in poi. Sono corretti alcuni piccoli errori degli A. I. Passopisciaro (650 m.; a. u. 5.10). Le osservazioni vanno dal 1913 XIII al 1929 XII. I dati dal 1914 al 1920 li ho rilevati dalle schede originali esistenti presso la S. E. S. O. ed in essi si notano varie differenze con quelli di Eredia (3 I III). Alcuni dati mancanti nelle schede da me consuh tate, sono stati tolti da Eredia (3 MI). Dal 1921 al 1929, i dati sono stati tolti dagli A. I. Credo che siano complete le osserva¬ zioni sulla neve. Date le differenze di cui sopra, le medie al 1915 ed al 1920 sono le seguenti : — 447 — 1913 1915 1913 1920 a b a b I 199.0 199.0 I 14S.1 152.0 II 68.0 68.0 II 112.4 112.4 III 64.5 64.5 III 51.6 60.3 IV 37.5 37.5 IV 66.3 66.3 V 26.0 26.0 V 41.1 41.1 VI 56.0 56.0 VI 29.7 29.7 VII 1.0 1.0 VII 6.1 6.1 Vili 36.5 36.5 VIII 28.7 28.7 IX 34.o 34.0 IX 39.2 40.1 X 84.5 84.5 X 91.9 91.1 XI 130.0 391.0 XI 217.5 278.0 XII 67.5 60.8 XII 139.4 127.9 A 804.5 1058.8 A 972.0 1033.7 Paterno (290 m.; ; a. u. 13.20). Le osservazioni vanno dal 1903 X al 1929 XII con interru- zioni piuttosto gravi duranti i primi anni e cioè : 1906 X, 1907 IV-XII, 1911 IX delle quali ho colmato solo 1907 VII. I dati sono tolti da Eredia (3 HI) pel 1903 1-1917 e dagli A. I. pel resto. Ho potuto solo ( consultare gli originali degli anni 1905- 6, corre- gendo un dato. Pel tal ragione nulla . posso dire dell’attendibilità dei dati fino al 1917. Invece, sono sicuramente controllati quelli 1918-1929. Le medie al 1915 ed al 1920, sono : 1903 1915 1903 1920 a b a b I 99.9 99.9 I 94.6 94.1 II 43.0 43.0 11 44.5 44.5 111 54.9 55.0 III 51.2 51.2 IV 29.6 29.6 IV 32.2 32.2 V 24.8 24.9 V 23.1 25.0 VI 10.2 10.2 VI 9.9 9.8 VII 6.6 6.0 VII 8.1 7.6 Vili 10.7 10.7 Vili 1 0.5 10.5 IX 40.7 40.7 IX 37.4 34.9 X 67.3 67.3 X 63.1 63.1 XI 79.0 79.0 XI 91.1 96.2 XII 73.6 73.6 XII 80.0 80.8 A 540.3 539.9 A 545.7 549.9 Per la neve sono utilizzabili solo i dati del 1905 06, 1918 29. — 448 Piedimonte (348 m.; a. u. 10.45). Le osservazioni vanno dal 1920 X al 1929 XII e sono tolte dagli A. 1. opportunamente controllati. Sono completi i dati della neve. Randazzo - Serie A e serie B. (750 m.; a. u. ? ; 750 m.; a. u. 7.0). La confusione maggiore dei dati si trova in questa stazione, la quale ha funzionato anche con notevole saltuarietà, come ho già fatto notare a proposito della temperatura. Anzitutto dob¬ biamo distinguere due serie diverse di osservazioni, fra le quali, da un certo tempo in poi, è avvenuta una singolare confusione. La serie lunga (A) si inizia nel 1888 XI e continua , con larghe lacune, fino al 1919 I. I materiali di essa sono pubblicati da Eredia (3 I II) e dal Boll, di Riposto con notevoli differenze, dovute, per lo più, ad errori del Bollettino. In Eredia (3 I) man¬ cano alcuni mesi die ho trovati nel Bollettino e che riporto, nel quadro, in [ ]. Ho consultati tutti gii originali esistenti all’U? C. di Roma. In essi ho rinvenuti alcuni mesi non riportati da Ere- dia (3 I). Alcune schede non sono state rinvenute ed allora ho adottato il dato del Boll, di Riposto [ ] o di Eredia ( ). Ho soppressi alcuni mesi accettati da Eredia (3 I) perchè l'esame delle schede m’ha dimostrato che, per lacune molto gravi o per altre ragioni, i dati riguardanti la pioggia sono assolutamente inaccet¬ tabili. Cosi ho ottenuto il quadro che riporto, che ritengo molto attendibile , compatibilmente alla bontà delle osservazioni. Dato ciò, le medie al 1915 vanno cosi modificate : 1889 -r- 1915 1888 1915 I 91.3 VII 15.5 I 92.7 Vii 14.9 II 104.0 Vili 20.3 II 105.0 Vili 20.2 III 75.9 IX 48.2 III 76.2 IX 45 3 IV 54.9 X 79.9 IV 71.0 X 80.3 V 44.9 XI 70.3 V 46.5 XI 6S.8 VI 24.8 XII 109.4 VI 24.1 XII 105.7 A 739.4 A 750.7 Le osservazioni sulla neve mi sembrano complete ed ac¬ curate. — 449 Verso la fine del periodo 1888- 1919 e cioè nel 1913 XI, incominciò a funzionare una seconda stazione, della S. E. S. O. e nel 1918 avviene il mescolamento dei dati delle due serie. Ho potuto separarle perchè a Roma U. C. M. G., sono sempre per¬ venute le osservazioni della serie A (che sono anche quelle pub¬ blicate dal Boll, di Riposto) ; mentre il G. C. riceveva i dati della serie B. Nelle pubblicazioni di Eredia (3 I-I I) sono riportati i dati di A; nella pubbl. (3111) gli anni 191 ó— 1 7 sono di A e gli anni 1918-20 sono di B : la media 1888-20 è costruita su questi dati. Per tali ragioni , non si può operare una media 1888-20 , ma solo una media 1913-1920. La quale, messa a raffronto con quella di Eredia , è la seguente. Aggiungo anche la media 1888-20 operata sulla serie A. 1889 1920 E. 1888 1920 1913 1920 I 87.1 I 89.3 I 91.8 li 99.6 li 103.7 li 62.6 III 70.3 III 73.9 III 49.4 IV 55.5 IV 71.1 IV 54.6 V 43.6 V 47.0 V 36.2 VI 24.9 VI 25.7 VI 31.5 VII 16.0 VII 15.0 VII 13.9 Vili 20.5 Vili 19.4 VII 28.2 IX 47.1 IX 42.0 Vili 38.9 X 78.1 X 77.2 IX 69.8 XI 83.3 XI 71.4 X 176.9 XII 104.2 XII 103.6 XI 77.1 A 730.2 A 739.3 A 730.9 Riposto (14 m. ; a. u. 18.50). Le osservazioni vanno dal 1875 II al 1929 XII, senza alcuna lacuna. Questa serie è la più completa ed omogenea della re- gione infatti nessuna di quelle in esame presenta ì .in complesso continuo così lungo. Le osservazioni sono state pubblicate nel Bollettino dell'Osservatorio, ma esse non possono essere prese in considerazione pei numerosi errori di stampa. Sono state ripubblicate due volte dal Carierò (9) negli studi sul clima di Riposto , ma anche qui vi sono dei dati inesatti. Probabilmente, da queste pubblicazioni son tolti i dati di Ere- — 32 — — 450 — dia (3 1) per un certo tempo. Poi, evidentemente, dalle schede dell’ Osservatorio. Anche in questa pubblicazione vi sono degli errori ed altri appaiono negli A. I. Il controllo di tutti i registri originali mi ha permesso di correggere tutti gli errori , il che modifica le medie come segue : 1875 1915 1875 1920 a b a b I 105.8 106.0 I 101.6 106.0 II 68.9 68.4 II 72.1 68.4 III 53.7 53.9 III 52.3 53.9 IV 41.7 40.6 IV 43.4 40.6 V 20.7 20.7 V 21.1 20.7 VI 6.9 7.3 VI 6.8 7.3 VII 5.9 5.9 VII 5.6 5.9 Vili 12.4 12.5 Vili 11.8 12.5 IX 75.0 75.1 IX 70.7 75.1 X 95.3 96.3 X 96.2 96.3 XI 123.6 122.9 XI 131.1 122.9 XII 88.4 88.4 XII 86.9 88.4 A 698.3 698.0 A 699.6 698.0 Sono complete le osservazioni sulla neve. S. Gregorio (331 m. ; a. u. 2.50). Le osservazioni vanno dal 1919 V al 1929 XII con lacune nel 1921 IX e 1929 VI -XII. I dati sono tolti dagli A. I. con qualche correzione. Sembrano complete le osservazioni sulla neve. S- Alfio (550 ni.; a. u. 1.55). Le osservazioni vanno dal 1895 V al 1929 XII con lacune (o per mancate registrazioni o per esclusioni operate da me per le stesse ragioni dette per altre stazioni) nei mesi seguenti : 1895 VI-VIII, 1896 Vili, 1897 Vili, 1898 V, 1909 IV-IX. Per alcuni mesi dei quali non ho rinvenuta la scheda aU'U. C. M. G. Roma, ho tolto il dato dal Boll, di Riposto o da Eredia. Fra il 1895 ed il 1906, v’è un certo numero di mesi nei quali le osservazioni sono state interrotte per i giorni indicati nella colonna " Note „ del quadro. Per accettare il totale mensile — 451 mi sono assicurato che questa interruzione non potesse influire nella misura della pioggia. Là dove non ho potuto avere questa sicurezza, ho escluso il mese. Le medie vengono così modificate : 1895 - 1915 a b I 191.5 191.5 II 99.0 98.4 III 115.9 116.1 IV 50.8 50.6 V 49.5 50.0 VI 16.0 14.4 VII 16.5 15.2 VIII 29.9 27.7 IX 159.8 170.3 X 168.7 173.7 XI 234.9 236.0 XII 175 3 180.3 A 1307.8 1324.2 1895 - 1920 a b I 179.3 179.3 II 131.2 131.6 III 112.4 112.2 IV 73.4 75.3 V 51.9 51.4 VI 16.6 18.0 VII 14.0 14.9 Vili 25.1 26.6 IX 143.4 135.0 X 186.0 180.5 XI 255.5 254.7 XII 180.3 176.4 A 1369.1 1355.9 Sembrano complete le osservazioni sulla neve. Viagrande (405 m.; a. u. 5.00). Le osservazioni vanno dal 1888 IX al 1929 Xll con lacune numerose. Ne ho colmate alcune profittando della vicinanza delle stazioni di Acireale e Catania e credo che l' interpolazione sia esatta. Pei mesi con giorni di osservazione mancante ho appli¬ cato lo stesso concetto che mi ha guidato alla selezione dei dati di Linguaglossa e S. Alfio. Ciò posto, le lacune si riducono a : 1891 VII-VIII, 1892 IX, XII, 1893 XII, 1895 1I-V, 1X-X, 1896 I, II, IX, XI, XII, 1897 I-VII, 1898 V, IX, 1900 V, 1901 IX, 1905 I— 1 1 , 1905 I— II, 1909 XII, veramente un po' numerose. For¬ tunatamente, la lunghezza del periodo e la vicinanza, fra di loro, delle stazioni in questo versante del monte, fanno sì che ciò non abbia notevole influenza sullo studio dell’ andamento del feno¬ meno. Fino al 1925, i dati sono stati tolti dalle schede dell U. C. M. G. Roma, e dal 1926 in poi dagli A. I. con gli opportuni controlli. La serie è stata pubblicata, con numerosi errori , dal — 452 — Boll, di Riposto e, con qualche dato inesatto da Eredia (3 I-III). Le medie vanno così modificate : 1888 1915 CO CO co •1- o to o a b a b 1 176.0 176.5 I 171.5 171.8 li 145.7 146.0 II 152.0 152.2 111 98.2 101.3 III 95.1 97.8 IV 60.6 62.7 IV 68.2 70.0 V 49.6 47.2 V 49.6 47.7 VI 9.6 9.3 VI 10.4 10.1 VII 3.0 3.0 VII 7.3 7.1 Vili 19.9 18.5 Vili 20.2 19.0 IX 82.9 82.4 IX 73.1 72.7 X 120.5 118.8 X 126.3 125.0 XI 167.1 168.6 XI 198.3 200.5 XII 185.2 173.0 XII 179.8 169.6 A 1118.3 1107.3 A 1151.8 1143.5 Sembrano completi i dati sulla neve. Zafferana (590 m.; a. u. 1.50). Le osservazioni vanno dal 1920 X al 1929 XII. 1 dati sono tolti dagli A. 1. e controllati. Le osservazioni sulla neve si può dire che non esistono : può utilizzarsi allo scopo la serie di Fieri. TABELLE DELLE PRECIPITAZIONI ATMOSFERICHE ACIREALE I. e II. (182 m.; a. u. 0.93) - (177 m. ; a. u. 21.0). — 454 — Mese i II III IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f 1882 1 I 10.01 • IO] [0-0] ■ [0] 1883 97.0 121 75.6 12 94. S 12‘ 95.9 13 13.2 4 8.0 3 6.4 1 1884 57.6 9 96.9 8 162.9 14 41.0 n 27.0 7 26.2 6 0.0 0 18S5 165.0 181 11.6 5 117.1 7 71.3 9 17 7 5 11.0 4 13.4 8 ISSÒ 237.7 10 190.9 18 41.4 10 103.9 11 24.4 6 7.6 / 0.1 1 1887 118.0 12 178 4 13 83.1 5 90.4 13 16.8 3 0.0 0 1 888 160.7 121 151.2 11 15.8 3 14.4 4 6.8 6 8.9 2 0.0 0 1889 415.3 23 19.4 51 1 41.0 8 14.2 4 17.3 6 3.7 1 4.0 3 1890 74.0 9 108.8 18 105.2 n 61.8 10 20.3 3 6.9 2 0.0 0 1891 101.4 121 99. S 91 11 1 2 109.8 7 66.6 8 0.0 0 18.4 1 1892 151.3 6 63.6 1 9 1 65.7 i 8 110.9 12 14.6 2 0.0 0 1.7 2 1893 98.3 121 4.6 1 69.6 8 22.7 7 31.0 6 14.2 2 0.4 2 1894 69.0 7 135.3 11 89.0 11 54.9 10 27.3 3 3.0 1 0.0 0 1895 20.8 6 39.0 91 34.1 6 74.2 4 0.0 0 0.0 0 1S96 153.1 81 52.1 6 71.2 10 0.2 1 3.1 1 0.0 1 1897 33.9 6 18 8 2 81.6 5 25.6 1 13.4 6 1.7 3 3.9 2 S. I 1953.1 162° 1283.9 1 3 1 B 1064.5 116' 888.0 122 370.8 70 94.3 26 48.3 21 ni. 1 130.2 10.8 91.7 9.4 70.9 7.7 63.4 8.7 24.7 4.7 5.9 1.6 3.2 1.4 •1913 148.7- 10 99.7- 12 3.0- 2 40.1- 6 37.1- 8 2.1- 1 0.0 • 0 •1914 89.4- 10 23.0' 6 55.4' 9 8.5* 3 8.3- 5 2.9- 3 1.8' 4 •1915 45.1- 13 15.8* S 113.7' 10 4S.9- 11 33.8- 8 33.4- 16 0.4- 2 •1916 80.3- 6 160 7 17 11.5- 12 155.6’ 11 13.7- 4 6.4 • 4 36.2- 5 •1917 183.5- 16 139.0- 17 24.8- 12 25.9- 11 71.4- 10 20.0- 7 o.o- 2 •1918 92.2-" 6 31. 8-' 7 148.7“ 16 106.4“ 7 19. 8-" 5 21.2-" 7 11.2'* 2 •1919 89. 7‘* 16 120. 1 •* 17 17.6-' 9 17.3"“ 10 82. 2-8 9 o.om 2 o.o-B 2 •1920 10.2" 7 173. 2-' 13 28.2-“ 7 1 1 .0" 8 6.7-" 2 11. 9-" 10 0.0 • 0 •1921 48.8* 13 199. 8" 20 229.0" 15 128.8" 1S 18.4" 7 45.0" 9 0.0 6 •1922 103.6 17 161.0 14 13.3 6 13.2 6 21.3 6 0.0 1 0.0 0 •1923 237.7 17 33.3 10 18.2 7 62.8 12 10.6 o 5 12.5 7 0.4 1 •1924 132.7 161 34.2 13 52.6 10 61.4 3 0.0 2 2.0 3 24.2 2 ■1925 70.1 4 1 20. S 7 246.0* 12 88.8 6 83.5 7 0.6 4 0.0 1 •1926 4.0 7 28.5 3 80.5 4 18.3 6 27.9 5 7.S 6 0.0 1 •1927 66.9 14 96.3 8 24.2 7 20.6 5 10.1 4 1.8 1 0.0 2 1928 208.5 17 167.2 11 213.5 25 126 6 10 2.0 3 0.0 0 4.7 1 1929 42.7 14 108.6 12 165 7 13 30.6 8 3.9 4 6.5 5 0.0 0 S. II 1654.1 209 3 1613.0 195 1455.8 175 964.8 141 450.7 92 174.1 86 78.9 31 in. II 97.3 12.3 94.9 1 1.5 85.6 10.3 56.8 S.3 26.5 5.4 10.2 5.1 ! 4.6 1.8 S. I-II 3607.2 371 2896.9 326 2520.3 291 1852.8 263 821.5 162 268.4 112 172.2 52 ni. MI 112.7 11.6 93.4 10.5 78. S 9.1 59.8 8.5 25.7 5.1 8.1 3.4 4.0 1.6 M. 415.3 23 199.8 | 20 246.9 25 155.6 18 83.5 10 45.0 16 36.2 8 m. 4.0 4 4.6 1 3.0 2 8.5 1 0.0 1 0.0 0 0.0 0 — 455 — Vili IX X XI : XII A Note i f i f i f i f i f i f [1-0] - [1] 52.1 6 18.0 5 5.8 2 117.3 12 (194.2) (26) ivi-vmi * 7.1 6 53.7 11 126.7 12 273.0 12 36.2 19 887.6 1 172 interpolazioni * 14.4 3 82.6 6 150.1 13 257.4 14 87.1 14 1003.2 105 20.3 5 5.4 2 46.7 9 327.9 19 43.9 5' 851.3 96- * 54.6 3 44.5 6 88.4 10 [104.8J- [SI 33.3 8 931.6 90 [XII dal Bollett. * 70.5 12 74.4 11 68.1 7 (699.7) (76) * 68.9 8 121.0 IO (547.7) (46)' * 0.0 0 127.5 7 18.2 5 214.4 8 195.1 14 1070.1 84 1 (1 0.0 0 83.6 6 88.4 6 18.5 5 184.5 15 842.0 85 * 37.4 5 (444.5) (44)- * 9.5 3 42.9 7 36.7 6 121.0 8 (617.9) (03) * 5.8 3 15.9 1 158.0 IO' (420.5) (52)- * 0.0 0 0.2 1 114.5 9 210.6 12 254.3 16 958.1 SI 0.0 0 53.8 3 S3.9 9 (305.8) (37) 1 * 5.8 2 (285.5) (29) 1 * (178.9) (25) 118.5 26 562.2 46 758.2 87 1555.7 99 1541.1 150- 10238.6 1056 12 9.9 2.2 51.1 4.2 75.8 8.7 1 55 6 9.9 110.1 10.7 792.5 80.0 18.0- 3 14.5- 4 149.7- 10 27.5- 5 53.1- 12 593.5 79 * 204.0- 6 42.3- 7 274.0 14 142.1- 16 69.7- 6 921.4 89 * 0.0 • 4 135.1- 12 152-6- 19 315.8- 9 2 9.2- 2 923.8 1 14 * 17.6- 5 48.5- 13 18.7- 10 158.4- 16 54.4- S 762.0 111 * o.o • i 6.0- 6 49.1- 10 220.8- 17 107.6- 18 848.1 127 * 21.6 1 2 29.0/ 2 266 2 “ 13 137. 9-' 11 157. 0-a 8 1043.0 8o u O.O* 2 12.7/ 10 58 0/ 21 46.0" 11 216.7 * 13 660.3 122 * 19.8/ 4 46 7-* 8 443. O* 16 938.0 6 24 43. ó'" 10 1732.3 109 * 10.8/ 7 207.9" 11 234 4' 10 110.0* 14 144.6* 12 1377.5 142 * 0.0 1 59.0 5 27.3 5 68.4 9 62.0 121 529.1 SI1 * 13.4 5 6.1 3 10.0 3 46.9 12 71.4a i5'-' 523.3 95- * 0.3 2 7.7 2 88 4 17 112.1 15 368.9 15 884.5 1001 * 0.0 2 24.3 4 177.2 18 109.7 13 14.1 3 836.0 sr V 0.0 0 30.4 7 72.8 5 66.0 13 26 7 12 371.9 69 * 1.0 1 47.1 4 70.0 13 149.7 12 201.3 17 689.0 88 * 10.0 1 149.7 6 35.4 7 41.6 11 165.5 1 1 1124.7 103 da G. C. 31.0 7 66.7 10 50 6 6 74.7 14 43.4 7 624.4 100 id. * 347.5 53 . 933.7 - 114 2177.4 197 2765.6 222 1829.2 181 3 14444.8 16965 20.4 3.1 54.9 6.7 128.1 11.6 162.7 13.1 107.6 10.6 849.6 99. S 466.0 79 1495.9 160 2935.6 284 4321.3 321 3370.3 331 24jS3.4 2752 16.1 2.7 53.4 5.7 108.7 10.5 160.0 12.1 108.7 10.7 829.4 91.5 . 204.0 7 207.9 13 443.0 21 938.0 24 368.9 19 1732.3 142 0.0 o 0.2 1 10.0 3 5.8 2 14.1 2 371.9 69 ADERNO (5S9 m. ; a u. 10.0). — 456 — Alese i II 111 IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f 1903 1904 200.5 10 20.1 5 152.0 8 5.7 2 14.0 4 24.6 4 10.5 5 •1905 62.8 12- 31.8 63 30.3 5 4.0 1 49.0 7 17.1 3 28.0 3 •1906 71.9 7 97.1 6 1S.5 2 15.0 3 49.5 8 35.9 3 11.0 1 1907 84.5 12 51.9 12 30.5 11 28.9 8 0.4 1 8.6 3 0.0 0 1908 52.6 3 22.2 5 56.3 9 24.0 6 0.0 0 0.0 0 0.0 0 igoy 79.2 6 82.8 IO 48.3 10 52.3 6 33.6 3 1.2 1 0.0 0 1910 44.0 7 81.9 13 42.9 8 13.2 3 20.2 3 13.0 3 0.0 0 1911 127.0 15 10.5 4 S2.3 10 35.0 4 59.1 10 0.0 0 53.3 8 1912 110.4 15 22.6 3 22.6 5 62.7 7 3.3 3 0.0 0 20.0 2 1913 34.3 5 54.9 10 0.0 0 16.8 3 55.4 7 6.4 2 1.2 1 1914 36.5 6 38.2 5 48.0 7 9.1 4 4.3 2 6.0 3 16.4 2 1915 45.1 15 13.0 3 47.0 5 80.0 11 24.0 5 44.2 9 3.0 1 1916 65.5 5 30.5 7 11.0 2 88.0 7 17.0 2 8.0 2 9.0 1 1917 102.0 11 59.0 7 36.0 8 35.5 5 41.0 5 7.3 4 0.0 0 1918 33.0 3 11.5 2 97.4 8 49.1 8 25.7* 4 18.5 5 5.0 1 1919 148.5 8 66.0 6 61 8 5 o.o ■ 0 68.5 5 16.5 i 0.0 0 1920 22.0 6 40.7* 9 69.0 8 14.3 7 14.5 3 13.0 3 2.5 1 1921 30.3 6 37.5 6 133.1 12 91.3 10 19.0 3 91.3 7 7.5 3 1922 81.2 17 53.0 8 22.4 4 11.0 3 25.7 5 0.0 0 0.0 0 1923 88.3 \h- 32.7 5 33.5 6 71.5 8 6.0 1 15.6 4 1.2 1 1924 50.4 91 50.7 7 3S.5 S 14.5 2 2.5 1 8.0 3 10.0 1 1925 4.0 1 21.0 5 136.7 8 58.3 8 81.9 5 0.0 0 0.0 0 1926 46.0 IO 30.5 4 7.1 4 30.7 5 31. S 6 15.0 3 0.0 0 1927 54.7 7 61.4 5 23.6 4 12.0 2 31.8 2 0.0 0 1928 113.6 12 41.6 11 156.0 21 14.7 5 0.0 0 0.0 0 82.5 5 1929 24.8 T 50.4 13- 38.8 9 4.2 2 4.3 3 8.0 4 0.0 0 S. 1813.1 230 1113.5 177 1420.0 183 853.4 132 662.7 98 389.8 69 261.1 36 m. 69.7 8.8 42.8 6.8 56.8 7.3 32.8 5.1 25.5 3.8 15.0 2.6 10.0 1.4 M. 200.5 17 97.1 13 156.0 21 S8.0 ii 81.9 10 91.3 9 82.5 8 ni. 4.0 1 10.5 2 0.0 0 1 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0 0 ALCANTARA (500 m.). 1913 1914 116.9 8 14.0 3 80.5 5 0.5 1 0.3 i 0.0 0 0.0 0 1915 1916 76.0- 457 IX x XI XII A Note i f i f i f i f i f 7.3 3 7.2 5 135.2 10 115,3 9 (265.0) (27) da E. (1) 39.8 8 86.2 9 76.8 13 39.0 6 706.5 78 65.9 1 131.2 6 132.9 6 195. 5 12 748.5 62 44.0 6 76.1 10 61.4 4 103.0 15 605.0 68 61.2 9 44.3 5 65.6 5 20.4 5 398.9 72 il 33.7 4 65.4 6 80.1 7 114.6 17 448.9 57 „ 39.7 5 100.5 5 60.4 8 5.3 1 503.7 56 II 24.5 4 19.5 3 20.5 4 60.5 8 340.2 56 „ 20.5 2 10.0 2 72.3 S 78.1 9 574.4 76 „ 132.4 11 74.4 5 40.4 7 19.8 3 508.6 61 „ 5.8 2 52.7 5 5.5 i 45.1 6 300.9 43 „ 6.9 2 157.4 s 155.1 13 38.9 4 561.0 61 „ 25.5 3 45.8 7 231 3 4 43.5 5 604.7 60 „ 12.6 2 14.0 3 102.7 13 23.5 6 426.8 51 „ 10.1 2 30.4 5 133.6 7 121.3 11 576.2 65 „ 30.0 1 105 5 6 21.0 5 62.2 8 465.4 52 da O. C. 54.6 5 55.7 7 43.0 8 130.9 9 664.8 57 „ 13.0 3 97.3' 10 312.0 15 40.5 8 651.8 77 „ 106.0 8 55.0 4 92.0 7 23.5 5 700.7 74 „ 2.2 2 36.5 8 26.6 6 32.3 8 290.9 61 „ 14.1 2 3.2 2 47.7* 7 79.1 121 402.2 65 „ 0.0 0 69.1 9? 49.1 8 159.6 12 452.4 60 il 68.4 5 97.9 9 59.7 12 30.3 61 559.6 60 „ 31.1 4 4.4 1 39.2 6 28.7 7 264.5 50 „ 35.1 3 184.3 10 125.2 14 (533.5) (49) •1 31.8 5 20.7 6 37.6 11 126.7 12 625.2 88 „ 25.5 9 47.9 7 66.4 10 44.5 T 352.5 7S " 941.7 111 1508.3 153 2352.4 215 2907.3 225 14532.8 1673 34.9 4.1 58.0 5.9 87.1 8.0 107.7 8.3 552.2 63.8 132.4 11 157.4 10 312.0 15 195.5 17 700.7 88 0.0 0 3.2 1 5.5 1 5 3 1 290.9 43 - 32 BIANCAVILLA (512 m.). - 458 - Mese i ii IH IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f 1888 1889 140 9 16 29.6 M2 45.0 [6| 13.5 4" 0.0 0 22.2 2 23.5 4 1890 11.0 |2| 160.0 6 70.6 15] 14.0 |2] 6.0 2 0.0 0 1891 70.5 =2') 41.7 16] ]0.0] 3 91.7 6 32.0 8") 4.7 |5| 8.0 / 1S92 43.0 2 32.0 5 18.5 [4| 74.0 [8] 1 44.0 [4] 5.0 2 3.0 [1] 1893 58.0 [8] ' 1 1.0 IH] 54.5 |6] 25.0 [2] 19.0 4 18.0 2 1894 82.5 [8] 9.0 13] 46.0 14] s. 405.9 38 283.3 35 234.6 28 204.2 20 109.0 18 37.9 11 52.3 8 m. 67.0 6.3 47.2 5.8 39.1 4.7 51.0 5.0 21.8 3.6 9.5 2.8 10.5 1.6 M. 140.9 16 160.0 1 1 70 6 6 91.7 S 44.0 8 22.2 1 ‘5 23,5 4 m. 11.0 2 9.0 3 0.0 3 13.5 2 0.0 2 5.0 2 0.0 0 BRONTE (780 m. ; a. u 19.0). 1920 39.0 6 13.3* 11 54.2 11 14.8 3 37.4 3 18.6 5 0.8 1 1921 78.2 13 23 3* 16 125.2 19 92-8 16 77.6 9 110.6 12 3.0 6 1922 102.1 12 41.0 IO1 38.3 6 18-0 6 15.2 5 0.0 0 0.0 0 1923 109.0 15 86.0 10 67.0 10 81-0 8 5.0 i 26.0 3 12.0 2 1924 116.0 io- 117.0 IO1 56.0 4 55.0 1 0.0 0 11.0 1 17.0 2 1925 0.0 0 35.0 2 167.0 5? 55.0 2 55.0 3l 1 0 1 0.0 0 1926 63.9 1 4- 34.0 2 105.0 5;; 54.0 4 90.0 5 17.5 4 3.0 1 1927 105.0 13' 26.0 5 ? 1 40.0 7 44.0 7 46.0 5 12.0 2 0.0 0 1928 8 5.6 141 48. S 16 170.2 25 64.0 11 12.4 4 0.0 0 78.0 8 1929 47.1 17 72.2 18" 22.2 13 38.1 IO1 54.9 6 42.4 6 8.5 1 S. 743.9 114" 496.6 100'" 845.1 105" 516.7 68 1 393.5 411 239.1 34 122.3 2.1 ni. 74.4 11.4 49.7 10.0 S4.5 10 5 5U 6.S 39.3 4.1 23.9 3.4 12.2 2.1 M. 116.0 17 117.0 18 170.2 25 92.8 16 90.0 9 1 10.6 12 78.0 S ni. 0.0 0 13.3 2 22.2 5 14. S 1 0.0 0 0.0 0 0.0 0 CAMPOROTONDO (450 in. ; a. u. 3. 30). 1923 1924 90.5 12- 78,2 8 23.0 2 90.0 3 8.0 1 0.0 0 56.0 2 1925 15.0 1 5.0 1 1S9.3' 8l 71.5 7 53.7 S 0.0 0 0.0 0 1926 40.3 9 29.7 5 101.0 7 41.8 7 92.8 s 13.5 3 0.0 0 1927 83.5 7 81.5 4 55.0 6 29.0 5 15.9 1 17.0 i 0.0 0 1928 418.0" 15 131.0 8 296.0 19 110.0 4 0.0 0 0.0 0 32.0 5 1929 44 0 6 72.0 10 286.0 9 12.0 2 34.0 4 12.0 2 0.0 0 S. 691.3 50" 397.4 36 950.3 5 1 1 354.3 28 203.5 22 42.5 6 88. l 'i 7 IH. 115.2 S.3 66.2 6.0 1 58.4 8.5 59.0 4.7 33.9 3.7 7.1 1.0 14.7 1.1 M. 418.0 1 5 131.0 10 296.0 19 110.0 7 92.8 8 17.0 3 56.0 5 ni. 15.0 i 5.0 1 23.0 ! 2 12.0 2 1 0.0 0 0.0 0 0.0 ° — 459 Vili IX X XI XII A Note i f i f i f i f i f i f 24.6- 7 69.0- 6 38.6 9 (132.2) (22) 9 BR. 13 0.0 0 99.9 6 3.1 2 67.9 9 100.8 7 546.4 60 9 B R. 5 0.0 0 10.6 [2] 23.9 6 (296.1) (25) 9 BR. 11 13.5 O 70.2 [51 58.0 119 1 10.0 89 240.2 '49 740.5 61 9 BR. 7 22.0 [21 49.0 14] 23.0 69 112.0 109 (425.5) (48) 9 BR. 4 42.6 6 10.0 3 99.0 5 220.0 [8]' (557.1) (d5) 9 BR. 2 (137.5) (15) 9 BR. 9 78.1 10 180.7 13 168.6 33 368.9 34 711.6 38 2835.3 286 [da BR.] 15.6 2.0 60.2 4.3 28.1 5.5 73.8 6.8 142.3 7.6 566.7 56.0 42.6 6 99 9 6 58.0 11 1 10.0 9 240.2 10 740.5 61 0.0 ° 10.6 2 3.1 2 23.0 5 38.6 4 546.4 60 55.0 5 0.0 0 91.4 11 256.8" 21 83.2 16 664.5 93 da Q. C. * 50.2 14 75.0 13 53.7 14 (689.6) (132) n * 3.0 1 33.0 3 81.0 5 59.0 IO1 47.0 9- 437.6 67" n * 10.0 2 44.0 6 0.9 / 68.0 6 136.0 9" 644.9 73' n 0.0 0 0.0 0 151.0 7 80.0 93.0 3 696.0 (38)' 0.0 0 96.0 3 143,0 3 90.0 3 51.0 41 693.0 26- il 8.0 1 69.0 7 14.0 5 55.0 9 108.0 15 621.4 72" il 2.0 1 22. 3r 5 217.8 18 149.8 12 180.8 IO" 845.7 94 1 il 0.2 1 44.0 10 23.8 9 59.3 1 5 152.0 20 736.3 133' n 91.9 9 79.5 8 46.8 11 58.1 17 58.3 13- 620.0 129" " 170.1 20 387.8 42 819.9 84 951.0 106' 963.0 122‘" 6649.0 857 31 18.9 2.2 43.1 4.7 82.0 8.4 95.1 10.6 06.3 12.2 671.1 86_4 91.9 9 96.0 10 217.8 18 256.8 21 180.8 20 845.7 133 0.0 0 0.0 0 0.9 1 55.0 3 47.0 3 437.6 26 130.0 6 0.0 0 44.5 4 87.0 S' (261.5) (18)" 0.0 0 180 1 173.6 10 4442 15 (981.5) (54)" 0.0 0 31.0 3 145.8 7 123.4 14 23.7 4 658.4 53‘ 0.0 0 53.0 5 18.0 3 57.0 4 66.0 12 513.1 63 0.0 0 72.0 3 80.0 8 221.0 9 262.0 ir 916.0 55‘ 44.0 1 82.0 6 50.0 6 48.0 9 186.0 9 1397.0 82 33.0 4 147.0 10 45.0 2 87.0 11 42.0 3? 814.0 63? 77.0 5 533.0 34 338.8 26 754.5 61 1110.9 621 5541.5 3887 12.8 0.8 76.1 4.9 56.5 4.3 107.8 8.7 158.7 8.9 866.4 60.9 44.0 4 147.0 10 145.8 8 221.0 14 444.2 15 1397.0 S2 0.0 0 18.0 1 0.0 0 44.5 3 23.7 3? 513.1 53 (i) CATANIA R. Università (21 m.). — 460 — Mese i II III IV V VI VII Anno i i i i i i i 1832 118.7 0.0 2.3 0.0 1833 162.4 25.0 63.7 27.8 12.4 22.6 3.0 1834 16.9 256.0 20.3 5S.7 4.5 0.0 0.0 1835 189.5 67.7 24. S 196 3 2.3 4.5 9.0 1S36 94.7 49.6 24.2 4.5 33.8 0 0 0.0 1837 11.8 38.3 136.5 23.7 11.3 0.0 0.6 183S 1839 135.4 58.7 81.2 13.5 6.8 2.3 0.0 1840 124.1 99.3 119.6 144.4 121.8 9.0 0.0 1S45 110.5 45.1 92.5 19.2 0.0 0.0 1846 297 8 81.2 38.3 30.3 0.0 0.0 0.0 1847 65.5 69.9 76.7 4.5 27.1 76.7 0.0 • 1857 207.5 205.3 27.1 130.8 0.0 0.0 0.0 1S58 1 195.0 476.0 0.0 12.4 23.8 9.0 9.0 1859 194.0 225.6 279.7 0.0 30.5 0.0 0.0 S. 2695.2 1763.1 937.2 858.1 293.5 126.4 21.6 m. 224.6 135.6 72.1 61.3 21.0 9.0 1.5 M. 1195.6 476.0 279.7 196.3 121.8 76.7 9.0 ni. 11.8 25.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 — 461 Vili IX X XI XII A Note i i i i i i 1.1 2.3 276.3 4 50.0 172.6 (723.3) da Mendola 0.0 67.1 365.4 145.5 33.8 92S.7 " 0 0 121.8 79.0 142.5 1.1 700. S ” 0.0 1.1 22.6 33. S 22.6 574 2 ìt 0.0 11.3 68.8 20.3 76.7 3S3.9 1.1 40.6 29.3 37.8 54.1 385.1 33.8 68.8 89.7 (192.3 5.6 9.0 57.5 148.9 (518.9) 0.0 0.0 (618.2) 0.0 76.7 (344.0) „ 0.0 92.5 130.8 234.6 31.6 937.1 ” 0.0 63.2 248.1 293.3 (925 0) ” 20.3 42.9 419.6 0.0 539.1 1592.6 lf 30.3 45.1 88.0 279.7 251.0 2419.9 » 0.0 30.3 0.0 444.4 24.8 1229.3 " 58.4 603.9 1761.7 190$. 2 1446.0 12473.3 4.2 43.1 146.8 146.8 120.5 986.5 30.3 121.8 419.6 444.4 539.1 2419.9 0.0 0.0 0.0 0.0 1.1 383.9 CATANIA R. IJniv. (21 m.). — 4 62 — Mese i II III IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f 1865- 0.00 0 0.00 0 4.10 2 0.00 0 1866- 5.20 4 18.37 4 13.27 4 0.00 3 24.02 5 4.75 3 0.00 0 1867- 16.00 4 18.25 5 13.25 5 11.00 4 0.00 / 14.05 2 0.00 1 1868- 62.45 8' 13.80 6‘ 91.45 12- 70.87 7 0.00 i 28.75 5 9.75 2 1869- 87.00 IO' 0.00 0 98.00 81 11 25 4 0.00 0 7.25 2 4.25 2 1870- 57.75 31 31.75 5 71.25 10 47.75 4 1.50 1 1.50 1 10.75 1 1871- 136.12 8 0.00 1 5.12 4‘ 14.25 5 25.25 4 0.00 2 0.00 0 1872- 67.25 61 128.50 8 24.00 9 iS-00 4 6.75 4 0.00 / 3.75 1 1873- 20.25 4 13.50 6- 85.00 4' 1 10-50 6 5.50 4 0.00 3 7.50 1 1874- 202.00 91 19.75 5' 106.75 91 1800 6 58.25 6 0.00 0 0.00 0 1875- 7.50 1 23.70 4 1 18.00 12 30.70 8 0.00 4 1.30 4 0.00 1 1876- 31.80 7 19.40 9 1 1.00 5 28.25 6 24.50 6 22.75 8 1.62 4 1877- 75.75 61 33.75 7 22.50 IO' 7.50 5 0.00 4 1.25 2 0.75 3 1878- 105.50 16' 72.00 12 26.00 s 42.00 5 6.00 3 1.00 2 0.00 7 1879- 94.75 10 21.50 7 35.50 11 30.50 10 17.25 7 0.00 0 0.00 0 1880- 321.50 14 144.50 12 31.50 7 7.50 8 36.50 7 0.00 0 0.00 0 18S1 • 72.00 14 95.50 13 6.00 3 4 1 .50 10 53.00 9 13.50 4 0.00 0 1882- 47.00 5 32,50 6 54 00 8 38.25 11 1 (1) 0.00 2 0.00 1 1883- 68.75 13 68.00 7 89.50 9 60.00 16 1.00 3 27.00 3 0.00 1 1884- 48.00 5 67.00 7‘ 86.00 II1 15.00 10 29.50 7 12.00 8 0 00 0 1885- 121.00 14 8.00 3 83.50 9 44.00 9 4.20 3 17.25 5 8.50 5 1886- 192.75 7 117.65 9 28.50 5 55.00 8 1 1.00 2 6.00 i 0.00 0 1887- 110 30 9 190.20 13 54.20 6 88.90 11 17.00 3 0.00 i 11.00 4 1888- 13.50 9 87.50 9 10.00 3 17.00 4 32.00 4 27.00 i 0.00 0 1889- 227.00 19 30.00 4 32.50 5 6.00 3 12.00 4 0.00 i 13.50 4 1890- 4g.00 9 179.50 12 75.00 7 38.00 10 1 1.50 4 5 00 3 0.00 0 1891- 98.50 10 110.50 9 0.00 0 58.25 7 44.50 7 1.00 3 1.00 1 1S92- 89.25 6 36 00 6 32.75 4 94 20 ii 36.50 5 0.00 1 4.00 1 1893- 41.5 7 1 0 2 84.6 6 10.0 5 31.0 6 4.0 2 3.0 3 1894- 76.0 6 177 0 9 84.0 S 29.5 4 20.2 4 1.5 1 0.0 0 1895- 28.0 7 190 5l 21.0 3 12.0 3 67.5 5 0.0 0 0.0 0 1896- 132.4 7 72 2 9 27.5 5 58.7 14 5.2 5 0.0 0 0.0 0 1897- 23.4 14 144 7 1 12.4 8 24.5 12 9.5 10 8.4 6 3.2 2 1 898- 84.7 13 23 2 14 115.6 18 23 2 7 1.2 4 0.0 0 0.0 1 1899- 12.6 4 76 2 9 11.3 3 5 2 4 0.0 3 0.0 2 0.0 3 1900- 35.8 7 29 0 9 16.2 9 33.1 8 12.4 7 27.8 7 2.4 3 1901- 117.3 13 205.0 17 17.3 12 63.1 il 5.3 2 8.0 5 1902- 47-0 9 73.8 10 52.7 10 71.6 12 5.8 9 0.0 0 0.0 0 1903- 19-5 9 22.5 4 25.3 1 1 1 1.4 11 12.0 3 11.8 3 2.5 3 1904- 3114 20 14.0 7 136.9 10 20.8 7 10.9 6 11.7 3 3.7 4 1905- 64.7 12' 32.7 IO' 16.0 5 3.1 6 65.3 12 0.8 8 19.6 4 1906- 140.3 20 40.3 14 24.6 7 27.1 5 11.9 9 10.4 4 2.0 2 1907- / 1.6 14 4j.8 3 70.7 1 1 7.2 8 15.1 O 0.0 3 0.0 0 1908- 61.1 5 19.6 5 79.8 12 43.1 9 0.0 0 2.1 2 0.0 0 1909- 142.2 9 43.2 18 20.9 14 96.7 8 19.7 10 0.0 2 0.0 0 1910- 39.1 9 58.2 8 19.5? 8 8.6 7 13.2? 1 2.5 2 0.0 0 s. 3876.47 415* 2550.22 349" 2240.84 348,J 1490.87 325' 822.72 215 281.75 117 120.77 64 in. 86.1 9.2 56.7 7.8 49.8 7.7 33.1 72 18.3 4.8 6.1 2.5 2.6 1.4 M. 321.5 20 206.0 18 136.9 18 1 10.5 16 67.5 12 2S.7 8 19.6 5 ni. 5.2 1 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0 0 463 - Vili IX X XI XII A Note i f i f i f i f i f i f 0.00 0 92.40 5 107.00 7 68.19 4 266.36 15 (538.05) (33) (1) lino 0.00 1 0.00 2 25.50 7 46.62 4 22.50 2 160.23 39 al 15 m 0.0 * 0.00 2 15.50 4 11.62 4 72 25 7 42 25 7- 214.17 462 Mendola 7.4/, * 0.00 0 7.42 3 140 1)0 8 40.75 8 2 14.75 3 479.99 63" * 16.50 6 5.75 2 24.25 4 119.50 6 234.50 6 608.25 50- (2) fino * 0.00 0 56 25 7 0.00 0 53.25 3 47 50 5 384.25 40 1 al 12 = 10 0/., * 0.75 2 6.25 3 53.75 9 19.12 6 132.25 II 392.86 55‘ Menci. 56. 9/, , * 0.75 o 3 8.00 2 80.75 4 70.00 3 66.50 7 474.25 52l 0.75 5 0.25 3 75.50 7 188.25 10 296.00 11 803.00 64" * 5.00 o J 0.00 1 76.70 9 84.50 8 22.75 4 593.70 60' * 0.00 0 37.00 6 192.28 13 28.00 7 21.60 4 460.08 64 33.75 4 7.75 3 170.40 IO 16.00 5 63.75 4' 430.97 71' * 0.00 0 42.45 5 22.00 6 210.75 8' SO. 25 II 496.95 67' 0.00 1 <118.25 ii 6.50 7 50.50 7 10.75 8' 438.50 81 2 * 0.00 2 102.00 5 77.00 7 132.50 7 124.50 12 636.50 78 ♦ 3.25 3 56.00 8 94.00 9 71.00 2 23.00 3 7S8.75 73 * 11.00 3 29.25 4 94.00 9 75.50 6 213.75 14 705.00 89 * 1.00 2 (2) 17.75 9 8.50 3 63.50 14' (262.50) (61)- * 3.00 3 56.00 0 1 18.50 12 124.00 1 1 27.00 10 642.75 94 * 0.00 5 46.00 5 143.50 10 117.50 II 67.50 10 632.00 89- * 39.00 7 4.50 2 35 75 1 1 150.00 15 30.75 4 546.45 87 10.00 2 21.60 5 49.70 4 74.00 7 40.70 6 606.90 56 ¥ 7.00 7 27.50 9 77.00 13 53.00 10 18.00 4 654.10 90 * 10.00 2 9.00 4 65 00 4 69.00 4 63.50 7- 403.50 51 * 0 00 0 66.75 7 9.00 5 85.00 7 139.00 13 620.75 72 * 0.00 0 44.00 7 89.75 9 22.25 6 138.50 12 652.50 79 * 0.00 0 32.40 4 83 25 IO no 80 7 22.00 3 562.20 61 * 29.00 5 43.00 6 51.75 6 55.50 II 91 50 II 563.45 73 * 0.0 3 2.0 3 0.0 5 99.0 8 108.5 IO 384.60 60 0.0 0 6.0 1 79.0 7 116.5 9 139.6 13 729.30 62 0.0 1 48.2 6 79.4 5 42.7 7 102 5 IO 420.30 52* * 3.0 3 5.7 4 100.4 7 1976 11 51.4 12 654.10 77 * 0.0 4 46.9 6 26.7 16 160.1 15 1 15.8 15 546.2 115 74 44.0 13 58.6 13 102.0 16 178.3 16 252.7 15 883.5 130 * 34.3 3 4.4 5 15.5 6 119.8 15 131 5 13 410.8 70 * 47.3 3 14.0 8 48.2 7 84 0 II 6.4 8 356.6 87 * 4.4 4 25.0 5 293.6 8 173.5 1 1 21.8 9 (935.3) (97) E (1) fino al 0.0 1 397.8 7 228.8 14 89.1 16 18.1 16 1044.7 104 1900. 0.0 0 18.0 6 25.6 4 55. 1 9 i 24 1 17 327.8 80 % 28.0 2 34.1 11 136.3 10 134.8 12 51.0 71 893.6 99* * 0.4 2 54.6 4 86.0 12 8.6 7 229.3 19 581.1 101* * 0.0 / 78.5 11 163.0 14 35.6 8 113.6 16 647 3 111 8.2 2 62.9 9 22.1 5 93.3 10 3.2 7 401.1 74 * 0.0 0 113.7 5 45.0 14 293.9 10 163.2 18 821.5 80 * 2 4 2 13.9 4 163.7 6 69.7 7 20.1 4 592.5 84 * 0.0 0 3.5 3 9.3 4 57.2 5 69 1 7 280.2 54 * 342.75 112 1923.07 210 3616.60 273 42,0.03 3S0;i 4166.81 435° 25663.10 3375a,ì 7.4 2.4 42.7 5.3 78.6 8.1 92 0 8.3 90.6 9.5 564.0 74.2 47.3 13 397.8 13 293.6 16 293.9 16 296 0 19 1044.7 130 0.0 0 1 0.0 1 0.0 0 8.5 2 3.2 j 2 214.2 39 CATANIA R. Osserv. (65 m.; a. u. 24.0). — 464 — Mese I II III IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f •1892 106.9 8 35.2- 11 38.2 5 119.7- 11 39.1- 5 2.4 2 2.6 3 •1893 38.9- 12 1.4 5 24.94- 11 22.7 1 1 35.1- 12 3.9 4 1.0 6 •1894 104.2- 14 151.8 11 82.5 12 32.5 12 16.4 5 1.0 1 0.0 0 •1895 24.05 111 35.35 14 15 62- 10 18.6 5 55.45 7 0.0 0 0.0 0 ■1896 170.3' 14 76.05 13 28.4' 7 59.5- 14 5.65 5 0.0 0 0.0 0 •1897 19.3- 12 13.7 3 95.5 9 27.8 / 12.2 8 15.8 3 2.1 1 •1898 90.5 11 21 25 14 151.94 14 21.7 5 0.7 3 0.0 0 0.0 0 •1899 7.0 5 90.7- 11 11.8- 8 3.65 6 0.0 1 1.9 4 0.1 1 •1900 49.45 12 29.45- 11 15.85 14 39.7 12 25.25 11 35.6 7 3.9 4 •1901 129.7 18 198.8' 17 17.6 13 5.3 7 40.4- 13 4.9 6 10.5- 4 •1902 49.4 9 83.2 10 53.75 12 97.1- 15 8.8 11 0.0 0 0.0 0 •1903 20.3 12 27.2 4 28.9 12i 14.7 12' 8.7 5 1 1.7 1 4.2 3 •1904 317.5 21 14.0 11 142.6 11 23.1 10 14.7 9 9.7 5 9.4 7 •1905 74.6' 161 46.5' 12" 19.3 8 4.3 8 80.3 16 3.6 9 27.9 7 •1906 166.2 18 46.9 16 23.9 8 42.7 9 19.7- 12 6.1 7 7.1 o J •1907 105.3 17 49 9' 17 84.6 14 12.5 13 14.7 4 1.6 5 0.0 0 •1908 64.5 9 25.0 6 80.5 16 24.4- 12 0.1 1 5.4 3 0.1 2 •1909 143.1 11' 42.3' 15 22.5- 14 106.1 10 28.9 1 1 0.3 ' 6 1.0 2 •1910 33.3 10 64.9 16 37.5’ 17 10.6 10 22.1 6 7.U 7 0.0 / •1911 261.3- 19 17.8 11 82.0 15 33.8 12 23.7 1 5 0.1 2 14.6 6 1912 130 4 15 12.4 5 14.5 8 85.2 12 26.6 7 6.7 3 0.0 2 •1913 84.4- 12 52.4 13 5.9 6 32.8- 7 34.5 11 9.5' 4 0.0 2 •1914 106.5 13 24.2 8 32.8- 12 5.3 6 4.4 6 0.8 4 2.0 2 •1915 45.7 16 25.5 10 89.4 12 41.0 S 6.8 7 14.1 16 2.0 2 •1916 110.4- 8 179.4 16 3.7 6 112.9- 10 5.0 5 10.1 3 12.2 5 •1917 152.8- 13 138.0 15 45.1 9 18.4 7 50.5 8 10.0 5 0.0 0 •1918 67.2- 8 25.5 8 101.2' 13 23.0 6 11.2 4 12.5 6 13.0 2 •1919 32.5 8 61.5' 8 14.8' 10 9.5 8 30.6 6 0.0 1 0.0 1 •1920 11.9 6 138.7 14 24.6 6 16.2 5 0.0 2 12.0 4 0.0 1 •1921 45.5 8 107.9 16 188.8 12 81.4 14 9.9 4 12.6 6 3.0 4 •1922 69.2 17 76.9 11 8.3 3 7.4 5 10.9 6 0.1 1 0.0 0 ■1923 141.6* 17 29. 9* 12 13.1" 13 61.4 14 4.5 2 6.8" 6 0.4 1 •1924 99.1* 12 26 0 11 57.5 9 58.9» 3 0.0 3 1.3 1 47.7 2 •1925 34.0 2 4.4 4 162.1* 11 62.4 7 35.8" 6 0.6 1 0.0 2 •1926 23.9 6 19.9 4 87.0 8 5.8 5 29.6 8 16.8 2 0.0 0 •1927 53.5 9 83.7 6 22.3’ 7 17.5 3 5.3 4 2.1 2 0.0 0 •1928 238.6 15 97.0 9 187. 1" 23 129.3 10 0.1 1 0.0 0 13.6 5 •1929 58.9 12 72.6* 15 175.5 13 22.9 8 4.7 6 8.3 2 0.0 0 S. 3461.90 456" 2246.20 413f 2296.35 41 1 1 1511.75 339' 722.35 256 235.30 145 178.40 81 m. 91.6 12.0 59.2 10.9 60.3 10.8 39.8 8.9 19.0 6.7 6.2 3.8 4.7 2.1 M. 317.5 21 198.8 17 191.1 26 129.3 15 80.3 16 35.6 16 47.7 7 rn. 7.0 2 1.4 3 3.7 3 4.3 3 0.1 1 0.0 0 0.0 0 — 465 Vili IX X XI XII A i f i f i f i f i f i f 28.3- 2 47.92- 8 39.4* 10 56.3- 13 1 130.25! 12' 646.27 90l 0.9 3 1.1 3 7.7 6 101.5 9 | 112.5- 15- 351.64 972 0.0 0 0.2 1 135.75- 11 117.15 14 137.94 16 779.44 97 0.9 2 40.3 5 67.9 9 46.95 9 126.35! 12 431.47 84:! 4.3 3 2.6 2 98.6 10 188.5 11 48.8 1 18 682.70 97 0.0 0 40. G ! 4 26.15 n 144.35- 13 126.25 12 523.15 83 42.3 8 62 6- 9 99.3- il 163.55 : 18 250.05- 13 903.89 106 22.05- / 6.6 5 12.8 5 133.25 14 129.95 17 419.80 78 55.3' 7 21.8 10 44.9 8 79.95 14 6.9 9 408.05 119 4.2 6 26.3 9 302 1 15 216.1 11 19.9- 11 975.8 130 0.0 i 397.4 10 239.5 15 82.3 19 95.4- 16 i 106.8 118 0.0 0 23.9 9 30.3 6 61.6 14 1179 18 349.4 1 022 22.2 2 41.6- 11 142.5 12 143.6 14 57.1 9 938.0 122 1.3 4 45.7 4 98.7 16 10.3 9 231.4 21 643.9 1301 0.0 1 76.1 11 187.5- 16 44.8 7 125.9 221 746.9 130‘ 10.1 2 53.7- 12 17.4 10 115 7 13 4.8 10 470.3 117 0.0 4 89.3 9 52.9- 18 299 8- 16 178.2- 22 820.2 118 20 4 12.2 13 1010 10 74.6 13 16.7- 9 610.7 118' 0.0 3 7.3 8 23 1 11 37.2- 12 81.6 15 324.6 1 16 5.0 8 14.9 7 12.9 7 175.2 12 145.5 1 13 7S7.6 127 0.0 o 118.4- 15 83.4- 11 51.3 15 102.2 12 631.1 105 0.0 1 27.6 / 125.9 6 17.8 5 29.0 9 419.8 77 189.4- 7 29.8 6 179 4 13 107.3 lb 96.6 7 178.3 99 0.0 3 63.9 11 63.7 19 183.5 11 25.0 6 560.6 121 13.9 3 37.4 9 13.5 9 75.0- 12 82.0 8 655.5 94 0.0 0 0.5 3 58.1 8 1715 15 66.2- 12 711.1 95 3.0 1 5.0- 2 158. 5" 7 96.0 13 161 I 9 6,7.2 79 0 0 0 13.0- 5 16.0- 9 44.7 7 203.0 9 425.6 72 33.1 5 13.3 8 172 8 16 503.0 19 17.0 11 942.6 97 19.4 6 62.1 9 51.5 7 79.7 13 98.3 10 760.1 109 0.0 0 6.0" 3 1 6.7® 7 61.8* 141 97 ! 13 354.4 80 12.8 2 10.5 4 9.7" 4 30.4* 10 68.1 15 389.2 100 0.0 1 0.0 0 37.1 6 65. S* 12 290.3 15 083.7 75 0.0 0 14.5 4 108.0' 13 119.2 14 13.2 4 554.2 68 0.0 0 22.2" 6 11.5 3 53.5 10 21.7 5 291.9 57 1.0" 1 19.0’ 6 54.3 9 109.5* 11 201.3" 13 569.5 71 6.0 1 48.0 6 29.5* 6 32.4" 7 107.9* 14 889.5 97 37.4 9 74.1° 11 47.2 8 37. 3* 14 31.4 4 570.3 102 514.85 101 1576.82 259 3037.30 378 4132.40 473 3654.79 466 23791.01 3378 13.5 2.7 41.5 6.8 79.9 9.9 108.7 12.4 101.4 12.3 025.8 99.3 220.5 8 | 397.4 15 302.1 19 503.0 19 290.3 22 1106.8 130 0.0 0 0.0 0 7.7 3 10.3 5 4.8 5 291.9 56 CATANIA Staz. Viticultura (168 m.). — 466 — Mese i 11 III IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f •1895 1 (0.0) (0) (0.0) (0) •1896 185.6 8 92.0 5 1 39.6 2 66.8 8 4.5 2 0.0 0 0.0 0 ■ 1S97 23.1 7 15.9 2 54.0 4 21.7 2 16.2 4 14.4 3 2.9 1 •1898 88.4 6 25.5 5 117 0- 9 24.5 3 0.9 1 0.0 0 0.0 0 •1899 11.8 1 125 1 6 27.2 5 5.7 1 0.0 0 0.0 0 0.0 0 •1900 40.8 5 23.2 4 16.3 4 50.1 4 13.6 2 69.0 2 2.3 2 1901 95.0 6 80.1 6 ! 18.0 5 6.8 1 38.0 4 17.4 3 0.0 0 •1902 36.0 5 58.5 6 76.3 12 119.5 12 0.0 0 0.0 0 0.0 0 ■1903 21.7 21.1 5 20.0' 10 2.4 1? 12.4- 2 14.1 3 0.0 0 •1904 207. ò- 12 14.0 5 139.0 8 4.2 2 18.4 2 0.0 0 0.0 0 •1905 30.4 3 32.3 3 6.5 2 1.3 1 82.7 7 5.6 1 31.0 3 •1906 40.9 5 65.4 17.7 1 36.7 4 7.0 2 0.0 0 0.0 0 •1907 87.2 10 44.1 149 8 7 26.0 4 6.4 i 1.6 1 0.0 0 1908 81.3 2 20.8 45.2 5 33.0 3 0 0 0 0.0 4 0.0 0 •1909 68.0- 5 o.o- ? 19.0 6 56.8 2 28.0 3 0.0 0 0.0 0 •1910 35.6 7? 47.2 5 22.8 0.0 0 14.0 3 2.5 2 0.0 0 •1911 221.6 15 7.6 70.7 7 21.8 3 49.9 6 0.0 0 8.8 2 1912 100.1 8 6.2 3 20.8 2 66.3 5 33.3 3 9.1 2 0.0 0 •1913 107.1 12 2.6- 2 23.4 4 32.3 5 5.1 5 0.0 0 •1914 61.6 3 18.4 4 24.9 7 4.0 1 2.8 2 0.0 0 0.0 0 •1915 37.5 6 21.7 5 22.2 5 72.4 5 9.3 4 7.6 6 1.1 1 •1916 104.8 5 75.0 5 3.3 1 87.8 5 10.0 0.0 0 0.0 0 •1917 21.9 8 86.6 9 42.2 5 20.0 4 42.6 5 8.1 1 0.0 0 •1918 62.3 3 8.0 1 88.3 12 14.0 2 29.4 2 16.0 2 0.0 0 •1919 . 55.0 7 32.2 4 0.0 ? 0? 0.0 0 27.2 1 0.0 0 0.0 0 •1920 11.5 4 123.6 1 1 21.7 3 19.1 3 10.0 1 0.0 0 •1921 54.8 4 96.0 7 162.6 10 86.5 4 10.8 ; 32.1 3 4.1 3 •1922 74.5 17 79 3 11 4.5 3 7.7 3 11.9 6 0.0 0 0.0 0 1923 150.6 17 37.0 9 12.0 2 61.5 4 0.0 0 9.6? 4 0.0 1 ■1924 84.8 12 26 1 8 60.4 12 65.8 4 0.0 3 1.0 3 44.8 2 ■1925 35.0 3 4.5 5 45.3 5 12.0 1? •1926 16.0 16.0 64.0 S. 2288.5 213 1303.4 134 1413.9 156 1017.8 96 501.6 71 223.2 46 95.0 15 m. 73.8 7.1 43.4 5.6 45.6 5.3 33.9 3.2 17.9 2.6 7.4 1.5 3.2 0.5 M. 221.6 17 125.1 1 1 162.6 12 119.5 12 82.7 7 69.0 6 44.8 3 m. 11.5 1 0.0 ? 0? 0.0? 0? 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0 0 (4.5) (1) 1 (2.6) (1) — 467 - VII! IX X XI XII A Note i f i f i f i f i f i f (4.8) (6) (53.1) L 40.6 7 84.6 7 (183.1) (23) (ri) da E. 1915 2.2 2 4.5 1 61.9 5 226.6 5 22.8 4 706.5 42 0.0 0 35.7 3 29.0 6 108.9 9 182.8 9 504.6 50 29.2- 5 74.0 9 54.1 6 169.7 IO 292.2 9 875.5 63 0.0 0 10.5' 3 13.4- 2 186.5 8 104,7 IO 484.9 36 62.4 2 21.0 2 48.0 ; 75.7 7 2.4 1 424.8 36 0.0 ■ 0 27.2 2 134.5 7 137.5 IO 16.0 9 570.5 53 0.0 0 389.7 6 228.8- 12 100.4 6 107.5 11 1116.7 70 0.0 0 0.0 0 24.0 1 0.0? 0? 18.6 5 134.3? 34? 43.3 1 25.0 3 70.9 6 73.6 6 48.6 2 644.6 47 0.0 0 43.0 2 49.0 3 1.0 1 202.8 13 4S5.6 39 0.0 0 47.1 4 165.5 12 42.6 7 94.3 14 517.3 (49) 26.4 1 0.0 0 0 0 0 46.7 7 6.5 2 394.7 (33) 0.0 0 88.0 4 67.3 6 126.8 6 109.0 8 571.4 (38) 0.0 0 15.5 105.4 4 72.9 4 20.1 2 385.7 (26) 0.0 0 4.8 1 17.1 3 27.3 84.2 7 255.5 (28) 0.0 0 5.6 2 44.1 2 172.1 6 137.4 4 739.6 (47) 0.0 0 152.3 11 63.4- 5 12.4 4 63.8 9 537.7 52 0.0 0 27.0 1 125.0 3 18.8 2 4.0 1 (345.3) (35) Dati non ri- 102.3 3 13.2 2 151.9 6 44.7 4 75.2 4 499.0 36 portati da E, 6.0 1 56.4 4 24.8 7 159.6 4 23.7 2 442.3 50 e dal G. C. 20.0 4 18.0 1 12.6 5 • 15.9 4 76.9 3 460.3 (33) 0.0 0 0.0 0 42.9 ? 4? 148.1 7 49.2 3 461.6? 96? 0.0 0 0.0 0 149.8 6 30.4 10 138.4 8 536.6 46 0.0 0 12.2 4 11.8 4 40.0 2 146.4 5 324.8? 27? 28.2 2 10.9 6 153.5 6 486.2 11 15.2 4 (879.9) (51) ti 20.2 3 64.2 8 62.2 9 85.9 12 90.4 8 769.S 72 0.0 0 5.2 1 8.0 1 40.1 6 78.6 6 309.8 54 ti 5.8 4 49.8 3 18.1 2 35.7 7 68.4 13 448.5? 65 n 0.0 0 10.7 1 30.8 6 124.0 12 321.0 8 769.4 (7D n 16.8 2? 3.S 86.4 8.0 (211.8) (16)? iì (96.0) il 316.0 28 1243.1 91 2024.8 144 2937.1 184 2693.7 191 16038.1 1369 11.9 0.9 40.1 3.0 65.3 4.8 94.7 6.3 86.9 6.4 524.1 47.2 102.3 5 389.7 11 228.8 12 486.2 12 321.0 14 1116.7 96? 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0? 0 ? 24 1 134.3? 27? (1.0) (1) CATANIA G. C. (26 m.; a. u. 22.70). — 468 — Mese i li IH IV V VI VII A'-no i 1 1 f i f i f i . f i f i i f i f 1918 64.8- 3 25.5 6 84.5 14 30.8 5 12.9 2 9.1 4 12.3 7 1919 55.6 1 1 65.2 1 1 12.4 7 5. ( 4 ; 26.1 3 0.0 0 0.0 0 1920 9.0 4 124.7 10 16.8 4 18.9 3 1 0.0 0 8.8 1 0.0 0 1921 37.2- / 80.9 15 146.7 10 73.6 10 6.2 1 15.0 3 0.2 7 1922 61.7 16 70.6 12 8.5 3 8.4 4 1 8.1 4 0.0 0 0.0 0 1923 187.2 14 28.7 7 14.4 5 51.8 7 1 3.5 2 7.0 3 0.0 0 1924 77.7 11 22.7 8 55.1 5 57. S 3 0.0 0 1.1 2 27.5 2 1925 29.0 1 3.9 2 163.6 8 86.9 Z) 36.9 5 0.0 0 0.0 0 1926 30.0 5 12.2 3 96.9 6 8.6 5 20.2 7 5.3 1 0.0 0 1927 30.6 6 19.4 5 15.1 3 6.2 1 0.0 0 0.0 0 1928 S4.4 7 168.9 22 119.4 9 0,5 1 0.0 0 15.6 1 1929 54.0 1 1 66.8 10 153.2 12 21.4 8 1.0 1 8.3 1 0.0 0 S. 606.2 83 6’ 6.2 97 940.4 101 498.4 66 120.6 27 54.6 1 5 55.6 5 m. 60.0 8.3 51.3 S.l 78.4 8.4 41.5 5.5 10.0 2.2 4.5 1.2 4.6 0.4 M. 187.2 16 124.7 15 168 9 22 119.4 10 36.9 7 15.0 4 27,5 2 in. 9.0 1 3.9 2 12.4 3 5.7 3 0.0 0 0.0 0 0.0 0 F LE R i (620 m. ; a. li. 4.50). 1920 1 | 1921 31.9 61 287.5 9 244.5 9 166.1 9 44.0 4 44.2 6 28.4 3 1922 158.5 IO 370 8 8 24,0 5 37.0 7 23.0 2 0.0 0 0.0 0 1923 294 0 12- 65.7 6 63.7 5 111.4 8 ^25.5 3 17.2 2 5.2 1 1924 198.8 IO1 52.7 5 79.4 6 106.2 3 2.0 1 12.0 2 18.8 2 1925 18.7 2 21.2 4 356.7 6 1 SS. 7 4 77.9 3 21.5 3 3.0 1 1926 47 4 3 51.8 3 93.0 6 1 37.6 4 98.4 6 24.0 3 4.0 2 1927 121.3 4 127.8 3 35.4 1 31.2 2 3.0 1 20.0 2 0.0 0 192S 0874 6 191.4 3 356.7 1 1 121.2 5 12-0 2 0.0 0 16.4 2 1929 51.2 5 158.4 51 500.8 7 21.0 2 62-5 1 25.8 2 0.0 0 S. 1608.9 58fl 1327.3 461 175 4.2 ! 56- ! 720.4 44 348.3 23 164.7 20 75.8 11 m. 178.8 6.4 147.5 5.1 194.9 6.2 80.0 4.9 38.7 2.5 18.3 2.2 8.4 7.2 M. 687.1 12 370.8 9 500.8 1 1 166.1 9 98.4 6 44.2 6 28.4 3 ni. 18.7 2 21.2 3 J 24<0 1 21.0 2 2.0 1 0.0 0 0.0 0 — 469 — VII! IX X XI XII A Note i f i f i f i f i f i f 3.8 / 5.0 2 158.6 9 108.2 12 177.1 7 692.6 66 da Q. C. 0.0 0 7.7 2 12.8 4 29.2 5 204.5 9 419.2 56 21.3 3 8.9 6 205.8 12 490.9 18 13.5 6 918.6 67 11.4 n 69.0 8 45.5 5 o8.2 10 106.9 10 660.8 82 0.0 0 3.1 1 18.2 2 69 1 4 75.5 9 323.2 55 4.5 1 12.8 4 4.9 1 7.7 7 61.7 11 384 2 62 0.0 0 1.1 1 32.0 8 70.5 10 238.3 12 582.8 62 0.0 0 12.4 3 52.8 10 140.2 9 7.5 3 533.2 46 (173.2) (27) 0.0 0 65.0 2 44.7 8 78.8 7 152.0 12 (411.8) (44) 8.7 1 43.8 5 27.5 8 44.9 11 104.8 13 (618.5) (78) 28.8 5 63.6 10 46.8 5 45.9 12 35.2 5 525.0 80 78.5 13 292.4 44 649.6 72 1 1 53.6 105 1177.0 97 6243.1 725 7.1 1.2 26.6 4.0 59.0 6.5 104.9 9.5 107.0 8.8 555.5 64.1 28.8 5 69.0 10 205.8 12 490.9 18 238.3 13 918.6 82 0.0 0 1.1 1 4.9 1 7.7 4 7.5 3 323.2 46 276.1 1 1 1377.2 16 72.6 6 (1725.9) (33) da G. C 23.5 2 139.4 7 1 55.5 9 167.2 II 153.2 8 1485.4 831 5.0 1 31.6 3 47.4 4 99.2 9 83.9 8‘ 880.4 57- 8.4 2 25.3 4 51.5 3 57.1 7 87.4 13- 812.4 66* 0.0 0 23.4 1 129.9 5 250.7 9 444.3 8 1318.2 521 2.0 1 122.4 5 352.6 14 148.4 8 32.9 41 1246.0 55- 2.0 1 65.8 4 16.0 4 43.2 4 94.4 4 547.6 44l 0.0 0 167.8 4 113.2 6 399.6 6 470.6 9 1489.9 38 23.5 1 145.9 6 64.7 6 80.0 4 228.2 8 1927.1 54 100.1 6 205.8 8 55.1 3 139.8 5 61.4 4' 1381.9 482 " 164.5 14 927.4 42 1262.0 65 2762.4 79 1728.9 725 12844.8 530 13 18.3 1.5 103.0 4.7 126.2 6.5 276.2 7.9 172.9 7.2 1363.2 56.3 100.1 6 205.8 8 352.6 14 1377.2 16 470.6 13 1927.1 83 0.0 0 23.4 1 16.0 3 43.2 4 61.4 4 547,6 44 LINGUAGLOSSA (570 m.; a. u. 5.70). — 470 — Mese i II IH IV V VI VII Anno i f i f i f i f i f i f i f •1888 i ssg -) i890‘) 1891 [451.7- [140.5- 15| 6] [375.0- -Il [41.0- 3] [6] [25.3- (O.o- 01 [14.9- 4] 1892 •1893 54.6 11 40.0 1 1 4.1 5 1.6 7 •1894 204.5 14 519.9- 12" 169.3 18- 69.1 1 5 35.0 10 5,3 3 0.0 0 •1895 32.9 1 53 55.9 18' 156.4 161 79.0 5 134.3 16 5.2 4 0.0 0 •1896 160.7 18' 238.3 131 140.S 9 136.1 21' 49.1 14 24,9 5 2.3 3 ■1897 61.0 16- 36.9 io- 834.8 121 60.2 14 34.4 11 10.7 o 3.5 5 • 1898 253.2 12' 144.6 19 205.4 20 45 7 11 4.7 3 0.0 0 0.1 4 •1899 18.8 51 105.S 12' 62.4 9l 27.2 10 10.1 6 28.2 7 23.0 5 •1900 9 A4 1 5l 114.8 1 5 2 174.3 19' 67.4 14 27.8 1 1 48.5 5 3.9 5 ■1901 173.7 14' 259.1 17 62.3 12‘ 10.5 6 223.6 12 11.8 6 14.0 5 •1902 75.0 10 221.3 12 103.2 13' 128.2 13 29.6 11 2.8 2 0.0 0 •1903 27.0 9 35.1 51 124.S 15 82.7 12 31.7 6 15.2 4 3.8 4 •1904 Ò36.3 16 81.1 13 199.6 8 22.6 7‘ 10.4 3 22.7 8 32.7 7 •1905 89.5 1 3V 184.2')- 9“ 20.2 3 1 1.6 5 181.3 10 13.1 3 101.1 7 •1906 298.4 11- 71.3 9- 23.4 61 84.2 7‘ 37.5 2 8.6 8 58.9 3 •1907 249.5 11 256.2 10‘ 103.7 10:! 104.2 10 4.8 4 33.7 3 0.2 1 •1903 81.1- 6 7.3 51 424.0 IO 119.5 9 0.2 1 4.9 3 2.2 2 •1909 242.0 6 150.2 8 ?‘ 45.3 4 63.9 7 80.5 10 4.7 1 0.5 1 •1910 55.0 51 90.0 6 120.2 51 37.0 8 1540 5 15.0 2 0.0 0 •1911 352.1 1 2 1 92.2 4- 474.2 9 42.6 6 76.4 9 0.0 0 8 0 3 • 1 9 1 2 346.0 8 55.5 3 123 3 212.5 8 20.0 1 1.3 1 0.0 0 •1913 15S.0 9 159.4') 41 20-0 1 8.0 2 34.0 5 0.0 0 0.0 0 •1914 305.0 8 54.0 3 83-0 5 0.0 0 6.0 3 0.0 0 0.0 0 •1915 91.5 52 47.5 61 120-0 6 49.5 5 20.0 4 50.0 8 0.0 0 •1916 148.5 5 227.5 8 31-0 4 395.5 8 47.5 2 10.0 / 0.5 1 •1917 38.1 4 35.9- 4' 175-0 7 67.5' 7 72.7' 8 80.0- 4 0.0 0 •1918 136.0 31 14.1" 2 163-0 8 210.0 5 5.0 1 47.0 5 3.0 2 •1919 185.6 9 225.0 7 5-5 2 35.0 6 ?3ò.O" 7 0.0 0 0.0 0 •1920 97.0 21 335 0 6 15.0 2 2.0 2 1.2 1 23.3 o 0 0.0 0 •1921 37.0" 2- 217.0 5 184.0 8 54.0 4 5.0 2 46.2 5 4.2 3 •1922 91.1“ 3- 280.0 II 21.0 21 0.1 3 0.0 0 0.0 0 0.0 0 •1923 131.2 7* 62.2 3 56.3 12 72.1 4 0.4 2 15.0 3 0.0 0 •1924 148.0 9 3 51.4 IO 44.2 4- 103.0 5 0.0 1 0.6 2 1 1.5 2 1925 9.4 2 33 8 ir 313.0 10 7.0 i 40.2 6 0.3 1 0.0 0 1926 55.2 5 42.2 5 65.1 ll:! 2.S 4 93.1 5 6.3 3 0.0 0 1927 96.8 3 126.0 4' 83.0 7 35.0 4‘ 23. 0 3 8.0 2 0.0 0 1928 629.3 15 212.9 6 459.1 22' 97.5 8 1.1 2 0.0 0 21.2 2 1929 9.0 2- 156.7 S: 375.2 II 1 S 2 4 86.9 6 12.4 2 0.0 0 s. 6413.0 330 5371.3 307 5216.5 326 2583.0 227 1688.8 219 559. S 115 311.1 76 ni. 168.8 S.7 145.2 8.3 141.0 8.S 69.8 7.3 44.4 5.8 14.7 3.0 8.2 2.0 M. 636.3 18 515.9 19 474.2 22 359.5 21 223.6 16 so.o 8 101.1 7 ni. 9.0 2 7.3 2 5.5 i 0.0 0 0.0 0 0.0 0 0.0 0 471 Vili IX X XI XII A . Note i f i f i f i f i f i f ( | da B R. ') 132.0- 6 265,7- 9 (397.7) (15) ') m. o 5-14 [0.0- 0] [71.0- 3| 172.2- ! ’) (1051.1) (45) *) m. o 12-22 [0.0* 0] [9.0- 3] (149.5) (9) ;i) m. schede U. C. 4) dubbi 9.9 5 4.7 8 26.3 4 ! 191.5 13 347.5 17' (680.2) (81) * 0.0 0 1.0 2 88.3 11 129.4 12 237.7 20 1456.5 117 * 7.6 4 12.2 7 97.0 , 6 65.4 1 1 111.0 12;! 756.9 ,14 * 8.4 6 23.1 5 329.7 14 305.2 19 151.9 20 1570.5 147 * 6.0 4 11.8 9 282.0 17 182.6 15 310.8 15 1334.8 134 * 29.7 11 35.7 9 6o-4 19 279.1 20 297.7 20- 133S.3 148 * 4.5 6 7.1 8 64.5 9 183.2 14 304.3 13 839.1 104 * 35.7 8 48 4 5 19.9 8 151.0 15 57.5 11 846.6 131 * 15.2 5 90.7 13 827.1 15 150.8 14 Sò.5 11 1925.3 130 * 0.1 2 746 2 7 405.4 12 73.7 14 362.4 175 2152.9 113 * 0.0 / 31.3 7 66.0 10 233.8 12 160.1 15 81 1 .5 100 * 18.2 4 152.6- 13 14.2 7 156.6 12 29.0 4 1376.0 102 * 7.5 2 21.8 3 173.4 11 493.2 15 (1296.9) (81) * 6.2 2 151.94)- 5 226.9 8 109.1 6 180.7 I31 1257.1 80 * 20.0 7 65.0' 4 69.0 7 215.1 10 46.0 2 1167.4 73 * 2.0 7 109.5 5 194 5 10 ? 439 0 7 84.5 4 1468.7 63 * 0.0 0 23.5 3 26.0 71 10.0 2 (646.6) (49) * 0.0 3 19.3 4 22.2 4 26.5 81 117.0 12 656.2 62 * 16.0 3 1.5 1 63.1 4 257.0 9 245.2 7 1628.4 67 * 4,0 1 551.9 15 121.2 4 25.0 4 143.0 6 1492.7 54 * 8.0 1 0.0 0 66.0 5 0.0 0 0.8- l1 454.2 28 * 164.0 3 65.0 4 214.0 6 36.0 2 92.0 2 1019.0 36 * 0.0 0 35.0 2 40.0 4 350 0 5‘ 131,0 5 934.5 50 * 13.0 1 31.5 4 10.0 2 90.0 5 15.3 2 984.3 43 * 0.0 0 90.2- 2 195.0 6 270.0 7 100.0 6' 1124.4 58 * 20.0 2 25.0 7 268.4 IO 229.0 6 382.0 5 1502.5 50 * 20.0 3 30.0 3 57.0 5 (145.2 3)' 260.0 3 999.3 48 * 45.0 4 97.0 6 386.0 9 ? 918.0" " 16 1 197.C 6 2116.5 57 * 19.8 4 60.7 5 326.1 5 207.0 5 41.0 6 1202.0 54 * 0 0 0 30.0 3 65.0 9 116.0 8a 197.0 9' 800.2 48 * 2.3 3 14.9 5 2.4 1 110.8 5 95.0 6' 563.1 51 * 0.0 0 40.1 2 336.2 7 144.2 91 283.0 5 1165.2 56 ♦ 0.2 2 S0.9 6 435.3 15 200.4 9 28.3 4a 1148.8 67 da Q. C. * 0.0 0 55.7 5 95.1 4 370.2 II 60.4 8 846.1 61 * 0.0 0 215.9 5 134.0 10 467.2 10 420.2 12 1614.1 60 u s 35.0 1 159.0 8 34.6 9 77.5 9 237.1 10 1964.3 92 75.0 5 17.0 5 65.0 5 118.0 9 30.9 45 964.3 61 u 593.3 98 3237.1 205 5953.5 300 7181.5 347 6594.8 339 45703.7 2939 15.2 2.5 83.0 5.3 160.9 8.1 194.1 M 173.5 8.9 1218.8 78.1 164.0 11 746.2 15 827.1 19 918.0 20 493.2 20 2152.9 148 0.0 0 0.0 0 2.4 1 0.0 0 0.8 1 454.2 28 MALETTO (1000 in.; a. u. 16.75). — 472 — Mese i II III IV V VI VII Anno > 1 f i f i f i | f i 1 f i f i ? 1920 1 1 1 1921 80.5" 8- 47.5 6 128.0 11 79.5 8 95.5 5 68.5 6 34.0 o 3 1922 136.5 113 57.5 S1 38.5 4 21.0 2 39.7 5 0.0 0 0 0 0 1923 102.5"! IO" 76.0 7 60.0 5 82.0 6 2.0 2 29.5 o J 6.5 1 1924 60.7" W 1 18. 5" IO3 73.5" 61 50 0 2 0.0 0 11.0 1 17.0 1 1925 80.0 2 38.0“ 6 ? - 123.5" 51 58.5 5 60.0 7 0.0 0 0.0 0 1926 71.0 6 58.5 o 53.0" 4- 67.0 5 57.0 4 22.0 3 8.0 1 1927 92.5 4 32.6" 3' 29.5 3 56.0 4 47.0 4 5.0 1 0.0 0 1928 92.0 6 66.0 4 155.5 8 83.0 4 1.0 1 0.0 0 79.0 5 1929 33 0 3* 93.0 6 40.0 2 35.0 3 41.0 1 68.0 5 0.0 0 S. 74S.7 61“ 587.6 52"' 701.5 48" 532.0 39 343.2 29 204.0 19 144.5 11 m. 83.2 6.8 65.3 5.8 77.9 5.3 59.1 4.3 38.1 3.2 22.7 2.1 16.0 1.2 M. 136.5 11 118.5 10 155.5 11 83.0 8 95.5 7 68.5 6 79.0 b ni. 33.0 2 32.6 3 29.5 3 21.0 2 0.0 0 0.0 0 0.0 0 MANIACE (680. m). 1894 70.0 40.0 101.1 64.0 54.0 7.0 13.0 1895 108 0 91.0 54 0 25.0 85.0 3.0 0.0 1896 92.0 53.0 36.0 103 0 99.0 13.0 6.0 1897 87.0 37.0 47.0 49.0 57.0 1 1.0 0.0 1898 36.0 180.0 119.0 84.0 21.0 0.0 8.0 1899 30.0 75.0 41.0 67.0 28.0 31.0 6S.0 1900 90.0 153.0 56.0 87.0 4S.0 63.0 28.0 1901 84.0 111.0 55 0 30.0 56.0 54.0 7.0 1902 88.0 59 0 110.0 76.0 28.0 2.5 9.0 1903 29.0 45.0 S9.0 100.0 8.5- 3 39.0 8 4.0 4 1904- 176.0 12 38.0- 13 125.0 11 53.5- 10 10.0 5 22.0 5 26 0- 7 1905' 116.0- 14 74.0- 15 61.5" 6 1 0.0 7 86.5- 11 46.1 ? S? 150.0 11 1906- 121.0- 19 123.0 16 24.2 6 34.5 8 60.6? 10 27.7 11 32.6 3 1907- 78.2- 16 104.2- 17 40.2- 14 107.9- 17 11.2 ■ 7 31.7- 8 24.2- 2 190S- 36.7- 10 21.7- 11 77.2- 12 37.0- 12 5.5 1 21.4? 4 10.2- 4 1909' 1310 15 105 5- 14 113.2- 17 63 2- 8 36.5- 6 5.0 3 0.2 ' 3 1910’ 56.5- 8 1242 14 60 9- 12 49.5' 11 35.0- 9 46.5' S 6.2' 1 1911' 118.2- 18 15.2- 5 73.5- 9 63.2- 13 64.2- 13 0.0 0 69.2- 7 1912 117.3 16 69.4 9 56.2 7 89.4 13 14.5 5 10.2 2 4 7 1 1913 66.9 9 70.6 12 15.5 4 20.9 7 73 9 6 25.2 4 3.0 2 1914 106.6 16 39.4 4 73.1 2 10.3 3 18.8 6 22.0 5 2.0 1 1915 159.9 21 55.5 1 1 47.7 9 73.5 12 27.5 2 68.5 14 2.3 2 1916 28.0 7 39.8 9 31.1 8 91.5 10 42.5 7 13.5 3 23.0 2 1917 122.0 14 50.5 13 64.3 10 56.0 5 65.0 8 124.3 7 10.0 1 1918 20.4 5 14.0 4 91.8 15 71.9 13 14.3 7 30.2 6 14.5 2 1919 110.6 11 90.5 9 39.0" 9 34.0 6 60.1 8 0.0 0 0.0 0 1920 52. 3' 6 20.7» 6 1921 1922 1923 1924 63.0 13 1 151.5 1 3 1 56.4 111 52.0 2 0.0 0 10.0 2 11.5 2 1925 9.5 2 56.8 9 108.5 IO2 74.5 10 59.5 12 0.0 0 5.5 1 1926 101.7 12 45.2 6 100.3 8 = 77.1 7 58.5 8 30.0 6 9.5 1 1927 127.9 13 39.5 5 23.6 7 77.8 6 64 8 7 10.3 3 0.0 0 1928 103.3 11 89.8 14 1 193.8 20 81.8 9 6.5 2 0.0 0 41.8 5 1929 82.7 12 84.8 165 47.6 11 46.9 6 67.0 5 38.3 5 0.0 0 S. 2819.7 280 2367.8 245 2232.7 218 1961.4 195 1306.9 148 S06.4 112 589.4 62 iti. 85.4 12.2 71.7 10.6 69. S 9.9 61.3 8.9 42.7 6.4 25.2 4.8 18.4 2.7 M. 176.0 21 1S0.0 17 193.8 20 107.9 17 99.0 13 124.3 14 150.0 11 ni. 9.5 2 14.0 4 15.5 1 2 10.3 2 0.0 0 0.0 0 0.0 0 473 — Vili IX X XI XII A Note . 1 f i f i | f i f i 1 f i f 85.4 11 265.0 13 102.0 9 (452.4) (33) daQ.C. * 20.0 3 162.0 6 76.0 6 58.0 7 52.0 5 901.5 74= 0.0 0 40.0 1 83.0 5 78.0 7l 48.0 5 542.2 486 * 12.0 2 32.0 3 25.0 2 76.0 5 133.0" IO2 636.5 56° * 0.0 0 0.0 0 134.5 9 92.5 7' 93.5 4 651.2 519 * 0.0 0 76.0 4 95.5 7 76.0 8 58.0® 71 665.5 51* a 5.0 1 31.5 2 15.0 2 43.5 5 83.0 V 514.5 423 * li 6.0 1 13.0 1 136.1 10 126.0 6 163.5 8 707.2 45‘ 0.0 0 89.5 6 32.0 4 55.0 5 129.0 6 782.0 49 * 74.0 5 47.0 4 45.0 4 50.0 5 89.0 52 615.0 436 it 117.0 12 491.0 27 727.5 60 920.0 682 951.0 666 6468.0 492*° 13.0 1.3 54.6 3.0 72.7 6.0 92.0 6.8 95 0 6.6 689.6 52.4 74.0 5 162.0 6 136.1 11 265.0 13 163.5 10 901.5 74 0.0 0 0.0 0 15.0 2 43.5 5 48.0 4 514.5 42 0.0 0.0 131.0 49.0 85.0 614.1 0.0 44.0 64.0 52.0 95.0 621.0 13.0 39.0 111.0 115.0 173.0 853.0 8.0 23.0 100.0 39.0 144.0 602.0 85.0 65.0 26.0 151.0 101.0 876.0 15.0 18.0 18.0 60.0 170.0 621.0 30.0 67.0 2S.0 140.0 154.0 944.0 32.0 31.0 172.0 85.0 76.0 793.0 0.0 99.0 215.5 65 0 107.0 859.0 o.o • 1 81.7- 7 37.5 6 227.0 16 195.0 15 855.7 (60) 59.4- 4 40.5- 9 110.5- 18 79.5 16 69.5- 9 809.9 119 21.2- 2 50.0- 4 131.5- 14 36.0 6 118.5- 12 901.3 110 39.0 4 42.7- 6 154.2- 12 74.5- 7 240.0- 20 974.0 122 11.5 3 95.0- 10 64.5- 9 62.0 10 42.7- 15 673.3 128 0.7' 2 85.4- 9 91.0 8 77.4- 11 120.0 17 584.2 101 53.5- 8 76.7- 8 74.2 9 90.0- 21 11.0- 6 760.0 118 16.5- 3 38.5' 5 23.0 3 67.2- 18 104.7- 14 628.7 106 0.2 3 41.5' 6 17.0? 2 82.5? 10 127.5 ? 10 672.2 96 0.0 0 209.9 17 162.6 8 62.8 13 44.4 8 814.4 99 5.0 2 5.0 2 25.5 4 14.3 7 70.3 14 396. 1 73 69.0 4 12.3 7 82.3 13 164.9 16 66.5 12 667-7 89 5.0 2 30.5 6 59.1 15 112.4 9 69.9 8 711.8 111 18.0 4 27.9 9 20.8 7 156.8 12 95.8 8 588.7 86 0.0 0 14.0 5 69.3 9 143.3 8 236 6 16 955.3 96 2.5 1 16.0 2 145.6 12 23.6 9 53.2 8 498.0 84 38.2" 2 54.1 9 120.7 12 122.1- 10 173 0° 15 842.3 91 (115.6) (12) 15.0 1 15.5 4 34.5 5 69.5 7 105.0 17 (293.5) (34) 0.0 0 7.0 1 160.5 13 106.0 13 2 90.3 12 708.2 82 0.0 0 79.6 7 119.3 13 107.5 13 92.5 15 4 713.2 92 6.0 1 49.8 4 22.3 4 54.5 11 119.6 12 674.5 80 2.5 1 36.0 3 140.8° 12 149.3 11 192.6 19 2 865.1 87 * 5.3 2 109.5 8 49.5 10 59 8 15 176.6 19 1 917.7 115 76.9 6 14.6 4 63.5 10 35.5 7 83.3 7 2 641.1 89 7 628.4 56 1619.7 152 2845.2 228 2934.4 276 3803.5 308 24975.5 2280 19.0 2.3 49.1 6.3 86.2 9.5 88.9 11.5 118.3 12.8 736.0 97.9 85.0 8 209.9 17 215.5 18 227.0 18 240.0 20 974.0 128 0.0 0 0.0 (0) 18.0 2 14.3 7 11.0 '6 396.1 73 (continua) - 34 - La nebulosità a Napoli. Nota del socio S . Aurino (Tornata del 21 novembre 1931) L’esame della nebulosità, cioè della frazione di cielo oc¬ cupato da nubi, costituisce una delle ricerche indispensabili per la definizione di un clima. È noto però ch’essa non può valutarsi con molta precisione , poiché non disponendo di strumenti di misura, ciascuna osservazione vien fatta stimando, secondo una scala da 0 a 10, i decimi di cielo coperto '). A questa de¬ ficienza di valutazione suppliscono le lunghe serie di osservazioni, specie se eseguite da diversi osservatori, perchè in tal modo le stime, nel loro complesso, posson ritenersi poco influenzate da errori personali. Ai requisiti testé accennati rispondono le osser¬ vazioni eseguite nell’Osservatorio di Capodimonte. In esso le osservazioni sulla nebulosità furono iniziate anteriormente al 1866 e vennero proseguite senza interruzioni. Dal 1866 al 1900 l’astro- ‘) Secondo il Prof. E. Leyst : Ueber Schàtzung der Bewòlkungsgrade (Boll, des Naturalistes de Moscou , 1906) 1’ inconveniente di tal metodo con¬ siste nel fatto che le zone inferiori della volta celeste, per effetto di prospettiva, influiscono sensibilmente sulla valutazione delle stime. In altri termini per tali zone si è condotti a valutare il seno dell’arco anziché l’arco. Egli propone pertanto di limitare le stime alla zona zenitale compresa fra 60° e 90' serven¬ dosi di un appparecchio di sua ideazione. All'Osservatorio di Capodimonte, il terrazzo immediatamente adiacente alla sala meteorologica non permette di osservare le zone inferiori della volta celeste, specie a nord e a sud dove — a causa delle fabbriche circostanti — rimangono occultati circa 15°. Anche ad est e ad ovest le catene montuose e collinose tolgono alla vista 5° circa. — 476 nomo V. Alberti ') si occupò della trattazione dei vari elementi meteorici e successivamente la riduzione delle osservazioni (1901- 1925) è stata da me redatta in una memoria ancora inedita sul clima di Napoli. In detta Memoria, trattando dell’aspetto dell’at¬ mosfera, sono stati calcolati i valori medi della nebulosità dedotti dalle osservazioni diurne a 9, 15 e 21 ore per ogni mese ed anno civile e per ogni stagione ed anno meteorologico ed i risultati sono riportati nel prospetto seguente : Mese Q. F. M. A. M. G. L. A. S. O. N. D. Anno Civ. Decimi di cielo coperto. Valori medi del venti¬ cinquennio. 5.08 5.35 5.06 5.15 4.06 3.30 1.96 1.78 3.22 4.46 5.10 5.58 4.17 Stagione Inverno Primav. Estate Autunno Anno Met. Decimi di cielo coperto. Valori medi del venticinquennio. 5.30 4.76 2.37 4.26 4.19 Questi valori sono tutti compresi fra 2 e 6 e l’andamento an¬ nuo della nebulosità può esprimersi mediante la formula : N = 4.171 + 0.74 sen qp + 1.44 cos qp + — 0.67 sen 2 qp — 0.21 cos 2 qp + + 0.13 sen 3 qp — 0.04 cos 3 qp + — 0.10 sen 4 qp + 0.15 cos 4 qp o l’altra equivalente : N = 4.171 + 1.62 sen (

. • 1 — 482 — Relativamente al gruppo (1-3) si nota che il massimo di frequenza cade sempre alle ore 15, il massimo dei massimi in estate; il minimo si verifica sempre alle ore 21, il minimo dei minimi in inverno. Le differenze fra i valori massimi e minimi di ogni stagione non raggiungono però importi notevoli. In ef¬ fetti, per l’inverno, la primavera, l’estate, l’autunno, tali differenze sono rispettivamente date da 5.1 °/0, 6.9 °/0, 9.8 °/0, 6.4 °/0. Fatta eccezione per 1' estate , il massimo del 2° gruppo cade sempre alle ore 15, mentre il minimo, come per il gruppo precedente, capita sempre alle ore 21. Qui però le differenze fra il massimo — 483 ed il minimo sono più rilevanti di quelle del gruppo (1 -3), come risulta dalle cifre seguenti : inverno primavera estate autunno 3.3 °/0 9.3 °/0 9.2 °/o 12.1 °/0 Conformemente al secondo gruppo, il terzo (7 - 9) ha mas¬ simo sempre alle ore 15, eccezion fatta per l'estate, il minimo sempre alle ore 21, però le differenze tra il massimo ed il minimo decrescono da primavera all'autunno come vedesi qui appresso : inverno primavera estate autunno 8.4 °/o 8.5 °/0 6.2 °/0 5.6 °/0 Ritorniamo ora ai valori medi mensili della nebulosità. Si è già rilevato che essi sono compresi fra 2 e 6 e che, stando alle statistiche eseguite, tali valori non si osservano consuetudinaria¬ mente. D'altra parte, calcolando le percentuali medie delle fre¬ quenze dei valori compresi fra detti limiti si ha : ore 9 ore 15 ore 21 Inverno 3.8 4.2 3.3 Primavera 5.5 6.2 3.8 Estate 5.9 5.5 2.6 Autunno 5.1 5.8 3.7 In base a percentuali analoghe ottenute ad Uccle, il prof. Vanderlinden (1. c.) si domanda se nei dati climatologici con¬ venga conservare i valori medi della nebulosità o piuttosto pro¬ cedere allo studio di essa col metodo delle frequenze e mentre esprime giudizio negativo pel primo metodo, è del parere di servirsi senz'altro del secondo. Per conto nostro pensiamo che i dati medi e quelli dedotti dallo studio delle frequenze s’integrino vicendevolmente, poiché mentre gli uni forniscono una valutazione del quanto medio normale di cielo coperto, la conoscenza del quale è prezioso elemento in svariate ricerche, gli altri precisano la distribuzione statistica di tale quanto nel corso dei giorni, dei mesi e dell’anno, mettendo in evidenza caratteristiche e particolarità chiuse all’ in dagine dei medii. — 484 Ta isblla I. — Frequenze de’ vari decimi di cielo coperto • Ore 9. 0 1 o Q O 4 5 6 / 8 0 10 N. 'sserv. Gennaio 287 39 31 36 27 38 18 17 23 38 276 775 °/o 30.6 5.0 4.0 4.6 3.5 4.3 2.3 2.2 3.0 4.9 35.6 100 Febbraio 197 23 39 2 1 18 26 24 27 3 1 28 267 706 0 1 1 O 27.9 3.3 5.5 3.4 2.5 3.7 3.4 3.8 4.7 4.0 37.8 100 Marzo 205 28 41 37 37 45 20 31 37 43 251 775 7o 26.4 3.6 5.3 4.8 4.8 5.8 2.6 4.0 4.8 5.5 32.4 100 Aprile 15(3 34 43 44 40 37 38 31 53 40 225 750 0 / / 0 20.8 4.5 5.7 5.9 5.3 4.9 5.1 4.1 7.1 6.5 30.1 100 Maggio 213 40 51 53 42 45 33 36 35 30 158 775 % 31.4 5.2 6.6 6.8 5.4 5.8 4.3 4.6 4.5 5.0 20.4 100 Gingno 250 47 34 63 54 34 34 40 40 32 107 750 7o 34.1 6.3 4.5 8.4 7.2 4.5 4.5 5.3 6.5 4.3 14 3 100 Luglio 418 33 37 54 41 35 28 29 30 19 48 775 7 / 0 53 9 4.3 4.8 7.0 5.7 4.5 3.6 3.7 3.9 2.4 6.2 100 Agosto 417 48 47 42 44 40 30 23 30 21 33 775 7o 53.8 6.2 6.1 5.4 5.7 5.2 3.9 3.0 3.9 2.7 4.3 100 Settembre 288 51 56 42 48 40 21 28 33 29 102 750 °/ / 0 38.4 6.8 7.5 5.6 6.4 3.5 3.2 3.7 4.4 3.9 13.6 100 Ottobre 235 31 64 50 30 25 28 83 30 45 195 775 o / lo 30.3 4.0 8.2 6.5 5.0 3.2 3.6 4.3 3.9 5.8 25.2 100 \o\embre 19(3 34 50 28 31 34 23 20 40 48 237 750 0 / 26.1 4.5 6.7 3.7 4.1 4.5 3.1 3.9 5.3 6.4 31.6 100 Dicembre 203 27 30 27 38 25 30 25 41 54 275 775 0 / / 0 26.2 3.5 3.9 3.5 4.9 3.2 3.9 3.2 5.3 7.0 35.6 100 Totale 3051 435 523 500 462 428 330 349 434 445 2174 9131 % 33.4 4.8 5.7 5.5 5.1 4.7 3.6 3.S 4.7 4.9 23.8 100 485 — Tabella IL — Frequenze de’ vari decimi di cielo coperto - Ore 15. 0 1 2 3 4 5 0 7 8 9 ! 10 N. 1 osscrv. Gennaio 195 40 41 31 33 31 17 44 41 01 238 775 o/o 25.2 5.2 5.3 4.0 4.3 4.0 2.2 5.7 5.3 8.3 30.7 100 Febbraio 132 43 47 33 25 38 20 45 13 51 223 700 o/o 18.7 6.1 6.7 4.7 3.5 5.4 3.7 6.4 6.1 7.2 31.5 100 Marzo 157 41 45 53 33 58 26 36 44 75 207 775 o/o 20.3 5.3 5.8 6.8 4.3 7.5 3.3 4.6 5.7 9.7 26.7 100 Aprile 123 39 70 40 44 49 38 43 48 09 187 750 o/o 16.4 5.2 9.3 5.3 5.9 6.5 5.1 5.7 6.4 9.2 24.9 100 Maggio 178 50 81 48 52 53 49 35 50 46 127 775 o/o 23.0 7.2 10.5 6.2 6.7 6.8 6.3 4.5 6.5 5.9 16 4 100 Giugno 229 70 75 78 31 39 27 38 32 36 95 750 o/o 30.5 9.3 10.0 10.4 4 1 5.2 3.6 5.1 4.3 4.8 12.7 100 Luglio 401 59 52 55 38 35 20 26 27 28 34 775 o/o 51 7 7.6 6.7 7.1 4.9 4 5 2.6 3.4 3.5 3.6 4.4 100 Agosto 419 84 58 38 30 35 22 10 19 17 37 775 o/o 54 1 10.8 7.5 4.9 3.9 4.5 2.8 2 1 2.5 2.2 4 8 100 Settembre 241 03 79 49 38 52 28 28 32 37 103 750 o/o 32 1 8.4 10.5 6.5 5.1 6.9 3.7 3.7 4.4 4.9 13 7 100 Ottobre 188 36 58 45 43 02 30 52 42 48 171 775 o/o 24.3 4.6 7.5 5.8 5.5 8.0 3.9 6.7 5.4 6.2 22.1 100 Novembre 171 42 42 40 30 39 16 26 40 65 239 750 o/o 22.8 5.6 5.6 5.3 4.0 5.2 2.1 3.5 5.3 8.7 31 9 100 Dicembre 158 32 51 30 29 34 23 24 55 70 209 775 o/o 20.4 4.1 6.6 3.9 3.7 4.4 3.0 3.1 7.1 9.0 34.7 100 Totale 2592 005 699 540 420 525 322 413 473 006 1930 9131 o/o 28.4 6.6 7.7 5.9 4.7 5.8 3.5 4.5 5 2 6 6 214 100 — 486 — Tabella III. - Frequenze de’ vari decimi di cielo coperto - Ore 21. 0 1 2 3 4 5 1 ^ / 8 9 1 l lU N osserv Genuaio 307 18 28 20 11 22 10 15 36 31 265 775 °l 1 0 39 5 23 3 6 3.5 1.4 2 8 2.1 1.9 4.6 4.0 34.2 100 Febbraio 251 16 45 29 20 25 10 11 21 31 232 700 7 „ 35 5 2.3 6.4 4 1 3.7 3.5 2.3 2.0 3 0 4.4 32 8 100 Marzo 313 29 25 30 23 29 ■ 13 28 30 30 219 775 °l 1 0 40 4 3 7 3.2 4 6 3,0 3.7 1.7 3.6 3.9 3.9 23 3 100 Aprile 290 42 32 20 22 19 15 37 30 215 750 7. 38 7 2 9 5 6 4.3 3.5 29 2.5 20 4 9 4.0 28 7 100 Maggio 359 37 44 19 18 28 11 23 30 31 1 15 775 o / lo 46 3 4 8 5.7 6.3 2.3 3.6 1.4 3 0 3.9 4 0 18 7 100 Giugno 388 41 70 37 29 23 16 21 27 11 87 750 O / 0 51 7 5 5 9.3 4.9 3 9 3.1 2.1 2 8 3 6 1.5 11.6 100 Luglio 579 37 41 24 13 8 9 13 11 12 28 775 70 74 7 4 8 5.3 3.1 17 1.0 1.2 1 7 1.4 1.5 3.6 100 Agosto 58 1 29 43 24 15 5 12 8 14 li 30 775 / 0 75 4 3.7 5 6 3.1 19 0.6 16 10 18 14 3 9 100 Settembre 441 20 43 29 20 23 10 14 20 27 91 750 0 / / 0 59 2 3.5 5.7 3.9 2.7 3.1 1 3 1.9 2.7 3.6 12 5 100 Ottobre 343 30 38 40 25 20 10 18 42 35 108 775 0/ / 0 44 3 3 9 4.9 5 9 3 2 26 1.3 2 3 5.4 4 5 21 7 100 Novembre 283 23 83 41 26 24 18 20 47 •>0 217 750 7« 37 7 3.1 4 4 5.5 3.5 3 2 2 4 3.5 4.9 2 9 28 9 100 Dicembre 259 19 24 29 22 34 1 1 24 33 43 274 775 0 / / 0 33 4 2 5 3.1 3.7 2 8 4 4 1.8 3 1 4.3 5.5 35 4 100 Totale 1400 48 2 327 476 402 2.34 203 164 219 338 314 1974 9131 0/ lo 3.6 5 2 4.4 2.8 2 9 1.8 2 4 3 7 3 4 216 100 — 487 — Tabella IY. — Frequenze dei vari decimi di cielo coperto. Ore 9. 0 1 9 3 4 5 0 7 8 9 10 N. osserv. Inv< ;rno N. oss. 037 89 103 87 83 84 72 09 97 120 818 2250 01 lo 28.2 3.9 4.4 3.9 3.7 3.7 3.2 3.1 4.3 5.3 36 3 ÌOO Primavera N. oss. 60 1 102 135 134 119 127 91 98 125 131 634 2300 °/ / 0 26.3 4.4 5.9 5.8 5.2 5.5 4.0 4.3 5.4 5.7 27 5 ÌOO Estate N. oss. 1091 128 118 159 142 109 92 92 109 72 188 2300 °/ lo 47.4 5.6 5.1 6.9 6.2 4.7 4.0 4.0 4.7 3.1 8.2 ÌOO Autunno N. oss. 719 116 170 120 118 108 ! 75 90 103 122 531 2275 0 / / 0 4 31.6 5.1 7.5 5.3 5.2 4.7 3.3 4.0 4.5 5.4 23 4 ÌOO Tabella V. — Ore 15. 0 1 2 3 4 5 0 7 8 9 10 N. osserv. Inverno N. oss. 485 115 139 94 87 103 00 113 139 185 730 2250 °/o 21.5 5.1 6.2 4.2 1 3.9 4.6 2.9 5.0 6.2 8.2 32.3 ÌOO Primavera N. oss. 458 130 190 141 129 100 113 114 142 190 521 2300 °/ lo 19.9 6.0 8.5 6.1 5.6 7.0 4.9 5.0 6.2 8.3 22 7 ÌOO Estate N. oss. 1049 213 185 171 99 ! 109 09 80 78 81 166 2300 °l 1 0 45.6 9.3 8.1 7.4 4.3 I 4.7 3.0 3.5 3.4 3.5 7.2 ÌOO Autunno N. oss. 600 141 179 134 111 153 71 106 114 150 513 2275 0 / / 0 26,4 6.2 7.9 5.9 4.9 6.7 3.2 4.6 5.0 6.6 22.6 ÌOO 488 — Tabella VI. — Ore 21. 0 1 ■) •J o 4 5 6 7 8 9 10 N. osserv. inverno N. oss. 818 54 97 SI 59 80 46 52 90 105 771 2256 7» 30.3 2.5 4.3 3.7 2.6 3.5 2.0 2.3 4.0 4.7 34 2 100 Primavera N. oss. 962 88 111 117 67 79 43 66 97 91 579 2300 70 41.8 3.8 4.8 5.1 2.9 3.4 1.9 2.9 4.2 4.0 25 2 100 Estate N. oss. 1551 107 154 85 57 36 37 42 52 34 145 2300 °l 1 0 67.4 4.6 6.7 3.7 2.5 1.0 1.6 1.8 2.3 1.5 6.3 100 Autunno N. oss. 1070 79 114 116 71 07 38 58 99 84 479 2275 0 / lo 47.0 3.5 5.0 54 3.1 2.9 1.7 2.5 4.4 3.7 21.1 100 Riassunto Sulla base di un venticinquennio di osservazioni 1’ A. studia la nebulosità a Napoli eoi metodo delle frequenze, mostra certi aspetti singolari del fenomeno e mette in evidenza caratteristiche e partico¬ larità chiuse alla indagine dei valori medi normali. Finito di stampare il 20 febbraio 1932. La Cymodoce rubropunctata (Grube) nel golfo di Napoli del socio Dott. Beatrice Torelli (Con la Tav. 27) (Tornata del 20 gennaio 1932) 11 Dott. Parenzan (1931) nelle sue gite esplorative nel golfo di Napoli per lo studio del fondo e delle particolari associazioni animali che in esso si presentano , ha trovato a poca distanza dalla costa della Penisola Sorrentina una zona, ben limitata, ca¬ ratterizzata da una particolare biocenosi. La zona suddetta si stende a sud - ovest dello scoglio Vervece sino all’ altezza della Cala di Mitigliano (Fig. 1), entro i limiti batimetrici di 45-60 m. 11 fondo è ricoperto dai talli calcificati e arrotolati di un’alga Rodo- phicea la Peyssonnelia polytnorpha Schmitz, in mezzo a cui circo¬ lano visibilmente vari animali. Ma strettamente compenetrata nelle fessure dei talli v' è tutta una fauna minuta che non appare al¬ l'osservatore se non rompendo 1’ alga o immergendola in acqua con un po’ di formalina. Le specie che il Dott. Parenzan ha così osservate sono 26, ma solo 18 di queste si riscontrano costantemente ; le altre 8 si devono considerare come capitate casualmente su quel fondo. Tra queste 18 specie è la Cymodoce rubropunctata (Grube). La sola 9 di questo Isopodo è stata trovata e sommaria¬ mente descritta dal Grube (che la chiamò Sphaeroma rubropun- ctatum ), a Lussin piccolo. Per quanto io sappia non è stata poi più rinvenuta da altri in modo che il cf è rimasto sin ora sco¬ nosciuto. - 35 - — 490 — La sinonimia che Heller (1866 p. 747) stabilisce tra Sphae- roma granulatimi M. Ed. e S. rubropunctatum Gr. non è affatto giustificata, specialmente nelle originali descrizioni degli Autori. Quanto scrivono sia il M. Edwards (1840) che Heller (1866) si riferisce alla forma larvale del c? di una Cymodoce che non si riesce a classificare (Torelli 1930), mentre la descrizione del Grube è quella della 9 di Cymodoce rubro punctata. Il solo ca¬ rattere che potrebbe avvicinare i due animali è quello, aggiunto però da Heller , della punteggiatura rossa del corpo. Fig. i. È intanto sommamente caratteristico il rinvenimento dell’a¬ nimale in una zona assai ristretta e ben limitata, come probabil¬ mente lo dovette essere anche nell'Adriatico; ci si spiega quindi come sia tanto difficile il ritrovarlo. Nel golfo di Napoli si deve ritenere che sia presente solo in quella piccola area quasi alle porte del Golfo. Il Dott. Parenzan ha catturato tanto la 9 che il cf e gen¬ tilmente me li ha dati per lo studio , ed io credo opportuno pubblicarne la seguente descrizione. — 491 — Cymodoce rubropunctata (GRUBE). Sphaeroma rubropunctatum Grube 1864, p. 76. d Tav. 27, Fig. A. Lungh. 9-10 mm, largh. circa 5 mm. Colore giallo-rosato intenso. Superficie del corpo pelosa e granulosa con granuli piccoli e sparsi nella testa e sul 1° segmento toracico, più grandi e che tendono ad allinearsi in linee trasversali sugli altri segmenti, e infine sono ancora più grossi e nuovamente sparsi sull'addome, Tali granulazioni sono alla sommità di un color rosso cinabro e perciò 1’ animale , che è giallo , prende una caratteristica tinta di un intenso roseo. La testa è più stretta del torace ; in avanti si prolunga con un lobo mediano largo e breve che si congiunge con la punta dell' epistoma. Posteriormente sporge con due lobi laterali che si adattano in sinuosità del 1° segmento toracico. In tali lobi sono situati gli occhi. Il 1° segmento toracico è tutto granuloso, subisce in corri¬ spondenza di ciascun lobo oculare uno strozzamento , ma si al¬ larga poi considerevolmente verso i bordi laterali e le due punte anteriori, prolungandosi, abbracciano la testa. Gli altri segmenti toracici sono lisci nella metà anteriore, mentre la metà posteriore sollevata è granulosa e pelosa. Quando l’animale è disteso la metà liscia del segmento resta più o meno completamente ricoperta dal segmento precedente. Sul 1° seg. toracico non si scorge traccia della saldatura con le piastre epi- merali, che si riconoscono invece dopo. Esse sono triangolari, pelose, più grandi e con apice appuntite le prime ; le ultime si vanno facendo via via più piccole e ad apice sempre più arro¬ tondato. Addome biarticolato, peloso, più largo del torace. Il 1° articolo risulta della fusione di 4 segmenti e se ne scorgono le linee di sutura : la prima intera sinuosa, le altre interrotte nel mezzo. L’articolo è più basso sulla parte centrale ; lateralmente di¬ venta più alto facendosi il margine posteriore obliquo indietro. Sul bordo, nel tratto mediano vi sono due tubercoli appuntiti — 492 — e sollevati che sporgono sul 2° articolo. Su questo, in corrispon¬ denza dei primi tubercoli se ne trovano allineati altri due paia conici, eretti, granulosi posti immediatamente l’uno dietro l’altro. Nel mezzo, tra i tubercoli c’ è un solco largo e poco profondo per circa 2[3 dell’articolo. Sulla linea mediana, dopo il solco si erge un 5° tubercolo conico, poco più grande degli altri. Il contorno è posteriormente tridentato con dente mediano poco più lungo delle punte laterali. Gli uropodi non oltrepassano l’estremità dell’addome, sono laminari a contorno peloso : l’endopodite più stretto, immobile, subrettangolare, l’esopodite a contorno più tondeggiante, entrambi con punte posteriori poco pronunciate. Antenne , parti boccali , piedi toracici e pleopodi normali. Tav. 27. 9 Tav. 27, Fig. B. Color giallo a punteggiature rosse, lungh. 6-7 mm. , largii. 4 mm. Sulla superficie del corpo granulazioni, piccole puntiformi, rosse. La forma della testa e del torace è come quella del c? altro che i segmenti toracici hanno superficie dorsale pari. Addome biarticolato come nel cf. 11 1° articolo è più basso nel centro mentre nelle parti la¬ terali si fa bruscamente più alto per modo che il contorno po¬ steriore è caratteristicamente piegato. Nel tratto mediano del bordo sono accennati due piccolissimi sollevamenti tondeggianti che non sporgono sul 2° articolo. Quest’ ultimo è molto convesso e su esso si trovano, circa a metà, due tubercoli tondeggianti poco sollevati. 11 contorno è posteriormente ondulato e sulla linea mediana si forma una piccola rientranza semicircolare. Uropodi lamellari a contorno debolmente dentellato. L’en¬ dopodite immobile è quasi rettangolare, l'esopodite ellittico con estremità posteriore appuntita. Antenne, parti boccali, piedi toracici e pleopodi come sul cf. E da notare che le parti boccali nelle 9 non sono metamorfosate, a messo che le 9 da me osservate, sebbene con ovaie riempite 493 — di uova, non fossero ancora pervenute all’ultima muta e che solo con questa si verificasse la metamorfosi dei pezzi boccali. Il c? di Cymodoce rubrojmnctata ha molta rassomiglianza con quello di C. tubercolata Costa mentre la 9 si differenzia di tutte le altre del genere che sin’ ora sono state trovate nel golfo di Napoli. Ed anzi si può dire che sia meglio individuata la 9 che non >1 cf. Gli animali sono stati trovati quasi sempre ricoverati negli avvolgimenti dei talli della Peyssonnelia polymorpha o in qualche caso, sono penetrati attraverso gli osculi, nelle cavità di una spugna, sempre però sul fondo a Peyssonnelia. Se la presenza di quest' alga sia una condizione necessaria per la vita delle Cymodoce rubropunctata non possiamo dire, Grube non dà alcuna notizia sulla biologia della specie e questi soli reperti sono troppo poca cosa per potere ritenere la con¬ dizione generale. Tanto per questa, come per altre specie in cui è stato già notato un fenomeno analogo (Torelli 1930) occor¬ rerebbero altre più estese osservazioni fatte in diverse località. Riassunto L’A. segnala la presenza della Cymodoce rubropunctata ( GRUBE) in una zona ben limitata e ristretta del golfo di Napoli dove si rin¬ viene l’animale annidato nei talli della Peyssonnelia polymorpha. Solo la 9 della specie era stata trovata nell’Adriatico ; ora l’A. dà la de¬ scrizione e figura tanto della 9 che del cf. LAVORI CITATI 1864. GRUBE, A. — Die Insel Lussili und ihre Meeres Fauna. Breslau. 1866. Heller, C. — Car duolo gische Beitrdge sur Fauna des adria- tischen Meeres. Verh. Z. Ges. Wien, Bd. XVI, p. 723-760. 1840. MlLNE EDWARDS , M. — Histoire naturelle des Crustacés. T. III. Paris. 1931. PARENZAN, P. — Su una particolare associasene biologica del fondo marino a Peyssonnelia polymorpha. Boll Soc. Biol. Sperim. Voi. 6. 1930. TORELLI, B. — SJeromidi del golfo di Napoli. Revisione degli Sferomidi mediterranei. Pubbl. Staz. Zool. Napoli, Voi. X, fase. 3, p. 297-343. Spiegazione della Tavola 27. A Cymodoce rubropunciata B ,, „ 9- at prima antenna. a2 seconda antenna. rnd mandibola sinistra. mxl prima mascella. mx2 seconda mascella. mxp massillipede del rf. mxp 9 massillipede della 9- pt{ piede toracico del 1° paio. pi*, ,, „ „ 7° paio. plp3 pleopodo del 3° paio. pi „ „ 4° paio. Finito di stampare il 26 febbraio 1932 Sull’ istochimica e V istofisiologia dei lipidi complessi. N ota critica del socio Dott. Pasquale Salvi ( Tornata del 21 novembre 1931 ) Sull’ istochimica e l’ istofisiologia dei lipoidi o lipidi com¬ plessi (sec. l’ultima classificazione), regnano, fino ad oggi delle idee tutt’ altro che chiare , — che risentono della poca concre¬ tezza di concetti, lamentata in chimica biologica dagli stessi bio¬ chimici (Bang, Frankel, Lambling, Mac Lean, etc.), tanto, da far affermare, recentemente, al Diamare *), che : "la chimica dei lipoidi, accanto a poche acquisizioni, è intessuta di gratuite affermazioni Per la rivelazione istologica di questi importantissimi corpi chimici dal valore energetico e bio-cinetico elevatissimo , sono stati proposti principalmente due metodi di tecnica, oltre ad altri minori : il metodo di Ciaccio , cosidetto della cromizza¬ zione; ed un secondo metodo , basato sull' applicazione alla istologia dei dati di solubilità parziale nei vari solventi (serie di Frankel : acetone, etere di petrolio, benzolo, alcool assoluto, etere) forniti dalla biochimica (Frankel) (dati , peraltro , assai infidi, come cercherò di dimostrare in una prossima Nota) ; applicazione fatta, per la prima volta, se non erro dal Buscaino. 4) Diamare, V. — Ancora avverso il " mito „ dei lipoidi. Sulla pretesa loro " insolubilizzazione „ mediante composti cromici e metallici. Atti Soc, Toscana di Scienze Nat., Voi. XXXIV, N. 4. — 498 — Il metodo di Ciaccio l 2) o della cromizzazione, consiste nel trattamento dei pezzi da studiare, prima di includerli in paraf¬ fina, con sali cromici (bicromato di potassio, etc.) o di metalli pesanti (cloruro di oro, nitrato di argento, etc.) ; che " insolubi- lizzerebbero „ i lipidi, formando con essi , come si è recente¬ mente espresso l’A. :) , dei veri composti chimici 3) (dei quali ha dato anche qualche formula bruta), che ne impedirebbero la dissoluzione negli alcools e negli altri solventi organici, usati nella comune tecnica istologica. Sulla reale " insolubilizzazione „ dei lipidi co! metodo in¬ nanzi descritto, sono stati avanzati dei dubbi dal Diamare 4), il quale, servendosi di un suo metodo fisico-analitico di rivelazione, basato sul principio di mettere in evidenza , in esami alla luce polarizzata, gli sfero-cristalli fluidi e le figure mieliniche svilup¬ pate in gomma-sciroppo Apàthy, da molti lipoidi, appartenenti alla categoria delle sostanze mesomorfe5), ( mieline li- poidee di Diamare, costituite principalmente da fosfolipidi ed eteri dell'alcool monovalente colesterina — impropriamente clas¬ sificato tra i lipidi complessi — è pervenuto alla conclusione che : *) Ciaccio, C. — Contributo alla conoscenza dei lipoidi cellulari. Anat. Anz., Bd. 35, 1910. 2) — — Azione della cromizzazione sui lipidi. II. Ricerche chimiche. Boll. Soc. It. di Biol. Sper., Voi. V, 1930. a) Non credo si possa parlare di composti tra lipidi e sali cromici, poiché i fosfolipidi, nei mezzi di cultura cristalloidici, costituiti proprio da sali cro¬ mici (liquidi di Muller, Zenker, etc.) , danno , similmente come nei mezzi colloidali (gomma-sciroppo Apàthy), cristalli fluidi e figure mieliniche, con le stesse proprietà chimico-fisiche (fluidità, anisotropia, resistenza al calore, solubilità in alcool, etc.) ; mentre, quando effettivamente subiscono modifiche tali, da far pensare alla formazione di nuovi prodotti di combinazione stabile, come nel caso dell’Os04, queste si rivelano, primitivamente e principalmente, negli stessi mezzi di cultura (perdita della anisotropia, perdita della fluidità, '' impietrimento „ , insolubilità in alcool, etc.) (Diamare 1921-24). I sali cromici si sono dimostrati, al cimento delle prove sperimentali, in¬ vece che modificatori delle mieline lipoidee , addirittura i migliori rivelatori delle loro caratteristiche proprietà chimico-fisiche. 4) Diamare, V. — Le armonie gotto - somatiche. Mem. 1. Arch. Ostetr. Ginec., Ser. 2, Voi. 8, 1920. — — Distrofie e degenerazioni isto- fisiologie he genitali. Mem. II. I bid . . Voi. 9, 1921. l) Mayr, G. — Sullo stato mesomorfo. Nuovo Cimento, Anno V, 1928. — 499 - i pezzi cromizzati abbandonano i loro lipoidi negli alcools e negli altri solventi di passag¬ gio, e perfino, nella soluzione alcoolica di Sudan III. E l’estrazione avviene egualmente quando alla cromizzazione si faccia seguire, anche per mesi, l’azione di un sale di metallo pesante (nitrato di argento, percloruro di ferro, cloruro di oro, cloruro di zinco). Incisivamente Diamare, scrive , a questo proposito , che : “tra alcools e lipoidi non vi sono sinora can¬ celli metallici nè cromico - metallici,,. Gli unici lipoidi che rimangono sui tagli , dopo la cromiz¬ zazione, sono quelli privi di acido oleico; es sendo proprio l’acido grasso insaturo l’a¬ gente che ne permette la dissoluzione, o per meglio dire, la diffusione (Diamare) attraverso membrane se mi- permeabili, create dall’azione dei sali cromici o di metalli pesanti sul ma¬ gma organico (prevalentemente proteico) in cui sono compresi. (Come questo Autore ha potuto dimostrare in esperienze con lipidi, rispettivamente con e senza acido oleico, contenuti in pellicole di gelatina, sottoposti al trattamento cro- mizzante, e, successivamente, all' azione dei solventi organici : metodo di studio ripreso, recentemente, dallo stesso Ciaccio i), con risultato, che, mentre stride con le sue precedenti deduzioni, accordasi, viceversa, sebbene parzialmente , proprio con quelle di Diamare). In ricerche successive, lo stesso Diamare 2), ha dimostrato che : se un insolubilizzante riconoscono i sud¬ detti lipidi, questo è il tetrossido di osmio, il quale ha, effettivamente, il potere di " fissare „ , per così dire, questi corpi, tanto nei tessuti e negli elementi cellulari, quanto nei mezzi di cultura per i cristalli fluidi, sia colloidali (gomma- ') Ciaccio, C. — Azione della cromizzazione sui lipidi. I. Ricerche mi- croistochimiche. Boll. Soc. Ital. Biol. Sper., Voi. 5, 1930. 2) Diamare, V. — Di nuovo sulle mieline da saponi e sulle mieline nervose. Atti Soc. Toscana Scienze Nat., Voi. 39. — 500 — sciroppo Apàthy), che cristalloidici (soluzioni saline), formando con essi, molto verosimilmente, dei veri prodotti di combinazione stabile, come è lecito argomentare, in base alle profonde modi¬ ficazioni osservate delle loro proprietà chimico-fisiche. Egli ha visto pure che i saponi oleici, come i lipoidi oleici, danno cristalli fluidi e figure mieliniche in mezzo colloidale; che, però, hanno il comportamento caratteristico di dissolversi in mezzi liquidi formati da soluzioni saline ; ed è riuscito a dimostrare lipoidi nella sostanza corticale di cervelli embrionali, in stadi di sviluppo, nei quali non può assolutamente invocarsi la prove¬ nienza del materiale da presunte "centrali generatrici,, (capsule surrenali, etc.), che sono, in tale epoca, allo stato di semplici blasfemi, donde la necessità logica d’orien¬ tare il pensiero piuttosto verso una lipoi- dogenesi placentare o vitellina 1). Ricerche successive di D’Argenio 2), Tramontano - Guerri- tore 3), Caroli 4), Cristini 5), etc. hanno pienamente confermato questi fatti ; ed il Buscaino 6), riferendo estesamente sui lavori di Diamare e della sua Scuola , in una monografia sulla isto¬ logia patologica della demenza precoce, vi sottoscrive esplicita¬ mente. *) Diamare, V. — Mieline da saponi e da lipoidi. Atti R. Acc. di Se. Fisiche e Mat. di Napoli, Ser. 3, Voi. 34, 1927. 2) D’Argenio, A. — Sui corpi mielinici del grasso. Se esistono nel grasso sottocutaneo normale e nei lipomi. Folia Medica, 1924. 3) Tramontano-Guerritore, G. — Osservazioni e ricerche sopra il va¬ lore di alcuni metodi di identificazione dei lipoidi. Atti R. Acc. Fisiocritici Siena, 1926. 4) Caroli, A. — / lipoidi dell'organo di Bidder dei Bufonidi. Atti R. Acc. Fisiocritici Siena, 1926. 6) Cristini, R. — Sulla guaina mielinica e su presunte strutture della fibra nervosa midollata, da riferirsi a condizioni chimico-fisiche del neuro¬ plasma. Rivista Neurologia, Anno I, 1928. °) Buscaino, V. M. — Ricerche istoneuro patologiche e del liquor in de¬ menti precoci. Triennio 1926-28. Riv. Patol. nervosa e mentale. Voi. 34, Firenze, 1929. - 501 — Io stesso ‘), in ricerche condotte nel 1927, su la diffusione osmotica dei lipoidi, studiando le condizioni che influenzano la diffusione di questi corpi (principalmente dei fosfolipidi) attra¬ verso membrane animali e vegetali, in varie condizioni di espe¬ rimento, ho potuto confermare l'azione esercitata dall'acido oleico sulla diffusione delle mie¬ line lipoidee; e dimostrare che l'acido insa¬ turo è un solvente (nel più completo senso c h i m i c o - f i s i c o della parola) delle mieline stesse (dato di fatto, che, applicato allo stu¬ dio del meccanismo di passaggio attraverso la membrana intestinale nel vivente, può rendere ragione, in parte, della utilizza- zione digestiva di queste importantissime sostanze). Premesso questi dati , con piacere, oggi, si constata, che Ciaccio 1 2), rivedendo il suo metodo, sia pervenuto, nei più re¬ centi lavori, a conclusioni, come quelle che trascrivo : " l’oleina, dopo cromizzazione, è integralmente estratta da una miscela con fosfolipidi In relazione alla precedente asserzione, devo far notare, an¬ cora una volta, come delle ricerche di Diamare e dalle mie sia risultato , che : da una miscela con fosfolipidi, l'alcool, l'etere, e gli altri solventi orga¬ nici, estraggono, non solo il trigliceride, ma anche, e, sopratutto, il lipoide — che passa appunto per la presenza del trigli¬ ceride stesso; 1) Salvi, P. — Sulla diffusione osmotica dei lipoidi. Archivio di Fisiol. Voi. 25, 1927. 2) Ciaccio, C. — Azione della cromizzazione sui lipidi. I. Ricerche mi- croistochimiche. Boll. Soc. Biol. Sperimentale, Voi. 5, 1930. — Azione della cromizzazione sui lipidi. II. Ricerche chimiche. Ibidem, Voi. 5, 1930. — Sulla possibilità di identificare i fosfolipidi e galattolipidi cellulari con processi istochimici dopo estrazione con acetone. Boll. Soc. Biol. Sperimentale, Voi. 6, 1931. — 502 — “ gli eteri di glicerina e di colesterina , sia saturi che insaturi, dopo cromizzazione, sono completamente allontanati dai solventi organici „ ; " 1' acido oleico e linoleico pure sono allontanati dai sol¬ venti dei grassi „. Per ciò che riguarda i fosfolipidi, infine, ritiene, che la loro insolubilizzazione " sembra assoluta e completa, potendosi otte nere dai solventi adoperati il 6 °/0 del fosforo contenuto nei com¬ posti utilizzati Tutto ciò decorre conformemente a quanto un¬ dici anni prima era stato dimostrato nelle pubblicazioni di Diamare, avverso dell’ A., che egli non crede neppure di dover citare in proposito. In relazione a quest’ultima conclusione, è necessario, però, far notare che : Se parte dei lipoidi fosforati va via con la serie degli alcools (il 6 °/0 sec. Ciaccio — la quasi totalità sec. Diamare, Tramontano - Guerritore , Caroli, etc. ; e, recentissimamente anche sec. i ricercatori stranieri Kutschera - Aichbergen l) e Shapiro 2) ; parte con le soluzioni alcooliche impiegate pel ri¬ conoscimento coloristico dei grassi e lipoidi (Sudan III, Schar- lach R. etc.: colori che vanno sciolti proprio in quell'alcool ad 80° che estrae la maggior parte delle sostanze lipidiche sec. Diamare, Caroli, etc.) ; parte si scioglie nei coloranti di fondo (soluzione alcoolica di eosina, etc. , e, perfino nella debolissima soluzione idro-alcoolica di emallume Mayer) ; e parte è allon¬ tanata dalla stessa acqua di lavaggio (lo stesso Ciaccio, in una sua nota ultima 3) ammette, che in particolari condizioni, " la le¬ citina e la cefalina diffondono facilmente nei liquidi acquosi o debolmente alcoolici sotto forma di emulsoidi finissimi „ ) ; il 6 °/0 di perdita ammesso dall’A., sale ad un valore tale, da scuotere, in modo non indif¬ ferente, la assoluta fiducia riposta, fino ad oggi, nel metodo d e 1 1 a c r o m i z z a z i o n e . 1) Kutschera - Aichbergen. — Virchow's Archiv, 256, Hf. 3. 2) Shapiro. — Archiv of Path. a. Labor. Med., 3, N. 4. 3) Ciaccio, C. — Sulla possibilità di identificare i fosfolipidi e galat- tolipidi cellulari con processi istochimici dopo estrazione con acetone. Boll. Soc. Biol. Sperimentale, Voi. VI, 1931. — 503 — Sono in corso altre ulteriori ricerche chimiche, dimostranti la nessuna influenza dei sali cromici sui fosfolipidi, sia per ciò che riguarda la loro costituzione chimica , che la solubilità in alcool. Napoli, dall' Istituto di Istologia e Fisiologia generale della R. Università. Riassunto L’A. , nella Nota presente, mette in evidenza come dai lavori di Diamare e dai suoi, sia risultato che i sali cromici e di metalli pe¬ santi non esercitano alcuna influenza insolubilizzante sui lipidi com¬ plessi cellulari (metodo ClACClO) , tale da permetterne la rivelazione microscopica, senza provocarne, contemporaneamente, perdite rilevanti nei passaggi attraverso gli alcools e gli altri solventi organici, come è stato confermato anche da numerosi altri ricercatori. Egli fa notare, inoltre, che lo stesso ClACClO, in sue recenti pub¬ blicazioni, conferma, sebbene parzialmente, i suddetti risultati. Finito di stampare il 26 febbraio 1932. L’eclisse totale di Luna del 26 settembre 1931. Nota del socio S . Aurino (Tornata del 21 novembre 1931) L'eclisse totale di Luna del 26 settembre 1931, venne os¬ servata a Capodimonte in buone condizioni atmosferiche. Solo verso la fine, intorno a 21h 45m un improvviso formarsi e suc¬ cedersi di cumuli e di cirri trasportati da vento di SW tolse alla vista la Luna. Pur tuttavia l’ultimo contatto con l’ombra potette essere osservato fra ampi squarci di nuvole, in perfette condi¬ zioni di visibilità. La culminazione superiore della Luna avvenne a Napoli a 23h 59m 50 ad un’altezza di 50° circa sull’orizzonte di Napoli e la fase dell'eclisse totale incominciò 3h 55m prima della culminazione. Da preventivi calcoli, l’eclisse si presentava a Napoli nelle seguenti circostanze di tempo (TME): h m primo contatto con l’ombra : 18 54.2 principio dell’eclisse totale : 20 5.5 fine dell’eclisse totale : 21 30.5 ultimo contatto con l’ombra : 22 41.7 Le osservazioni vennero eseguite all’equatoriale di Reichen- bach (cm. 8,3 di apertura, m. 1,20 di distanza focale) situato nella torretta centrale dell’Osservatorio Astronomico, con l’ingran¬ dimento di 30 volte. I tempi furono registrati cronograficamente. La colorazione cuprea del pianeta , visibilissima ad occhio nudo, apparsa circa 20m prima della totalità lungo le regioni pros¬ sime all’avvenuto contatto, andò man mano investendo il disco, a misura che la Luna s’ immergeva con 1’ emisfero orientale nel - 36 - — 506 — cono d’ombra e perdurò per tutto il tempo della totalità ed oltre, fin verso la fine, sulle parti del disco coperte daU’ombra. Come è noto, il fenomeno della luce rossa, molto meno cospicuo nelle eclissi parziali di Luna , non ha avuto sempre luogo, seb¬ bene assai raramente. Così , per citare una data , 1’ eclisse totale del 1884 presentò durante la totalità una oscurità veramente ec¬ cezionale. Ed il prof. Porro riferisce che trovandosi in quella occasione all’Osservatorio di Milano, udì dallo Schiaparelli " che solo in descrizioni di eclissi osservate parecchi secoli addietro si trova cenno di una oscurazione così grande; e che tali descri¬ zioni da molti del nostro secolo erano state tacciate di esagera¬ zione „ '). 11 fenomeno della luce rossa, piuttosto che con altre ipotesi si spiega meglio in base alla teoria dell’assorbimento se¬ lettivo. 1 raggi solari che rasentano la superficie della Terra , a causa del pulviscolo, principalmente, perdono quasi tutte le ra¬ diazioni fuor che le rosse ; sicché accade durante le eclissi di Luna qualche cosa di analogo a quanto si osserva allorché la Luna o il Sole sono all’orizzonte. Per spiegare quelle rare eclissi in cui il fenomeno della luce rossa non si presenta, bisogna am¬ mettere una zona nuvolosa continua o quasi la quale, avvolgendo la Terra lungo il contatto col cono d’ombra, impedisca ai raggi solari di attraversare gli strati bassi dell’atmosfera. Nel quadro che segue espongo i risultati delle osservazioni : registrazione dei tempi relativi al primo ed ultimo contatto con l’ombra, al principio ed alla fine dell’eclisse totale , all’ ingresso ed all’uscita dall’ombra di regioni e crateri cospicui. Risultati delle osservazioni. T M E Osservaz. h m Principio dell’ombra . . . .18 54,5 L’ombra investe la punta orientale del golfo delle Iridi . . . . . 19 5,6 La estrema punta occidentale del golfo delle Iridi è raggiunto dall’ ombra . . .19 8,8 ‘) Porro, F. — Eclisse totale di Luna del 27 dicembre 1898. Acc. Reale delle Scienze di Torino, anno 1898-99. Osserv.-Calc. m + 0,3 — 507 — T M E Osservai. Osserv.-Calc. h m m L’ombra lambisce Copernico 19 12,2 — Platone è raggiunto dall’ombra . 19 15,1 — L’ombra raggiunge l’estrema punta orientale degli Appennini ..... 19 18,1 — L’ombra raggiunge l’ estrema punta occidentale degli Appennini .... 19 22,4 — Schickard 19 26,5 — Pliny j 19 30,8 — • Pitatus / 19 32.5 _ S raggiunti dall ombra . Lndymion i 19 33,8 — Ross ) 19 36,1 — Tycho 19 39,2 — A 19h 45m appare la caratteristica colorazione cu prea sulla parte della Luna che è già neh l’ ombra, degradante verso tinte più fosche quanto più si va verso 1’ interno del cono d’ombra della Terra. L’ombra tocca il bordo del Mar delle Crisi .... 19 46,3 - Melenaus spicca sulla parte in ombra del disco lunare Il Mar delle Crisi tutto eclissato 19 52,1 — Stoefler raggiunto dall’ombra . 19 47,1 — La luce rossa è visibilissima ad occhio nudo, meglio che al cannocchiale Inizio della totalità ... . . 20 5,4 - 0,1 Comparsa del primo filo di luce, fine della totalità 21 31,0 + 0,5 Grimaldi raggiunto dal chiaro . 21 32,9 — Keplero (nubi) ..... 21 42,0 — Tycho toccato dal chiaro (nubi). 21 51,2 — Tycho tutto emerso (nubi) 21 53,6 — Nubi persistenti Fine dell’ombra ..... 22 41,9 0,2 Specula di Capodimonte - Ottobre 1931, IX. — 508 Riassunto In questa Nota l’A. espone le proprie osservazioni eseguite al¬ l’Osservatorio di Capodimonte durante l’ eclisse totale di Luna del 26 settembre 1931 : registrazioni dei tempi relativi al primo ed ultimo contatto con l’ombra, al principio ed alla fine dell’ eclisse totale , al¬ l’ingresso ed all'uscita dall’ombra di regioni e crateri cospicui. Finito di stampare il 10 marzo 1932. 11 regime termo - pluviometrico di Potenza nel cinquantaduenmo : 1879-1930 con speciale riguardo all’agricoltura del socio Viggiani Gioacchino (Tornata del 21 novembre 1931) Introduzione. La importanza delio studio dei climi, dice il Roster nel suo pregevole lavoro "Climatologia dell’ Italia,,, che fa seguito a quello chimico e biologico dell'atmosfera, si rende manifesta, non solo dal fatto che il clima è in stretto rapporto colle condizioni di prosperità e di salute dell’ individuo e della specie, ma anche dalla notevole influenza che esercita sullo svol¬ gersi della vita sociale, considerata questa sopratutto come rap¬ porto del clima sulle condizioni dell’agricoltura. L' agricoltore, soggiunge il Roster, nella definizione del clima non può contentarsi di quella accettata dai meteorologisti inquantochè per questi, clima non significa altro che il modo particolare con cui i mutamenti fisici dell’atmosfera si comportano in una data regione, mentre per l'agricoltore la parola clima ha un significato più largo e più complesso, stando a rappresentare “ tutte quelle condizioni di luogo (aria, acqua, suolo) permanenti e anche temporanee, capaci di esercitare una influenza sulla vita vegetale ed animale Nello studio del clima, dice ancora il Roster, non possiamo infatti limitarci a indagare quali siano le modificazioni fisiche che l'aria subisce per il calore, per la umidità e per la pressione ma dobbiamo del pari portare la nostra attenzione sullo stato — 510 — del suolo e delle acque di una data regione, che possono avere sulla vita organica altrettanta influenza quanta ne ha l'aria atmo¬ sferica. Se è vero che lo stato meteorologico dell’aria si riflette ed agisce sulle condizioni del suolo e delle acque, è pur vero che a loro volta suolo ed acqua agiscono sulle condizioni del¬ l'aria, ora assorbendo, ora restituendo calore, umidità e gas. Le accidentalità della superficie del suolo , che stabiliscono consi¬ derevoli differenze di altimetria ; la esposizione del luogo, la natura, la composizione e le altre proprietà del terreno ; la ve¬ getazione e lo stato di cultura ; la presenza di larghe distese di acque superficiali, stagnanti o fluenti, e la circolazione delle acque sotteranee, esercitano sul clima influenze speciali indipen¬ denti dall’azione che può esercitare sul suolo la temperatura e la umidità dell’aria. Purtroppo conclude il Roster, lo studio dei climi fatto in tutti i suoi elementi, rispetto all’agricoltura, offre grandi lacune, per gli scopi per i quali sono rilevati i dati meteorologici negli os¬ servatori di tutto il mondo ; scopi che si compendiano sopratutto nello studio delle grandi leggi che governano la fisica terrestre ed in conseguenza vengono rilevati soltanto i valori medi annui e mensili della temperatura della umidità e della pressione, senza tener conto di alcuni elementi assai importanti dal punto di vista agricolo, quali l’ampiezza di alcune oscillazioni, le deviazioni dalla normale, la variabilità in determinati periodi di tempo. L’agricoltura, per i suoi scopi , ha bisogno di raccogliere tutti quegli elementi, valevoli a dare una idea chiara e precisa dell’andamento normale o accidentale di ogni singolo fattore meteorologico e climatico. Convinto della grande importanza che, agli effetti dell’agri¬ coltura, ha la conoscenza completa e ragionata. del clima di una data regione, fin dallo scorso anno intrapresi lo studio dei diversi fattori meteorologici di Potenza, utilizzando i dati raccolti nello Osservatorio " Emilio Fittipaldi „ fondato per iniziativa della pro¬ vincia nel 1879. Contemporaneamente ho cercato di rilevare l’assai scarso materiale statistico esistente sulle diverse produzioni agrarie di Potenza, onde poter mettere in relazione la influenza prepon¬ derante dei fattori ambientali sulla produzione agraria. Nel pre¬ sente lavoro fermo la mia attenzione e il mio studio principal- — 511 mente sull'influenza esercitata dalla temperatura e dalla pioggia sulla produzione agraria, tralasciando lo studio dell' influenza esercitata da altri fattori ambientali, quali la umidità relativa del¬ l’aria, la durata della insolazione e i venti, che senza alcun dubbio, nella manifestazione dell'influenza che esercitano i fattori ambien¬ tali sul rendimento della produzione agraria, hanno una impor¬ tanza assai più limitata della temperatura e della pioggia. D’altra parte ho cercato di dare al lavoro un deciso carattere ecolo¬ gico, essendo da lunga data cultore di questa scienza che netta¬ mente si distacca dalla così detta meteorologia agraria. In qualsiasi trattato, su di una cultura, in un dato paese, troviamo quasi sempre il capitoletto " Clima „ nel quale si ri¬ portano per ogni mese, le temperature medie, le medie dei mas¬ simi e dei minimi, le precipitazioni medie e cosi via, con riferi¬ mento a tutti i valori meteorologici, tanto a quelli che influiscono quanto a quelli che non esercitano alcuna azione sulla pianta presa in esame. Nel caso nostro, invece, ciò che più importa è la conoscenza del clima per le varie culture, avendosi come unità di misura gli equivalenti meteorologici, gli ottimi ed i limiti ecologici. La Ecologia Agraria ha un suo proprio principio fondamen¬ tale cui risultano nettamente subordinati e il metodo e Io scopo dell’indagine; "rendimento o resa è valore non assoluto ma la risul tante di una relazione tra la capacità di produrre e la resistenza alle avversità ambientali „. Il rilevamento dei valori ambientali e lo studio dei medesimi in quanto e per quanto essi influiscono sullo sviluppo delle piante agrarie agli effetti del rendimento da una parte ; e dall’altra, il comportamenlo delle piante stesse per ciò che risultano più o meno atte ad utilizzare le disponibilità od a resistere alle avver¬ sità del mezzo, costituiscono pertanto nettamente e definiscono il campo della Ecologia. Per ogni valore ambientale (temperatura, umidità, ecc.) avremo degli ottimi e dei limiti ecologici (termici, idrici ecc.) dovendosi come tali intendere quelle temperature, quei gradi di umidità ecc.) che agendo sulla pianta nei vari, successivi momenti del periodo vegetativo, permettono ad essa di manifestare tutta la sua capacità — 512 - di produzione, oppure agendo nel senso negativo , portano al rendimento minimo compatibile con le esigenze dell’impresa. Una base dunque nettamente biologica, in ordine al princi¬ pio e al metodo di ricerca, con giusta valutazione del motivo economico in ordine alla applicazione dei risultati. Principali obbiettivi della Ecologia Agraria : 1° Rilevare le disponibilità ambientali, specialmente meteo¬ riche, nell’atmosfera e nel suolo. 2° Determinare il grado di produttività e i gradi di resi¬ stenza alle singole avversità per ciascuna varietà o forma di pianta coltivata. 3° Regolarsi nella scelta o creazione del tipo in modo tale da ottenere quella combinazione di caratteri di produttività e di resistenza che assicuri, in relazione alle disponibilità ambientali, ed alle peculiari condizioni dell’ambiente, il maggior rendimento possibile. E un campo vasto, poco esplorato e d’importanza scientifica e tecnica ben notevole in ordine ai risultati che si possono rag¬ giungere. Nel presente lavoro, dopo aver fatto un quadro generale, meteorologico, della temperatura e della pioggia a Potenza nel cinquantaduennio in esame, tenterò, sulla base degli elementi rac¬ colti, di fare un inventario delle disponibilità termo idriche, in rapporto alle culture maggiormente praticate. * A definire a grossi tratti le caratteristiche fisiche, economiche e geografiche del territorio di Potenza ritengo utile riportare le parole che l'illustre prof. Azimonti premetteva nell’Inchiesta Par¬ lamentare del 1908, nella descrizione della zona muntuosa o zona occidentale della Basilicata. “ Topograficamente si alternano le pendici erte e diripate (regno della silvicultura e della pastorizia) con gli altipiani a non forte pendio, e in qualche punto quasi pianeggianti (piani delle Mattine di Potenza) e coi fondi di valle, in alcuni punti antiche sedi di laghi post - pliocenici e però pianeggianti e di qualche importanza agricola (alta valle del Rasento coi piani di Santa Aloia e del lago di Pignola, ecc.). — 513 “ In complesso, però, predominano, come è ovvio, le pen¬ dici a forte pendenza e le valli con fondo piano poco ampio. " Geologicamente è una delle regioni più disgraziate che immaginare si possa. I nuclei montagnosi più alti , e però più antichi, costituiscono terreni saldi ma sterili. " Sono costituiti da una poderosa impalcatura di calcari triasici a noduli di selce e halobie, sormontati da fitte stratificazioni di schisti silicei, insieme con i quali sono curvati e corrugati in pieghe tettoniche di una mirabile precisione. Tali rocce triasiche costituiscono una specia¬ lità della Lucania „ (De Lorenzo). " Se il geologo ha di che compiacersi , non altrettanto può dirsi dell'agronomo. Si hanno, da tali schisti silicei, delle terre tra le più povere che si trovino in Italia. “ I massicci meno imponenti, geologicamente meno antichi hanno un’altra ben triste prerogativa; quella di essere tra i ter¬ reni più instabili di tutta Italia. Si compongono, invero, per buona parte del cosidetto flisch, caratteristico dell’eocene superiore, vario di schisti, di argille scagliose, di galestri, di calcari marnosi di brecce, di conglomerati e di arenarie a elementi cristallini facili ad essere decomposti, trasformati, rammoliti, disgregati e dissestati daH’azione degli agenti atmosferici, non che da quella dei fili d'acqua sottili ed innumerevoli serpeggianti tra i predetti svariati sedimenti del flysch eocenico: acque sotterranee, provocanti sui liscioni di scorrimento, il varamento delle massi sovrastanti quando, per opera dei torrenti, è stato scalzato e scavato il piede delle sponde. Da ciò scoscendimenti o smottamenti e frane in¬ numerevoli. " Climatericamente è una regione con inverno lungo e piùt- tosto rigido, con nevicate a volte abbondanti ; quasi mancante di primavera; con estate breve e non eccessivamente calda, asciutta; con venti fortissimi e predominanti in ogni stagione. Le abita¬ zioni, le fogge del vestire, il vitto ecc. risentono di tali condi¬ zioni climateriche „. Potenza, di origini ignote, ma secondo la maggioranza degli storici della regione, venne fondata ed ebbe nome dai Piceni, che rinnovarono il nome della Potentia Picena delle loro terre, sorge in una posizione pittoresca, dominante la valle del Basento a 823 metri sul livello del mare. È il capoluogo più elevato fra — 514 — tutte le provincie d'Italia, dopo Ernia, ed è una graziosa cittadina riordinata ed in via di riordinamento dal governo fascista, che ha la particolarità di avere una delle migliori acque potabili del mondo o per lo meno d'Europa (essendo stata classificata la seconda fra tutte le acque europee) e per la sua notevole alti¬ tudine gode di un’aria salubre e fine che ben potrebbe essere sfruttata a scopo di cura. Conta complessivamente nella sola città circa 14,000 abitanti, e nell'intera circoscrizione, oltre 18,000. Ha un clima decisamente continentale, nonostante la sua posizione geografica e questo sopratutto in dipendenza della sua situazione che la lascia in pieno dominio dei venti impetuosi di ponente e di tramontana. La temperatura a Potenza nel cinquantaduennio 1879 - 1930. 1 dati oggetto di discussione nel presente lavoro sono stati da me personalmente raccolti e elaborati, utilizzando col gentile ed entusiastico consenso deH’Amministrazione Provinciale, i valori raccolti in 52 anni di vita dell’ Osservatorio meteorologico geo¬ dinamico provinciale " Emilio Fittipaldi „ che ha sede nel palazzo del R. Liceo di Potenza, e che è fornito di tutti i principali e migliori strumenti di meteorologia. Ecco le coordinate geografiche dell’Osservatorio: Latitudine 40"39’. Longitudine da Greenwich 15,48 c. L'altezza del barometro sul livello del mare è di 82ó,4. * * * Il fine precipuo della climatologia è quello di raccogliere i valori normali, quei valori cioè che risultano dalle medie di un lungo periodo di osservazioni. Però, come giustamente osserva il Roster, non bisogna trascurare le cosidette anomalie, cioè quei valori che si distaccano da quelli normali, giacché, sia per i climatologi, che, sopratutto per gli agronomi, sono più i valori estremi che influiscono sullo sviluppo e sul rendimento delle piante, che non le medie; ed è perciò che devotisi conoscere gli estremi. Secondo il Millosevich, nelle nostre regioni, è necessario un periodo di 50 anni per dedurre le medie normali della pioggia — 515 — e un periodo di 25 anni per precisare la media normale della temperatura. Le cause che presiedono alla distribuzione della temperatura nelle diverse regioni sono cause generali e cause locali. Fra le cause generali abbiamo la latitudine, l'altitudine e la posizione dei mari e dei continenti. Fra le cause locali notiamo : le terrestri (esposizione del luogo ; configurazione natura e colore del terreno ; vicinanza e direzione delle catene montuose, vicinanza delle nevi e dei ghiacci, vegetazione) ; le atmosferiche (umidità, nebbie, pioggie, venti e stato del cielo) ; le marittime (configurazione e direzione delle coste, correnti marine, presenza di ghiacci polari). Interessante è, sopratutto, dal punto di vista del presente lavoro, la conoscenza e lo studio della cosidetta variabilità della temperatura, per definire la quale credo opportuno far rilevare che la variabilità della temperatura è sopratutto relativa, per quanto riguarda la sua importanza, alla durata e all’acciden¬ talità della variazione. È da osservare però che il valore rap- - 516 — presentante la differenza fra periodi simili, va diminuendo a misura che si allunga il periodo di osservazione. A rendere più agevole la conoscenza e l’intelligenza del fe¬ nomeno termico a Potenza ho riportato graficamente sulle ascisse le temperature massime assolute, le temperature minime assolute e le temperature medie, distinte per ogni mese. Più sotto, nello stesso grafico, ho riportato, alla stessa scala, la temperatura media mensile del cinquantaduennio in esame. L'evidenza dell'andamento della temperatura a Potenza nei vari mesi delPanno e nei vari anni del cinquantaduennio, risulta assai chiara dall'esame dei grafici perchè io mi dilunghi in oziose trattazioni ; ciò nonostante ritengo opportuno commentare in ma¬ niera sintetica e precisa i tratti più salienti del regime termico a Potenza, onde farne risaltare le caratteristiche più interessanti sopratutto dal punto di vista agrario. In linea generale, come facilmente si rileva dai grafici ripor¬ tati, si può affermare che la temperatura a Potenza è caratteriz- 517 - zata da un anno all'altro da una grande variabilità e quindi da una grande incostanza. L'andamento della temperatura, in altri termini, da un anno all’altro, assume i valori più diversi e più contrari nello stesso mese e nella stessa stagione. Questo è il tratto più importante di tutto il fenomeno termico a Potenza. La temperatura media annua di Potenza, come risulta dalla media normale di 52 anni è di 11° 6 C. Fig. 3. Le temperature medie mensili, come risultano dalle normali dei 52 anni sono riportate nella Tabella II. Nell’andamento della temperatura durante il mese, non si trova traccia di alcun periodo, ed esistono solo delle varazioni accidentali da decade a decade, da giorno a giorno. Al contrario di quello che avviene per tutta l'Italia, dove il mese più freddo è il gennaio, a Potenza il mese più freddo è dicembre : infatti la temperatura media cinquantaduennale di dicembre è di 2°7 C. mentre la stessa temperatura di gennaio è di 3° 5. — 518 — Così pure mentre in quasi tutta Italia la temperatura media più elevata è quella di luglio, a Potenza la temperatura media normale più alta è quella di agosto. La deviazione dalla normale nei vari mesi dell’ anno ha questa frequenza a Potenza : Gennaio : variazioni in più: 26 anni ; in meno : 25 anni ; uguale alla normale : un solo anno ; valori uguali allo zero o ne- gativi : 4 anni. Febbraio : in più 24; in meno 28; temperature negative 2. Marzo : in più 35; in meno 14; eguale alla normale tre anni. Aprile : in più 25 ; in meno 26; eguale alla normale un anno. Maggio : in più 23; in meno 26; eguale alla normale tre anni. Giugno : in più 19; in meno 31 ; eguale alla normale due anni. Luglio : in più 23; in meno 23; eguale alla normale un anno. Agosto : in più 26; in meno 23; eguale alla normale tre anni. Settembre : in più 24; in meno 25; eguale alla normale tre anni. Ottobre : in più 28; in meno 22; eguale alla normale due an n i . Novembre : in più 22; in meno 29 ; eguale alla normale un anno. Dicembre : in più 48; in meno 4. Come si rileva i soli mesi di dicembre e febbraio non hanno valori eguali alla normale ; ii mese che ha le maggiori variazioni positive è dicembre, mentre quello che ha maggiori variazioni negative è giugno. Se passiamo ad esaminare le Tabelle III e IV, dei mas¬ simi e dei minimi assoluti, ed i grafici relativi rileviamo subito che la differenza fra i valori massimi e quelli minimi nello stesso anno è considerevole e tale da far rientrare Potenza per quanto riguarda le temperature estreme nelle zone dell’ Italia settentrionale. Così per esempio nel 1929 si è avuta una temperatura minima nella seconda decade di febbraio di sedici gradi sotto zero ; e nello stesso anno si è avuto una massima in aprile di 26 gradi e una massima in luglio di 34 gradi ; la differenza fra il valore di febbraio e quello di luglio è di ben 50 gradi. L’escursione annua fra la temperatura media del mese più freddo, che per Potenza è dicembre, e quella del mese più caldo, che per Potenza è agosto ha, basandosi sulle medie cinquanta- — 519 — duennali della temperatura media i seguenti valori : dicembre: 2n7 ; agosto: 2 1 °0 ; escursione annua: 18°3. La temperatura di Potenza, in definitiva, sia per quanto riguarda le medie che per le massime e le minime assolute, si discosta nettamente dai valori presentati da zone della stessa Basilicata e sopratutto decisamente si differenzia dalle limitrofe Calabria e Puglia, Per quanto riguarda in generale V influenza che il soprae¬ sposto quadro termico, ha nei riflessi dell' agricoltura locale, si può dire che mancando quasi del tutto le stagioni intermedie (primavera ed autunno) e predominando i venti impetuosi di ponente e di settentrione, Potenza, data anche la sua poveris¬ sima e deficiente struttura dei terreni male, si presta ad una coltura intensiva, sopratutto delle culture orto — frutticole ed in genere arboree, e male si presta anche ad una conveniente e redditizia cultura erbacea. La sua naturale destinazione dovrebbe essere il pascolo delle greggi ed i boschi ricchi e lussureggianti, che purtroppo oggi, per un complesso di cause di cui non credo sia il caso qui di indagare, sono un ricordo dei nostri tempi migliori, quando l'Estero non aveva distrutto quasi del tutto il nostro patrimonio ovino con la concorrenza disastrosa nei nostri riguardi, e la popolazione bisognosa di terre per la naturale, progressiva espansione demografica non aveva ancora distrutto, è il vero caso di dirlo, col ferro e col fuoco alberi e selve, per nuovi e continui dissodamenti ! La pioggia a Potenza nel cinquantaduennio 1879 - 1930. La pioggia, che è uno dei più importanti fattori climatici, deve essere studiata sotto tre aspetti, cioè nella quantità, nella frequenza, e nella sua distribuzione stagionale. Il Millosevich, che è stato uno dei primi e più diligenti rac¬ coglitori dei dati pluviometrici in Italia, fa osservare, che la pioggia nei suoi diversi fattori , dipende dall’ altitudine, dalla latitudine, dall'orientamento del luogo e dalla sua posizione ri¬ spetto ai luoghi vicini, dalla vegetazione e dalle diverse pertur¬ bazioni meteorologiche. — 520 — Ecco le medie annue e stagionale della pioggia a Potenza, come risulta da 52 anni di osservazioni : Quantità in millimetri : 756.9 Media dell’ inverno : 271.3 Media della primavera : 186,4 Media dell’estate: 118.0 Media dell’autunno : 181.2. Per quanto riguarda la distribuzione della pioggia nei diversi mesi dell'anno, dalle osservazioni cinquantaduennali di Potenza, risultano più piovosi i mesi di dicembre (mm. 87.8) e novembre (98.49), mentre quelli più secchi sono i mesi di luglio (mm. 25.9) e agosto (32.8). Rispetto alla frequenza della pioggia nell’anno e nei diversi mesi dell’anno, si hanno, sempre con riferimento ai valori medi cinquantaduennali, i seguenti valori : Frequenza annua (n. giorni piovosi): 96.6 Frequenza inverno : 34.7 Frequenza primavera 27.3 Frequenza estate : 14.7 Frequenza autunno : 19.9. La massima frequenza mensile di giorni piovosi è data dal mese di aprile, con 11 giorni piovosi e da novembre con 10.5 giorni piovosi ; la minima frequenza viene riportata da luglio con 3.7 giorni piovosi e da agosto con 4 giorni piovosi nel mese. Giustamente fa osservare il Roster che la quantità annua della pioggia è l’elemento metereologico più instabile, necessitando perciò, prima di dare un giudizio sul clima di una regione che la durata delle osservazioni sia abbastanza lunga. Tabella I. Pioggie mensili medie cinquantaduennali. Gennaio = 67.9 Luglio = 25.9 Febbraio = 54.2 Agosto = 32.8 Marzo = 61.4 Settembre - 59.3 Aprile = 73.9 Ottobre = 82.8 Maggio = 64.2 Novembre = 98.4 Giugno = 48.3 Dicembre = 87.8 Media annua = mm. 756.9. — 521 Tabella II. Temperature medie delle medie cinquautaduennali 1879 - 1930. Gennaio = 3.5 Luglio - 20.9 Febbraio = 4.3 Agosto = 21.0 Marzo = 6.1 Settembre = 17.7 Aprile = 10.0 Ottobre = 13.1 Maggio = 14.3 Novembre = 8.3 Giugno = 18.2 Dicembre = 2.7 Media annua 11.6 Tabella III. Temperature minime assolute del cinquantaduennio 1879- 1930. Gennaio = -10.2 (1880) Luglio = 6.5 (1898) Febbraio == -16.0 (1929) Agosto = 7.4 (1898) Marzo = - 9.8 (1883) Settembre = 2.6 (1906) Aprile = - 3.6 (1906) Ottobre = - 2.8 (1888) Maggio = - 1.9 (1886) Novembre = - 8.4 (1891) Giugno = 2.5 (1881) Dicembre = -10.0 (1927) Tabella IV. Temperature massime assolute del cinquantaduennio 1879 -1930. Gennaio - - 16.8 (1903) Luglio = 36.0 (1911) Febbraio = 18.0 (1911) Agosto = 37.9 (1922) Marzo = 22.3 (1888) Settembre — 33.9 (1917) Aprile = 26.0 (1929) Ottobre = 31.0 (1930) Maggio = 30.6 (1882) Novembre = 23.3 (1895) Giugno = 35.5 (1879) Dicembre = 18.0 (1910) - 37 — 522 — Ritengo opportuno riportare le pioggie straordinariamente abbondanti cadute in brevi periodi : Nella terza decade del settembre 1929, in un solo giorno, caddero mrn. 149 di pioggia, che venendo giù in forma torren¬ ziale, produssero danni valutati nell’intera provincia a decine di milioni. Nello stesso anno, nel mese d'ottobre, caddero ben 240.5 mm. di pioggia, di cui 187.5 nella terza decade ; ed infine, sempre nel 1929, a novembre si ebbe una precipitazione di 366.6 mm. di pioggia, di cui circa 200 caddero nella prima decade. Anche il 1930, che per Potenza è stato per quanto riguarda il totale delle precipitazioni annue l'anno più piovoso del cinquan- taduennio, si ebbero decadi straordinariamente piovose in ot¬ tobre e novembre. Credo opportuno, se pure trattasi di assioma abbastanza conosciuto, rilevare che ad una data quantità di pioggia non cor¬ risponde un numero proporzionale di giorni piovosi. Così per esempio nell ' anno 1930 si ebbe un totale di precipitazione di mm. 1694.6 e un numero di giorni piovosi nell’anno di 93; mentre nell'anno 1879 con soli mm. 601.7 di precipitazioni an¬ nue si ebbero ben 115 giorni piovosi. Così ancora nel 1891 con 73 giorni piovosi si ebbero soltanto mm. 392.4 di pioggia, mentre del 1924 si ebbero mm. 1194.9 di precipitazioni con soli 72 giorni piovosi. Nei grafici, nella parte superiore sono riportate sull'ordinata la quantità di pioggie mensili ed annuali dei 52 anni in esame ; a tratti continui è pure riportata la media precipitazione mensile ed annuale del cinquantaduennio. L’ esame dei grafici è così evidente, che costituisce il miglior commento a quanto breve¬ mente ho esposto sopra. Nella Tabella 1 ho poi riportato la quantità di pioggia media del periodo 1879-1930. La neve a Potenza è elemento variabile quanto la pioggia. Vi sono state delle annate in cui non si è avuto affatto neve, come nel 1912 e nel 1921 ; e annate in cui si sono avuti oltre 30 giorni di neve. Nel 1883 si è avuta la maggiore quantità di giorni con neve (bene 45 nell’ anno) distribuita nei mesi di gennaio (6 giorni); marzo (12 giorni); aprile (13 giorni); e di¬ cembre (14 giorni). 523 - Il numero medio di giorni con neve nell'anno, secondo ri¬ sulta dalle medie di 52 anni è di 14. Se la pioggia ha una influenza di prim'ordine sul clima, più per la sua distribuzione nelle diverse epoche dell’anno, e per la sua frequenza, che per la sua quantità, lo stesso può dirsi per l’azione che esercita sulle piante. Quando le precipitazioni, pure essendo scarse, vengono di¬ stribuite con una certa uniformità nei diversi mesi, il terreno ha il tempo e il modo di assorbire, senza farsi soverchiamente umido ciò che non è possibile quando le pioggie siano rare, ma ab¬ bondanti, e peggio che mai se cadono sotta forma di nubifragi. La ragione, scrive il Cantoni, che il Nord dell’Europa, chia¬ mato il paese dei pascoli, può fare a meno di irrigazioni, quan¬ tunque la quantità annua di pioggia che vi cade sia assai infe¬ riore a quella che cade in Italia, va cercata appunto nel modo diverso con cui la pioggia si distribuisce, durante l'anno, in queste due regioni. Il regime pluviometrico di Potenza che ho tratteggiato nelle pagine precedenti, come risulta dai dati raccolti nell'Osservatorio “ Emilio Fittipaldi „ nel cinquantaduennio 1879-1930, è, nei con¬ fronti dell'agricoltura, assai irregolare ed incostante, per cui da un anno all’ altro si hanno grandi distacchi nella distribuzione stagionale e mensile della pioggia e nel numero di giorni pio¬ vosi nei singoli mesi deH'anno. Mesi carichi di pioggia, come quelli invernali e primaverili si alternano con interi mesi di siccità nei quali i raccolti ven¬ gono in pochi giorni distrutti perchè al grande secco quasi sempre vi si accompagna il caldo eccessivo. Le condizioni dei terreni, pietrosi e poco profondi, e la grande povertà di mezzi tecnici e capitalistici, che si riflette nella trascuranza delle più elementari sistemazioni delle acque, e nella deficientissima uti¬ lizzazione delle acque sorgive, a scopo d’irrigazione, non fanno che aggravare i danni degli autunni e degli inverni eccessivamente piovosi, e delle estati troppo calde e siccitose. Questo spiega perchè negli uomini della terra esiste un fatalismo meteorico, che è strettamente legato e dipendente dalle condizioni dell’annata. Da un anno all’altro i prodotti possono, — 524 - secondo che l’annata sia stata favorevole o contraria, quintupli¬ carsi, ridursi alla metà o addirittura essere nulli. Una lunga, metodica e sana azione del governo e delle autorità comunali e provinciali, nei suoi riflessi tecnici e sopra¬ tutto finanziari nel senso di alleggerimento tributario, potrà sol¬ tanto dare a queste laboriose e misere popolazioni la fiducia nella inmmancabile rinascita agraria e civile. Il clima del grano a Potenza. 11 frumento, come qualsiasi altra pianta agraria, risponde ad uno stesso valore ambientale in modo diverso e talora anche contrario, a seconda della fase del periodo vegetativo che attra¬ versa e che si considera. Mentre, ad esempio, una precipitazione di 40 mm., nelle due decadi che precedono la spigatura , è in. sufficiente a fare ottenere un raccolto medio, la stessa quantità di pioggia , durante il periodo della maturazione e formazione della granella, è sufficiente a fare ottenere un buon raccolto. Necessita quindi dividere il periodo vegetativo del frumento in vari sottoperiodi, che siano sufficientemente distinti l’uno dal- 1’ altro, e che abbiano delle nette differenze fisio - morfologiche fra di loro. Per ciascuno di questi bisognerà stabilire poi gli equivalenti meteorici delle avversità ambientali , e, possibilmente la perdita che tali avversità apportano al raccolto. Sulla base di questi dati, e con riferimento alla frequenza con la quale si avverano i fe¬ nomeni meteorici avversi in un decennio, si potrà dare un giu¬ dizio sicuro e preciso sul clima di Potenza in rapporto al grano, e nel contempo si sarà impostato su basi vere e scientifiche il problema ecologico del frumento, inteso come il problema del migliore adattamento delle varietà al clima di Potenza, agli effetti del rendimento massimo con le esigenze economiche dell’impresa agraria. L'ecologia agraria, partendo da concetti semplici e fonda- mentali, e utilizzando materiali grossolani e di facile inventario, arriva ad una possibilità di soluzione del problema del migliore adattamento delle piante al clima, superando il punto morto, cui la così detta meteorologia agraria era giunta, col portare la ma- — 525 — tematica (formule e coefficienti di correlazione) in un campo esclusivamente biologico. Valendomi delle conoscenze già acquisite per il frumento, sopratutto in seguito ai lunghi e seri studi condotti da Azzi a Perugia, e dopo aver proceduto allo studio delle condizioni am¬ bientali in rapporto allo sviluppo e al rendimento del frumento, voglio tentare una valutazione del clima di Potenza in relazione all'impresa agraria. Il periodo vegetativo del frumento si può dividere nei se¬ guenti quattro sottoperiodi : 1° dalla semina all'inizio dell’accestimento (periodo autunno¬ invernale) ; 2° dall'inizio alla fine dell’accestiinento (inverno); 3° spigatura (periodo primaverile) ; 4° maturazione e raccolto (periodo estivo). Primo sottoperiodo. — Il primo sottoperiodo che a Potenza comprende i mesi di novembre, dicembre, gennaio e febbraio, va dalla semina all’inizio dell’accestimento. Devo far rilevare che per gli studi di ecologia agraria è in¬ dispensabile la conoscenza della data media di una determinata fase (semina, accestimento, spigatura ecc.) ; occorre cioè il rilievo fenoscopico. Ogni operazione bio-culturale che miri al migliore adatta¬ mento delle piante al clima, si deve basare sulla fenologia. Così ad esempio, è risaputa la decisiva influenza che esercitano sul raccolto, le pioggie primaverili che precedono la spigatura del frumento (periodo critico). Se, infatti, nelle due decadi che pre¬ cedono la detta fase, il terreno non ha quella minima quantità d'umidità che è indispensabile per i normali processi di organi- cazione della pianta, il raccolto del frumento rimane inevitabil¬ mente compromesso, qual sia stato 1’ andamento della stagione prima e dopo la spigatura. Orbene il conoscere la data media di una determinata fase (la spigatura ad es.) , può portare a delle utili e pratiche conseguenze. Così , in una località che sia fre¬ quentemente colpita dalla siccità all’epoca della spigatura, si potrà sulla base della conoscenza di questa, sfuggire agli effetti letali — 526 — del secco, o anticipando la semina in autunno, o scegliendo delle varietà di grano precoci, o ricorrendo infine a tutte quelle pratiche culturali che servono a far diminuire l’evaporazione dal terreno e la traspirazione dalle piante. Prima e dopo la semina, possono riuscire dannosi sia gli eccessi che le deficienze di pioggia. Gli eccessi impediscono, avanti la semina, la buona prepa¬ razione del terreno, specialmente nelle località mal sistemate e franose. Dopo la semina le pioggie eccessive portano diretta- mente all’asfissia delle piantine appena germogliate e indiretta¬ mente facilitano il dilavamento del terreno e l’ allagamento di molti seminati. La siccità avanfi la semina la fa ritardare di molto, e, a semina avvenuta, può fare arrestare lo sviluppo delle radici, pre¬ disponendole alle altre avversità ambientali che si verificheranno negli altri sottoperiodi. A Potenza, nel cinquantadueunio in esame, non si hanno a lamentare nè eccessi nè deficienze per la pioggia , almeno per quanto riguarda danni diretti, mentre che per quanto riguarda influenza indiretta, che si esplica attraverso la cattiva sistemazione ed il conseguente allagamento dei terreni, varie volte nel corso delle annate si hanno a lamentare danni. Secondo sottoperiodo. — Le gelate eccessive, in questo sottoperiodo si possono rendere dannose , specialmente se ad esse non vi si accompagna una sufficiente caduta di neve. Alle volte quando i geli sono forti, e quando lo sviluppo delle piantine di frumento è avanzato, si arriva alla distruzione totale dei seminati, con conseguente nuova semina da effettuare. Tali danni, però nel complesso, non sono valutabili nell' effetto che producono sul rendimento del grano, giacché o l’effetto del gelo è totale ed allora occorrerà ripetere le semine ; o, viceversa il danno è parziale e si limita a delle bruciature della vegetazione autunnale, che, in primavera viene sostituita dalla nuova vegeta¬ zione, senza che il prodotto finale ne abbia a risentire alcun danno. — 527 — Terzo sottoperiodo. — Nel delicato periodo che va dalla ripresa vegetativa a primavera alla spigatura effettuata, si possono lamentare danni per eccessi o per deficienza di pioggia. A Potenza si verificano soltanto i secondi. La siccità primaverile, alla spigatura, è, senza alcun dubbio, la forma di siccità la più dannosa come quella che coincide con il periodo critico del frumento rispetto aH’umidità. Per periodo critico rispetto ad un certo fattore o fenomeno si deve intendere quell'intervallo relativamente breve del periodo vegetativo, durante il quale la pianta presenta la massima sensi¬ bilità verso quel certo fattore, per modo che le oscillazioni del valore ambientale si riflettono in misura ben evidente sul rac¬ colto, determinando le maggiori oscillazioni del rendimento in rapporto al detto fattore (Azzi). La fase della spigatura divide nettamente il periodo vegeta¬ tivo del grano in due parti. Dalla semina alla spigatura la pianta necessita a più riprese (per nascere, per accestire, per gettare la spiga) di quantità notevoli di acqua , e le deficienze di umidità si riflettono invariabilmente in maggiore o minore misura sul raccolto. Durante la granigione (della spigatura alla mietitura), invece, un quantitativo anche limitato di precipitazioni può riuscire dannoso (allettamento , ruggine , aborto fiorale) : la pianta teme allora più gli eccessi che non le deficienze di pioggia. 11 voler pertanto stabilire un rapporto tra le precipitazioni durante l'intero periodo vegetativo ed il rendimento, confondendo così i valori positivi con i valori negativi, porterebbe a conclu¬ sioni giuste solo in località nelle quali le pioggie stesse fossero limitate all’uno o all'altro segmento del periodo vegetativo. Riporto i dati delle precipitazioni totali di quattro anni a raccolto elevato (quintali 12 o 13 per Ha.), quattro anni a raccolto deficiente (quintali 5 o 6 per Ha.) e quattro anni a raccolto medio (quintali 8 o 9 per Ha.). Le precipitazioni riguardano i mesi di novembre e dicembre dell'anno precedente e il primo semestre dell’ anno del raccolto in esame. — 528 — Precipit. totali m m . Raccolti scarsi Raccolti buoni Raccolti medi 1910 475.6 q. li 893.000 (5.6 p. Ha) — — 1914 497.4 800.000 (5.1 p. Ha) — — 1916 558.8 862.000 (5.9 p. Ha) — — 1920 369.7 852.006 (6.0 p. Ha) — — 1921 980.5 — — q.li 1.188.000 (8.1 p. Ha) 1924 822.6 — — 1.115.000 (7.4 p. Ha) 1927 645.1 — — 1.202.000 (6.9 p. Ha) 1917 765.0 — — 1.163.000 (9.7 p. Ha) 1918 336.0 — q.li 1.676.000 (15 1 p. Ha) — 1923 612.6 — 1.510.000 (10.1 p. Ha) — 1925 714.6 — 1.886.000 (12.3 p. Ha) — 1926 630.4 Come si rileva dalla 1.950.000 (12.1 Tabella riportata si p. Ha) — ebbero raccolti scarsi con 369 e con 558 millimetri di pioggia totale ; mentre si ebbero raccolti ottimi con 336 e con 612 millimetri di pioggia totale. Non è dunque la quantità di pioggia totale che influisce sul raccolto, ma è la sua distribuzione nei diversi sottoperiodi di vegetazione. Se analizziamo con dettaglio i rapporti esistenti fra le pre¬ cipitazioni nei singoli sottoperiodi e il raccolto, vedremo subito l’ importanza delle pioggie primaverili , prima della spigatura. Questa a Potenza avviene generalmente nella prima metà di giugno. Vedremo pure 1’ azione indifferente della pioggia negli altri sottoperiodi, agli effetti del rendimento. Raccolti buoni Raccolti medi Racc. deficienti Sottope¬ min. mm. mm. riodo 87 e 154.3 289.9 e 371.7 162.8 e 133.6 lc 180.0 e 380.1 255.7 e 375.0 296.0 e 187.8 2° 69 e 168 68 e 56 24.5 e 32.9 3° 51.4 e 17.5 53.5 e 15.1 9.0 e 91.0 4° Risulta evidente che soltanto nel terzo sottoperiodo, nel mese di giugno , una precipitazione inferiore ai 50 millimetri di pioggia si fa risentire negativamente agli effetti del raccolto qua- — 529 — lunque sia stato l’andamento della stagione prima e dopo questo sottoperiodo. A Potenza la siccità primaverile prima della spigatura , av¬ viene ben 27 anni su 52, con una frequenza del 52 c/0 , frequenza che è una delle più elevate fra tutte le città italiane. L’ equiva¬ lente meteorologico della siccità si può stabilire intorno ai qua¬ ranta millimetri mensili. La perdita del raccolto imputabile alla siccità primaverile va dai due quinti ai due terzi del prodotto medio normale, e oltre che dalla quantità di pioggia che cade nelle due decadi avanti la spigatura è regolata anche dalla temperatura più o meno ele¬ vata nel mese di giugno e in quello di luglio. Sembra a prima vista strano e quasi inspiegabile che una stazione come Potenza, in cui si ha una quantità annuale di pioggia notevole, ed in cui il mese più piovoso è quello di aprile, che nella vicina Puglia è invece uno dei più siccitosi, si debbano lamentare danni così frequenti e così rilevanti per la siccità al¬ l'epoca della spigatura. In realtà il fenomeno è molto più sem¬ plice e molto più logico di quello che potrebbe risultare ad una prima indagine superficiale : le temperature fredde di marzo, aprile e maggio (Potenza è l’unica città italiana che in maggio ha presentato dei valori negativi nella sua temperatura ! ) fanno ritardare la spigatura a giugno inoltrato , quando generalmente la stagione tutto d’un colpo diventa calda e secca, e io spirare dei venti caldi e impetuosi di ponente e di mezzogiorno non fa che precipitare tutte le fasi delicate del frumento in poco più di un mese. Quarto sotto periodo. — Comprende il periodo della formazione e maturazione delle cariossidi. A Potenza nor¬ malmente si svolge in luglio. Fra i fenomeni che più danneggiano il grano in questo in¬ tervallo di tempo è da ricordare la così detta stretta. Sono i venti aridi e caldi del Sud quelli che portano, in¬ sieme alle temperature elevate, il fenomeno della stretta, la quale può rendersi dannosa in due momenti : 1° all’epoca della fioritura: i processi di fecondazione e di allegamento ne risultano seriamente compromessi. Così nel - 530 1920, in tutta Italia, i forti ed anormali calori al principio di maggio, determinarono larghe fallanze ; 2° durante la granigione : la maturazione viene precipitata e le granella ne risultano striminzite e leggiere. L’equivalente termico della stretta sarebbe dato da 30 gradi aH’allegamento e 32 gradi alla granigione, naturalmente accom¬ pagnati da venti aridi e forti. Quando la temperatura sia molto elevata, l'atmosfera asciutta e percorsa da forti correnti, la stretta può verificarsi anche in terreni abbastanza umidi ; cosi avviene nell’Italia settentrionale e cosi avviene anche a Potenza, ove la stretta può verificarsi, seb¬ bene assai raramente, dopo periodi di pioggie eccessive che hanno determinato i'allettamento. Viceversa, una temperatura bassa durante la granigione, può operare miracoli e condurre ad un buon raccolto anche dopo una primavera relativamente siccitosa. È alle basse temperature di giugno che si deve attribuire il buon raccolto dal 1923. Si tratta però — è bene precisarlo — di un caso eccezionale : siccità e stretta sogliono distruggere i raccolti in maniera irreparabile! La stretta di caldo a Potenza si fa sentire sia al piano che nelle località superanti i mille metri (Montocchio) dove appunto il ritardo della vegetazione porta ad una maggiore percentuale di frequenza dell’avversità in parola. La frequenza della stretta all’ allegamento è del 32 °/0 (17 anni ne! cinquantaduennio in esame) ; la frequenza, invece della stretta alla granigione è del 53 °/„ (28 anni su 52) ed è vera¬ mente impressionante ! Siccità e stretta sono dunque i fenomeni meteorici più dan¬ nosi al frumento ; siccità primaverile prima della spigatura e stretta di caldo all’ epoca dell’ allegamento e della granigione. Siccità e stretta, che esplicandosi in un ambiente ove la terra è povera, l'agricoltore è privo di capitali, la tecnica è ancora da studiare e da propagandare, portano ai nefasti dolorosi e racca¬ priccianti della produzione delle due tre sementi. La granicoltura a Potenza non può essere trascurata , data l'importanza preponderante che ha fra le varie culture (i semina¬ tivi a frumento occupano oltre la metà dei seminativi) e dato l’attuale ordinamento della produzione e della proprietà. Occorre,. — 531 — però, che essa si perfezioni e, sopratutto ritrovi nelle sue razze disperse, non esclusi i frumenti turgidi o semiduri, le possibilità di dare un prodotto più remunerativo nelle annate buone e un prodotto che almeno compensi delle spese nelle annate più sfa¬ vorevoli ; occorre che si addivenga alle più elementari sistema¬ zioni del terreno, da cui dipendono, col regolare scolo delle acque invernali, i buoni seminati sui quali i concimi chimici possono e devono esplicare tutta la loro azione positiva ; occorre in definitiva, tecnica oculata e parsimoniosa e sopratutto libera¬ zione dal gravame fiscale che non permette aU'agricoltore di de¬ dicare i suoi magri risparmi oggi inesistenti — alla terra ! Quadro ecologico della patata, delle foraggere leguminose, del mais, della vite e dell'olivo a Potenza. Data la scarsezza e la generalità dei dati statistici raccolti finora e che purtroppo ancora si seguitano a raccogliere dal¬ l’Istituto di Statistica, ai fini del presente studio, non può ve¬ nire utilizzato nessun materiale e allora ho ritenuto più oppor¬ tuno limitarmi a prospettare quali sono le condizioni ambientali di Potenza in rapporto alle sopradette principali culture agrarie. Premetterò, a maggior intendimento del lettore , i risultati conseguiti da un gruppo di studiosi che hanno sperimentato col metodo ecologico sul mais , sulle foraggere , sulla patata, sulla vite e sull'olivo. Esposto così a linee sintetiche e generali i tratti più salienti dell’ecologia delle dette piante, farò un ra¬ pido raffronto con le disponibilità ambientali di Potenza. Patata. — Il periodo vegetativo della patata si divide nei seguenti sottoperiodi : 1° sottoperiodo: dalla semina alla fuoruscita delle piantine dal terreno ; per Potenza questo sottoperiodo va dalla fine di marzo alla fine di aprile compreso ; 2° sottoperiodo : dalla fuoruscita delle piantine dal terreno all’inizio della formazione dei tuberi ; per Potenza la durata è data dalle tre decadi di maggio e dalla prima decade di giugno ; 3° sottoperiodo : dall' inizio della formazione dei tuberi alla fioritura ; comprende la seconda e terza decade di giugno ; — 532 4° sottoperiodo: dalla fioritura alla maturazione dei frutti; comprende i mesi di luglio, agosto e prima decade di settembre. I risultati di quattro anni di sperimentazione da me con¬ dotta sulla patata, a Perugia prima, e a Portici e a Montecor¬ vino Rovella poi, con 4 varietà di patata , mi permettono di costruire la seguente Tabella con riferimento alle patate Biancona, Riccia, Indigena d'Acerno, Indigena deH'Umbria. 1° sottoper. 2° sottoper. 3° sottoper, . . . .... ì deficiente Umidita i — O o O 7°/0 terreno / °^,ma ' eccessiva 15°0 to o o o 15% — 30 °/0 — n. . i deficiente Pioggia \ — — 40 mm. mensile / ottima — — — eccessiva — — — -T. i deficiente Temper. \ terreno / ottima eccessiva 8°C. 12°C. — 10°C. 1 5°C. 15°C. — — 20 C. 4° sottoper. 15°/ O 30 % 90 mm. 18°C. Nel primo sottoperiodo è la temperatura che esplica un’ a- zione decisiva sul raccolto, raccolto che può venir compromesso quando la temperatura del terreno si mantiene al di sotto 8°C., intralciando la germinazione e la nascita delle piantine. Nel terzo sottoperiodo, invece il fattore dominante è dato rfall’umidità per la quale si delinea un vero e proprio periodo critico. Se infatti nelle due decadi che precedono la fioritura, si ha una precipitazione inferiore ai 40 mm. di pioggia, il raccolto resta inevitabilmente compromesso, qualsiasi sia stato l’anda¬ mento della stagione prima e dopo questo periodo. Nel quarto sottoperiodo è l'eccesso di umidità nel terreno, che è sfavorevole, specie se vi si accompagnano temperature elevate, perchè tali fattori portano alla germogliazione dei tuberi neoformati, con evidente e manifesto danno della quantità, ma, sopratutto della qualità del prodotto. Da un esame attento ed accurato di quelle che sono le di¬ sponibilità termo idriche di Potenza in rapporto al periodo ve- ge tativo della patata, ho tratto le seguenti deduzioni : — 533 — 1° Le deficienze termiche nel primo sottoperiodo a Po¬ tenza si verificano nel cinquantaduennio in esame quattro anni su 52 con una frequenza del 7.5 70. 2° La siccità nel terzo sottoperiodo prima della fioritura si verifica ben 38 anni su 52 con una frequenza impressionante del 73 7 „! 3° Gli eccessi di pioggia nell’ultimo sottoperiodo che por¬ tano alla cosidetta articolazione dei tuberi , avvengono tre anni appena su 52, il che significa una frequenza poco notevole del 5.5 7 0. Nel complesso, e in definitiva, il clima di Potenza risulta decisamente contrario e sfavorevole a una cultura proficua e redditizia delle patate. Queste, infatti, vengono coltivate esclusi¬ vamente per uso familiare , nelle cosidette maggesi di patate, granturco e cavoli. Spesse volte, gli agricoltori non riescono a raccogliere neppure la quantità di tuberi che hanno messa nel terreno. Foraggere. — Riporto da un mio lavoro sulla lupinella a due tagli nel territorio di Perugia, le principali conclusioni, essendo oramai accertato che la lupinella comune a Potenza va bene, e, potendosi, come rileverò fra poco, contare su un clima favorevole per la lupinella agli effetti di una maggiore pro¬ duttività. La lupinella a due tagli nei riguardi dell’ambiente esige : a) una umidità rilevante nel primo sottoperiodo (mm. 120 mensili di pioggia) che vada costantemente riducendosi nei sot¬ toperiodi successivi : mm. 90 nel 2° e mm. 73 nel terzo sotto¬ periodo ; b) una temperatura media di 12° C all'epoca della semina e della nascita delle piantine, che non scenda al di sotto di 3°. 5, neH’inverno, per risalire poi a 10° circa in primavera, e mante¬ nersi intorno a 20-22° C nel quarto sottoperiodo. Ecco la tabella degli equivalenti meteorici corrispondenti da eccessi e deficienze di pioggia e di temperatura : — 534 — 1° sottoperiodo 2° sottoper. 3° sottoper. Ottobre-Nov. Dicem. -Marzo Aprile-Maggio Pioggia eccessiva 140 195 177 in min. ( ottima 120 90 73 Temper. \ media j eccessiva _ _ 16°C. ottima !2°C. 5°C. 9°6C. \ deficiente 10°C. 3°3C. 7°8C. In base alla 'labella di cui sopra e tenendo presente che il periodo vegetativo della lupinella a Potenza si può dividere presso a poco come quello di Perugia, ho potuto constatare che nei riguardi della lupinella il clima di Potenza è decisamente favorevole, avendosi a lamentare siccità primaverili nel terzo sottoperiodo 7 anni su 52, con una frequenza del 13°/0 e defi¬ cienze termiche nel secondo sottoperiodo , durante l’ inverno 6 anni su 52, con una frequenza del 12 °/0. Ritengo pertanto opportuno, nel concludere per quanto ri¬ guarda la lupinella a Potenza, riportare quello che scrissi a Pe¬ rugia per la lupinella a due tagli. " Data la debole influenza delle avversità ambientali , agli effetti del rendimento in fieno della lupinella a due tagli, si può ritenere che, nel binomio produttività-resistenza , il fattore pro¬ duttività, a Perugia, può essere esaltato al massimo, con oppor¬ tuni accorgimenli tecnici e con la selezione oppure con la in¬ troduzione di varietà esigenti ed altamente produttive. Per Po¬ tenza c’è innanzi tutto da importare la varietà a due tagli che è più produttiva La mancanza assoluta di dati statistici seri e precisi sul mais, sulla vite e sull’olivo, non mi permette di poter dare un giudizio preciso e fondato sul clima di Potenza in rapporto alle culture sopra citate. Devo per altro far rilevare che l'olivo a Potenza ha importanza ridottissima, essendo coltivato nelle lo¬ calità più riparate a puro scopo familiare ; la vite viene coltivata pure a solo scopo di produzione familiare e, dopo la distruzione della fillossera, occupa un’area di poche centinaia di ettari. 11 mais invece ha la sua notevole importanza come coltura da rin¬ novo ed occupa un terzo dei seminativi di Potenza. — 535 — Per quanto riguarda il clima di Potenza, rispetto al mais, anche senza poter formulare dei giudizi precisi, dalle mie prime indagini, risulta in maniera chiara e decisa che è assolutamente contrario e negativo agli effetti non di una elevata produzione di granturco, ma di una produzione costante e relativamente redditiva. Otto anni su 10 mi confermano gli agricoltori di Po¬ tenza, il raccolto del mais è compromesso dalla siccità di luglio e di agosto. In queste condizioni, che mi riprometto di appro¬ fondire quanto prima, il mais dovrebbe essere escluso dal rin¬ novo. Si spiega l’ostinazione del contadino a coltivare il gran¬ turco per i suoi bisogni e le sue necessità familiari , sopratutto per quanto riguarda l’allevamento dei suini. Occorre, però, che i tecnici facciano sostituire, ove è possibile , al mais un’ altra cultura da rinnovo più remunerativa (pisello, fava, foraggere). Col lavoro che oggi completo ho inteso portare un contri¬ buto generale airimpostazione del problema della conoscenza del clima in funzione e in rapporto all’agricoltura locale. Detti contributi bisogna che si moltiplichino se si vuole che la tecnica e l’economia agraria siano basate solidamente sulla realtà del più efficiente tra i fattori della produzione, l’andamento meteorico dell'annata. Riassunto Utilizzando ed elaborando dati completamente inediti, nella prima parte del lavoro si tratta del clima di Potenza da un punto di vista meteorologico. Nella seconda parte si sono messi in rapporto i dati di produzione delle culture maggiormente praticate nella regione, con i dati meteorici del cinquantaduennio 1879-1930, traendone delle interessantissime conclusioni dal punto di vista agrario. BIBLIOGRAFIA 1928. AZZI G. — Ecologia agraria. U. T. E. T. Torino, 1929. Franciosa, L. — Il frumento. S. N. F. T. A. Roma. — ROSTER, — Climatologia dell' Italia. — De LORENZO, G. — Geologia e geografia fisica dell' Italia Meridionale. Bari. 1927. VlGGIANI, G. — Il clima del grano in Basilicata. Potenza. 1926. — — Influenza di alcuni fattori meteorologici sulla lupi¬ nella. Casalmonferrato. 1921. — — Influenza di alcuni fattori meteorologici sul trifoglio pratense. Roma. 1927. — — Influenza di alcuni fattori meteorologici delle forag¬ gere leguminose. Firenze. 1929. — — L’ecologia nei suoi rapporti con l'agraria. Piacenza. 1930. — — Lezioni di ecologia agraria. Portici. 1929. — — Influenza della temperatura e della pioggia sulla patata. Portici. Annuari statistici Italiani. Compendio di statistica. Bollettino di statistica agraria del Mhiistero dell' Agricoltura. « L' Italia agricola » 1900-1930. Finito di stampare il 16 marzo 1932. Alcune osservazioni sulle “Ventarole o Capi di Vento „ del socio Ing. Placido Ruggiero (Tornata del 1° agosto 1931) Ho avuto occasione, per ragioni di Ufficio, di occuparmi di alcune segnalazioni fatte da Comuni o da privati , su presunte scoverte di acque sotterranee che sarebbero state udite scorrere abbondantemente solo con l’appoggiare l'orecchio a crepacci e fenditure nelle rocce. Nei sopraluoghi eseguiti ci si è trovati invece soltanto in presenza del fenomeno noto sotto il nome di “Ventarole, o Capi di vento, o Fontane d’aria „ in cui invero il rumore caratteristico che la corrente gassosa o di aria, talvolta velocissima , produce attraverso gli orifizi nei quali si manifesta, suscita spesso in co¬ loro che hanno occasione di ascoltarlo, specie se profani, la sug¬ gestiva illusione dello scorrere, anzi del ruscellare di acqua nelle visceri della montagna. Il fenomeno noto già da tempo e forse molto più diffuso di quanto non si creda, ci risulta però pochissimo studiato, come può desumersi dalla scarsa bibliografia esistente e dalla man¬ canza assoluta di ricerche sistematiche e precise. Debbo alla cortesia del notissimo e eh. tuo Prof. Giovanni Platania la segnalazione di due pregevoli memorie pubblicate da G. B. De Gasperi ') dalle quali rilevansi parecchie notizie in Ù De Gasperi, G. B. — Gli spostamenti d'aria nelle grotte. Mondo sot¬ terraneo, anno IX, N. 4 e 5, settembre-novembre 1913. Id. id. Grotte e voragini del Friuli (Gap. V) pubblicata in Memorie Geografiche di Giotto Dainelli (Materiali per lo studio dei fenomeni Carsici) N. 30 dell’anno 1916, Firenze. - 38 - — 538 — proposito, e che sono le uniche, per quanto mi risulti, che trat¬ tano in maniera particolare di questo argomento. Notizie sporadiche e qualche ipotesi, si leggono inserite in alcune trattazioni di geologia, e specie di speleologia o di idro¬ logia sotterranea; ma trattasi in genere di cenni e di segnalazioni a carattere piuttosto descrittivo di curiosità naturali. Rimandiamo il lettore alla bibliografia riportata dallo stesso De Gasperi, nella precitata memoria: Grotte e voragini del Friuli, Cap. V. * * Le correnti di aria conosciute coi nomi di Ventarole, Capi divento, Fontane d'aria, Trous soufflants, Trous - qui - fument, Wind-holes, Wind- locher..., che si manifestano in cavità sotter¬ ranee o attraverso a crepacci e fenditure della roccia, com’é noto, possono attribuirsi a tre ordini di cause diverse, e cioè : squilibri di temperatura, squilibri di pressione barometrica, trascinamento meccanico di aria prodotta da correnti idriche. Nei primi due casi trattasi dello spostamento di notevoli volumi di aria verso località in cui si verificano, comunque de¬ pressioni barometriche o aumenti di temperatura, e questi spo¬ stamenti o determinano correnti attraverso camminamenti sotter¬ ranei in massicci montuosi con orifici situati a diversa quota e in posizione diversa, oppure, nelle grandi cavità sotterranee, l’aria si comprime o si sprigiona al variare delle condizioni meteoriche esterne, attraversando una o più aperture variamente estese ed ubicate. Nel terzo caso, invece, l’aria viene aspirata come in un eiet¬ tore, da una corrente d’acqua che ruscella cadendo con notevole velocità attraverso camini più o meno ampi e diversamente ubi¬ cati e conformati, in maniera tale però che verso il loro inizio si verifichi l’aspirazione dell’aria che poi si sprigiona o si accumula più innanzi. Si stabiliscono così correnti di aria ispirata dalle cavità antistanti a quella in cui si verifica il getto di acqua, ed emissione di aria dalle cavità susseguenti. Noi pensiamo ancora ad una quarta maniera in cui il feno¬ meno possa determinarsi, specie per le emissioni, osservando che aria può svolgersi da molta acqua quando mutino, per sbattimento, — 539 — per diminuzione di pressione, per aumento di temperatura ecc., le condizioni che ve la mantenevano disciolta. Naturalmente escludiamo a priori dalla presente relazione le manifestazioni dovute ad insaccamenti di aria sospinta da venti in località dalle quali, attraverso camini sotterranei, essa viene sospinta altrove, in quanto esse sono facilmente riconoscibili dalla mancanza di qualsiasi continuità o periodicità ed hanno caratteristiche di caotica accidentalità connessa alla maniera dello spirare dei venti. Del pari escludiamo tutte quelle altre emissioni aereo-gassose notoriamente dovute a solfatare, emissione di anidride carbonica, gas di paludi ecc. Le cause che producono le " Ventarole „ e la maniera in cui queste si manifestano, mentre sembrerebbero facilmente con¬ nettibili, possono non esserlo in pratica per la concomitanza delle varie cause e pel sovrapporsi degli effetti, spesso con sfa¬ samenti nel verificarsi delle cause stesse, agenti anche con intensità diverse, ed i cui effetti possono manifestarsi con periodi e durate proprie e conseguenti a condizioni diverse. Così, mentre in alcuni casi le manifestazioni sono molto evidenti e collegate a cause chiaramente desumibili (rimandiamo agli esempi riportati nella bibliografia citata) nelle località nelle quali abbiamo avuto occasione di osservare il fenomeno, abbiamo avuto motivo di rimanere talvolta perplessi. Infatti se pur trat¬ tasi di correnti di sola aria attraverso piccole fenditure e crepacci di rocce in massicci calcarei o fra lave vulcaniche ed aventi di¬ rezione e intensità variabili nel tempo (giornate, stagioni) con le condizioni meteoriche esterne, per alcuni ritmi, per l’umidità trascinata e per altri indizi geofisici, si è indotti a pensare che esista anche una eventuale colleganza con la idrologia sotterranea della regione. Oltre che per corrispondere ai quesiti postimi dalle Autorità Superiori sulla esistenza o meno delle correnti sotterranee denun¬ ciate dagli interessati e che rappresentano talvolta un’assillante lusinga dell’ aspettativa di intere popolazioni sitibonde , mi è sembrato interessante lo studiare il fenomeno un po’ più da vicino per cercare di indurre, dalle caratteristiche con cui av¬ viene la manifestazione esterna, le eventuali correlazioni con le — 540 — cause e specialmente con quella inerente alle correnti idriche sot¬ terranee. Le località nelle quali ho avuto occasione di fare osserva¬ zioni sono le seguenti: 1) il vallone Brunelli nella falda orientale del Vesuvio sotto l’Osservatorio ed a monte della stazione S. Vito della funicolare ; 2) la grotta di S. Antonio nella pendice calcarea a tergo di Sarno ; 3) le pendici di Monte S. Angelo sopra la sorgente di S. Maria La Foce in Sarno ; 4) Castello di Palma a Palma Campania ; 5) Casamarciano presso Nola di Napoli. Inoltre, dal Sig. Domenico Maselli, solerte osservatore me¬ teorico in Atina (Frosinone) , ho fatto eseguire osservazioni ad una manifestazione simile in una località nei pressi di quella città. In ognuna delle dette località ho eseguito e fatto eseguire in varie epoche e con diverse durate, osservazioni e misure della pressione barometrica nella località, della temperatura ed umidità dell’aria esterna e dell’aria fuoriuscente, nonché della velocità delle correnti fuoriuscenti o rientranti dagli orifici opportunamente circoscritti per lo scopo. Per le varie misure furono adoperati strumenti meteorologici verificati ; la velocità è stata rilevata applicando sull’orificio, con opportuno tamponamento, un imbuto alla cui estremità l’aria convogliata passava attraverso una sezione costante dove era applicato un anemometro a contatore. I risultati delle osservazioni sono riportati qui di seguito, o compendiati in tabelle o tradotti in diagrammi nei quali pren¬ dendo per ascisse i tempi, si sono riportati sulle ordinate cor¬ rispondenti i valori della temperatura, della pressione, della velo¬ cità osservati in quell’istante od in quell’intervallo. Allo scopo, poi, di rilevare, anche se per brevi periodi ma in maniera continua nel tempo, l’andamento della velocità di efflusso o di rientrata, ho fatto costruire un registratore nel quale ad una ventola esposta alla corrente d’aria (con la frenatura di due molle antagoniste) era collegata una penna scrivente su una striscia di carta svolta con velocità uniforme e regolabile da mo¬ vimento di orologeria. — 541 Nella Fig. 1 mostriamo il tipo di alcune delle curve così rilevate , ponendo per esigenze tipografiche uno sotto 1' altro i tratti di curva originariamente rilevati invece sulla striscia continua. Sulle striscie complete sono visibili in maniera molto appariscente ritmi oscillatori e variazioni periodiche costanti e variabili. Le osservazioni eseguite sono ad oggi troppo poche e poco dimostrative per consentirci delle conclusioni controllate e defi¬ nitive. Mi riservo di farne in apposito lavoro successivo e quando avrò potuto raccogliere e far raccogliere osservazioni più copiose ed efficaci. Nella presente memoria mi limiterò a dare, intanto, resoconto dei risultati ottenuti, allo scopo precipuo di indicare lo scopo prefissomi, per richiamare l'attenzione degli studiosi sui risultati conseguiti, e procurarmi utili segnalazioni e consigli di quanti vorranno compiacersi darmene. — 542 — 1) Osservazioni al Vallone Brunelli alle falde del Vesuvio. Furono eseguite: il 22 agosto 1926 da me in compagnia dei miei collaboratori Ingg. Iesu Antonio e Bilotta Raffaele, Sig. Ravallese Amleto ; il 10 giugno 1927 da me con la cortese e preziosa collaborazione del Ch.mo Prof. Platania G. ed in compagnia degli Ingg. R. Bilotta, V. De Riso e del Tecnico specialista Sig. A. Bilotta; ed il giorno 21-12-1927 dal Ch.mo Prof. Platania in compagnia degli Ingg. R. Bilotta, V. De Rìso e del Sig. Anseimo Bilotta. La manifestazione si verifica nel fondo del vallone Brunelli da fenditure di una colata lavica a quota 260 metri circa s. m. Nei primi due sopraluoghi la velocità della corrente fu crescente dalle prime ore del mattino verso quelle più calde della giornata per decrescere poi nel pomeriggio. L’aria, priva di altri gas in quantità apprezzabile, fuoriusciva dai forami con umidità al 100 0jo mentre l’aria ambiente era con umidità normale. Nella visita eseguita nell’inverno 1927 l’aria, invece, veniva aspirata fortemente nelle fenditure e quindi non si sono potute misurare che la temperatura, l'umidità e la pressione barometrica esterna e la velocità della corrente. L’esperimento non si potè proseguire nelle ore della notte, come sarebbe stato desiderio, poiché non ci si era potuti preparare e fu impossibile rimanere allo scoverto nella nottata umida e senza provvigioni. Nel prospetto I sono compendiati alquanti risultati delle tre osservazioni. — 543 — Prospetto I. Ventarola di Vallone Brunelli a S. Vito di Pugliano. 03 ^ C J c ‘Z Temperatura nedìa rrente OD c .2 Data Orario .2 c n _g misec. •— ai e*J 3 2 0 § a 0 * 22-VIII-l 926 10.12 a 10 17 10 42 a 10.48 752.6 26°0 10°0 uscente 6.0 6 3 Ottima 11 42 a 11.45 752 0 26°5 9°5 7.0 10-VI- 1927 9.58 a 9.60 748 5 22"7 10°5 5.4 Ottima 10.6 a 109 6.1 10.11 a 10.14 V 6 6 10.25 a 10 26 748.6 22°5 10°5 c 6 5 OJ 11.30 748.7 22°9 <•> C/D 3 13.20 748 6 23°0 13 56 a 13 59 748.4 24o3 909 9.1 16.33 a 16.35 9.6 17.1 747.5 25°5 10°0 10.3 1 2 - XII- 1927 10.20 a 10.24 2° 2 12.10 Ottima es 11 35 a 11 38 2° 8 — E .2 10.40 12 25 a 12 28 4° 5 — 8.30 — 544 — 2) Grotta di S. Antonio sopra Sarno. La manifestazione alla grotta S. Antonio si verifica a quota 900 circa s. m. in fondo al pavimento a destra di chi entra in una piccola galleria artificiale, lunga circa 10 metri, e scavata da privati nella località S. Antuono a monte di Sarno, laddove l'aria fuoriuscente da un crepaccio in fondo alla vailetta omonima, aveva fatto sorgere la speranza di rintracciarvi dell’acqua. Furono eseguiti diversi sopraluoghi; l’uno l’8 maggio 1925 dal mio collaboratore Sig. Ravallese Amleto , altro da me in sua compagnia il 10 luglio 1925 ed altro dall'Ing. R. Bilotta il 27 -5- 1926. La corrente riscontrata sempre fuoriuscente era a temperatura che, se anche non misurata, appariva certamente molto più bassa di quella dell’aria esterna ; nel 3° sopraluogo verso le ore 11 la velocità era però pochissimo sensibile. L'aria esterna era stata in tutte e tre le visite sempre tranquilla. 3) Ventarola di Monte S. Angelo a S. Maria La Foce di Sarno. La manifestazione di M. S. Angelo a monte della sorgente S. Maria La Foce in Sarno trovasi a circa 200 metri sul mare {170 m. sulle sorgenti) nella pendice calcarea ; fu trovata dall’Ing. Bilotta verso il maggio 1928 di aria fuoriuscente da un crepaccio nella roccia, mentre in una seconda visita il 5 giugno 1931 la corrente era rientrante. Non si sono fatte osservazioni parti¬ colari. * * * Le manifestazioni sulle quali è stato possibile eseguire rilievi più accurati sono state quelle di Castello di Palma e di Casa- marciano. 4) Ventarola di Castello di Palma. In quella di Castello di Palma la corrente d’aria si manifesta attraverso parecchi crepacci presso la via principale del paese e perfino dentro le case dell’abitato di Castello di Palma a quota di circa m. 360 s. m. — 545 — Nella prima visita eseguita il 22-4-1926 da me insieme al- l’Ill.mo Sig. Provveditore alle Opere Pubbliche di Caserta Comm. Ing. Cuomo, e con l’assistenza dell' Ing. R. Bilotta, trovammo che l’aria fuoriusciva, mentre nei primi di giugno 1931 in cui si effettuarono diverse misure, l’aria rientrava. Nei sopraluoghi eseguiti il 1° giugno insieme al Ch.mo geologo Comm. Ing. Emilio Cortese ed all’ Ing. Bilotta, ed in quello fatto eseguire per 24 ore continuative il 5 giugno dall'Inge¬ gnere R. Bilotta insieme al Tecnico specialista Sig. A. Bilotta furono rilevate molte osservazioni delle quali si riportano le ul¬ time nel prospetto li e nella Fig. 2. Dai naturali ed in ispecie dal Prof. Salvatore Caliendo che fu guida cortese ed intelligente, ci venne riferita la credenza popolare che quando l’aria soffia più velocemente é prossimo il mal tempo ; è stato, inoltre, da essi osservato che quando l’aria fuoriesce, essa lascia durante la notte addirittura grondante di umidità condensata il muro della casa sovrastante alla bocca. In certi casi le emissioni davano tanto fastidio alle abitazioni che si son dovute condottare in appositi caminetti al disopra dei tetti. 11 forame al quale sono stati eseguiti i rilievi nei giorni 1, 5 e 6 luglio 1931 era venuto a capitare nel pavimento dell’abi¬ tazione della Sig.ra Anna Casillo, che aveva dovuto ricoprirlo con una graticciata in ferro, per evitare il pericolo che ragazzi ed oggetti andassero nella cavità inesplorata, in cui un peso discende profondamente, e successivamente anche tapparlo per evitare il fastidio della forte corrente d’aria nell’ambiente. 5) Ventarola di Casamarciano. La manifestazione di Casamarciano fu segnalata da quel Signor Podestà il 5 agosto 1930 come verificatasi dopo il terremoto del 23 luglio 1930. Ad invito di S. E. l’Alto Commissario di Napoli mi vi recai il giorno 19 agosto 1930, in compagnia del Ch.mo Prof. Platania e dei fratelli Sigg. Bilotta e si potè riscontrare che trattavasi della solita emissione da crepacci nella pendice calcarea a tergo della proprietà Marigliano, a monte e ad Est del paese di Casamarciano, a quota di circa 163 sul mare. Anche qui l'aria fuoriusciva, ed i risultati delle osservazioni appaiono nel pro¬ spetto III e nella Fig. 3. — 546 — Prospetto II. — Ventarola del Castello di Palma Campania. DATA ORARIO N. delle letture VELOCITÀ m/$€c. Temp. dell’aria esterna Pressioae baro¬ metrica dalle alle Mass. Min. Media 5 -VI - 1931 8h. 24’ 8h. 29’ 11 6.0 5.5 5.7 21» 5 736.4 9.20 9.25 12 6.7 5.6 6.0 22» 5 736.4 10.20 10.26 13 7.4 6.8 7.1 23» 2 736 2 11.20 1 1 .27 14 7.5 6.7 7.2 24» 0 736.2 12.21 12.28 16 7.0 5.2 6.9 25» 0 736.1 13.20 13.26 13 7.7 6.2 7.0 25o2 735.8 14.20 14.27 14 7-7 6.3 7.2 25° 7 735.7 15.20 15.27 13 7.8 4.4 6.6 24o 8 735.6 16.20 16.25 11 6.5 5.0 5.7 24o4 735.6 17.20 17.27 15 6.8 5.0 6.2 24o 0 / 3 o.S 18.20 18.25 11 7 2 6.3 6.8 22° 8 735.6 19.20 19.32 23 7.0 6.1 6.2 22o 4 735.7 20.20 20.28 17 7.2 6.5 6.9 21 « 2 736.0 21.20 21.27 15 6.2 5.7 5.9 21 » 2 736. 1 22.25 22.32 15 6.5 5.0 6.2 21» 8 736. 2 23.25 23.31 13 5.3 4.7 5.0 21o0 736.3 6-VM931 0.30 0.36 13 5.0 4.0 4.2 20o8 736.3 1.00 1.20 — — — 0 20o 5 736.1 1.30 1.36 13 45 3.3 3.6 20o 5 736.2 2.20 2.25 — — — 0 19° 0 736.0 2.27 2.38 27 4.0 1.8 2.3 19° 0 736.0 3.20 3 26 13 2.5 2.0 2.2 18» 7 735.8 4.20 4.26 10 5.3 4.7 4.8 19° 5 735.8 5.20 5.25 11 3.7 3.1 3.2 19° 0 730. 1 5.40 — — 0 — Inv ersione della corrente per pochi secondi 736.2 poi di nuovo ferma. 0.20 6.25 11 4.0 3.4 3.7 1 9° 5 736,3 7.20 7.26 11 4.4 3.8 4.1 19° 5 736.4 8.00 8-05 11 4.3 4.2 4.3 2 3° 5 736.5 — 547 — Prospetto III. — Ventarola di Casa Marciano. DATA ORARIO N. delle letture VELOCITÀ m/sec . Press. barome¬ trica Temp. dell’aria esterna Tem p. dell’aria uscente dalle alle Mass. Min. Med. 19-V111-1930 lOh.7’ 1 0h. 1 2’ / 7.5 7.1 7.3 755.6 23° 0 16° 10.12 10.17 10 7.8 7.3 7.5 10.17 10.22 10 7.7 7.0 7.5 755.65 23» 8 10.22 10.27 8 7.4 6.8 7.0 10.27 10.32 8 7.5 7.1 7.2 755.7 24° 4 10.32 10.37 9 7.4 6.9 7.1 10.37 10.42 9 7.0 6.7 6.8 10.42 10.47 20 6.9 0.5 6.7 755.75 25» 0 10.47 10.52 19 7.0 6.5 6.7 10.52 10.57 14 7 2 6.7 6.9 10.57 11.2 19 7.4 6.5 6.9 11.2 11.7 19 6.9 6.5 6.7 755.8 26» 0 16.15 16.20 10 8.5 8.2 8.4 755.1 29° 4 16° 16.20 16.25 9 8.7 8.1 8.3 16.25 10.30 10 8.7 8.1 8.4 16.30 16.35 10 9.3 8.5 8.9 16.35 16.40 10 9.2 8.8 9.1 16.40 16.45 8 9.2 8.9 9.1 16.45 16.50 10 9.3 8.6 8.9 29» 4 16.50 16.55 9 9.1 8.3 8.6 16.55 17.0 12 9.1 8.3 8.6 17.0 17.5 16 9.4 8.7 8.5 17.5 17.10 18 9.1 8.1 8.6 17.10 17.15 20 8.2 7.3 7.9 755.25 28° 2 16° 18.30 18.35 18 7.3 6.7 7.0 755.4 25° 0 16° — 549 — Si è potuto qui rilevare che esiste nel paese di Casamarciano una abbondante falda sotterranea che, nei pozzi delle case più prossime alle pendici in via S. Maria ha la profondità di m. 37 dal suolo che è a quota circa 87 sul mare. 6) Ventarola di Atina. L’Osservatore Sig. Maselli mi ha comunicato che nella manifestazione da lui osservata l'aria fuoriesce di estate e rientra d’inverno da un forame di 0,20 x 0,40 nei calcari, in una valletta a circa 500 metri a nord di Atina, ed a circa 450 metri sul mare. Le osservazioni eseguite dal Sig. Maselli sono riassunte e riportate nel seguente prospetto IV. Prospetto IV. — Ventarola di Atina. CORRENTE Temper. dell’aria DATA ORA direzione Velocità nilsec. esterna uscente Stato del cielo 22-VIII- 1 927 19 uscente 0.7 -f 1.03 19°8 12°3 sereno >* 24 ,, debole — — >> 23 2 calma calma — — » 99 M 4 uscente 0.4 -f- 0 7 — — ì 9 t f 5 » > I — - In settembre altre osservazioni con risultati simili. 30-XII-1927 entrante 1.02 -f- 1.08 | 5°6 — coperto 31 ,, 0 5 -f- 0 6 — — vario | In 1 e II 1928 — entrante 23-III 1928 16 — 0.92 -f 1.04 11°0 — quasi coperto 30 10 entrante 0.85 1 10"7 — sereno >> >. 17 ,, 0.8 1 10°5 - vario 14 - IV- ,, 10.30 a 11.20 entr. e sosp. si ferma 0.39 -f- 0.84 14°0 — ” 26 10 — calma >, ’ > 9 9 16 entr talvolta calma, talvolta uscente 0.5 -f 1.05 0.3 1 5°0 ” > 00 — varia — — — copertoe nebbioso 27 — uscente talvolta rientrante, più spesso calma debole 19°0 1 4°6 vario 4 - VI - ,, 10 30 uscente 1.20 -f 1.30 24°0 irò sereno 15 7.30 a 8.30 uscente 0.73 -1- 1.20 1 8°5 11°0 ” 12 -Vili- „ 17-f 18 ,, 0.60 -f- 082 — - vario 5 -IX - 18 uscente talvolta calma 0.24 -f- 0.40 23°0 1 2°8 ì ì 29 -IX-,, 5 45 uscente 048 -f 0.70 ! 6°2 13°2 ì ) 99 »> 15 ,, 10 -f- 1.10 — — 1 } 9 9 tì 18 » 0.81 -f 0.90 — — - ’’ segue: Prospetto IV. C 0 R R E N T E Temper. dell’aria DATA ORA direzione Velocità mjsec. esterna uscente Stato del cielo 6 - X- 1928 _ calma | 6 - XI - ,, — quasi calma 20-1- 1929 17 entrante 1.20 -f 1 .35 -1°5 — sereno 20-11- „ — ,, 1.20 -f- 1.35 4 -Vili- 1931 19.30 a 20 uscente 0 82 -f 0.93 25°0 1 1°0 vario 5 5 a 5 30 ) 1 0.52 7 078 20°6 ! 1°0 vario, caligine, caldo afoso ti il 16.30 ” 1.04 -f 1.26 32°0 max giorn. 35.6 11°0 vario, caliginoso 6 2.30 uscente O o» o •1- o — J co 22°6 1 1°4 sereno, caliginoso lì ti 10 a 10 30 ” 0.91 -f 1.07 29°0 12°0 ” li ti 15.50 a 16.20 » 1.12 -f 126 33°0 1 1°4 caligine vario 8 6.20 a 6 50 » 0.16 -f 0 31 22°0 12° 4 sereno ii ii 19.30 ” 0 58 0.76 max giorn. 32.4 12°0 13 6.10 calma calma 17°5 1 i i i 14 40 uscente talvolta calma 0.22 -f- 0 44 22°0 12°6 19 1 1 a 11.50 uscente 0.43 -A 0.80 25o4 12°8 sereno li il 19 30 a 20 i 1 : 0.43 -r 0.60 23°0 13°6 20 5.40 calma calma 1 8°0 - vario, alto cumoli ii ti 19 uscente 0.11 -r- 0.23 - — sereno 22 12 ,, 0.20 -f- 0.30 23°0 14°0 1 1 30 5 15 calma calma 1 4°0 — ,, ti ii 18 calma talv. uscente 1 calma debole 1 23°0 vario — 552 — segue: Prospetto IV. CORRENTE Temper. dell’aria DATA ORA direzione Velocità m/sec. esterna uscente Stato del cielo 2 - IX- 1931 5 calma calma 1 28 _ sereno ” 18 talv uscente talvolta calma debole calma 21°6 15°0 poco vario 10 17.30 variabilissima debole calma 1 806 15°8 vario 12 5 uscente 040 -f- 0.68 19°0 1 1°6 vario, caliginoso 19 17.30 uscente a intervalli 0.15 -h 0.22 16°4 13°0 vario 23 1 5.30 entrante 0.31 0.98 12°0 — ,, 7 - X- „ 16 30 uscente a intervalli debole 1 6°0 1 0"8 vario, nebbioso 13 7.40 entrante 0.44 -4- 0.82 4°6 — sereno, brina ” 14 entrante talvolta calma 0.2 — — sereno Il - XI - ,, 10.30 entrante per lo più calma debole 12°8 — sereno, nebbioso Questi i risultati delle indagini che ho potuto effettuare finoggi, ed aggiungo che sommari saggi chimici eseguiti in tutte queste manifestazioni hanno confermato trattarsi di aria in cu non si riscontra (almeno in maniera appariscente) alcun altro gas con reazione acida o alcalina. * * * Mi propongo di eseguire altri rilievi in maniera continuativa per 24 ore e ripetuti in condizioni meteorologiche e stagionali diverse su una, o possibilmente più, di queste manifestazioni e con l'ausilio di un opportuno apparecchio registratore della velocità che sto facendo costruire, insieme a strumenti autoregi¬ stratori degli altri elementi meteorologici. Mi sono frattanto determinato a dare la presente comunica¬ zione che potrebbe apparire prematura poiché non completata da conclusioni e commenti, oltre che per dar conto del risultato delle ricerche eseguite, per richiamare l’attenzione su di esse e pregare i cortesi lettori di segnalarmi altre manifestazioni del genere con la bibliografia relativa e gli eventuali risultati di os¬ servazioni. lo riterrei molto utile sottoporre ad analisi questo gruppo di fenomeni, poiché sembrami che essi presentino un complesso interesse sia per la Scienza che per le realizzazioni pratiche cui possono condurre nelle ricerche di idrografia sotterranea. Mi sia consentito intanto di rivolgere un deferente ringra¬ ziamento ai Ch.mi Prof. Platania, ed Ing. Cortese, nonché di rilevare la accurata ed intelligente collaborazione dei miei coa¬ diutori. Riassunto L’autore comunica i risultati di osservazioni eseguite su alquante « Ventarole » rilevate in Campania, nello intento di ricercare interdi¬ pendenze fra le caratteristiche di tali manifestazioni , e la idrologia sotterranea cui eventualmente esse fossero collegate. Finito di stampare il 26 marzo *1932. Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli Rendiconti delle Tornate ed Assemblee Generali (PROCESSI VERBALI) PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE ORDINARIE ED ASSEMBLEE GENERALI Assemblea generale del 2 febbraio 1931. Presidente ff. : MlLONE. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Viggiani, Caroli, Aurino, Augusti, Ruggiero, Piata, nia, Marcucci, Salti, Rodio, Fedele, Parascandola, Candura, D’Erasmo. Si apre la tornata alle ore 18. 11 socio Milone assumendo la presidenza dice che i soci Pierantoni e Police rispettivamente Presidente e vice Presidente si scusano di non poter intervenire all’Assemblea perchè indisposti. 11 Presidente legge una lettera della Baronessa Monticelli dalla quale si apprende che la Baronessa in onore del defunto Marito, nostro con¬ socio Benemerito, prof. Fr. Sav. Monticelli, istituisce una borsa di studio di L. 2000 da conferirsi ad un Dottore in Scienze naturali laureato nella R. Università di Napoli per un lavoro o gruppi di lavori riflet¬ tenti la Zoologia (la Morfologia o sistematica Zoologia) su bando emesso dalla Società dei Naturalisti in Napoli in data 27 marzo di ogni anno. Il socio Zirpolo esalta l’atto munifico della Baronessa Monticelli e si fa interpetre dei soci tutti per inviare un ringraziamento alla nostra consocia che onorando il nome illustre e venerato del Marito favorisce l’incremento degli studi zoologici. 11 Presidente comunica la morte del socio Cognetti De Martiis e pronuncia parole di rammarico per la scomparsa di uno studioso che aveva dato molto della sua attività al progresso degli studi zoologici. Il Presidente comunica i nomi dei concorrenti alle borse di studi Cavolini De Mellis e dice che le domande sono state inoltrate alla Facoltà di Scienze perchè proponga i candidati meritevoli dei premi. Il Segretario legge le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Zirpolo legge un lavoro del socio Police: La pescosità dei mari a stretta platea continentale e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. IV Il socio Fedele fa una comunicazione: Sul plancton del golfo di Napoli e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio D’Erasmo legge un lavoro : Lo studio geologico dei possi profondi della Campania e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Si procede alla elezione di due consiglieri per il biennio 1931-32 e di due revisori dei conti. Vengono eletti ad unanimità: Salfi Mario J .... . Consiglieri Platama Giovanni ) Fenizia Gennaro / ^ . . , . Revisori dei conti. Biondi Gennaro ) Il Presidente proclama gli eletti e toglie la seduta. Assemblea generale e Tornata ordinaria del 14 marzo 193!. Presidente ff. : POLICE. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Forte, Quintieri, Marcucci, Ruggiero, Parascandola, Caroli, Salfi, D'Erasmo, Palombi, Fiore, Platania, Pellegrino, Fedele, Fenizia, Guidone, D’Aquino. La seduta si apre in seconda convocazione alle ore 18. Si legge e si approva il processo verbale della seduta precedente. II Presidente annunzia la morte dei soci Adinolfi e Sereni e dice che di essi si farà una commemorazione in tornata speciale. Comunica che la Società ha partecipato ai funerali, ed ha inviato a nome dei soci le condoglianze alle Famiglie. Il Segretario comunica i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Fedele legge un lavoro : Note piandolo giche sul golfo di Napoli e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. 11 Segretario legge la seguente Relazione sull’andamento della Società per il 1930 che è approvata. Egregi Consoci, Al lu gennaio 1931 i soci ordinari residenti erano 74, i non resi¬ denti 23, e gli aderenti 3. Complessivamente 100. Sono stati ammessi durante l’anno 1930 a soci ordinari residenti i Dri. Aurino Salvatore, Coniglio Luca, De Mennato Mario, Dohrn Rinaldo, Gioffredi Livinio, Guerriero Carmine, Patroni Carlo, Quercigh Emanuele, ed a socio ordinario non residente il Sig. Guidone Giuseppe. V Sono stati commemorati i soci Cavara dal socio Rodio, Colomba dal socio Viggiani. Tornate. — La Società ha tenuto nel 1930 sei tornate ordinarie ed un’assemblea generale. Nelle tornate ordinarie sono stati letti nume¬ rosi lavori. Il socio Carobbi ha letto due lavori : « Ricerche sul molibdato ferrico idrato e « Ricerche spettografiche sul Zircone Vesuviano » ed in collaborazione col socio Zambonini : « Un contributo allo studio chimico dello spinello e dell’olivina al Vesuvio ». Il socio Platania ha fatto una comunicazione : «Sulla trasparenza del mare ad alta quota». Il socio De Fiore ha letto due lavori : « Sul clima di Pantelleria » e «Sulla Metereologia ed Idrografia dell’Etna». La socia Majo ha fatto tre comunicazioni « Sul potere rifrangente e la conducibilità elettrica dell’acqua marina a Castellammare di Sta- bia » ; « Sul terremoto del Vulture del 23 luglio 1930 » e « Sui feno¬ meni geofisici della Solfatara ». Il socio Caroli ha letto un lavoro : « Su altri Phrixus RATHKF del golfo di Napoli ». Il socio Jucci legge un lavoro : « Su nuove esperienze sulla eredità materna del voltinismo nei bachi da seta ». Il socio Zirpolo legge due lavori : « Sui rapporti fra anomalia e rigenerazione» e «Sulle radiazioni mitogenetiche». II socio Candura legge due lavori : « Sulla vita degli insetti e sui danni da essi causati ai prodotti dell’economia rurale e delle industrie agrarie» e «Sulle variazioni nelle ali anteriori di Nemeritis canescens ». Il socio Guerriero, legge due lavori su: « Ricerche istofisiologiche e patologiche sull’epitelio dell’ovidutto di coniglia » e « Ricerche sulla reazione istogena negli eterotrapianti neoplastici ». Il socio Gioffredi legge un lavoro: «Su innesti autoplastici di pelle in conigli sottoposti a sottrazione di sangue , con epilogo in processi rigenerativi ». Bollettino. — Il Bollettino che si pubblica fra giorni è un volume di oltre 300 pagine con numerose tavole e figure nel testo. Comprende numerosi lavori, in prevalenza di Biologia. Il C. D. ringrazia il socio Caroli, benemerito Redattore. Biblioteca. — Essa è andata sempre arricchendosi di volumi e di doni e numerosi sono i volumi rilegati. Il catalogo, mercè l’opera del Bibliotecario, va completandosi. VI Premi. — Anche in quest’anno sono stati banditi i Concorsi Ere¬ dità De Mellis e sono riusciti vincitori i Sigg. De Lerma Baldassarre, Eller Vainicher Isabella e Tommasini Michelina. Il Premio biennale perpetuo A. e P. Della Valle è stato asse¬ gnato al socio Mario Salti. Bilancio. — Come vi diranno i Revisori dei conti il Bilancio , no¬ nostante il grande sbalzo fatto, si chiude con un avanzo di L. 2541,97. Egregi Consoci, In quest’anno ricorre il cinquantenario della fondazione del nostro Sodalizio. Purtroppo del glorioso gruppo fondatore non restano che pochi, ma essi hanno saputo creare una eletta schiera di collabora¬ tori che se non amano la Società come essi, forse vi hanno dedicato e vi dedicano le ore migliori. 11 C. D. s’appresta a tracciare il nuovo programma di festeggiamenti che più che rimanere una pura tornata che passa, deve lasciare una traccia profonda in opere che possano sempre più onorare il nome scientifico italiano all’Estero. 11 socio Fenizia , anche a nome del socio Biondi , legge la rela¬ zione sulla revisione dei conti che è approvata. Il Segretario legge i bilanci consuntivo 1930 e preventivo 1931 che sono approvati ad unanimità. Il Segretario legge il Regolamento per la Borsa di studio Fr. Sav. Monticelli di L. 2000 offerte dalla Baronessa Monticelli D’Afflitto che è con lievi modifiche approvato. È eletta socia ordinaria residente la Dr. Isabella Eller-Vainicher. La tornata è chiusa alle ore 19.30. Assemblea generale e Tornata ordinaria del 2 maggio 1931. Presidente : PlERANTONI. Segretario //. : PALOMBI. Soci presenti : Catanzaro, Fedele, Colosi, Ranzi, Milone, Marcucci Caroli, Gargano, Fiore, Platania, Ruggiero, Pellegrino, Monticelli D’Afflitto, Candura. La seduta è aperta alle ore 18 in seconda convocazione. Il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato. Il Presidente presenta il bando ed il regolamento del premio * Francesco Saverio Monticelli » e rinnova i ringraziamenti della Società alla Signora Baronessa Monticelli D'Afflitto. VII Il Presidente presenta inoltre ai soci una copia del Voi. 42 (1930) del Bollettino della Società. Comunica inoltre che per la visita alla Villa De Mellis a Posillipo, la direzione della Stazione Zoologica metterà a disposizione dei soci i mezzi di trasporto per effettuare la gita per mare. La socia Fiore legge due lavori, uno : Mani} e stazioni teratologi¬ che e parassitismo. Polimeria , fasciazione , petaloidia, dialisi in Campanula medium , e l’altro : Miceti fossili rinvenuti su di una Palma (Latanites sp.) del Bolca e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Fedele fa una comunicazione verbale: Sulla metamorfosi dei decapodi loricati. Vengono ammessi a soci ordinari residenti l’On. Dr. Livio Gaetani e il Dr. Pietro Parenzan ed a socio ordinario non residente il Dr. Giuseppe Montalenti. La tornata è tolta alle ore 18,45. Tornata ordinaria del 6 giugno 1931. Presidente : PlERANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Ranzi, Salfi, Catanzaro, Parenzan, Fedele, Caroli, Marcucci, Torelli, Majo, Palombi, Ruggiero, Platania, D’Erasmo, Pa- rascandola, Fiore, Police, Qointieri. La seduta si apre alle ore 18. Il Presidente comunica i nomi dei vincitori delle borse di studio «Cavolini De Mellis». — In relazione al cinquantenario egli dice che il Consiglio Direttivo ha stabilito di far coniare una medaglia com¬ memorativa , che ha affidato al Segretario la relazione sui cinquanta anni di attività della Società, e di iniziare la Fauna Italiana. Il socio Police legge un lavoro : Sulla lampara e le reti a fondo e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Pigliano la parola i soci Ranzi, Fedele, Quintieri e Parenzan sul dibattuto argomento e a tutti risponde il socio Police. Il socio Salfi legge un lavoro su : Ortotteri di Vulcano e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Zirpolo legge due lavori : Studi sulla bioluminescenza batterica. X. Azione dei batteri luminosi sulla germinazione dei semi e Ricerche su Bradiclavella Della V allei e ne chiede la pub¬ blicazione nel Bollettino. — Vili Il Segretario legge tre lavori del socio Andreotti : 1° Il tempo¬ rale del 22 giugno 1929 ; 2° La eliopania a Napoli ; 3° La ma~ reggiata a Napoli e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. È ammesso a socio ordinario residente il Prof. Biagio Longo. La tornata è tolta alle ore 20. Tornata ordinaria del 1° agosto 1931. Presidente : PlERANTONI. Segretario ff. : PALOMBI. Soci presenti : Fedele, Caroli, Quintieri, Candura, Ranzi, Parenzan, Torelli, Parascandola, Maione, Patroni, Milone, Police, Platania, Rug¬ giero, Marcucci, Rodio. La seduta è aperta alle ore 18 in seconda convocazione. Il Presidente comunica la deliberazione del Consiglio circa i premi Cavolini De Mellis ed Antonio e Paolo Della Valle. In riferimento al cinquantenario comunica quanto il Consiglio ha deciso per la coniazione della medaglia e per la pubblicazione della « Fauna d’Italia». In quanto ai nuovi cambi, il Segretario comunica che il Consiglio Direttivo ha approvato il cambio del nostro Bollettino col Bollettino del laboratorio di Zoologia - Agraria e Bachicoltura del R. Istituto Superiore Agrario di Milano. 11 socio Candura legge tre lavori : 1°) Osservazioni biologiche sulla Tephroclystia pumilata H. B. lepidottero geometride che ja sec¬ care i boccioli di rose ; 2°) Ricerche sulla vita degli insetti sui danni da essi causati ai prodotti delV economia rurale e delle industrie. 2 0 Contributo . Gli insetti della camomilla secca e di altre erbe dis¬ seccate medicinali e industriali; 3°) 3° Contributo. I danni dei più comuni insetti delle paste elementari, e di tutti ne chiede la pub» blicazione nel Bollettino. Il socio Ruggiero legge il lavoro: « Alcune osservazioni sulle Ventarole o Capi di vento. Il socio Maione chiede all’Autore se si tratta di aria o di acido carbonico. Risponde esaurientamente il socio Ruggiero e chiede che il suo lavoro venga pubblicato nel Bollettino. Il Segretario legge la relazione inviata dal socio Zirpolo assente sul lavoro : Anelli di Liesegang e radiazioni mitogenetiche. A nome dell’Autore ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Platania fa una comunicazione verbale : Sulla utilizza- IX — sione delle alghe marine. Assicura che farà pervenire ai più presto il manoscritto. Alle ore 19 la tornata è tolta. Tornata ordinaria del 21 novembre 1931 Presidente : PlERANTONl. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Palombi, Augusti, Candura, Police, Rodio, Rug¬ giero, D’Erasmo, Platania, Milone, Caroli , Viggiani , Ranzi, Romeo, Parenzan, Salfi, Gargano, Califano, Fedele, Fiore, Majo, Parascandola, Marcucci, Catanzaro, Volpicelli, De Mennato, Maione. Si apre la seduta alle ore 18. Il socio D’Erasmo legge la commemorazione del socio Guadagno. In merito alla commemorazione Guadagno il socio Ruggiero propone che la Società faccia un voto perchè sia affissa una lapide sul nuovo tunnel della Vittoria ideato e mandato a termine dal com¬ pianto consocio. 11 Presidente dice che sarebbe ben lieto di aderire alla proposta Ruggiero però gli deve dire che la pratica già fu svolta dal R. Istituto d’incoraggiamento presso l’Alto Commissariato e presso il Podestà e che è stato pigliato impegno da questi Enti di apporre una lapide che ricordi il nome del Guadagno non appena saranno terminati i lavori. I soci Police, Milone, Caroli e Gargano propon¬ gono di fare un voto per associarsi al R. Istituto d’incoraggiamento. Il socio Platania, legge per incarico, due lavori del socio Aurino; 1°) L’ecclissi totale di luna del 26 settembre 1931 2°) La nebulosità a Napoli e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino a nome dell’A. Il socio Viggiani legge un lavoro : Il regime termo-pluviometro di Potensa nel venticinquènnio 187 9-1930 con particolare riguardo all’ agricoltura e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. 11 socio Police, legge per incarico, un lavoro del socio Salvi : Sull’ Istochimica e sull’ Istofisiologia dei lipidi complessi e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Viene ammesso il Dr. D’Alessandro Alessandro, a socio ordinario residente. Alle ore 1 9,30 la tornata è stata sciolta. X Tornata ordinaria ed Assemblea generale del 20 gennaio 1932. Presidente : PlEKANTONI. Segretario : ZlRPOLO. Soci presenti : Caroli, Fiore, Fedele, Pellegrino, Ruggiero, Forte, Police, Romeo, Milone, Candura, Parascandola, D’Erasmo, Gambetta, Torelli, Marcucci, Catanzaro, Volpicelli, Rodio, Platania. Si apre la seduta alle ore 18. 11 Presidente commemora con commosse parole i soci Roncali e Zambonini, parlando del loro attaccamento al nostro sodalizio, ed in particolar modo delle benemerenze del socio Zambonini che fu sempre spiritualmente con la Società. Dice che il Consiglio Direttivo non mancò di tributare lè doverose onoranze ai soci scomparsi e che di essi si farà a suo tempo la commemorazione. Il Segretario comunica i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono La socia Torelli legge un lavoro dal titolo: La cymodoce rubro- panciata nel golfo di Napoli e ne chiede la pubblicazione nel Bol¬ lettino. Il socio Fedele legge un lavoro: Muscoli ed attività muscolare nei Thaliacea e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. È ammesso all’unanimità a socio ordinario residente il Dott. De Lerma Baldassarre. Dovendosi procedere all'elezione del Presidente, di due Consi¬ glieri e di due Revisori dei Conti il Presidente nomina il seggio nei soci D’Erasmo, Presidente ; e Catanzaro e Pellegrino assistenti. Procedutosi alla votazione risultano eletti : Ugo Milone Oreste Forte Luigi Caldano Geremia D’Erasmo Luca Coniglio Presidente s I Consiglieri Revisori dei conti 11 Presidente proclama gli eletti. Il socio Milone domanda la parola e, mentre ringrazia la Presi¬ denza ed i soci tutti della benevolenza dimostratagli, dice che egli, a termine del regolamento, non può essere votato essendo consigliere uscente; onde prega l’Assemblea di provvedere in merito. XI Il socio Forte dice che 1’ Assemblea ammira la delicatezza del socio Milone e conosceva che questi era Consigliere uscente, ma col rieleggerlo ha dimostrato di voler soprassedere alla norma regola¬ mentare che, nel caso presente, è anche discutibile se si possa ritenere valida. Il socio Milone infatti da un anno aveva già compiuto il suo biennio, ma in omaggio al deliberato dell’ Assemblea che invitò gli uscenti a restare in carica, conservò il posto. Il socio Police dice di associarsi alle parole del socio Forte e parla delle benemerenze del socio Milone che essendo 1’ unico socio fondatore della Società bene ha fatto l’Assemblea a dargli il suo voto, specialmente ora che la Società si prepara a festeggiare il cinquante¬ simo della sua fondazione. L’ Assemblea rinnova al socio Milone la sua manifestazione di affetto acclamandolo Presidente. L’Assemblea è chiusa alle ore 19,30. CONSIGLIO DIRETTIVO PER L’ANNO 1932 Ugo Milone Gesualdo Police Giuseppe Zirpolo Oreste Forte Giovanni Platania Mario Salti Luigi Califano Presidente Vice-Presidente Segretario Consiglieri INCARICHI DEL CONSIGLIO DIRETTIVO Ermete Marcucci Arturo Palombi Ernesto Caroli Antonio Parascandola Cassiere Vice Segretario Redattore del Bollettino Bibliotecario ELENCO DEI SOCI ( 1° Gennaio 1932) SOCI ORDINARII RESIDENTI 1. 6-4-902 2. 8-6-924 3. 22-2-930 4. 13-7-924 5. 28-3-920 6. 5-3-922 7. 30-5-921 8. 6-4-902 9. 28-3-919 10. 30-11-924 11. 15-3-903 12. 17-11-918 13. 20-11-929 14. 8-7-923 15. 14-6-930 16. 26-7-925 17. 16-12-923 18. 30-11-924 19. 14-6-930 20. 16-3-929 21. 28-7-889 22. 4-6-922 23. 21-11-931 24. 14-6-930 25. 14-3-931 Aguilar Eugenio — Vico Neve a Materdei 27. Augusti Selim — Corso Vitt. Emm. 166 A. Aurino Salvatore — R. Osserv. Capodimonte, Napoli. Andreotti Amedeo — Ist. Fisica terr. R. Univ., Napoli. Arena Ferdinando — Via Roma 129. Bakunin Maria — R. Politecnico, Napoli. Biondi Gennaro — Portici. Bruno Alessandro — Nuovo Rione Fenice a Ottocalli. Califano Luigi — Vico Forino a Foria 7. Candura Giuseppe — R. Scuola Sup. Agric., Portici. Caroli Ernesto — Ist. Zoologia R. Univ., Napoli. Carrelli Antonio — S. Domenico Soriano 44. Catanzaro Pietro — V. Massimo Stansione 9, V omero. Colosi Giuseppe — Ist. Anat. Comp. R. Un., Napoli. Coniglio Luca — R. Ist. Chimico Farmac., Napoli. Cutolo Costantino — Via Tommaso Caravita 10. D’Aquino Luigi — Via S. Domenico Soriano 22. De Fiore Otto — Ist. Geografico R. Univ., Messina. De Mennato Mario — Matteo Renato Imbriani 219. D’Erasmo Geremia — Ist. Geologia R. Univ., Napoli. Della Valle Antonio — Via Aniello Falcone 112 Del Regno Washington — Ist. Fisica R. Univ., Napoli D’Alessandro Alessandro — Vico Tre Re 60 Dohrn Rinaldo — Stasione Zoologica, Napoli. I Eller Vainicher Isabella — Via Mille 16. - 40 - XVI 26. 13-8-921 27. 25-5-919 28. 5-3-922 29. 26-7-925 30. 11-1-885 31. 2-5-931 32. 28-3-905 33. 28-3-919 34. 12-8-930 35. 31-12-913 36. 25-5-919 37. 12-8-930 38. 16-12-923 39. 31-12-913 40. 2-6-925 41. 6-6-931 42. 4-2-923 43. 16-3-924 44. 10-5-903 45. 4-12-887 46. lO-il-881 47. 1-1-929 48. 4-2-922 49. 21-8-921 50. 2-5-931 51. 28-12-930 52. 16-12-923 53. 18-3-900 54. 30-12-900 55. 4-2-922 56. 20-1-924 57. 14-6-930 58. 9-6-895 59. 11-5-913 bO. 2-6-925 61. 16-12-923 62. 16-12-923 63. 16-3-929 Fedele Marco ■ — Corso V. E. 649 bis Vili . Montagnnro. Fenizia Gennaro — Sacramento a Fovia 23 Fiore Maria — Corso Vittorio Emanuele 466. Foà Anna — E. Scuola Sup. Agric., Portici. Forte Oreste — Via Pignatelli 48. Gaetani Livio — Via Mille 60. Gargano Claudio — Via S. Lucia 62. Getzel Demetrio — Via Tarsia 62 Gioffredi Livinio — Via Latilla 18. Giordani Francesco — Corso Umberto I 34. Giordani Mario — Corso Umberto I 34. Guerriero Carmine — I Clinica Chirurgica, Napoli. Grande Loreto — R. Orto Botanico, Napoli. Iroso Isabella — Via Noria 118. Jucci Carlo — Ist. Zoologia R. Univ., Sassari. Longo Biagio — R. Orto Botanico, Napoli. Majo Ester — Ist. Fisica terrestre R. Univ., Napoli. Maione Vincenzo — Via Torino 90. Marcucci Ermete — Via Atri 21. Mazzarelli Giuseppe — Ist. Zoologia R. Un., Messina. Milone Ugo — Via S. Giovanni in Porta 61. Monticelli Nunziante d’Afflitto G.Uìl -Ponte di Chiaia 27 Palombi Arturo — Posillipo 346. Parascandola Antonio — Procida. Parenzan Pietro — Stazione Zoologica, Napoli. Patroni Carlo — R. Liceo « A. Genovesi » Napoli. Pellegrino Luigi — Via Roma 404. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I, 27. Police Gesualdo — Via Università 25. Pozzi Olimpio — Soc. Gen. Illuni., Via P. E.Imbriani. Platania Giovanni — Grad. Mad. Grazie, Capodimonte Quercigh Emanuele — R. Ist. Mineralogico, Napoli. Quintieri Luigi — Via Amedeo 18. Quintieri Quinto — Via Amedeo 18. Ranzi Silvio — Stazione Zoologica, Napoli. Riccio Raffaele — Via Depretis 114 Rodio Gaetano — R. Orto Botanico, Napoli. Ruggiero Placido — Via Ludovico Bianchini 10. XVII 64. 29-6-919 65. 31-12-928 66. 4-2-921 67. 7-3-906 68. 29-4-923 69. 16-3-924 70. 25-5-890 71. 2-6-925 72. 28-11-912 1. 17-4-913 2. 31-12-928 3. 31-12-916 4. 1 -6-902 5. 29-8-909 6. 16-3-929 7. 26-2-893 8. 6-2-903 9. 20-11-929 10. 31-12-929 11. 22-2-930 12. 22-3-925 13. 1-6-913 14. 20-11-913 15. 4-2-919 16. 21-11-931 17. 2-6-928 18. 31-12-929 19. 31-12-891 20. 28-7-929 21. 31-12-929 22. 12-5-917 23. 4-2-923 24. 29-4-923 25. 5-3-922 26. 30-12-923 Salfi Mario — Via Montesilvano 30. Salvi Pasquale — Via Luigi Palmieri , 16. Sbordone Domenico — Via Roma 404. Schettino Mario — Via RaJJ. DeCesare a S. Lucia 31. Torelli Beatrice — Stazione Zoologica , Napoli. Viggiani Gioacchino — Posillipo 281. Viglino Teresio — Piazza Dante 41. Volpicelli Mario — Viale Elena 23. Zirpolo Giuseppe — Via Duomo 50. SOCI ORDINARI NON RESIDENTI Alfano Giov. Batt. — Osserv. Geodinamico Pompei. Carobbi Guido — Ist. Mineralogia R. Un., Messina. Celentano Vincenzo — Vico Minatoli a Foria 33. Cerruti Attilio — Piazza Carbonelli 2, Taranto. Cotronei Giulio — Istit.Anat. Comp.R. Univ., Roma. D’Ancona Umberto — Ist. Zoologia R. Univ., Siena. D’Avino Antonio — R. Liceo, Nocera Injeriore. Foà Jone — Corso Marrucàio 154, Chieti. Gambetta Laura — Ist. Zoologia R. Univ., Torino. Guadagno Giuseppe — Via Foria 193. Guidone Giuseppe — Largo Avellino 15 Imbò Giuseppe — R. Osserv. geofisico, Catania. Magliano Rosario — R. Liceo, Potenza. Malladra Alessandro — R. Osserv. Vesuviano, Resina. Mingioli Paolo— Via Stella, 124. Montalenti Giuseppe — Istituto Zoologico, Roma. Morgoglione Ferdinando — Cal.S.Giac.5 .Cast.Stabia. Pasquini Pasquale — Ist. Zool. R.Un. (Potici.), Roma. Piccoli Raffaele — Corso Marrucàio 154, Chieti. Romeo Antonino — R. Scuola Sup. Agric., Portici. Rovesti Guido - Via Luigi Settembrini 38, Roma. Sbordone Annibaie — S. Domenico Maggiore 3. Signore Francesco — R. Osserv. Vesuviano, Resina. Trezza Ugo — Via Stella 24. Valerio Rosaria — Sala di Caserta. Vessichelli Nicola — Istituto Tecnico, Caserta. — XVIII — SOCI ADERENTI 1 . 2-6-925 Cerone Roberto — Vico 5° Corsea 2. 2. 12-7-918 Cutolo Claudia — Villa Claudia , T r omero, Napoli. 3. 18-6-905 Filiasi Giuseppe — Riviera di Ghiaia 263. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio ed in dono Elenco delle pubblicazioni pervenute io cambio EUROPA Italia Acireale — Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Zelanti. Rendiconti idem idem. Bollettino della R. Stazione Sperimentale di agru¬ micoltura e frutticoltura. Aosta — Société de la Flore Valdòtaine ( Bollettino ). Bologna — Rendiconti della R. Accademia delle Scienze del¬ l’Istituto. Bollettino del Laboratorio di Entomologia R. Isti¬ tuto Superiore Agrario. Brescia — Commentari dell’Ateneo. Cassino — Osservatorio Geofisico di Montecassino. Ferrara — Acc. di Scienze Mediche e Naturali. Firenze — Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia. Bollettino della Società Botanica Italiana. Nuovo Giornale Botanico italiano. Regia Stazione di Entomologia Agraria. L’Universo. Istituto Geografico Militare. Genova — Società Entomologica Italiana. Atti della Società ligustica di Scienze Naturali e Geografiche. Milano — Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e Museo civico di Storia Naturale. Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Laboratorio di Zoologia Agraria e Bachicoltura. Modena — Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. XXII — Napoli Padova Pavia Perugia Pisa Portici Postumia Roma Rovereto Sassari Scafati Torino Trento Verona Valle di Pompei — Rendiconti della R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche. Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli (N. S.). Pubblicazioni della Stazione Zoologica. Archivio Zoologico Italiano. Bollettino di Zoologia. Rivista di Fisica, Matematica e Scienze Naturali. — Atti della Accademia scientifica veneto- trentino - istriana. — R. Laboratorio Crittogamico della R. Università. — Annali della Facoltà di Medicina e Memorie della Accademia Medico-chirurgica. — Atti della Società toscana di Scienze Naturali. Processi verbali idem idem. — Annali della R. Scuola Superiore di Agricoltura. Bollettino del Laboratorio di Zoologia generale e Agraria. — Le Grotte d’Italia. - Bollettino della R. Accademia Medica. Atti idem idem. Atti della Società Italiana per il progresso delle scienze Bollettino del R. Ufficio Geologico Italiano. Atti della Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei. Memorie idem idem. Bollettino delFIstit. di Zoologia della R. Università. Gazzetta Chimica. Istituto Internaz. di Agricoltura. Reale Società geografica italiana. — Atti della Accademia degli Agiati. — Studi sassaresi. — Bollettino tecnico della coltivazione dei tabacchi. — Atti della R. Accademia delle Scienze. Rivista del Club Alpino Italiano. Urania. — Studi trentini di Scienze Naturali. — Atti della Accademia di Agricoltura, Scienze, Let¬ tere, Arti e Commercio. Memorie idem idem. — Bollett. dell’Osservatorio Meteorico-Geodinamico. XXIII Austria Graz — Mitteilungen des Naturwissenschaftlichen Vereisn fùr Steiermark. Wien — Verh. der K.-K.Zoologisch.-botanisch.Gesellschaft. Annalen des Naturhistorischen Hofmuseum. Bruxelles Louvain Belgio — Société Royale Zoologique. — Travaux biologiques de l’institut J. B. Carnoy. Ceco - Slovacchia Brunn Prague — Verhatidl. des Naiurforsch. Vereins. — Casopis Ceskoslovenske spolecnesti entomologické (Acta societatis entomologicae Cechosloveniae). Bulletin international. Classe des Sciences mathé- matiques, Naturelles et de la Médicine. Razpravy ceske akademie ved a umenì. Societé Royale des Sciences de Bohème ( Memoires ). Akademie Masaryk du Travail. « Lotos » Naturwissenschaftliche Zeitschrift. Heisingfors Finlandia — Acta Botanica fennica. Societas prò Fauna et Flora fennica. Helsinki — Societas Zoolog.-Botanica fennica Vanamo. Francia Cherbourg — Société nationale des Sciences Naturelles et Ma- Nancy thématiques ( Mémoires ). — Société des Sciences et Réunion biologique ( Bui - Nantes letin des séances). — Société des Sciences Naturelles de 1’ Ouest de la France {Bulletin). XXIV Oloron S. Maria Paris — Bulletin de la Société Palassou. — Muséum d’Histoire Naturelle (Bulletin). L’Astronomie. Société d’Océanographie de France. Rostock Germania — Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschi- chte in Mecklenburg. Bonn — Naturshistorisches Verein der preussischen Rhein- lande. Berlin — Verhandlungen des Botanisches Vereins der Pro- venz Brandeburg. Sitz. der Gesellsch. Naturforsch. Freunde. Leipzig Giessen — Herbarium. — Bericht der Oberhessischen Gesellschaft fiir Natur und Heilkunde. Frankfurt a M. Halle a. S. — Senckenbergiana. — Kaiserlieh Deutsche Academie der Naturfoscher. Hamburg (Leopoldina). — Verhandlungen des naturwissenschaftlichenVereins. Abhandlungen aus dem Gebiete der Naturwissen- scaften. Cambridge Inghilterra — Philosophical Society (Proceedings, Transactions). Biological Reviews. London — Royal Society (Proceedings , Reports oj thè Slee- Plymouth ping Sickness Commission). — Marine Biological Association of thè United King- dom (Journal). Riga Lettonia — Acta Orti Botanici Universitatis Latviensis. Kaunas Lituania — Mémoires de la faculté des Sciences de l’Univer- sité de Lithuanie, XXV — Norvegia Tromsòe — Tromsòe Museum. Olanda Amsterdam — Academie Royale ( Mémoires ). Polonia Warszaw — Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Annales Musei Zoologici Polonici. Fragmenta faunistica Musei Zoologici Polonici. Portogallo Lisbona — Bulletin de la Société Portugaise des Sciences Na- turelles. Coimbra — Memorias e estudios do Museo Zoologico. Sociedad Broteriana ( Boletim ). Russia Perm — Bulletin de l’Institut des recherches biologiques à FUniversité de Perm. Saratov — Station regionale d’agriculture. Biologische Wolga-Station. — Société des Amateurs des Sciences Naturelles Kiew Leningrado — Société des Naturalistes. — Société Entomologique de Russie. Biblioteca Orti Botanici-Petropolitani. kieff Moscou — The Ukrainian Botanical Review. Bulletin de la Société des Naturalistes. Barcelona Cartuja Spagna — Instituciò catalana d’Historia Naturai ( Bulleti ). — Boletin mensuel de la Estaciòn Sismologica. XXVI Madrid Upsala Stockholm Lund Chur Lugano Tokyo Kyoto Cairo — Memorias de la Reai Sociedad espanda de Histo- ria Naturai. Sociedad espanola de Historia Naturai ( Anales , Boletìn). Servicio sismologico (Instituto geografico y ca¬ tastai. Svezia — Geological Institution of thè University of Upsala (. Bulletin ). — K. Vet. Akadems-Bibliothek (Arkiv fòr Botanik, Arkiv fòr Zoologi). Arkiv fòr Kemi, Mineralogi och Geologi. — K. Universitets-Biblioteket. Svizzera — Naturforschendende Gesellschaft Graubunden’s (Jahresbericht). — Società ticinese di Scienze Naturali (Bollettino). ASIA Giappone — Annotationes Zoologicae japonenses. Japanese Journal of Zoology ( Transactions and Abstracts). — Memoires of thè college of Science. Kyoto impe¬ riai University Series A and Series B. AFRICA Egitto — Société Entomolog. d’Égypte (Bulletin, Mémoires). — XXVII AMERICA Argentina Buenos-Ayres — Museo nacional ( Anales , Comunicaciones). Sociedad Cientifica Argentina. La Piata — Edicion Oficial de las Obras y Correspondencia Cientifica de Fiorentino Ameghino. Brasile Rio de Janeiro — Archivos do Museu Nacional. Santiago Chili — Société scientifique du Chili ( Actes ). Colombia Bogotà — Museo Nacional. Messico Messico — Sociedad Cientifica Antonio Alzate ( Memoiras , Revista). — Instituto Geologico (Boletin, Perargones). Secretaria de agricultura y fomento ( Boletin oficial) Boletin de la direccion d’Estudios Biologicos. Revista Mexicana de Biologia. Lima Perù — Boletin de la Sociedad geografica. San Salvador San Salvador — Museo Nacional (Anales). — XXVIII Stati Uniti Boston Brooklyn Chaphell Hill Cincinnati Minneapolis Urbana Chicago Madison Missoula New-York Berkeley — University of California ( Publications in Zoology , Entomology , Bulletin). — Society of Naturai History (Proceedings). — Colei Spring Harbor Monographs. — Elisha Mitchell scientific Society (Journal). — Bull, of thè Lloyd Library of Botany etc. — The University of Minnesota. — Illinois biological monographs. Bull, of thè state Laboratory of Nat. Hist. — Academy of Sciences ( Bulletin , Annual Repor t). Field Museum of Naturai History ( Department oj Botany). — Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Lettres (Transactions). Wisconsin Geological and Naturai History Survey (Bulletin). — Bulletin of thè University of Montana (Biologica Series). - - Botanical Garden (Bulletin). Notre Dame Indiana— The American Midland Naturalist. Philadelphia — Academy of Naturai Sciences (Proceedings Year Book). Pullman, Washington — Research Studies of thè State College of Wa¬ shington. Saint Louis — Academy of Science ( Transactions ). Missouri Botanical Garden (A)mual Report). Springfiel (Massachussets) — Museum of Naturai History. New-Orleans — Louisiana State Museum. Tufts College (Massachussets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual Report ). U. S. Department of Agriculture. — Division of Ornithology and Mammalogy (Bulletin North American Fauna). Smithsonian Institution (Annual Report). U. S. National Museum (Bulletin). U. S. Department of Agriculture ( Yearbook ). U. S. Department of Agriculture. — Bureau of A- nimal Indusiry (Annual Report). — XXIX Washington — Carnegie Institution of Washington ( Publications ). The Rockfeller Sanitary Commission for thè Era- dication of Hookworm Desease. United States Bureau of Fischeries. Woods Hole, Mass. — Bulletin of thè marine biological laboratory. New Haven, Conn. — Tropical Woods. Uruguay Montevideo — Museo de Historia naturai ( Anales ) PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO Dono del socio Ugo Milone Antonelli G. — Nel 25° Anniversario del suo insegnamento ufficiale. Tip. Giannini, Napoli 1902. Annali di Medicina Navale e Coloniale. — In memoria del Prof. Comm. Alessandro Pasquale. Associazione dei liberi docenti della R. Università di Napoli. — A proposito del progetto di legge per il conferimento della libera docenza. Marzo 1913, dal «Cimento». Annales de Chimie Ànalytique. Paris, Tome 3, 1898 -Tome 10 n. 1- 2-3. Volumi 7. Atti del VI Congresso Internazionale di Chimica Applicata. Anno 1907. Roma. Volumi 7 (da l a 7). Atti della Commissione Consultiva per la pesca. Dicembre, 1909. Beneduce S. — Su l’ immunità. - Stazione Zoologica, Napoli. Bonfiglio S. — Analisi chimica dell’acqua di Votano in rapporto alle sorgive della città di Girgenti. Tip. Marchionti, Milano 1904. Staz. sperim. agrarie. — — La saccarina nelle sue falsificazioni. Tip. P. Agnelli, Milano 1905. Borntraeger A. — Sulla determinazione degli zuccheri e sulle ricer¬ che polarimetriche nei vini dolci. Modena 1897. — — Intorno alla fermentazione dello zucchero invertito. — — Delle ricerche e della determinazione del saccarosio nei vini. Modena 1897. Estr. « Le stazioni sperimentali agrarie ». Borntraeger A. e Paris G. — Analisi di vini dell’Italia meridionale. Estr. « Le stazioni sperimentali Italiane », Modena 1897. Borrella G. — Sulla Benzotribromanilide, 1887. Brignone G. — Analisi di un’acqua termo - minerale nell’Isola di Pantelleria. Estr. « Gazzetta Chimica Italiana » 1884. Bruno A. — La Geografia nella riforma della scuola media. Tip. F. Cioffi, Napoli 1928. Bruni G. — Commemorazione di Roberto Lepetit tenuta alla Società di Chimica Industriale. Milano 9-5-1928 A. VI. - 41 — XXXII Calendoli E. — Rapporti tra la caseina ed i fosfati nel latte di vacca. Tip. Muca, Napoli 1901. Cannizzaro S. — Analisi chimiche delle acque di Telese. Tip. A. Bellisario. Napoli 1887. Castani A. — Della vita e delie opere di Arnaldo Cantani. Napoli 1905. Casabuei V. — 11 primo congresso internazionale del cuoio. Caserta 1911. Tip. Moderna. — Primi studi sulle pelli grezze. Roma 1915. Tip. Bertoro. — — Nuovo tipo di pelli per tomaie ad uso dell’ Esercito. Napoli Aprile 1917. Casabuei V. e Simoncini E. — I semi di carrubba nell’ industria conciaria. R. Stazione sperimentale per l’industria delle pelli. Napoli. Casoria E. — L’acqua dell’antica sorgente dello Scraio presso Vico Equense. Portici 1896. Celli A. — Annali dell’Istituto d’igiene sperimentale della R. Uni¬ versità di Roma. 1893. Tip. E. Loescher. Centonze M. — Ispezioni Annonarie. Potenza 1903. Tip. Marchesiello. Cimmino R. — Zur Steingerung der Empfindlichkeit der Salpetersau- rereaction mit Diphenylamin bei Wasseruntersuchungen. 1899. — — D'un nuovo bacillo Cromogeno. Roma 1899. Tip. D. Alighieri. Contaeino F. — Determinazioni assolute della componente orizzon¬ tale della forza magnetica terrestre. Memoria. Napoli 1887. Corrado G. e Forte O. — Imputazione di veneficio per picrotossina. Napoli 1900. Tip. Jovene. Cueatolo T. — Sopra due acidi solfonici della fenilcumarina. Gaz¬ zetta Chimica Italiana 1884. Darwin — Tip. Tocco. Napoli 1884. De Giaxa V. — Contributo alle cognizioni sulla eziologia della Pella¬ gra. Aversa 1894. Tip. Castaldi. — — Contributo alle cognizioni sull’embriologia della Pellagra. — — Contributo allo studio delle conoscenze sull’autodepurazione delle acque del dott. Giacomo Rossi. — — Sulla sostanza, ed azione locale del bacillo della tubercolosi. 1900. — — La diffusione della difterite in Italia. Napoli Tip. R. Pesole 1894. De Giaxa V. e Gosio B. — Ricerche sul bacillo della peste bubbo¬ nica. Napoli 1897. Tip. Tramontano. De Giaxa V. e Milone U. — Analisi chimica ed esame batteriosco- pico dell'acqua minerale gassosa-solfurea-acidula alcalina del Ponte di Contursi (Salerno). Napoli 1900. Tip. Melfi e Ioele. De Negri G. e Fabris G. — Gli Olii. Parte I e IL Sulle relazioni che caratterizzano l’olio d’uliva. Roma 1891-92. — XXXIII — De Rosa F.— Relazione della VI Esposizione Orticola Napoletana e del concorso speciale di piante bulbose e camelie. Napoli 1891. Di Donna A. — Ueber der Kubel-Tietnann’schenn - Methode. Durante V. — Sopra la dottrina medica del controstimolo. Napoli 1821. Tip. R. Miranda. Fonseca A. — Esperimenti sul governo di alcuni vini della provincia di Napoli. Napoli Tip. Ferrante, 1885. Germano E. — La tubercolosi sperimentale nei pesci. Tip. F. Vallardi, 1894, Milano. Germano E. e Capobianco F. — Contribution a l’Flistologie Patholo- gique de la Rage. Giarelli F. — 1 prodotti speciali della Farmacia Cutolo. Napoli 1900. Tip. Melfi e Ioele. Grimaldi S. — Sopra una falsificazione del cacio di creta. Genova. Ianuario R. — Metodi generali di classificazione in chimica. Napoli 1877. Tip. Morano. « 11 Selmi » , Rivista di Chimica Applicata alla Bromotologia , Mer¬ ceologia ed Igiene. Pavia, anno I, 1890. Anno II, 1891-92, Milano. Ili, 1893, Pavia. IV, 1894, Pavia. 4 dispense. Laboratori Clin. — Note di Terapeutica e di Farmacologia pratiche. Gennaio 1906. Milano. Laccetti B. — La nostra agricoltura ed il commercio italo - russo. Napoli 1917. Tip. Pietrocola. Lay E. — Il potere battericida della Hermitine nella pratica chirurgi¬ ca. Torino 1911. Leonardi G. e De Franchis M. — Sugli Eteri Metil ed Etilacetolico ed alcuni loro derivanti. Palermo 1903. Tip. F.lli Marsala. Lepetit Doli.fuss e Gansser. — Almateina in medicina. Milano 1903. — — Almateina in chirurgia. Milano 1903. Legge e Regolamento contro la fabbricazione vendita e trasporto di prodotti alimentari, medicinali e bevande alcooliche adulterate, falsamente dichiarate, velenose o deteterie alla salute. Napoli 1908. Tip. Commerciale. Lunge G. — Commission Internationale d’analises au VI Congrès In¬ ternational de Chimie Appliquee tenue a Rome en 1906. Zu- rich 1906. La Società Africana d’ Italia ed il Museo commerciale coloniale in Napoli. Napoli 1914. La pesca e l’agricoltura d’acqua dolce in Germania. Esposizione In¬ ternazionale. Milano 1906. « L’ Orosi » , Giornale di Chimica-Farmacia e scienze affini. Da 1891 a 1904. Firenze. Volumi 13. — XXXIV — Manfredi L. — Sulla contaminazione della superficie stradale nelle grandi città. Napoli Tip Accademia delle Scienze 1891. 1 gagli linfatici nella difesa dell’organismo contro la tuberco¬ losi. Palermo. Tip. F.lli Marsala 1902. Maramaldi L. — Il Lisoformio. Napoli Tip. E. Detken, 1906. Martello T. — La decadenza dell'università italiana. Tip. Zanichelli, Bologna 1890. Mauro F. — Analisi chimica delle acque potabili della città di Roma. Roma 1884. Mazzarelli O. — Atti del III Congr. Nazionale di pesca. Milano 1908. Memmo G. e Tifante C. — L’infezione malarica. Mere E. — Annales. XX Armèe 1906. Darmstadt 1907. Milone U. — Commemorazione del socio Sebastiano Miele. Napoli 1903. Tip. F. Giannini. — — De la determination volumètrique de la duretè des eaux potables. (VI congresso di Chimica Applicata). Roma 1906. Ministero Pubblica Istruzione. — Commissione Reale per il riordi¬ namento degli studi Superiori. Relazioni e proposte. Parte I. Roma 1914. Montefusco A. — Il latte in Napoli. Napoli 1893. Tip. Sangiovanni. Montuori A. — Sul meccanismo delle ossidazioni organiche. Roma 1910. Accademia dei Lincei. Morselli G. — Per l’avvenire dell’Industria Chimica Farmaceutica Italiana. 10 maggio 1918. Milano. Tip. Opizzo. Mosso A. — La respirazione nelle Gallerie e l’azione dell’ ossido di carbonio. Milano 1900. Tip. F.lli Treves. Metodi d’analisi per i prodotti farmaceutici delle Farbenfabriken. Mi lano 1908. Milano nel 1906. Nasini R. e Piccini A. — Analisi chimica delle acque potabili di Roma. Tip. Bencini. Roma 1884. Nasini R. e Villavecchia V. — Relazione sulle analisi e sulle ri¬ cerche eseguite durante il triennio 1886-1889 nel laboratorio chimico centrale delle Gabelle. Roma 1890. Tip. Botta. Ninni E. — I pesci e la pesca d’acqua dolce nelle provincie di Ve= nezia e Treviso. Venezia 1907. Tip. Pellizzato. Notizia Preliminare. Vili Congresso Internazionale di Chimica Ap¬ plicata. Seduta inaugurale. Washington. 4 Settembre 1912. Oglialoro -Todaro A. — Analisi chimica completa qualitativa e quan¬ titativa dell’ acqua minerale di Marigliano , pozzo artesiano Montagna. Napoli 1896. Tip. dell’Accademia Reale. Oglialoro-Todaro A. e Pane N. — Analisi chimica e batteriologica. Terme Belliazzi Casamicciola. Napoli 1899. Tip. A. Tocco. XXXV Paladino-Blandini. — Ricerche sulle sostanze attive nelle Tifo-Cul¬ ture. Roma 1902. Pansini S. — Alcune osservazioni sulla tubercolosi e specialmente sulla tossicità del suo bacillo. Napoli. Tip. Detken 1895. — — Sull’Artropatia tabetica. Tip. F. Sangiovanni. Napoli 1897. Paris G. — Alcune osservazioni sui danni che possono apportare al¬ l’organismo i diversi sali di rame ingeriti in piccole dosi. Teramo. Tip. G. Abbrurrese 1897. — — Delle bucce di cacao. Riforma Chimica, A. I, n. 41 e 42, Napoli. Parkozzani G. — Ricerche chimiche sulla composizione dell’Acqua Solforata di Caramanico. Perantoner A. e Leonardi G. — Ricerche nel gruppo del pirone. Palermo, 1898 Tip. « Lo Statuto ». — — Ricerche nel gruppo del pirone sopra un prodotto di con¬ densazione dell’ alcool acetolico. Palermo 1900. — — Sulla costituzione degli acidi meconico, e comenico e piro- meconico. Palermo 1900. Piutti A. e Pratesi L. — Analisi chimica dell’ acqua delle Terme Villani ai Bagnoli. Napoli. Piutti A. e Bentivoglio G. — Sull’ impiego del tetracloruro di car¬ bonio. Napoli Tip. dell’Accademia Reale 1905. Punzo — Analisi chimica dell’acqua delle sorgenti di S. Maria della Foce presso Sarno. Napoli, Tip. Nicotra 1887. Rebuffat O. — Acque delle Terme di Fornello e Fontana in Porto d’Ischia. Napoli Tip. De Bonis 1900. — — Analisi chimiche delle acque di Telese. Napoli 1887. Rho F. — Un caso di anemia da anchilostoma. Roma Tip. Reale 1885. Richelot G. — Della sostituzione del bianco di zinco al bianco di piombo. Napoli 1855. Rimini E. — Sul riconoscimento della formaldeide negli alimenti. 1898. Rispoli F. P. — Utilizzazione delle acque di fogne. Riv. Agraria 1897-98. Rosati F.— Farmacopea Generale Napolitana. Napoli Tip. Agrelli 1850. Rossi G. — I rapporti fra la malaria e la macerazione della canapa in Provincia di Caserta. Roma Tip. D. Alighieri 1902. — — La colonia di S. Berniero in Piana di Eboli. Portici Tip. Della Torre 1909. — — Contributo allo studio delle conoscenze su l’autodepurazione delle acque. Napoli, Detken 1902. Rendiconti della Società Chimica di Roma. Voi. I, anno 1903 a anno VI, Voi. VI, 1908, Serie II, Voi. I, 1909 a Serie II, 1910, Serie II Voi. Ili 1911, Serie Voi. IV 1912, Serie Voi. V 1913, Serie II Voi. IV 1914, Serie II (fase. 1 a 4), Serie II Voi. Vili, fase. 1, Voi. VII 1916. Roma, Tip. Italia, Volumi 13. — XXXVI — Sanfelice F. — Dell’uso della Ematossilina per riconoscere la rea¬ zione alcalina o acida dei tessuti. Stazione Zoologica di Na¬ poli 1899. Sardo S. — Prime ricerche sulla bignonia catalpa. Gazzetta Chimica 1884. Serafini A. — Sulla panificazione integrale. Padova 1898. — — La diffusione della difterite in Italia. Napoli 1894. Serono C. — Nuovi studi e ricerche della Bioplastina-Lecitina 1909. Sipòcz L. — Carlsbad le sue fonti e prodotti termali. Carlsbad 1892. Studi e ricerche ististuite nel Laboratorio di Chimica Agraria della R. Università di Pisa. Fase. 13.° 1895-1896. Tambaro I. — 11 problema universitario. Campobasso Tip. Collidi 1916. Vetere V. — La legge ed i regolamenti sanitari per la vigilanza igienica. Napoli Tip. Melfi e Ioele 1902. Villavecchia V. — Annali del Laboratorio Chimico Centrale delle Gabelle. Voi. III. Roma 1897. XXV Anniversario della fondazione del Collegio degli Ingegneri di Napoli. 1901. INDICE ATTI (memorie, note e comunicazioni) Police G. — La pescosità nei mari a stretta platea continentale . pag. 3 D'Erasmo G. — Studio geologico dei pozzi profondi della Campania „ 15 Majo E. — La conducibilità elettrica e l'indice di rifrazione del¬ l’acqua marina nel golfo di Napoli e mari adiacenti „ 145 Fiore M. — Miceti fossili rinvenuti su di una palma (Latanites sp.) del Bolca . Salfi M. — Ortotteri di Vulcano (Isole Eolie) Andreotti A. — La eliofania a Napoli . Andreotti A. — Le mareggiate a Napoli .... Andreotti A. — Il temporale del 22 giugno 1929. Fiore M. — Manifestazioni teratologiche e parassitismo. Polime¬ ria , fasciazione , petalodia , dialisi in Campanula medium L . „ 183 De Fiore O. — Il clima di Pantelleria . „ 185 Fedele M. — Hanno i Crostacei loricati uno “ stadio natante „ . „ 243 Police G. — La lampara e le reti “a fonte ,, (reti a conca) . „ 255 Candura G. S. — Ricerche sulla vita degli insetti e sui danni da essi causati ai prodotti dell’economia rurale o delle industrie agrarie. 2° Contributo- Gl'insetti della ca¬ momilla secca e di altre erbe medicinali e industriali disseccate . . 343 Candura G. S. — Osservazioni biologiche sulla Tephroclystia pumilata Hb., lepidottero geometride che fa seccare i boccioli di rose . „ 353 Majo E. — I fenomeni geofisici flegrei susseguenti al terremoto irpino del 23 luglio 1930 - Vili . „ 361 Zirpolo G. — Studi sui rapporti fra anomalie e rigenerazione. I. - Ricerche su alcuni esemplari di Olindias Miilleri . „ 367 Majo E. - Il terremoto irpino del 23 luglio 1930- Vili . . „ 377 Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. - X. Azione dei batteri luminosi sulla germinazione dei semi . „ 393 D’Erasmo G. — Commemorazione dell’Ing. Michele Guadagno . „ 425 De Fiore O. — Meteorologia ed idrografia dell’ Etna. - III. Le precipitazioni atmosferiche . . 435 153 157 161 171 177 Aurino S. — La nebulosità a Napoli . Torelli B. — La Cymodoce rubropunctata (Grube) nel golfo di Napoli. . . . Salvi P. — Sull’istochiinica e l’istofisiologia dei lipidi complessi. Aurino S. — L’eclisse totale di Luna del 26 settembre 1931. V iggiani G. — Il regime termo - pluviometrico di Potenza nel cinquantaduennio : 1879-1930 con speciale riguardo all'agricoltura . Ruggiero P. — Alcune osservazioni sulle Ventarole o Capi di vento. pag. 475 n 489 497 505 509 537 RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI ) Processi verbali delle tornate 1931 ....... pag. in Consiglio Direttivo per l’anno 1932 . „ xm Elenco dei soci . „ xv Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio xxi Elenco delle pubblicazioni pervenute in dono . „ xxxi TA VO L E Boll. d. Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. 1. Boll. d. Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. 2. Bollettino della Società dei Naturalisti, Voi. XL1II. Fig. 1. — La rete " agtigliara „ vista di lato, pelagica nel mare. Fig. 2. — La medesima vista distesa in piano. Vav. 3. Fy.3 Fig. 3. — La rete " ragostina „ vista distesa in piano. Fig. 4. — La rete " lampara quale viene usata sul litorale di Napoli-città, vista distesa in piano. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. TaO. 4. Fl9 6 Fig. 5. — La rete “ lampara „ classica, quale viene usata nelle isole e negli altri centri pescherecci del golfo di Napoli, vista di lato, pelagica nel mare. Fig. (). — La medesima vista distesa in piano. Bollettino della Società dei Naluralsti, Voi XLlll. ‘CW Fig. 7, S, 9, 10. — La rete " lampara „ in quattro momenti successivi della sua manovra, vista dall’alto. Fig. 7 bis, 8 bis, 9 bis, 10 bis. — La stessa nei medesimi quattro momenti succèssivi della manovra, vista di lato. Si mostra come la rete dapprima circuisce e poi, a misura che viene alata, forma la conca di raccolta col sollevarsi del letto della fonte. Boll, della Soc • dei Naturalisti Voi. XLIII. Tao. 6. Fig. il. — La "rete volante,, vista con le pareti perpendicolarmente distese. Fig. 12. — La stessa, con la formazione estemporanea della fonte. (Veramente la cordi¬ cella per la formazione della fonte, viene tirata solo allorché sono già alate in parte le braccia ; è stata disegnata con le braccia distese per dare nn più chiaro concetto d'insieme). Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. Fig. 1. Fig. 2. Fig. 3. Boll, della Soc. dei Naturalisti , Voi. XLIII. Tav. 8. Fig. 11. Boll, della Soc. dei Naturalisti , Voi. XLUJ Tav. 9. 1 Nord Fig. 1. Boll, della Sor. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. l Fig. 2. Boll . della Soc. dei Naturalisti, Voi. XL//J l'av. 12. Fig. 5. Boll, della Soc. dei. Naturalisti, Voi. XL III. Tiro. 13. Fig 7 Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. 14 Fig. J8. Fig. 9. Boll, della Soc. del Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. lo. Fig. 10. Fig. 11 Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. 16. Fig. 12. Fig. 13 Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. 17. Fig- H. Fig. 15. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLI1J. Tav. IX. Fig. 16. Fig. 17. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XL11I, , Tav. 19. Fig. 18. Fig. iy. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLI1I, Tav. 20. Fig. 20. Fig. 21. Boll, della Soc. dei. Naturalisti, Voi. XLT1I, Tav. 20. Fig. 20. Fig. 21. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. X LI II. Tav. 21. Fig. 22. Fig. 23. Boll della Soc. dei Naturalisti, Voi. LXIII. Tav. 22. Fig. 24. Fig. 25. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. LXIJI. Tav. 23. Fig. 26, Fig. 27. Boll, della Soc. dei Naturalisti , Voi. XLIII. Tav. 24. Fig. 2S, Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XLIII. Tav. 25. Fig. 29. Fig. 30 Boll, dello Soc. dei Naturalisti , Voi. XLIII, Tav. 26. Fig. 31. Fig. 32. Boll, della Soc. dei Naturalisti, Voi. XL1II. Tav. 27 . pag. 475 Aurino S. — La nebulosità a Napoli . Torelli B. — La Cymodoce rubropunctata (Grube) nel golfo di Napoli . Salvi P. — SuU’istochimica e l’istofisiologia dei lipidi complessi. Aurino S. — L'eclisse totale di Luna del 26 settembre 1931. Viggiani G. — Il regime termo - pluviometrico di Potenza nel cinquantaduennio : 1879-1930 con speciale riguardo all'agricoltura . Ruggiero P. — Alcune osservazioni sulle Ventarole o Capi di vento. RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) Processi verbali delle tornate 1931 Pa£- Consiglio Direttivo per l’anno 1932 . » Elenco dei soci . . • • « Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio . „ Elenco delle pubblicazioni pervenute in dono . • • » 489 497 505 509 537 iii XIII XV XXI XXXI vi U. S. Department of Agriculture Library NOTICE TO BORROWERS Please return all books promptly after fìnishing your use of them, in order that they may be available for reference by other persons who need to use them. Please do not lend to others thè books and periodicals charged to you. Return them to thè Library to be charged to thè persons who wish them. The mutilation, destruction, or theft of Library property is punishable by law. (20 Stat. 171, June 15, 1878.) 3—7888